ELENA LUZZATTO

La prima architetta italiana

Ancona 30.10.1900 – Roma 1983

Non risulta alcuna area di circolazione dedicata alla prima architetta italiana, né ad Ancona, città natale, né a Bracciano, Taormina, Napoli, dove lasciò tracce visibili del suo ingegno, né a Roma, città di studio e di lavoro, dove concluse la sua vita.


Elena Luzzatto è stata la prima donna in Italia a laurearsi in architettura: si era iscritta nel 1921 alla Regia Scuola Superiore di Architettura di Roma, l’anno stesso in cui l’Istituto iniziò la sua attività, e ottenne il diploma nel 1925. La donna “angelo del focolare” cominciò così a dimostrare che il focolare sapeva anche costruirlo, smentendo l’affermazione che Mussolini ebbe a fare in un discorso del 1927: «La donna è estranea all’architettura, che è sintesi di tutte le arti; essa è analitica, non sintetica. Ha forse mai fatto l’architettura in tutti questi secoli? Le si dica di costruirmi una capanna non dico un tempio! Non lo può». 
Non meraviglia la posizione antifemminista del duce e conosciamo la sua disistima sulla capacità della donna di sentirsi autonoma e realizzata al di fuori delle mura domestiche. Per lungo tempo la professione dell’architetto è stata appannaggio maschile: si riteneva poco adatta a una donna, costretta a cimentarsi con le varie fasi della progettazione e a seguire la messa in opera nei cantieri.
Ma, intanto, diverse donne diventavano architette: le romane Anna Luzzatto, detta Annarella, madre di Elena, laureatasi due anni dopo la figlia, e Attilia Travaglio Vaglieri, progettista di palazzi, impianti sportivi e ricreativi in puro stile littorio, vincitrice di un concorso Internazionale ad Alessandria d’Egitto che non poté ritirare il premio in ossequio alle leggi musulmane che lo vietavano ad una donna; arredatrici di interni come Luisa Lovarini ed Elvira Luigia Morassi, fautrici di uno stile sobrio e funzionale; Carla Maria Bassi, autrice della Cassa di Risparmio di Milano; napoletana Stefania Filo, napoletana, che progettò giardini pubblici e sanatori e partecipò alla realizzazione della Mostra delle Terre Italiane d'Oltremare a Napoli voluta da Benito Mussolini. Queste sono solo alcune tra le architette, o “architettrici” come allora venivano chiamate, più attive negli anni Venti del Novecento. Non ebbero vita facile, l’architettura “rosa” veniva accusata di essere timida, troppo attenta agli spazi familiari; in realtà fu un’architettura dalle linee semplici e pulite, funzionale, razionale e sensibile alla luce, apprezzabile per le soluzioni tecniche adottate e per la chiarezza delle concezioni planimetriche.

Appena laureata Elena Luzzatto entrò nell’Ufficio Tecnico del Comune di Roma e fino al 1934 fu assistente alla cattedra del prof. Fasolo. Partecipò e vinse numerosi concorsi; già nel 1928 progettò un villino a Ostia per il gerarca fascista Giuseppe Bottai e sempre a Ostia vinse un concorso per un gruppo di villini, in seguito non realizzati. 
Oltre all’edilizia residenziale di villini, palazzine e case popolari, progettò numerose opere pubbliche e vinse concorsi per progetti di tipologie assai diverse: dalle steli funerarie nel cimitero Verano di Roma alle stazioni, dai fabbricati rurali coloniali in Somalia a sanatori e ospedali, come quelli di Viterbo e Bolzano, dalle chiese alle scuole, dai cimiteri militari e civili ai negozi e mercati. Tra le opere pubbliche realizzate ricordiamo il Cimitero di Prima Porta (1945), il mercato di Primavalle (1950) e la scuola media di Villa Chigi (1960) a Roma, e l’attuale mercato coperto di Piazza Alessandria a Napoli, ancora in uso. 
Nel dopoguerra fu a capo dell’equipe di progettazione delle case popolari per l'Istituto Ina-Casa nell' Italia meridionale.

Livia Capasso

Fonti: 
Katrin Cosseta, Ragione e sentimento dell'abitareLa casa e l'architettura nel pensiero femminile tra le due guerre, Architecture, 2000
www.architettiroma.it