ITALIA – Passeggiata parmense tra donne e democrazia


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FOTO 1 – Pianta di Parma

Dalle “fattrici di figli” di mussoliniana memoria alle partigiane, dalle cittadine del 2 giugno 1946 alle femministe degli anni Settanta, la voce delle donne è ciò che più di ogni altra ha saputo cambiare la nostra società, distruggendone la millenaria struttura patriarcale e affermando l’ineludibilità del tema del diritto, di ogni diritto. Nessuna trasformazione è stata capace di tanta profondità e nessuna ha segnato così tenacemente il nostro vivere quotidiano.

Ma il tempo delle donne non si è concluso: se è vero che lo stato di minorità politica di una categoria maggioritaria di cittadini costituisce il segno più visibile e certo dei limiti della democrazia reale, siamo sicuri che il cammino delle donne nella storia della democrazia italiana sia terminato?

Il 2 giugno 1946 non è stato una conquista ma il punto di partenza di un cammino che non si è esaurito e che non si concluderà finché non saranno le donne a conquistarsi piazza, voce, spazi e diritti.

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FOTO 2A – Strade femminili di Parma

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FOTO 2B – Strade femminili di Parma

Domenica 22 maggio il Centro Studi Movimenti di Parma organizza una passeggiata cittadina per riportare allo scoperto un suo percorso storico tra donne e democrazia.

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FOTO 3 – Manifesto ONMI

Via Costituente 4b – Sede dell’ONMI – Fine anni Venti. Anche a Parma trovò sede l’ONMI (Opera nazionale maternità e infanzia) con cui il fascismo offriva assistenza a madri e bambini in difficoltà, ribadendo la centralità, nella sua politica sessuale e famigliare, della donna “fattrice di figli”, “macchina di riproduzione”, “genitrice della razza”. E restaurando, così, l’ordine nei rapporti tra i sessi messi a soqquadro dalla guerra e dalle turbolenze sociali degli anni successivi. «Donne italiane: voi dovete essere le custodi dei focolari» (Benito Mussolini, discorso alle donne, 20 giugno 1937)

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FOTO 4 – Portici del grano

Piazza Garibaldi – Sotto i Portici del grano, una lapide ricorda il “contributo” delle donne parmensi alla Resistenza, un contributo definito silenzioso, come se l’agire senz’armi di migliaia di donne tra il 1943 e il 1945 potesse rientrare nel sommesso silenzio domestico. E in effetti, per la maggior parte – anche per molte di coloro che imbracciarono le armi – fu proprio così e quel mondo nuovo oltre la vittoria e oltre il fascismo rimase lontano, oltre l’obbedienza che ogni donna doveva all’uomo che le stava a fianco. Ancora da conquistare.

Via Petrarca – Sede dell’UDI – Finita la guerra per molte donne fu impossibile rinchiudersi in casa: tutto ciò che era successo aveva fatto emergere in loro, chiaro e forte, non solo un nuovo senso di sé ma anche del proprio ruolo sociale e politico. Prima i Gruppi di difesa della donna, poi l’Unione donne italiane: luoghi in cui ritrovarsi per organizzarsi e partecipare a quel nuovo mondo tutto da pensare e costruire; per discutere, confrontarsi e diventare cittadine.

FOTO 6. Battaglie UDI

FOTO 5 – Battaglie UDI

Borgo S. Anna – Qui abitava Anna Menoni, partigiana e prima donna, insieme a Giuseppina Rivola, ad essere eletta in consiglio comunale a Parma nell’aprile 1946. Una delle tante donne eroiche che hanno dovuto farsi spazio in istituzioni totalmente e storicamente maschili, che hanno dovuto forzarsi per prendere parola in un mondo in cui le donne tacevano, insistere per farsi ascoltare, scontrarsi con il pregiudizio diffuso secondo il quale le donne non erano capaci di occuparsi di politica.

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FOTO 6 – Il primo voto

Piazza Duomo – Dopo gli entusiasmi iniziali, un nuovo clima, gelido e diffidente, si abbatté sull’Italia dell’immediato dopoguerra. E anche l’entusiasmo femminile ne subì i contraccolpi, con divisioni e prese di distanza che separarono le donne. Alcune di loro, le cattoliche legate alla Democrazie cristiana, uscirono dall’Udi e costituirono una loro organizzazione, il CIF (Centro italiano femminile).

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FOTO 7 – Piazza Duomo

Teatro Regio: Al Ridotto del teatro, nell’immediato dopoguerra, l’Udi chiamava a raccolta le donne di Parma per la festa dell’8 marzo. Giornata di festa legata, nel nostro immaginario, al sacrificio di un centinaio di operaie americane di inizio secolo. Una leggenda che corrisponde ad un visione precisa del mondo femminile e del suo ruolo nella storia, il racconto di un capitalismo feroce ma remoto e di un mondo femminile in quanto vittima, di cui ricordare il sacrificio, il martirio. Ma l’idea di una giornata internazionale della donna che Clara Zetkin nel 1910 lanciò durante la seconda conferenza internazionale delle donne socialiste, in realtà, non aveva nulla a che fare col martirio o col sacrificio quanto, invece, con la rivendicazione di diritti e giustizia, voto e lavoro, libertà e autonomia.

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FOTO 8 – Teatro Regio

Via XX settembre – Al numero 31, nel 1979, aprì la Biblioteca delle donne. Era un luogo collettivo, in cui il tempo e i mezzi erano adeguati allo stare insieme, vedersi, ascoltarsi, parlarsi, mettersi in relazione, un luogo in cui affermare i propri desideri, confrontarsi sul mondo e su come poterlo cambiare… Anche perché furono queste donne, le loro mobilitazioni, il loro scendere in piazza, i loro no, la loro determinazione, a cambiare davvero – e profondamente – la nostra società, le nostre leggi, mentalità, usanze e tradizioni. Più di qualsiasi altra cosa.

FOTO 10. Manifestazione

FOTO 9 – Manifestazioni