Lila De Nobili di Vezzano
Sara Marsico

Dongni Wei

 

Ciò che colpisce immediatamente a teatro è la scenografia, così come l’illustrazione all’interno di un articolo o sulla copertina di una rivista e l’immagine su una cartolina illustrata catturano per prime lo sguardo del lettore o della lettrice. Si sarebbe indotte/i a pensare che chi si occupa di scenografia si senta a suo agio sotto le luci della ribalta. Niente di più lontano dal temperamento e dalla vita di Lila De Nobili di Vezzano, disegnatrice, illustratrice, scenografa e costumista, scopritrice di talenti e, nella parte finale della sua esistenza, pittrice. Sembra quasi che nella sua vita da privilegiata discendente di un’antica famiglia aristocratica, questa donna dalla personalità complessa abbia cercato di rendersi invisibile, sfuggente per sua stessa volontà, per lasciar parlare le sue creazioni. Definita «l’ultima grande rappresentante della scena teatrale dipinta», vicina a registi come Visconti e Zeffirelli, e soprattutto Raymond Rouleau, cui la unì un sodalizio durato quasi 30 anni, De Nobili seppe muoversi con passo felpato nel mondo del teatro, fermamente determinata a rimanere lontana dai riflettori.

Nata il 3 settembre 1916 in Svizzera, a Castagnola, una frazione di Lugano, dal padre Prospero De Nobili di Vezzano, imprenditore e politico discendente da una famiglia della nobiltà ligure, e dalla madre Dola Vertès, con ascendenze ebree e ungheresi, trascorse la sua infanzia tra Nizza e Roma, intraprendendo ben presto con la mamma numerosissimi viaggi, anche all’estero. Parigi, Budapest e New York la stimolarono non solo ad apprendere e parlare diverse lingue, ma anche a sviluppare una curiosità intellettuale e un amore per il sapere che ne favorirono la grande apertura mentale. Lo zio Marcel Vertès, pittore e illustratore molto noto, scoprì ben presto, insieme al padre, le doti artistiche della nipote e lo stile sintetico e libero della sua pittura fu per Lila un modello importante. Grazie all’amicizia del padre con Aristide Sartorio, che le dedicò un ritratto, la futura scenografa riuscì a entrare all’Accademia di Belle Arti di Roma, in via di Ripetta, dove conobbe Ferruccio Ferrazzi, allievo di Sartorio, che divenne suo maestro e col quale si diplomò in decorazione nel 1939. Lila De Nobili non smise mai di studiare, con una volontà di apprendere, perfezionarsi e mettersi alla prova che la caratterizzò per tutta la vita. A Roma, dove in quegli anni si respirava un clima internazionale, conobbe persone molto stimolanti, tra cui Filippo De Pisis da cui avrebbe ricevuto suggerimenti assai utili alla sua crescita artistica. Il suo punto di riferimento restò comunque lo zio Marcel Vertès, costumista, disegnatore, illustratore e scenografo, dal tratto disinvolto e ironico. Fu lui a introdurre nella redazione di Vogue France le illustrazioni di Lila De Nobili, che aveva già collaborato con la rivista di moda Bellezza, diretta da Gio Ponti. Fu questo il periodo in cui le sue opere per le copertine di Vogue raggiunsero grande successo.

Nel 1946, dopo la morte del padre, si trasferì a Parigi con la madre Dola, stabilendosi nel Quartiere Latino. Furono anni di notevoli malinconie e di difficoltà economiche. Ben presto però Vertès le presentò alcune personalità del mondo artistico parigino, tra cui Christian Berard, che diventò un altro suo punto di riferimento. Purtroppo, egli morì presto, nel 1949, e fu Cocteau a riconoscerla come l’erede del grande Berard. Sempre grazie a Vertès, in questo periodo si avvicinò al teatro e alla mondanità parigina, per la quale non nutriva grande simpatia. In seguito all’incontro con l’attore e regista Raymond Rouleau, marito di una sua compagna di studi, nacque un rapporto professionale intensissimo, con collaborazioni come scenografa e costumista in più di 20 spettacoli teatrali e un film. Sono poche le notizie attorno a De Nobili. Dobbiamo molto al libro di Vittoria Crespi Morbio Lila De Nobili, pubblicato nel 2014, per le edizioni Grafica Step nella Collana Amici della Scala, nel quale sono raccolti disegni, bozzetti e illustrazioni di grande valore e una serie di fotografie. Particolarmente convincente anche la conferenza dedicatale da Irene Fineschi il 27 novembre 2023 per la serie Il genio della donna nella Sala dello Zodiaco di Palazzo Malvezzi di Bologna. Fineschi ha avuto accesso, per la sua tesi di laurea magistrale, grazie alla disponibilità di allievi/e e amicizie di De Nobili, a carteggi, bozzetti, disegni, illustrazioni e fotografie fino ad allora inaccessibili, a causa della consegna del silenzio, sempre rispettata, imposta dalla stessa scenografa.

