ITALIA – Sulle strade di Faenza

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Quante volte avrò percorso le strade della mia città? Per anni ho guardato le stesse piazze, i corsi, i viali, le vie e i vicoli più reconditi del centro storico posando gli occhi sulle targhe di ceramica che contrassegnano questi luoghi. I nomi che si leggono, così per abitudine, restano nomi ma è quando ci si inizia a porre domande che diventano storia! Certo direte che non è poi questa grande scoperta, ma non crediate sia così facile. Ad esempio Domenico Baccarini lo conosciamo tutti o quasi, ma provate un po’ con Caterina Folli. “Ma Caterina Folli chi è ?” E poi perché a Faenza c’è un corso Giuseppe Garibaldi e neanche una via intitolata ad Anita Garibaldi?

Anche a Faenza di sante per le vie ne annoveriamo tante: Santa Lucia, Sant’Orsola, Orto Sant’Agnese, Santa Maria dell’Angelo, Santa Maria ad Nives, Sant’Umiltà.

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Umiltà

Quest’ultima, nata in città nel 1226 con il nome di Rosanese Negusanti, merita attenzione.

Nonostante la sua natura mistica accettò di sposare un nobile faentino, ma dopo la disgrazia della morte di due figlioli appena nati, si ritirò a vita monastica dove proprio per la sua presenza sempre servizievole nelle occupazioni più umili ricevette il nome di Suor Umiltà. Gli interventi divini che la videro protagonista e le prime documentate miracolose guarigioni da lei compiute la posero all’attenzione dei Monaci Vallombrosani che le offrirono quella vita da eremita, da lei desiderata, ospitandola in una celletta dove poteva dedicarsi totalmente tra digiuni e penitenze alle preghiere e alle letture delle Sacre Scritture. L’esempio monastico di Suor Umiltà attirò religiose a vivere come lei e in sua vicinanza, tanto da indurre l’allora Vescovo di Faenza ad assegnare a questa suora fuori dall’ordinario e alle sue devote un convento abbandonato affinché potessero costituire una nuova comunità religiosa. Pare che tale decisione avesse però spaventato molto Suor Umiltà tanto che per indurla a uscire dalla sua volontaria clausura si rese necessario abbattere un muro della sua cella e condurla alla nuova destinazione in processione. Quando la conoscenza delle sue doti taumaturgiche valicò i confini della Romagna venne invitata a fondare altri monasteri a Venezia come a Firenze. Scelse Firenze e vi si recò sola e a piedi per l’antica strada brisighellese tutt’altro che agevole e piena di insidie, ma la sua fama era conosciuta perfino ai temuti briganti che la riconobbero e le offrirono il loro aiuto. Al suo arrivo il Vescovo di Fiesole le concesse l’area dove ora a Firenze esiste via Faenza. Madre Umiltà fondatrice delle Monache Vallombrosane morì nel maggio 1310: venne confermata Beata nel 1720 e poi Santa nel 1948.

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Convertite

Ritornando alla Faenza odierna si rimane ancora in ambito religioso con via Convertite, in luogo di un podere assegnato di proprietà alle suore Francescane, denominate anche Convertite poiché il monastero accoglieva, togliendole dalle miserie della strada, le povere donne di malaffare. L’istituzione religiosa, fondata nel 1528, venne poi soppressa dai francesi insieme a molte altre nel 1798.

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Micheline

Troviamo poi una via Micheline, che deve il nome a un orfanotrofio femminile gestito dalle religiose omonime, e un Vicolo delle Vergini, dal nome con cui venivano appellate le monache cistercensi di Santa Lucia che vivevano nel monastero sito in quello stesso luogo.

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Vergini

All’inizio del secolo scorso risale l’intitolazione di una via a Diamante Torelli, una giovinetta ventenne all’epoca in cui Cesare Borgia con le sue truppe avanzava alla conquista della Romagna. Il condottiero arrivato a Faenza trovò una città decisa a opporsi con una difesa a oltranza. Parteciparono alla resistenza anche le donne e tra di loro Diamante si distinse per il coraggio, ricacciando un invasore nella fossa sottostante le mura con un colpo di mazza.

