emilia romagna-fe-voghiera

TOTALE STRADE / VIE / PIAZZE / ETC.: 107
INTITOLATE A UOMINI: 70
INTITOLATE A DONNE: 5
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE STRADE INTITOLARE A DONNE
Madonne (Immacolata, Beata Vergine, Santa Maria etc.): --
Sante, beate, martiri: 2
Santa Chiara (via)
Sant'Eurosia (via)
Suore e benefattrici religiose, benemerite, fondatrici ordini religiosi e/o enti assistenziali-caritatevoli: --
Benefattrici laiche, fondatrici enti assistenziali-caritatevoli: --
Letterate / umaniste (scrittrici, poete, letterate, critiche, giornaliste, educatrici, pedagoghe, archeologhe, papirologhe...): --
Scienziate (matematiche, fisiche, astronome, geografe, naturaliste, biologhe, mediche, botaniche, zoologhe...): --
Donne dello spettacolo (attrici, cantanti, musiciste, ballerine, registe, scenografe...): --
Artiste (pittrici, scultrici, miniaturiste, fotografe, fumettiste...): --
Figure storiche e politiche (matrone romane, nobildonne, principesse, regine, patriote, combattenti della Resistenza, vittime della lotta politica / guerra / nazismo, politiche, sindacaliste, femministe...): 3
Beatrice d'Este (via)
Alda Costa (via)
Eleonora d'Este (via)
Lavoratrici / imprenditrici / artigiane: --
Figure mitologiche o leggendarie, personaggi letterari: --
Atlete e sportive: --
Altro (nomi femminili non identificati; toponimi legati a tradizioni locali, ad es. via delle Convertite, via delle Canterine, via della Moretta, via delle Zoccolette; madri di personaggi illustri...): --

 


  Censimento a cura di: Roberta Pinelli  .

 

Alda Costa (18761944)

Insegnante e patriota italiana.

Si diploma maestra elementare, iniziando ad insegnare nel 1899.

Nel 1907 entra nella Federazione di Ferrara del Partito Socialista Italiano, aderendo all'ala riformista. Collabora al Pensiero socialista, organo ufficiale dell’ala riformista. Nel 1913 fonda il nuovo organo socialista ferrarese Bandiera socialista.

Il 26 novembre1916 il Congresso regionale del partito tenutosi a Bologna la nomina responsabile, per la provincia di Ferrara, della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile del partito. In tale sede, afferma che la scuola "rappresenta il mezzo più adatto per formare le coscienze delle classi lavoratrici, pertanto le amministrazioni comunali devono sviluppare congrue condizioni di vita intorno alla scuola per sottrarla all’influenza dei partiti e conservarla al più assoluto indirizzo laico". Questo fatto induce la polizia a schedarla nel 1917 in quanto “sovversiva pericolosa e candidata all’internamento”.

Continua anche dopo la marcia su Roma del 28 ottobre1922 la sua battaglia contro il fascismo e, dopo la seconda scissione del PSI, quella del 1922 che darà vita al Partito Socialista Unitario, con segretario Giacomo Matteotti, organizza riunioni clandestine e porta aiuto ai detenuti politici.

Nel 1926, Alda rifiuta di giurare fedeltà al regime; le perquisiscono la casa e vi trovano il ritratto di Matteotti. I due episodi forniscono alla giunta comunale la scusa per licenziarla ma l’avvocato Mario Cavallari ne assume il gratuito patrocinio e ottiene l’annullamento del provvedimento dal Consiglio di Stato.

Trasferitasi a Milano, viene arrestata e confinata prima alle Isole Tremiti e poi in un piccolo paese della Basilicata.