Lila De Nobili non ha mai voluto essere definita artista. Le piaceva l’idea di praticare mestieri, come quello della scenografa e della costumista, perché in una certa misura si avvicinavano a quello dell’artigiana, impegnata con le mani e con il corpo. Non ha mai voluto essere intervistata e ha rifuggito il mondo delle mostre e della pittura che «sapeva di soldi». Questa sua idea del lavoro ci è stata raccontata da Renzo Mongiardino, architetto e amico d’infanzia, nel corso di una intervista rilasciata a Rossana Biason, autrice di una tesi di laurea dal titolo Cominciando dalla fine. Alla ricerca di Lila De Nobili, per il corso di Scenografia, dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Avrebbe riferito a Mongiardino le seguenti parole:

«La pittura in questo modo è disgustosa, sa di soldi, sa di mercato, sa di mostre orrende, tutto quello che è questo mondo non mi piace, non lo voglio vedere. Mi piace la gente che lavora a ore, che lavora perché lì c’è bisogno di quella determinata cosa e ci si mette dentro».

Lila De Nobili si avvicinò al teatro come scenografa, portando dentro la scena dipinta tutto il suo sapere, frutto di numerosissime letture, di film, di spettacoli di lirica e di prosa, della profonda cultura e della interdisciplinarità che la contraddistinguevano. Con le sue opere, per la cui realizzazione spesso lavorava instancabilmente e senza assistenti, contribuiva al racconto portato in scena mettendo a disposizione tutto ciò che conosceva e che aveva appreso negli anni. La collaborazione con Rouleau, esperto di illuminotecnica, la influenzò e ne fece emergere la grande abilità, ancora oggi non pienamente valorizzata. Le sue scenografie, che hanno alla base i bozzetti, rivelano un sapiente uso delle luci, attraverso cui dare un effetto magico, di sogno, realizzato con veli di garza e tulle applicati sulla scena. Visconti desiderò conoscerla dopo avere assistito a Parigi alla rappresentazione di Anna Karenina, regia di Raymond Rouleau, e la volle con sé come scenografa e costumista in Come le foglie di Giuseppe Giacosa nel 1954 e, l’anno successivo, per la realizzazione dell’opera La Traviata di Giuseppe Verdi. De Nobili suggerì a Visconti di spostare l’ambientazione delle vicende a fine Ottocento, proponendo Maria Callas per il ruolo della protagonista Violetta Valery, in modo da poter consentire alcune scelte di regia non convenzionali, come far sciogliere in scena a Violetta i lunghi capelli prima dell’incontro con Alfredo, o farle togliere le scarpe lanciandole poi in aria e restando a piedi scalzi per parte dell’opera. Furono soluzioni sceniche rivoluzionarie per l’epoca, che consentirono a questo allestimento di entrare a pieno titolo nella storia della lirica. Pur essendo esperta in ambientazioni fin de siecle, De Nobili partecipò a messe in scena di opere inserite in epoche storiche diverse, da quelle shakespeariane rappresentate a Stratford on Avon a quelle di Tennessee Williams, da quelle di Rostand a quelle di Giraudoux. Ogni rappresentazione era per lei occasione di studi filologici accurati e approfonditi, con una ricerca dell’autentico che la accomunava a Visconti.

Un incontro fondamentale fu anche quello col costumista e collezionista di abiti Tirelli, che avrebbe poi aperto la famosa omonima sartoria di Roma. Insieme si recavano al mercato delle pulci di Parigi, come ricorda Fineschi, alla ricerca di abiti d’epoca che diventavano oggetto di studio oppure, se in buono stato, direttamente costumi di scena. De Nobili fu pure una grande talent scout. Proprio lei, insieme alla scrittrice e a Rouleau, volle una giovanissima Audrey Hepburn per la parte di Gigi nella commedia tratta dal romanzo di Colette, rappresentata per ben 17 repliche, dal 1951 al 1953, mentre una debuttante Carla Fracci fu scoperta da lei e poi suggerita a Visconti per interpretare Silvestra in Mario e il mago.

Dal 1961 Lila De Nobili si trasferì in un nuovo appartamento del Quartiere Latino in rue de Verneuil, una mansarda al quinto piano, in compagnia di molti gatti, raccolti dalla strada e divenuti soggetti di dipinti e illustrazioni. Nel 2018 Francesca Simone e Claudie Gastine hanno realizzato una pubblicazione, Gatti di Parigi, per Officina libraria, in cui hanno raccolto gli schizzi e i disegni di quelli che possiamo definire i suoi modelli più cari. A farle compagnia nella sua vita ci furono sempre molti amici e amiche, allievi e allieve di ogni età che godevano della sua conversazione raffinata e delle sue notevoli doti empatiche. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, spesso la condizione di nubile è quella che, a qualsiasi età, apre al dono dell’amicizia, fortuna non sempre riservata alle donne che si sposano e che devono dedicarsi, per convenzione sociale, a marito, figli e figlie. Aperta e colta, De Nobili si relazionava con chiunque, anche con i bambini e le bambine, e le piaceva insegnare ritenendola un’occasione per perfezionare il proprio metodo e continuare a esercitarsi. Nonostante i suoi viaggi, Parigi rimase sempre il luogo a cui tornare, soprattutto per l’amore per la madre alla quale la unì un rapporto profondo. Fondamentale per De Nobili fu la partecipazione a cinque edizioni del Festival dei due mondi di Spoleto, per una delle quali curò la realizzazione della locandina; per l’edizione del 1973 si occupò, anche se a distanza, a causa della malattia della madre, della scenografia di Manon Lescaut di Puccini, l’ultima regia di Luchino Visconti nel mondo della lirica. Creò costumi per Ingrid Bergman, Maria Callas, Edith Piaf, Simone Signoret, Lawrence Olivier e Michel Piccoli e molte altre artiste. Lila De Nobili fu assai impegnata civilmente e politicamente; a fianco della gioventù nelle proteste del maggio ’68, prese posizione in difesa della libertà di stampa con Simone De Beauvoir e Jean Paul Sartre.

