Le donne e il lavoro

Toponomastica femminile, che da poco è diventata un’associazione, ha in programma, per il primo maggio, l’allestimento di una mostra sul lavoro delle donne. Un progetto in fieri, non ancora del tutto delineato, per il quale la referente nazionale, che ha lanciato l’idea, ha richiesto l’apporto delle varie componenti del gruppo.
E poiché vi sono altre mostre su questa tematica in diverse città italiane, le toponomaste si sono impegnate a visitarle per trarne ispirazione  e proposte.
Una di queste mostre è stata allestita a Morgez,  paese situato a pochi chilometri da Courmayeur, nell’edificio recentemente ristrutturato della Tour de l’Archet, dove è stata esposta dal primo dicembre 2014 al 10 gennaio 2015.
Così, approfittando di una gita in Val d’Aosta, sabato scorso mi sono fermata a Morgez per vedere di che si trattava.
La piccola mostra, dal titolo  “Donne e lavoro in Valle d’Aosta” con il sottotitolo  “La sicurezza sul lavoro ieri, oggi e domani” era già apparsa nel 2013 nella prima edizione a Pont Saint Martin, poi ad Aosta nella primavera scorsa. Alla Tour de l’Archet è stata presentata in versione ridotta, con poche, belle fotografie in grande formato, scelte o realizzate da Enrico Peyrot, che offrono uno spaccato del lavoro femminile nella valle d’Aosta nell’ultimo secolo, mettendo in evidenza i mutamenti nei sistemi di prevenzione e di sicurezza. La mostra originale, lo si deduce dal materiale  che compare su sito della regione Valle d’Aosta, doveva essere più ricca, qui lo spazio ridotto ha costretto a una scelta che ha un po’ penalizzato il lavoro di documentazione.
Alle immagini del lavoro nelle campagne, nelle officine, nel terziario, si alternano brevi testi,  contenenti alcune testimonianze di lavoratrici. Clotilde Martignene, di Arnad, ricorda il duro lavoro delle contadine nelle zone di montagna (“lavoravamo tutto il giorno … e quasi partorivamo lavorando”), mentre sono un pugno nello stomaco le parole di Vittoria Nicco, di Donnaz, assunta nel ’54 all’ILSSA di Pont Saint Martin e impiegata per dieci anni al reparto trafilatura, o quelle di Marie Rose Giavinaz di Pontey, operaia in una filatura di seta a Chatillon, dove donne e bambine lavoravano in un ambiente umido e malsano. C’è anche chi, rimpiangendo probabilmente l’allegria della giovinezza, ricorda volentieri  quell’esperienza di lavoro, come Dina Cout, di Issogne, lavoratrice del cotonificio Brambilla: “Dico la verità, a me la filatura è piaciuta … ci aspettavamo davanti al Cotonificio e venivamo via insieme, cantando ad alta voce”. D’altra parte, “le condizioni di lavoro migliorano rapidamente a partire dall’inizio degli anni ’50 e la cultura della sicurezza sui posti di lavoro comincia a farsi strada” (Luciana Promotton)  ma la maggior parte delle testimonianze mettono in luce gli aspetti negativi di una realtà che negli anni ’20 e ’30 era ancora terribile.
Il video che accompagna la mostra  offre dati e foto che permettono al visitatore un’ ulteriore riflessione sulla situazione del lavoro femminile oggi in Italia.
E domani? Quale potrà essere la condizione lavorativa delle donne domani? Questa la domanda con la quale il visitatore o la visitatrice escono dalla piccola mostra di Morgez.