"Big Mama” Thornton
Mauro Zennaro




Laura Zemik

 

Nel video girato l’11 aprile 1984 al Rooster Club di Los Angeles si vede salire sul palco un uomo alto e scheletrico, con un cappello da cowboy in testa, infagottato in un completo grigio di diverse taglie più grande della sua. Ha una sigaretta in mano, si muove a fatica, si mette subito a sedere davanti alla band ed estrae dalla tasca un’armonica a bocca sulla quale soffia qualche nota di prova, poi lascia che la band suoni una lunga introduzione e quindi comincia a cantare. Ma non è un uomo: è Big Mama Thornton. Il vestito è quello che portava quando pesava più di un quintale – alcune fonti riportano addirittura uno e mezzo, perfino due – ma ora, dopo l’incidente d’auto e una vita da alcolista, pesa sui quarantacinque chili. La voce, però, non sembra smagrita. Il pubblico l’accoglie con calore, la stravaganza dell’abbigliamento non lo inganna e lei sorride e ammicca come al solito. Canta, suona l’armonica e fuma per tutto il concerto e quando finalmente attacca il suo capolavoro premette: «Ora vi canterò Ball and Chain», e precisa con aria di sfida: «a modo mio». La smorfia con cui lo dice meriterebbe un romanzo. Il pubblico è in prevalenza bianco, ma nel 1984 Big Mama è diventata un’icona, non come ai vecchi tempi del ghetto.

Willie Mae Thornton era nata l’11 dicembre 1926 ad Ariton, un paesino dell’Alabama che contava circa seicento anime e nessuno aveva mai sentito nominare, per cui lei soleva invece dichiarare di essere originaria della capitale dello Stato, Montgomery. Era una ragazzona alta forte e robusta, per cui il soprannome Big Mama arrivò come logica conseguenza, probabilmente ispirato da Mami, il personaggio della cameriera nera enorme e volitiva di Via col vento, e dalla cantante blues Gertrude “Ma” Rainey. Il termine “mamma” riferito a donne forti e importanti sembra riassumere il senso di identità delle comunità nere, in cui i pari grado si chiamano fra loro “fratello” e “sorella”, come in una famiglia, e alla gente di rispetto ci si rivolge con “mamma” e “papà”. Willie Mae, come tante altre artiste blues, era figlia di un pastore battista e di una cantante di chiesa, e in chiesa aveva cominciato a cantare con i fratelli e le sorelle. Ma il nome d’arte era anche un tributo alla sua voce, così potente che il microfono risultava superfluo. Un giorno raccolse dalla spazzatura un’armonica a bocca buttata via da uno dei fratelli e imparò a suonarla. «Non ho mai avuto nessuno che mi insegnasse niente. Non sono mai andata a scuola di musica né niente del genere. Ho imparato da sola a cantare e a suonare l’armonica, e persino la batteria, guardando gli altri. Non so leggere la musica, ma so cosa sto cantando. Non canto come nessuno tranne me stessa».

Le notizie sulla sua vita sono frammentarie. Leggendo qui e là si scopre che aveva sei fratelli, o quattro, forse un marito, forse uno o più figli, perché Big Mama non ha mai riscosso il grande successo internazionale che sorrise, per esempio, a Elvis Presley e Janis Joplin, che interpretarono due suoi pezzi; ma loro avevano la pelle bianca. La mamma, Edna M. Richardson Thornton (ma alcune fonti la nominano Mattie Haynes), morì tubercolosa in giovane età e Willie Mae lasciò la scuola, dapprima per accudire lei e quindi per lavorare come donna delle pulizie. A quattordici anni vinse un concorso per dilettanti, andò via di casa, cominciò a cantare in giro con varie formazioni e per tutti gli anni Cinquanta ebbe un discreto successo. Poi arrivarono Elvis Presley e il rock and roll, e i tempi divennero duri. Elvis si appropriò di Hound Dog, il cavallo di battaglia di Big Mama scritto da Jerry Leiber e Mike Stoller, due ragazzi bianchi di Los Angeles, che lei aveva trasformato in quello che è stato definito in seguito un inno femminista, ma il cui tema è assai frequente nel blues delle donne: la cacciata di un uomo parassita e violento e la rivendicazione della propria autonomia. Dice: «Non sei altro che un cane da caccia/smettila di curiosare intorno alla mia porta/puoi scodinzolare/ma non ti darò più da mangiare». Il testo di Elvis è naturalmente diversissimo, puritano e bianco: parla di un amico che piagnucola e che, nonostante si consideri un cane da caccia, non ha mai preso un solo coniglio. La registrazione di Thornton del 1952 fu un successo colossale per una cantante blues: vendette 500.000 copie ma la cover di Elvis superò i dieci milioni e per molti anni nessuno ricollegò la canzone a lei.

