Le vie delle donne che vorremmo

 

Tanaquilla

TanaquillaTanaquilla è una persona affascinante oggi, come lo era nei tempi di Roma monarchica. In realtà è nata e risiede a Tarquinia. La città etrusca e la donna sono simili: splendide e consapevoli del loro prestigio. Tito Livio nei suoi Ab urbe condita, racconta che Tanaquilla appartiene ad un'alta classe sociale. Perché sposa dunque, Lucumone, uno straniero? Lo sposo è ricco ma Tarquinia non potrà compiere una vera ascesa sociale.

Tanaquilla vede lontano... Il marito è un uomo intraprendente e lei lo convince ad andare a Roma, dove anche gli stranieri possono veder riconosciuti i loro meriti.

Sul Gianicolo, durante il viaggio, Tanaquilla dimostrerà la sua capacità divinatoria: un'aquila volteggia sul capo di Lucumone. È un segno divino di buon auspicio: Lucumone sarà il futuro re di Roma, Tarquinio Prisco. Tanaquilla collabora con lo sposo “in carriera” anche quando sarà costretta a nascondere il corpo del marito gravemente ferito in un agguato, per preparare il terreno al successore che lei ha scelto: Servio Tullio. Poi la regina scomparirà dalla storia. I Romani continueranno a venerarla “riducendola” a una divinità domestica, un modello per le matrone romane. Alcuni storici, invece, hanno visto in lei la dea Potnia che presiede alla trasmissione del potere regale. Ma Tanaquilla rimane anche una donna “moderna” che esprime, come tante altre donne della storia, il sogno di un mondo in cui le persone valgono per i loro meriti e contano nella misura in cui sono capaci di costruirsi il futuro che desiderano.

di Mary Nocentini


Pompeia Plotina

Pompeia PlotinaTratteggiare la vita delle imperatrici romane, trascorsa spesso all’ombra del celebrato agire dei loro ben più noti consorti, non è mai semplice impresa. Nonostante tutto, a leggere in una storia fatta dagli storici per gli uomini, emergono vite di donne forti, austere, serene, a volte dure, a volte sorridenti, ma sempre significative.

È il caso dell’imperatrice Plotina (55-122 d.C.), moglie dell’optimus princeps Marco Ulpio Traiano, che non sarebbe l’uomo che la storia conosce se non avesse avuto al suo fianco una donna come lei. Alla sua influenza si devono molti dei provvedimenti che contribuirono a migliorare la vita delle fasce sociali solitamente escluse dai benefici: tassazioni più eque, maggiore educazione e tolleranza, assistenza per i poveri.
Fu la “madre adottiva” del piccolo Adriano, rimasto orfano e perciò affidato alla tutela del cugino Traiano, forse “adottato” dopo il decesso dell’imperatore con una falsa cerimonia, servendosi di una “controfigura” di Traiano stesso.
Plotina fu una grande sostenitrice delle dottrine epicuree e l’istantanea che ci piace “inventare” sulla sua vita è quella di una donna virtuosa che, con la sua pettinatura alta e stretta, istruisce Adriano sul raggiungimento della felicità attraverso una piena tranquillità dell’animo, da costruirsi attraverso la conoscenza, capace di liberare l’uomo dal dolore e dai suoi falsi timori.

Ricordiamo la nostra imperatrice dal volto triste con le parole di Adriano nelle Memorie di Yourcenar: «Penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia della biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano: "Ospedale dell'anima"». Questa dolce immagine della biblioteca come un luogo di cura per le anime tormentate ci fa ben comprendere l’amore di Plotina per la cultura e la filosofia.

Tratto da: Roma. Percorsi di genere femminile 2, Iacobelli / Tre refusi, di prossima pubblicazione.

di Francesca De Propris


Ipazia

IpaziaScienziata, astronoma e filosofa, Ipazia visse ad Alessandria d’Egitto tra il IV e il V secolo d.C.
La sua esistenza fu totalmente dedicata allo studio, alla ricerca e all’insegnamento; al matrimonio, alla casa e ai figli preferì l’osservazione di cielo e stelle. L’astronomia fu, infatti, la disciplina in cui eccelse maggiormente, come tramandano gli storici Suda e Filostorgio, che le attribuiscono interessanti scoperte relative al moto degli astri; le sono attribuite inoltre anche alcune opere perdute.
Venne introdotta alle scienze dal padre Teone, noto per i suoi studi e l’insegnamento della matematica e della filosofia; alla sua morte Ipazia gli succedette, mettendosi a capo della scuola alessandrina.

Pur in assenza di opere autografe e di riferimenti espliciti, è noto che anche nel campo filosofico fu personaggio di primissimo piano, diventando referente della scuola platonica ad Alessandria dove tenne lezioni di matematica e insegnò la filosofia del Neoplatonismo.

Se poco si sa della sua vita, non mancano invece notizie circa la sua morte. Nella primavera del 415, quando Cirillo era patriarca e vescovo di Alessandria, una banda di fanatici monaci cristiani catturò Ipazia per strada, la colpì e trascinò il suo corpo fino in una chiesa, dove la sua carne venne fatta a pezzi e i suoi resti bruciati. Alcuni ritengono che il vescovo Cirillo fu l’unico responsabile di questo atto oltraggioso: Cirillo venne fatto santo e nel 1882 dichiarato dottore della chiesa cattolica.
Dopo l'assassinio di Ipazia i suoi allievi abbandonarono la città e Alessandria perse definitivamente il suo ruolo di centro culturale.

di Lidia Di Giandomenico