Ritiratasi dal teatro nel 1970, si dedicò alla pittura e periodicamente frequentava il Museo del Louvre per eseguire copie delle opere dei grandi maestri, così come aveva sempre fatto anche prima della guerra. Girava con un taccuino e dei fogli da disegno, tenuti in un cestino di vimini, su cui realizzava schizzi dei soggetti più vari. Fondò anche una piccola scuola di disegno, l’Academie, con Yannis Tsarouchis, pittore e scenografo greco, di cui invidiò il metodo e da cui continuò a imparare. Gli innumerevoli disegni, le cartoline illustrate per gli amici e le amiche e i suoi bozzetti hanno incantato molti artisti, tra cui Robert Wilson e David Hockney. Zeffirelli disse di lei che era «la più grande scenografa e costumista del XX secolo, la maestra di tutti noi». In uno degli articoli scritti pochi giorni dopo la morte, avvenuta il 19 febbraio del 2002, fu definita «piccolo e geniale elfo della scenografia dipinta», per sottolineare il modo discreto e silenzioso di lavorare, come un elfo nell’ombra, di questa donna che, anche per sua stessa volontà, è poco conosciuta e che meriterebbe di essere riscoperta pure per le sue doti di pittrice.

Dopo la morte, le sono state dedicate alcune mostre, le più importanti delle quali a Milano, al Museo del Teatro alla Scala, e a Roma, all’Accademia di Francia a Villa Medici. La consegna del silenzio da lei imposta sulla sua vita è stata infranta, per nostra fortuna, da alcuni e alcune amiche e allieve che hanno consentito l’accesso alla sua vasta produzione e ai carteggi, rendendo possibili in parte la ricostruzione della personalità di un'artista tanto riservata e il godimento della bellezza dei suoi lavori.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Ce qui frappe immédiatement au théâtre, c’est la scénographie, tout comme une illustration à l’intérieur d’un article ou sur la couverture d’une revue, ou encore l’image d’une carte postale illustrée, captent d’abord le regard du lecteur ou de la lectrice. On serait porté à penser que ceux qui s’occupent de scénographie se sentent à l’aise sous les feux de la rampe. Rien n’était pourtant plus éloigné du tempérament et de la vie de Lila De Nobili de Vezzano: dessinatrice, illustratrice, scénographe et costumière, découvreuse de talents et, vers la fin de son existence, peintre. On dirait presque que, dans sa vie de descendante privilégiée d’une ancienne famille aristocratique, cette femme à la personnalité complexe avait cherché à se rendre invisible, insaisissable par sa propre volonté, afin de laisser parler ses créations. Définie comme “la dernière grande représentante de la scène théâtrale peinte”, proche de metteurs en scène tels que Visconti et Zeffirelli, et surtout Raymond Rouleau, avec qui elle a entretenu un compagnonnage de près de trente ans, De Nobili a su évoluer à pas feutrés dans le monde du théâtre, fermement déterminée à rester loin des projecteurs.

Née le 3 septembre 1916 en Suisse, à Castagnola, un hameau de Lugano, de son père Prospero De Nobili de Vezzano, entrepreneur et homme politique issu d’une famille de la noblesse ligure, et de sa mère Dola Vertès, d’ascendance juive et hongroise, elle a passé son enfance entre Nice et Rome, entreprenant très tôt, avec sa mère, de nombreux voyages, y compris à l’étranger. Paris, Budapest et New York l’ont stimulée non seulement à apprendre et à parler plusieurs langues, mais aussi à développer une curiosité intellectuelle et un amour du savoir qui ont favorisé sa grande ouverture d’esprit. Son oncle Marcel Vertès, peintre et illustrateur très connu, a rapidement découvert, avec le père, les dons artistiques de sa nièce, et le style synthétique et libre de sa peinture a constitué pour Lila un modèle important. Grâce à l’amitié de son père avec Aristide Sartorio, qui lui a consacré un portrait, la future scénographe a pu entrer à l’Académie des Beaux-Arts de Rome, via di Ripetta, où elle a rencontré Ferruccio Ferrazzi, élève de Sartorio, qui est devenu son maître et avec qui elle a obtenu son diplôme de décoration en 1939.