Big Mama si vestiva da uomo e manifestava apertamente il suo orientamento sessuale, ma tale stravaganza le era permessa dall’essere nera e dal vivere nel ghetto, perché nell’America puritana di quegli anni (ma solo quelli?) qualunque riferimento esplicito al sesso era forzatamente ignorato. Come scrive Angela Davis, «Uno degli aspetti più evidenti per cui le canzoni blues si discostavano dalla cultura musicale dell’epoca era le pervasività e provocatorietà dell’immaginario sessuale, omosessualità inclusa (…). Gli aspetti delle relazioni amorose incompatibili con l’idea dominante eterea e astratta dell’amore – come le relazioni extraconiugali, la violenza domestica e l’occasionalità di molte relazioni sessuali – erano banditi dal canone della popular music». La sessualizzazione del blues era dovuta al fatto che il pubblico, ovvero il mercato, era completamente nero e che il blues, così come il jazz statunitense, era di fatto puro intrattenimento. La gente si aspettava dagli artisti e dalle artiste un abbigliamento vistoso, un comportamento eccentrico sul palco e palesi riferimenti sessuali mentre, al contrario, la musica pop bianca doveva corrispondere alla morale corrente e quella colta avocava a sé uno status culturale elevato e di nicchia. Ancora Davis: «Le rappresentazioni dell’amore e della sessualità nel blues femminile spesso contraddicevano palesemente i presupposti ideologici tradizionali sulle donne e l’innamoramento. Sfidavano (…) l’assunto che il “posto” delle donne fosse nella sfera domestica». 

Sorte simile a Hound Dog ebbe Ball and Chain, composta da Big Mama all’inizio degli anni Sessanta ma divenuta celebre grazie all’interpretazione di Janis Joplin. Rispetto a Elvis, Janis era molto più vicina in spirito a Big Mama, ma questa non percepì mai le royalties che le spettavano. E non si esibì mai davanti al pubblico immenso che osannava artisti e artiste di pelle bianca. Gli anni Sessanta, la controcultura, il nuovo mercato giovanile non riguardavano neri e nere che cantavano blues. Era solo “intrattenimento”, non “cultura”. Come altre stelle del blues e del jazz, solo in Europa Big Mama fu accolta come meritava e, di rimbalzo, quando l’etichetta della “cultura” arrivò negli Stati Uniti, alla fine degli anni Settanta, Big Mama fu invitata ai primi grandi festival di blues e jazz e conobbe un po’ di notorietà. In quel video dell’aprile 1984 la donna vestita da uomo canta suona e fuma seduta, poi alla fine si alza e abbozza qualche passo di danza, qualche smorfia e ammiccamento come da copione. Si regge in piedi a malapena ma porta avanti lo spettacolo e il pubblico quasi tutto bianco, che ormai è colto e informato, l’applaude con calore. Tre mesi dopo, il 25 luglio, Willie Mae Thornton, detta Big Mama, muore per le conseguenze epatiche e cardiache della propria dissolutezza blues. Le fonti si contraddicono sulle cause, sul luogo esatto del decesso e su chi la trovò morta. Pare impossibile stabilire la verità su una persona marginale come una musicista nera. Lei per prima non lo troverebbe interessante. Cantava a modo suo, e questo è tutto.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Dans la vidéo prise le 11 avril 1984 au Rooster Club de Los Angeles, on voit monter sur scène un homme grand et squelettique, avec un chapeau de cowboy sur la tête, vêtu d’un costume gris de différentes tailles plus grand que le sien. Il a une cigarette dans la main, il bouge à peine, s’assied immédiatement devant le groupe et sort de sa poche un harmonica à la bouche sur lequel souffle quelques notes de preuve, puis laisse le groupe jouer une longue introduction et commence à chanter. Mais ce n’est pas un homme, c’est Big Mama Thornton. La robe était celle qu’il portait quand il pesait plus d’un quintal - certaines sources rapportent même un et demi, voire deux - mais maintenant, après l’accident de voiture et une vie d’alcoolique, il pèse 45 kilos. La voix, cependant, ne semble pas maigrie. Le public l’accueille avec chaleur, l’extravagance des vêtements ne le trompe pas et elle sourit et cligne comme d’habitude. Elle chante, joue de l’harmonica et fume tout au long du concert et quand elle attaque enfin son chef-d’œuvre elle appuie : «Maintenant je vais vous chanter Ball and Chain», et elle précise avec un air de défi:«à ma manière». La grimace avec laquelle elle dis cela mériterait un roman. Le public est majoritairement blanc, mais en 1984 Big Mama est devenue une icône, pas comme dans le vieux temps du ghetto.

