Una "vita incompiuta"

Con queste parole è presentata, nel bel libro di Maria Rosa Fabbrini, la biografia di Silvia Pons, ricostruita con cura e rispetto partendo dal materiale conservato  nell’archivio famigliare, e arricchendo la narrazione  con i frutti di altre ricerche archivistiche e le interviste a chi ha avuto la possibilità di conoscere Silvia. La sua vita è stata molto breve: nata nel 1919 a Torre Pellice da una famiglia di tradizione valdese, è morta a soli trentanove anni.
Ma lasciamo la parola alla sua biografa,che titola il capitolo introduttivo del suo lavoro con una citazione tratta dall’Agamennone di Eschilo: ”Dopo la mia morte testimoniate, vi prego, che fui coraggiosa”.
 
“Spirito ribelle, dotata di talento, intelligenza e bellezza, Silvia Pons è passata attraverso la non facile via delle scelte e della lotta. A vent’anni, nel 1939 – dopo la promulgazione delle leggi razziali che penalizzavano il suo compagno ebreo – rivendica il diritto alla maternità fuori dal matrimonio e in pagine di grande intensità racconta la nascita di suo figlio; nel luglio 1943 si laurea in medicina e comincia a esercitare una professione ancora quasi esclusivamente maschile. Antifascista militante, aderisce al Partito d’Azione, partecipa alla Resistenza ed è attiva nell’associazionismo femminile nato durante la guerra; il suo contributo alla difesa dei diritti delle donne e alla loro emancipazione prosegue negli anni cinquanta durante i quali, tra l’altro, collabora con la casa editrice Minerva Medica di cui diventa corrispondente da Parigi”.
 
Frida Malan, sua grande amica per tutta la vita, ha detto di lei (la sua commossa testimonianza è stata raccolta da Piera Egidi Bouchard) che la sua libertà e indipendenza ne facevano “una figura molto moderna”, che forse non è stata capita nel suo ambiente di allora, perché  era “troppo avanti rispetto ai tempi”. E rimpiangeva che non fosse stata ancora studiata e valorizzata, e che la gente delle Valli avesse avuto un atteggiamento troppo duro nei suoi confronti, un atteggiamento ingiusto perché “Silvia era buona, generosa, anche troppo generosa”.
Il personaggio di Silvia Pons compare con un ruolo preminente anche nel Diario partigiano di Ada Gobetti, che ne ricorda il ruolo fondamentale nel campo della diffusione delle idee attraverso “La nuova realtà”, il giornale del Movimento Femminile di Giustizia e Libertà.
 
La biografia di Maria Rosa Fabbrini, insieme allo studio precedente di Marta Bonsanti, colma finalmente una lacuna rendendo giustizia a quella che è stata, sempre secondo Frida Malan, “una delle più interessanti figure della storia delle donne”.
Ma per ciò che riguarda il riconoscimento toponomastico, né Frida Malan né Silvia Pons (e ci piace ricordarle insieme, per l’amicizia che le ha legate) l’hanno finora  ottenuto, a quanto ci risulta, né a Torre Pellice, luogo delle loro origini, né a Torino dove entrambe operarono.