En 1946, après la mort de son père, elle s'installe à Paris avec sa mère Dola, dans le Quartier Latin. Ce sont des années marquées par de profondes mélancolies et par des difficultés économiques. Très vite cependant, Vertès lui a présenté certaines personnalités du monde artistique parisien, parmi lesquelles Christian Bérard, qui est devenu un autre de ses points de référence. Malheureusement, il meurt prématurément en 1949, et ce fut Cocteau qui l’a reconnue comme l’héritière du grand Bérard. Toujours grâce à Vertès, elle s’est alors rapprochée du théâtre et de la vie mondaine parisienne, pour laquelle elle n’avait pourtant que peu de sympathie. La rencontre avec l’acteur et metteur en scène Raymond Rouleau, mari d’une de ses camarades d’études, a marqué un tournant décisif: une relation professionnelle d’une intensité exceptionnelle est née, donnant lieu à des collaborations où elle a exercé en tant que scénographe et costumière pour plus de vingt spectacles théâtraux et un film. Peu d’informations circulent autour de De Nobili. Nous devons beaucoup au livre de Maria Crespi Morbio, Lila De Nobili, publié en 2014 par les éditions Grafica Step dans la collection Amici della Scala, où sont rassemblés des dessins, des esquisses et des illustrations de grande valeur ainsi qu’une série de photographies. La conférence qui lui a été dédiée par Irene Fineschi le 27 novembre 2023, pour la série Le génie de la femme dans la Salle du Zodiaque de Palazzo Malvezzi à Bologne, a également été particulièrement convaincante. Pour sa thèse de master, Fineschi a eu accès, grâce à la disponibilité des élèves et des amitiés de De Nobili, à des correspondances, des esquisses, des dessins, des illustrations et des photographies jusque-là inaccessibles, en raison du silence imposé et toujours respecté par la scénographe elle-même.

Lila De Nobili n’a jamais voulu être définie comme artiste. Elle aimait l’idée de pratiquer des métiers, comme ceux de scénographe et de costumière, car ils se rapprochaient, d’une certaine manière, de l’artisanat, engageant le corps et les mains. Elle n’a jamais voulu donner d’interviews et a évité le monde des expositions et de la peinture, qu’elle jugeait “empreints d’argent”. Cette conception de son travail nous a été racontée par Renzo Mongiardino, architecte et ami d’enfance, lors d’une interview accordée à Rossana Biason, auteure d’une thèse intitulée Commençant par la fin. À la recherche de Lila De Nobili, pour le cours de scénographie de l’Académie des Beaux-Arts de Venise. Mongiardino a rapporté ses paroles:

««La peinture de cette façon est dégoûtante, elle sent l’argent, elle sent le marché, elle sent les expositions horribles. Tout ce monde ne me plaît pas, je ne veux pas le voir. J’aime les gens qui travaillent à l’heure, qui travaillent parce qu’il y a besoin de cette chose précise et qui s’y mettent entièrement.»».

De Nobili a également été une grande découvreuse de talents. C’est elle, avec l’écrivaine et Rouleau, qui a voulu une toute jeune Audrey Hepburn pour le rôle de Gigi dans la comédie adaptée du roman de Colette, représentée pendant dix-sept représentations, de 1951 à 1953. Une débutante, Carla Fracci, a également été découverte par elle et ensuite suggérée à Visconti pour interpréter Silvestra dans Mario e il mago.

À partir de 1961, Lila De Nobili s’installe dans un nouvel appartement du Quartier Latin, rue de Verneuil, un grenier au cinquième étage, en compagnie de nombreux chats recueillis dans la rue, qui sont devenus sujets de ses peintures et illustrations. En 2018, Francesca Simone et Claudie Gastine ont publié Gatti di Parigi chez Officina Libraria, rassemblant les croquis et dessins de ce que l’on peut considérer comme ses modèles les plus chers. Tout au long de sa vie, elle a été entourée de nombreux amis, élèves de tous âges, qui appréciaient sa conversation raffinée et ses grandes qualités empathiques. Contrairement à ce que l’on pourrait penser, son statut de célibataire a souvent favorisé l’amitié, un privilège parfois moins accessible aux femmes mariées, contraintes par la convention sociale à se consacrer à leur mari et à leurs enfants. Ouverte et cultivée, De Nobili se liait avec tous, y compris les enfants, et elle aimait enseigner, qu’elle considérait comme une occasion de perfectionner sa méthode et de continuer à s’exercer. Malgré ses nombreux voyages, Paris est restée son point de retour, surtout par amour pour sa mère, avec qui elle entretenait un lien profond.

Zeffirelli a dit d’elle qu’elle était «la plus grande scénographe et costumière du XXᵉ siècle, la maîtresse de nous tous». Dans l’un des articles publiés quelques jours après sa mort, survenue le 19 février 2002, elle a été qualifiée de «petit et génial elfe de la scénographie peinte», pour souligner sa manière discrète et silencieuse de travailler, comme un elfe dans l’ombre, de cette femme qui, par sa propre volonté, est peu connue et qui mériterait d’être redécouverte également pour ses qualités de peintre. Après sa mort, plusieurs expositions lui ont été consacrées, les plus importantes ayant eu lieu à Milan, au Musée du Théâtre alla Scala, et à Rome, à l’Académie de France à Villa Médicis. Le silence imposé par De Nobili sur sa vie a été, par chance, brisé par certains amis et élèves, qui ont permis l’accès à sa vaste production et à sa correspondance, rendant possible en partie la reconstruction de la personnalité d’une artiste très réservée et la jouissance de la beauté de ses œuvres.