Willie Mae Thornton est née le 11 décembre 1926 à Ariton, un petit village d’Alabama qui comptait environ 600 âmes et dont personne n’avait entendu parler, alors qu’elle prétendait être originaire de la capitale de l’État, Montgomery. C’était une grande fille forte et robuste, le surnom de Big Mama est venu comme une conséquence logique, probablement inspiré par Mami, le personnage de la serveuse noire énorme et volontaire de Via col vento, et la chanteuse de blues Gertrude "Ma" Rainey. Le terme "maman" désignant les femmes fortes et importantes semble résumer le sentiment d’identité des communautés noires, où les gens de la même classe sont appelés entre eux "frère" et “sœur", comme dans une famille, et les gens de respect s’adressent avec "maman" et “papa”.Willie Mae, comme beaucoup d’autres artistes blues, était la fille d’un pasteur baptiste et d’une chanteuse d’église, et à l’église elle avait commencé à chanter avec ses frères et sœurs. Mais le nom de scène était aussi un hommage à sa voix, si puissante que le microphone était superflu. Un jour, elle ramassa de la poubelle un harmonica à bouche jeté par un des frères et apprit à le jouer. «Je n’ai jamais eu personne pour m’apprendre quoi que ce soit. Je ne suis jamais allée à l’école de musique ni quoi que ce soit de ce genre. J’ai appris seule à chanter et à jouer de l’harmonica, et même de la batterie, en regardant les autres. Je ne sais pas lire la musique, mais je sais ce que je chante. Je ne chante comme personne sauf moi-même». 

Les nouvelles de sa vie sont fragmentaires. En lisant ici et là, on découvre qu’elle avait six frères, ou quatre, peut-être un mari, peut-être un ou plusieurs enfants, parce que Big Mama n’a jamais connu le grand succès international qui sourit, par exemple, à Elvis Presley et Janis Joplin, qui jouèrent deux de ses pièces; mais ils avaient la peau blanche. Sa mère, Edna M. Richardson Thornton (mais certaines sources la nomment Mattie Haynes), meurt à un jeune âge et Willie Mae quitte l’école, d’abord pour s’occuper d’elle et ensuite pour travailler comme femme de ménage. À l’âge de quatorze ans, elle remporte un concours amateur, quitte la maison, commence à chanter avec diverses formations et connaît un succès modéré tout au long des années 1950. Puis vint Elvis Presley et le rock and roll, et les temps devinrent durs. Elvis s’appropria Hound Dog, le cheval de bataille de Big Mama écrit par Jerry Leiber et Mike Stoller, deux garçons blancs de Los Angeles, qu’elle avait transformé en ce qu’on a appelé plus tard un hymne féministe, mais dont le thème est très fréquent dans le blues des femmes : la chasse d’un homme parasite et violent et la revendication de sa propre autonomie. Elle dit : «Tu n’es qu’un chien de chasse/arrête de fouiner autour de ma porte/tu peux remuer/mais je ne te donnerai plus à manger». Le texte d’Elvis est naturellement très différent, puritain et blanc : elle parle d’un ami qui gémit et qui, bien qu’il se considère comme un chien de chasse, n’a jamais capturé un seul lapin. L’enregistrement de Thornton en 1952 a été un énorme succès pour une chanteuse de blues : elle s’est vendue à 500000 exemplaires, mais la reprise d’Elvis a dépassé les dix millions et pendant de nombreuses années, personne ne lui a rattaché la chanson.