Rientrata a Ferrara sofferente a causa delle condizioni di vita subite durante il confino, si dedica all'insegnamento privato. Mantiene contatti con i compagni e riesce a riannodare le file degli antifascisti, finché non viene arrestata dall'OVRA. Tenuta in carcere a pane ed acqua per un mese, sottoposta a durissimi interrogatori e maltrattamenti non rivela alla polizia la lista con i nomi dei compagni socialisti.[3]

Il 25 luglio1943 Alda Costa viene liberata ma nuovamente arrestata a Ferrara la notte del 15 novembre 1943 e poi tradotta alle carceri di Copparo. Qui viene ricoverata per leucemia nel locale ospedale dove morirà, il 30 aprile 1944. Prima di morire, al pretore di Copparo, Antonio Buono, che l'aveva aiutata a passare ad un altro socialista una lista di nomi di compagni per ricostruire le fila del partito, lascia questo messaggio: "Dica ai miei compagni che sono rimasta fedele al mio ideale".

Beatrice d’Este (1475-1497)

Figlia di Ercole I d'Este e di Eleonora d'Aragona e sorella minore di Isabella d'Este e Alfonso d'Este. Divenne Duchessa di Bari nel 1491, duchessa di Milano nel 1494 e moglie di Ludovico Sforza.

Per ragioni di pura strategia politica, fu fidanzata all'età di cinque anni con Lodovico Sforza detto "il Moro" (che aveva chiesto all'inizio la mano di sua sorella Isabella, già promessa però al futuro marchese di Mantova), duca di Bari, reggente ed in seguito duca di Milano, sposandolo nel gennaio del 1491. Da lui ebbe due figli: Massimiliano Sforza, nato nel 1493, e Francesco II Sforza, nel 1495.

Crebbe tra le corti di Napoli e Ferrara e fu allieva del filosofo Battista Guarino, da cui ricevette un'educazione classica vasta e approfondita, e che, assieme alla famosa sorella Isabella marchesa di Mantova, ne fece una delle principesse più colte e raffinate del Rinascimento italiano. Sfruttò la sua posizione di signora di una delle corti più splendide d'Italia per circondarsi di uomini di cultura e artisti d'eccezione come Niccolò da Correggio, Baldassarre Castiglione, Bramante, Leonardo da Vinci, l'Amadeo e molti altri.

Nel 1492 si recò in visita ufficiale a Venezia come ambasciatrice del marito, il quale ambiva a diventare duca di Milano. La Serenissima l'accolse con un fasto da Mille e una notte, e la visita fu uno splendido successo personale per Beatrice, ma un fallimento quasi totale dal punto di vista politico, poiché Venezia rimase restia all'investitura del Moro a duca di Milano, che fu comunque ottenuta dopo l'opportuna e probabilmente non tanto naturale morte del legittimo duca Gian Galeazzo, preceduta dalle nozze della sorella di quest'ultimo, Bianca Maria e il pagamento della favolosa dote di 400.000 ducati d'oro.

Divenuta duchessa di Milano, Beatrice fu all'apice del suo successo culturale e mondano, e lo splendore della sua corte, nel seppur breve tempo della sua esistenza e al di sopra di ogni altra in Europa, divenne leggendario. Beatrice morì di parto a soli ventidue anni nel gennaio del 1497.

A lei è stata dedicata da suo marito, Lodovico Sforza, la Pusterla Beatrice, a Brera (Milano).

Eleonora d’Este (1561-1637)

Figlia di Alfonso d'Este, marchese di Montecchio e figlio illegittimo del duca di Ferrara Alfonso I d'Este, e della prima moglie Giulia della Rovere, figlia del duca di Urbino Francesco Maria I della Rovere.

Venne data in sposa a Carlo Gesualdo da Venosa; il matrimonio venne celebrato a Ferrara il 21 febbraio 1594[1].

La prima moglie di Carlo fu Maria d'Avalos, che fu trovata assieme all'amante e uccisa dal marito nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1590.

Eleonora diede al marito, che aveva già avuto dalla prima moglie il figlio don Emanuele, un bambino che visse solo alcuni anni,don Alfonsino (Ferrara, 1595-Gesualdo, ottobre 1600).

Il matrimonio fu infelice a causa dell'avarizia e dei maltrattamenti del marito.

Il 10 settembre 1613 rimase vedova e, benché il testamento del marito le imponesse di rimanere a Gesualdo, per poter beneficiare del vitalizio e dei titoli nobiliari, fece ritorno a Modena.