Traduzione spagnola

Gabriela Zappulla

Lo que llama inmediatamente la atención en el teatro es la escenografía, así como ocurre con la ilustración dentro de un artículo, en la portada de una revista o en una postal ilustrada: todas ellas captan primero la mirada del lector o de la lectora. Podría pensarse que quienes se dedica de la escenografía se sienten cómodos bajo los focos. Nada más lejos del temperamento y la vida de Lila de Nobili di Vezzano, dibujante, ilustradora, escenógrafa y diseñadora de vestuario, descubridora de talentos y, en la última etapa de su vida, pintora. Parece casi que, en su vida como descendiente privilegiada de una antigua familia aristocrática, esta mujer de personalidad compleja intentó hacerse invisible, deliberadamente esquiva, para dejar que sus creaciones hablaran por sí solas. Definida como “la última gran representante de la escena teatral pintada”, cercana a directores de cine como Visconti y Zeffirelli, y sobre todo Raymond Rouleau, con quien mantuvo un vínculo profesional que duró casi 30 años, De Nobili supo moverse con paso sigiloso en el mundo del teatro, firmemente decidida a mantenerse alejada del foco de atención.

Nacida el 3 de septiembre de 1916 en Suiza, en Castagnola, una aldea de Lugano, hija de Prospero de Nobili di Vezzano, empresario y político descendiente de una familia de la nobleza de Liguria, y de Dola Vartès, con ascendencia judía y húngara, pasó su infancia entre Niza y Roma, emprendiendo desde muy joven numerosos viajes con su madre, también al extranjero. París, Budapest y Nueva York la estimularon no solo a aprender y hablar diferentes idiomas, sino también a desarrollar una curiosidad intelectual y un amor por el conocimiento que favorecieron su gran apertura mental. Su tío Marcel Vertès, pintor e ilustrador muy conocido, descubrió muy pronto, junto con su padre, las dotes artísticas de su sobrina y el estilo sintético y libre de su pintura se convirtió para Lila en un modelo fundamental. Gracias a la amistad de su padre con Aristide Sartorio, quien le dedicó un retrato, la futura escenógrafa logró ingresar en la Academia de Bellas Artes de Roma, en via di Ripetta, donde conoció a Ferruccio Ferrazzi, alumno de Sartorio, que se convirtió en su maestro y con quien se graduó en decoración en el 1939. Lila de Nobili nunca dejó de estudiar, con una voluntad de aprender, de perfeccionarse y de ponerse a prueba que la caracterizó durante toda su vida. En Roma, donde en aquellos años se respiraba un ambiente internacional, conoció a personas muy estimulantes, entre ellas Filippo de Pisis, de quien recibirá consejos muy útiles para su crecimiento artístico. Sin embargo, su punto de referencia siguió siendo su tío Marcel Vertès, diseñador de vestuario, dibujante, ilustrador y escenógrafo, de trazo desenfadado e irónico. Fue él quien introdujo en la redacción de Vogue France las ilustraciones de Lila de Nobili, que ya había colaborado con la revista de moda Bellezza, dirigida por Gio Ponti. Este fue un periodo en que sus obras para las portadas de Vogue alcanzaron un gran éxito.

En 1946, tras la muerte de su padre, se trasladó a París con su madre Dola y se instaló en el Barrio Latino. Fueron años de gran melancolía y dificultades económicas. Sin embargo, Vertès pronto le presentó a algunas personalidades del mundo artístico parisino, entre ellas Christian Berard, quien se convirtió en otro de sus referentes fundamentales. Lamentablemente, murió muy pronto, en 1949, y fue Cocteau quien la reconoció como la heredera del gran Berard. Fue también gracias a Vertès que, en ese periodo, se acercó al teatro y a la vida social parisina, por la que no sentía gran simpatía. Tras conocer al actor y director Raymond Rouleau, esposo de una compañera de estudios, nació una intensa relación profesional, con colaboraciones como escenógrafa y diseñadora de vestuario en más de veinte obras de teatro y una película. Se sabe poco sobre De Nobili. Le debemos mucho al libro de Maria Crespi Lila De Nobili, publicado en 2014, por la editorial Grafica Step en la colección «Amici della Scala», donde se recogen dibujos, bocetos e ilustraciones de gran valor junto con una serie de fotografías. También resulta destacable la conferencia que Irene Fineschi le dedicó el 27 de noviembre de 2023 dentro del ciclo Il genio della donna en la Sala del Zodíaco del Palazzo Malvezzi de Bolonia. Para su tesis de máster, Fineschi tuvo acceso – gracias a la disponibilidad de alumnos, alumnas y amistades de De Nobili – a correspondencia, bocetos, dibujos, ilustraciones y fotografía hasta entonces inaccesibles, debido al silencio, siempre respetado, impuesto por la propia escenógrafa.

Lila de Nobili nunca quiso ser considerada artista. Le gustaba la idea de ejercer oficios, como el de escenógrafa y diseñadora de vestuario, porque, en cierta medida se acercaban al trabajo artesanal, comprometido con las manos y con el cuerpo. Nunca quiso conceder entrevistas y evitó el mundo de las exposiciones y de la pintura que “olía a dinero”. Esta concepción del trabajo nos la transmitió Renzo Mongiardino, arquitecto y amigo suyo de la infancia, en una entrevista concedida a Rossana Biason, autora de una tesis titulada Cominciando dalla fine. Alla ricerca di Lila de Nobili, para el Curso de Escenografía de la Academia de Bellas Artes de Venecia.