Big Mama s’habillait en homme et manifestait ouvertement son orientation sexuelle, mais cette extravagance lui était permise d’être noire et de vivre dans le ghetto, car dans l’Amérique puritaine de ces années-là (mais seulement celles-ci?) toute référence explicite au sexe était ignorée de force. Comme l’écrit Angela Davis, «L’un des aspects les plus évidents des chansons blues s’écartait de la culture musicale de l’époque était l’omniprésence et la provocation de l’imaginaire sexuel, y compris l’homosexualité (...). Les aspects des relations amoureuses incompatibles avec l’idée dominante éthérée et abstraite de l’amour - comme les relations extraconjugales, la violence domestique et l’occasionnelité de nombreuses relations sexuelles - étaient interdits par le canon de la musique populaire». La sexualisation du blues était due au fait que le public, c’est-à-dire le marché, était complètement noir et que le blues, ainsi que le jazz américain, était en fait un pur divertissement. Les gens attendaient des artistes, et des artistes des vêtements flashy, un comportement excentrique sur scène et des références sexuelles évidentes, par contre, la musique pop blanche devait correspondre à la morale courante et la musique cultivée avait un statut culturel élevé et de niche. Mais aussi, Davis:«Les représentations de l’amour et de la sexualité dans le blues féminin contredisaient souvent clairement les présupposés idéologiques traditionnels sur les femmes et l’amour. Ils contestaient (...) l’hypothèse que la "place" des femmes était dans la sphère domestique».

Comme Hound Dog, Ball and Chain a été composé par Big Mama au début des années 1960, mais est devenu célèbre grâce à l’interprétation de Janis Joplin. Par rapport à Elvis, Janis était beaucoup plus proche en esprit de Big Mama, mais celle-ci ne percevait jamais les royalties qui lui revenaient. Et elle ne se produisit jamais devant l’immense public qui acclamait artistes et artistes couleur blanche. Les années 60, la contre-culture, le nouveau marché des jeunes ne concernaient pas les noirs, les noirs qui chantaient du blues. C’était juste un "divertissement", et non pas une "culture". Comme d’autres stars du blues et du jazz, en Europe seulement Big Mama a été accueilli comme elle le méritait et, de rebond, quand le label de la "culture" est arrivé aux États-Unis, à la fin des années 1970, Big Mama a été invitée aux premiers grands festivals de blues et de jazz et a connu une certaine notoriété. Dans cette vidéo d’avril 1984, la femme habillée comme un homme chante et fume assise, puis finalement se lève et esquisse quelques pas de danse, quelques grimaces et des clins d’œil comme dans le scénario. Elle tient à peine debout, mais fait avancer le spectacle et le public presque tout blanc, qui est maintenant cultivé et informé, l’applaudit avec chaleur. Trois mois plus tard, le 25 juillet, Willie Mae Thornton, dit Big Mama, meurt des suites hépatiques et cardiaques de sa dissolution blues. Les sources se contredisent sur les causes, sur le lieu exact du décès et sur qui l’a trouvée morte. Il semble impossible d’établir la vérité sur une personne marginale comme une musicienne noire. Elle ne trouverait pas ça intéressant au début. Elle chantait à sa façon, et c’est tout.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

In a video filmed on April 11, 1984, at the Rooster Club in Los Angeles, a tall, skeletal man, wearing a cowboy hat on his head and bundled up in a gray suit several sizes too large, can be seen coming onstage. He has a cigarette in his hand, moves with difficulty, immediately takes a seat in front of the band and pulls a mouth harmonica from his pocket on which he blows a few practice notes, then lets the band play a long introduction and then begins to sing. But it is not a man! It is Big Mama Thornton. The outfit is the one she wore when she weighed more than a hundred kilos - some sources even report one hundred fifty, even two - but now, after a car accident and a life as an alcoholic, she weighs in at only forty-five kilos (one hundred pounds). Her voice, however, does not sound thin. The audience greets her warmly, the extravagance of her attire does not fool them, and she smiles and winks as usual. She sings, plays the harmonica and smokes throughout the concert, and when she finally attacks her masterpiece she presses, "Now I'm going to sing Ball and Chain to you," and defiantly clarifies, "my way." The grimace with which she says this would deserve a novel. The audience is overwhelmingly white, but by 1984 Big Mama had become an icon, not like in the old ghetto days.