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Torelli

Cercando notizie di Caterina Folli, accennata all’inizio di questa ricerca, ho scoperto essere stata praticamente una antesignana della moda! Caterina (1772 – 1835) era una tessitrice abile ed ebbe per prima l’intuizione di lavorare al telaio filati diversi ottenendo una tela di cotone e lino, alternando al colore bianco il turchino, realizzando così il cosidetto “rigatino” la cui produzione nell’800 incrementò lo sviluppo dell’industria tessile a Faenza tanto da divenire una delle nuove attività principali insieme all’ebanisteria ed al ferro battuto.

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Folli

Una piazza è intitolata a Suor Teresa Rampi (1757 – 1839), fondatrice del nuovo educandato di Santa Chiara.

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Rampi

Dal 1999, la pista ciclopedonale lungo l’argine sinistro del fiume Lamone è intitolata ad Amalia Fleischer. Nacque a Vienna nel 1885 da famiglia ebrea di elevata condizione sociale. Suo padre, diplomatico dell’Impero Austro-Ungarico, la portò a vivere prima a Innsbruck e poi a Merano ma quando questa città passò all’Italia i Fleischer vennero privati dei loro beni e ciò determinò la morte per crepacuore del padre seguita a breve da quella della madre. Rimasta sola Amalia si avvicinò al cattolicesimo e a 25 anni fu battezzata. Aveva una laurea in giurisprudenza, un’ottima conoscenza delle lingue straniere, nonché interessi in ambito artistico quando si traferì a Roma ed ebbe modo di conoscere l’allora preside dell’Istituto Magistrale di Santa Chiara a Faenza che le offrì un posto di insegnante proprio presso tale scuola. A Faenza si dedicò quindi all’insegnamento fino a che le leggi razziali lo permisero poi subì la triste sorte dei deportati ad Auschwitz, dove morì a 58 anni.

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Fleischer

All’Istituto di Santa Chiara ottenne il diploma di maestra Rosa Casadio (1913 – 1972), che si laureò poi in lettere con una tesi su Pascoli e insegnò al Liceo Classico Torricelli di Faenza. Le è stata dedicata una via come prima e unica donna ad essere eletta Consigliera comunale nel 1946: incarico che portò avanti insieme all’attenzione assistenziale ai bisognosi.

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Casadio

Oltre alle quattordici vie sopra descritte, si aggiunge la strada della vicinissima frazione di Granarolo Faentino intitolata a Maddalena Venturi (1860 – 1935), artista di una consuetudine tipica in Romagna, la decorazione dei carri agricoli una volta trainati dai buoi. Imparò l’arte dalla famiglia Chini, a cui apparteneva la moglie dello zio materno, e ne ereditò la conduzione della bottega artigiana. Le sue immagini erano caratterizzate da curatissime decorazioni floreali che incorniciavano figure sacre. Acquistava personalmente i colori a vernice e tutto ciò che le necessitava per la sua arte a Bologna e in circa quindici giorni di lavoro riusciva a dipingere un carro sul quale era solita apporre la dicitura “Maddalena Venturi dipinse”.  Nel 1911, all’Esposizione d’Arte Etnografica a Roma vinse la sua prima medaglia d’oro.

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Venturi

Recentemente una grande spinta urbanistica ha prodotto lo sviluppo di nuovi quartieri in città ma la Commissione comunale preposta alla toponomastica per ora non ha aumentato il numero delle vie intitolate al femminile. È stata avanzata in Consiglio Comunale a fine 2014 la richiesta di intitolazione a Oriana Fallaci. Staremo a vedere.

Per il momento la percentuale nel comune di Faenza delle vie dedicate alle donne è al di sotto del 4%, come da media nazionale