Visconti quiso conocerla después de presenciar en París la representación de Anna Karienina, dirigida por Raymond Rouleau, e inmediatamente la incorporó como escenógrafa y diseñadora de vestuario en Come le foglie de Giuseppe Giacosa en 1954 y, al año siguiente, en la ópera La Traviata de Giuseppe Verdi. De Nobili le sugirió a Visconti que trasladara la ambientación de los acontecimientos a finales del siglo XIX, proponiendo a Maria Callas para el papel de la protagonista Violetta Valery, con el fin de introducir algunas decisiones de puesta en escena poco convencionales, como soltarle el largo cabello a Violetta justo antes de encontrarse con Alfredo, o hacerle lanzar los zapatos al aire para quedarse descalza durante buena parte de la ópera. Fueron soluciones escénicas revolucionarias para la época, que consagraron este montaje como histórico en la ópera. A pesar de ser experta en ambientaciones fin de siècle, De Nobili trabajó en puestas en escena de obras ambientadas en periodos muy diversos, desde obras de Shakespeare representadas en Stratford upon Avon hasta piezas de Tennessee Williams, Rostand y Giradoux. Cada montaje suponía una ocasión para llevar a cabo estudios filológicos cuidadosos y profundos, en búsqueda de autenticidad compartida con Visconti.

Otro encuentro fundamental fue el que tuvo con el diseñador de vestuario y coleccionista de trajes Tirelli, quien más adelante fundaría la famosa sastrería homónima en Roma. Según recuerda Fineschi, ambos acudían al mercadillo parisino en busca de trajes de época, que luego utilizaban como objetos de estudio o incluso directamente como vestuario escénico, siempre que estuvieran en buen estado. De Nobili fue también una gran descubridora de talentos. Fue ella, junto con la escritora y Rouleau, quien eligió a una joven Audrey Hepburn para el papel de Gigi en la comedia basada en la novela de Colette (representada 17 veces, entre 1951 y 1953) mientras que la debutante Carla Fracci fue descubierta por ella y luego recomendada a Visconti para encarnar a Silvestra en Mario e il mago.

Desde 1961 Lila de Nobili se instaló en un ático del Barrio Latino, en la rue de Verneuil, rodeada de numerosos gatos rescatados de la calle, que se convirtieron en protagonistas de sus pinturas e ilustraciones. En 2018 Francesca Simone y Claudie Gastine publicaron, Gatti di Parigi, para Officina libraria, un volumen en el que recopilaron bocetos y dibujos de sus modelos más queridos. A lo largo de su vida, siempre estuvo rodeada de amigos y amigas, alumnos y alumnas de todas las edades que disfrutaban de su conversación refinada y de su notable empatía. Contrariamente a lo que podría pensarse, a menudo la condición de soltera –a cualquier edad– abre las puertas al don de la amistad, una suerte que no siempre se reserva a las mujeres que se casan y que, por convención social, deben dedicarse al marido, hijos e hijas. Abierta y cultivada, De Nobili se relacionaba con todo el mundo, incluso niños y niñas, y le gustaba enseñar, ya que lo consideraba una oportunidad para perfeccionar su propio método y seguir practicando. A pesar de sus viajes, París siempre fue el lugar al que volver, impulsada por el profundo amor que la unía a su madre. La participación de De Nobili en cinco ediciones del Festival dei Due Mondi de Spoleto fue fundamental: en una de ellas se encargó del diseño del cartel, y en la edición de 1973 realizó, aunque a distancia por la enfermedad de su madre, la escenografía de Manon Lescaut de Puccini, que fue la última dirección operística de Luchino Visconti. También diseñó vestuario para artistas como Ingrid Bergman, Maria Callas, Édith Piaf, Simone Signoret, Laurence Olivier, Michel Piccoli y muchas más. Lila de Nobili se comprometió profundamente en lo civil y lo político: junto a la juventud del mayo del 68, defendió la libertad de prensa al lado de Simone de Beauvoir y Jean-Paul Sartre.

Tras retirarse del teatro en 1970, se dedicó a la pintura y visitaba con regularidad el Museo de Louvre para copiar obras de los grandes maestros, tal como había hecho desde antes de la guerra. Llevaba consigo un cuaderno y hojas de dibujo, que guardaba en un cesto de mimbre, en los que realizaba bocetos muy variados. También fundó una pequeña escuela de dibujo, la Academie, junto al pintor y escenógrafo griego Yannis Tsarouchis, cuya técnica admiraba y de quien siguió aprendiendo. Sus innumerables dibujos, las postales ilustradas para amigos y amigas y sus bocetos cautivaron a muchos artistas, entre ellos a Robert Wilson y David Hockney. Zeffirelli la definió como “la mayor escenógrafa y diseñadora de vestuario del siglo XX, la maestra de todos nosotros”. En un artículo publicado pocos días después de su muerte, el 19 de febrero de 2002, fue descrita como “pequeño y genial elfo de la escenografía pintada”, para destacar su manera discreta y silenciosa de trabajar, como un elfo en la sombra, de esta mujer que, por su propia voluntad, es poco conocida y que merece ser redescubierta también por sus cualidades como pintora.