Willie Mae Thornton had been born on December 11, 1926, in Ariton, a small Alabama town of about six hundred souls that no one had ever heard of, so instead she used to claim to be from the State capital, Montgomery. She was a tall, strong, big girl, so the nickname Big Mama came as a logical consequence, probably inspired by Mammy, the character of the huge, strong-willed black maid in Gone with the Wind, and the blues singer Gertrude "Ma" Rainey. The term "Mamma" referring to strong, important women seems to sum up the sense of identity in black communities, in which peers call each other "brother" and "sister," as in a family, and people of respect are addressed as "Ma" and "Pa." Willie Mae, like so many other female blues artists, was the daughter of a Baptist pastor and a church singer, and she had begun singing at church with her brothers and sisters. But the stage name was also a tribute to her voice, so powerful that a microphone was superfluous. One day she picked up a mouth harmonica from the trash, thrown away by one of the brothers and learned to play it. "I never had anyone to teach me anything. I never went to music school or anything like that. I taught myself to sing and play the harmonica, and even the drums by watching others. I can't read music, but I know what I'm singing. I don't sing like anyone but myself."

News about her life is fragmentary. Reading here and there one discovers that she had six siblings, or four, perhaps a husband, perhaps one or more children, because Big Mama never enjoyed the great international success that smiled on, for example, Elvis Presley and Janis Joplin, who performed two of her songs - but they had white skin. The mother, Edna M. Richardson Thornton (but some sources name her Mattie Haynes), died young of tuberculosis, and Willie Mae left school, first to care for her and then to work as a cleaning lady. At the age of fourteen she won an amateur contest, left home, began singing with various ensembles, and throughout the 1950s was quite successful. Then came Elvis Presley and rock and roll, and times got tough. Elvis appropriated Hound Dog, the workhorse Big Mama song written by Jerry Leiber and Mike Stoller, two white boys from Los Angeles, which she turned into what was later called a feminist anthem, but whose theme is very common in women's blues: the ousting of a parasitic, abusive man and the reclaiming of one's autonomy. She says, "You're nothing but a hound dog/ Stop snooping around my door/ You can wag your tail/ But I won't feed you anymore." Elvis's lyrics are, of course, very different, puritanical and white - about a whining friend who, despite considering himself a hound dog, has never caught a single rabbit. Thornton's 1952 recording was a colossal success for a blues singer: it sold 500,000 copies, but Elvis's cover exceeded ten million, and for many years no one reconnected the song to her.

Big Mama dressed as a man and openly manifested her sexual orientation, but such extravagance was allowed by being black and living in the ghetto, because in the puritan America of those years (but only those?) any explicit reference to sex was forcibly ignored. As Angela Davis writes, "One of the most obvious aspects in which blues songs departed from the musical culture of the time was the pervasiveness and provocative nature of sexual imagery, homosexuality included... Aspects of love relationships incompatible with the dominant ethereal and abstract idea of love - such as extramarital affairs, domestic violence, and the casualness of many sexual relationships-were banned from the popular music canon." The sexualization of the blues was due to the fact that the audience, that is, the market, was almost entirely black and that the blues, as well as U.S. jazz, were in fact pure entertainment. People expected flashy clothing, eccentric behavior on stage, and overt sexual references from performers while, on the contrary, white pop music had to match current morals and “cultured” music claimed a high and niche cultural status. Davis again, "Representations of love and sexuality in women's blues often blatantly contradicted traditional ideological assumptions about women and falling in love. They challenged (...) the assumption that women's 'place' was in the domestic sphere."

Ball and Chain had a fate similar to Hound Dog, composed by Big Mama in the early 1960s but made famous through Janis Joplin's interpretation. Compared to Elvis, Janis was much closer in spirit to Big Mama, but the latter never received the royalties she was due. And she never performed in front of the huge audiences that hailed white-skinned artists and performers. The 1960s, the counterculture, the new youth market, was not about blacks or about blacks singing blues. It was just "entertainment," not "culture." Like other blues and jazz stars, it was only in Europe that Big Mama was received as she deserved, and, on the rebound, when the "culture" label came to the United States in the late 1970s, Big Mama was invited to the first major blues and jazz festivals and experienced some renown. In that April 1984 video, the woman dressed as a man sings, plays, and smokes while sitting, then eventually gets up and sketches a few dance moves, a few grimaces and winks as scripted. She barely stands but carries on with the show, and the almost all-white audience, which by now is educated and informed, applauds her warmly. Three months later, on July 25, Willie Mae Thornton, known as Big Mama, died from the liver and heart consequences of her own blues debauchery. Sources contradict each other about the causes, the exact place of death and who found her dead. It seems impossible to establish the truth about someone as marginal as a black musician. She, for one, would not find it interesting. She sang in her own way, and that was that.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

En el video grabado el 11 de abril de 1984 en el ‘Rooster Club’ de Los Ángeles se ve subir al escenario un hombre alto y flaquito con un sombrero de vaquero en la cabeza, arropado en un conjunto gris de varias tallas más grande que la suya. Tiene un cigarillo en la mano, se mueve con dificultad, enseguida se sienta delante de la banda y saca de su bolsillo una armónica con la que toca algunas notas para probar, luego deja que la banda toque una larga introducción y, entonces, empieza a cantar. No obstante, no es un hombre: es Big Mama Thornton. El vestido es el mismo que llevaba cuando pesaba más de 100 kg -algunas fuentes dicen que incluso 150, 200- pero ahora, después del accidente automovilístico y de una vida de alcohólica, pesa unos 45 . Sin embargo, parece que su voz no ha adelgazado. El público la recibe calurosamente, no se deja engañar por la extravagancia de la ropa y ella sonríe y guiña el ojo como siempre. Canta, toca la armónica y fuma durante todo el concierto y cuando finalmente arranca su obra maestra empieza diciendo: «Ahora os voy a cantar Ball and Chain», y precisa desafiante: «a mi manera». La mueca con la que lo dice se merecería una novela. El público es predominantemente blanco, pero en 1984 Big Mama se convirtió en un icono, no como en los viejos tiempos del gueto. 

Willie Mae Thornton nació el 11 de diciembre de 1926 en Ariton, un pequeño pueblo de Alabama que contaba con unas seiscientas almas y del cual nadie había oído hablar, por lo tanto, ella solía decir que era originaria de la capital del estado, Montgomery. Era una chica alta, fuerte y robusta, por lo que el apodo de Big Mama llegó como consecuencia lógica, probablemente inspirado por Mami, el personaje de la camarera negra enorme y volitiva de Lo que el viento se llevó, y por la cantante de blues Gertrude “Ma” Rainey. El apodo “mamá” para referise a mujeres fuertes e importantes parece resumir el sentido de identidad de las comunidades negras, donde los iguales, entre ellos, se llaman “hermano” y “hermana”, como en una familia, y a las personas respetables se les llama “mamá” y “papá”. Willie Mae, como muchas otras artistas de blues, era hija de un pastor baptista y de una cantante de iglesia, y en la iglesia comenzó a cantar con sus hermanos y hermanas. Pero, el nombre artístico era también un tributo a su voz, tan potente que el micrófono era superfluo. Un día recogió de la basura una armónica que había tirado uno de sus hermanos y aprendió a tocarla. «Nunca tuve a nadie que me enseñara nada. Nunca fui a la escuela de música ni nada de eso. Aprendí sola a cantar y tocar la armónica, e incluso la batería, mirando a los demás. No sé leer música, pero sé lo que estoy cantando. No canto como nadie, sino como yo misma».