Tras su muerte, se le dedicaron varias exposiciones, entre las más importantes las celebradas en Milán, en el Museo del Teatro alla Scala, y en Roma, en la Academia de Francia en Villa Medici. El silencio que ella misma impuso sobre su vida fue quebrado, por suerte para nosotros, por sus amistades y parte de su alumnado , quienes permitieron el acceso a su vasta producción y a su correspondencia, lo cual permitió reconstruir en parte la personalidad de una artista tan reservada y disfrutar de la belleza de sus creaciones.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

What is immediately striking in the theater is the set design, just as the illustration within an article or on the cover of a magazine and the image on an illustrated postcard first catch the reader's eye. One would be inclined to think that those who do set design feel comfortable in the limelight. Nothing could be further from the temperament and life of Lila De Nobili di Vezzano, designer, illustrator, set and costume designer, talent discoverer and, in the final part of her existence, painter. It almost seems that in her life as a privileged descendant of an ancient aristocratic family, this woman with a complex personality tried to make herself invisible, elusive by her own will, to let her creations speak for themselves. Described as "the last great representative of the painted theater scene," close to directors such as Visconti and Zeffirelli, and especially Raymond Rouleau, with whom she was united in an association that lasted nearly 30 years, De Nobili knew how to move with a soft step in the world of theater, firmly determined to stay out of the spotlight.

Born Sept. 3, 1916, in Switzerland, in Castagnola, a suburb of Lugano, to her father Prospero De Nobili di Vezzano, an entrepreneur and politician descended from a family of Ligurian nobility, and her mother Dola Vertès, with Jewish and Hungarian ancestry, she spent her childhood between Nice and Rome, soon embarking with her mother on numerous trips, including abroad. Paris, Budapest and New York stimulated her not only to learn and speak several languages, but also to develop an intellectual curiosity and love of knowledge that fostered her great open-mindedness. Her uncle Marcel Vertès, a well-known painter and illustrator, soon discovered, along with her father, his niece's artistic talents, and the synthetic and free style of his painting was an important model for Lila. Thanks to her father's friendship with Aristide Sartorio, who dedicated a portrait to her, the future set designer was able to enter the Academy of Fine Arts in Rome, in Via di Ripetta, where she met Ferruccio Ferrazzi, a student of Sartorio, who became her teacher, and with whom she graduated with honors in 1939. Lila De Nobili never stopped studying, with a desire to learn, perfect herself and test herself that characterized her throughout her life. In Rome, where in those years there was an international climate, she met very stimulating people, including Filippo De Pisis from whom she would receive very useful suggestions for her artistic growth. Her point of reference, however, remained her uncle Marcel Vertès, a costume designer, draughtsman, illustrator and set designer with a casual and ironic stroke. It was he who introduced into the editorial staff of Vogue France the illustrations of Lila De Nobili, who had already collaborated with the fashion magazine Bellezza, directed by Gio Ponti. This was the period when her work for the covers of Vogue achieved great success.

In 1946, after the death of her father, she moved to Paris with her mother Dola, settling in the Latin Quarter. These were years of considerable melancholy and economic hardship. Soon, however, Vertès introduced her to a number of personalities in the Parisian art world, including Christian Berard, who became another reference point of hers. Unfortunately, he soon died in 1949, and it was Cocteau who recognized her as the heir to the great Berard. Again thanks to Vertès, during this period she became acquainted with the theater and Parisian social life, for which she had little sympathy. Following her meeting with actor and director Raymond Rouleau, the husband of one of her fellow students, a very intense professional relationship was born, with collaborations as set and costume designer on more than 20 plays and one film. There is little information around De Nobili. We owe much to Maria Crespi Morbio's book Lila De Nobili, published in 2014, for Grafica Step editions in the Amici della Scala Series, in which are collected drawings, sketches and illustrations of great value and a series of photographs. Also particularly compelling was the lecture dedicated to her by Irene Fineschi on November 27, 2023 for the series The Genius of Woman in the Sala dello Zodiaco of Bologna's Palazzo Malvezzi. Fineschi had access, for her master's thesis, thanks to the willingness of De Nobili's students and friends, to papers, sketches, drawings, illustrations and photographs that were hitherto inaccessible due to the ever-observed stipulation of silence imposed by the stage designer herself.

Lila De Nobili never wanted to be called an artist. She liked the idea of practicing crafts, such as that of the set and costume designer, because to some extent they approached that of the artisan, engaged with her hands and body. She never wanted to be interviewed and shunned the world of exhibitions and painting that tasted like money. This idea of her work was told to us by Renzo Mongiardino, architect and childhood friend, during an interview with Rossana Biason, author of a dissertation entitled Beginning from the End, In search of Lila De Nobili, for the course of Scenography, from the Academy of Fine Arts in Venice. She allegedly reported the following words to Mongiardino:

"Painting in this way is disgusting, it tastes like money, it tastes like the market, it tastes like horrible exhibitions, all that is this world I don't like, I don't want to see it. I like people who work by the hour, who work because there is a need for that certain thing there and they get into it."