Las noticias sobre su vida son fragmentarias. Leyendo deaquí y de allá, descubrimos que tenía seis hermanos, o cuatro, tal vez un esposo, quizá un hijo o más de uno, ya que Big Mama nunca tuvo el gran éxito que les tocó, por ejemplo, a Elvis Presley y a Janis Joplin, que interpretaron dos de sus temas; pero ellos tenían la piel blanca. Su madre, Edna M. Richardson Thornton (aunque algunas fuentes se refieren a ella como Mattie Haynes) murió de tuberculosis a una edad temprana y Willie Mae abandonó la escuela, primero para cuidarla y luego para trabajar como limpiadora. A los catorce años ganó un concurso de aficionados, se marchó de casa, comenzó a cantar con diferentes formaciones y durante todos los años Cincuenta tuvo un discreto éxito. Luego llegaron Elvis Presley y el rock and roll, y los tiempos se volvieron difíciles. Elvis se apropió de Hound Dog, el caballo de batalla de Big Mama escrito por Jerry Leiber y Mike Stoller, dos chicos blancos de Los Ángeles, y que ella había convertido en lo que más tarde se definió un himno feminista, pero cuyo tema es muy común en el blues femenino: la expulsión de un hombre “parásito” y violento y la reivindicación de su autonomía. Dice: «No eres más que un perro de caza/deja de husmear alrededor de mi puerta/puedes mover la cola/pero ya no te daré de comer». El texto de Elvis es, por supuesto, muy distinto, puritano y blanco: habla de un amigo que lloriquea y que, aunque se considera un perro de caza, nunca ha cazado un solo conejo. La grabación de Thornton de 1952 fue un éxito colosal para una cantante de blues: vendió 500.000 ejemplares, pero la versión de Elvis superó los 10 millones y durante muchos años nadie la relacionó con ella.

Big Mama se vestía como un hombre y manifestaba abiertamente su orientación sexual, pero se le permitía semejante extravagancia por ser negra y por vivir en el gueto, porque en la América puritana de aquellos años (¿solo aquellos?) cualquier referencia explícita al sexo era, a la fuerza, ignorada. Como escribe Angela Davis: «Uno de los aspectos más evidentes por los que las canciones de blues se distanciaban de la cultura musical de la época era la penetración y el carácter provocador de la esfera sexual, incluso la homosexualidad (…). Los aspectos de las relaciones amorosas incompatibles con la idea dominante etérea y abstracta del amor –como las relaciones extramaritales, la violencia doméstica y la ocasionalidad de muchas relaciones sexuales– estaban prohibidos por el canon de la música popular». La sexualización del blues se debió al hecho de que el público, es decir, el mercado, era completamente de color y a que el blues, al igual que el jazz estadounidense, de hecho era puro entretenimiento. La gente se esperaba que los artistas llevasen ropa llamativa, tuvieran un comportamiento excéntrico en el escenario e hicieran referencias sexuales explícitas, mientras que, por el contrario, la música pop blanca tenía que corresponder a la moral de la época y la música culta tenía un estatus cultural elevado y de nicho. Sigue Davis: «Las representaciones del amor y de la sexualidad en el blues femenino a menudo contradecían claramente los presupuestos ideológicos tradicionales acerca de las mujeres y del enamoramiento. Desafiaban (…) la suposición de que el “lugar” de las mujeres estuviera en la esfera doméstica».

Ball and Chain compuesta por Big Mama a principios de los años Sesenta, tuvo un éxito similar a Hound Dog pero se hizo famosa gracias a la interpretación de Janis Joplin. Janis estaba mucho más cerca espiritualmente a Big Mama que Elvis, pero esta nunca recibió los derechos de autora que le correspondían. Y nunca actuó frente al gran público que halagaba a los y las artistas de piel blanca. En los años Sesenta, la contracultura, el nuevo mercado juvenil, ya no estaban formados por negros y negras que cantaban blues. Era solo “entretenimiento”, no “cultura”. Al igual que otras estrellas del blues y del jazz, solo en Europa Big Mama fue recibida como se merecía y, como rebote, cuando la etiqueta de la “cultura” llegó a Estados Unidos, a finales de los años Setenta, Big Mama fue invitada a los primeros grandes festivales de blues y jazz y adquirió un poco de notoriedad. En ese video de abril de 1984 la mujer vestida de hombre canta, toca y fuma sentada, luego al final se levanta y esboza algunos pasos de baile, algunas sonrisas y guiños como de guión. Apenas se mantiene en pie, pero sigue adelante con el espectáculo y el público, casi todo blanco, que ahora es bien culto y está informado, la aplaude con calidez. Tres meses después, el 25 de julio, Willie Mae Thornton, conocida como Big Mama, muere a causa de las consecuencias hepáticas y cardíacas de su inmoralidad blues. Las fuentes se contradicen sobre las causas, el lugar exacto de la muerte y quién la encontró muerta. Parece imposible establecer la verdad sobre una persona marginal como era una música negra. Ni siquiera ella lo encontraría interesante. Ella cantaba a su manera, eso es todo.