Lila De Nobili approached theater as a set designer, bringing into the painted scene all her knowledge, the fruit of countless readings, films, opera and prose performances, the deep culture and interdisciplinarity that distinguished her. With her plays, for the realization of which she often worked tirelessly and without assistants, she contributed to the narrative brought to the stage by making available all that she knew and had learned over the years. Her collaboration with Rouleau, an expert in lighting engineering, influenced her and brought out her great skill, still not fully appreciated today. Her set designs, which are based on sketches, reveal a skillful use of lighting, through which to give a magical, dreamlike effect, achieved with gauze and tulle veils applied to the scene. Visconti wished to meet her after attending a performance in Paris of Anna Karenina, directed by Raymond Rouleau, and wanted her with him as set and costume designer in Giuseppe Giacosa's Come le foglie in 1954 and, the following year, for the production of Giuseppe Verdi's opera La Traviata. De Nobili suggested to Visconti that he move the setting of the events to the late nineteenth century, proposing Maria Callas for the title role of Violetta Valery, so that he could allow for some unconventional directing choices, such as having Violetta let down her long hair on stage before her encounter with Alfredo, or having her remove her shoes by throwing them in the air and then remaining barefoot for part of the opera. These were revolutionary stage solutions for the time, allowing this staging to go down in its own right in operatic history. Although an expert in fin de siecle settings, De Nobili participated in staging of operas placed in different historical eras, from Shakespeare's plays performed at Stratford on Avon to those of Tennessee Williams, from Rostand to Giraudoux. Each performance was for her an occasion for careful and thorough philological studies, with a search for the authentic that united her with Visconti.

A key meeting was also with costume designer and dress collector Tirelli, who would later open the famous tailor shop of the same name in Rome. Together they would go to the flea market in Paris, as Fineschi recalls, in search of period clothes that would either become the object of study or, if in good condition, directly stage costumes. De Nobili was also a great talent scout. It was she, together with the writer and Rouleau, who wanted a very young Audrey Hepburn for the part of Gigi in the play based on Colette's novel, performed for no less than 17 performances, from 1951 to 1953, while a debutante Carla Fracci was discovered by her and then suggested to Visconti to play Silvestra in Mario e il mago.

From 1961 Lila De Nobili moved to a new apartment in the Latin Quarter on the rue de Verneuil, an attic on the fifth floor, in the company of many cats, collected from the street and becoming the subjects of paintings and illustrations. In 2018 Francesca Simone and Claudie Gastine produced a publication, Cats of Paris, for Officina libraria, in which they collected the sketches and drawings of what we can call her most cherished models. Keeping her company in her life were always many friends, pupils and students of all ages who enjoyed her refined conversation and remarkable empathic gifts. Contrary to what one might think, unmarried status is often one that, at any age, opens one up to the gift of friendship, a fortune not always reserved for women who marry and must devote themselves, by social convention, to husbands, sons and daughters. Open-minded and cultured, De Nobili related to anyone, even boys and girls, and she enjoyed teaching believing it to be an opportunity to perfect her method and continue practicing. Despite her travels, Paris always remained the place to return to, especially because of her love for her mother to whom she was united by a deep relationship. Fundamental for De Nobili was her participation in five editions of the Festival of Two Worlds in Spoleto, for one of which she oversaw the creation of the playbill. For the 1973 edition she was in charge, albeit from a distance because of her mother's illness, of the set design for Puccini's Manon Lescaut, Luchino Visconti's last direction in the world of opera. She created costumes for Ingrid Bergman, Maria Callas, Edith Piaf, Simone Signoret, Lawrence Olivier and Michel Piccoli and many other artists. Lila De Nobili was highly civically and politically engaged. Alongside the youth in the May '68 protests, she took a stand in defense of freedom of the press with Simone De Beauvoir and Jean Paul Sartre.

Retiring from the theater in 1970, she devoted herself to painting and periodically visited the Louvre Museum to make copies of the works of the great masters, as she had always done even before the war. She went around with a notebook and drawing sheets, kept in a wicker basket, on which she made sketches of the most varied subjects. She also founded a small drawing school, l’Academie, with Yannis Tsarouchis, a Greek painter and stage designer, whose method she envied and from whom she continued to learn. Her countless drawings, picture postcards for friends, and sketches have enchanted many artists, including Robert Wilson and David Hockney. Zeffirelli said of her that she was "the greatest set and costume designer of the 20th century, the teacher of us all." In one of the articles written a few days after her death on Feb. 19, 2002, she was called a "small and brilliant elf of painted set design," to emphasize the discreet and silent way of working, like an elf in the shadows, of this woman who, even by her own will, is little known and who deserves to be rediscovered as well for her skills as a painter.

After her death, a number of exhibitions were dedicated to her, the most important of which were in Milan, at the Museo del Teatro alla Scala, and in Rome, at the French Academy in the Villa Medici. The silence she imposed on her life has been broken, fortunately for us, by some and a few friends and pupils who have allowed access to her vast production and correspondence, making possible in part the reconstruction of the personality of such a reserved artist and the enjoyment of the beauty of her works.