Castel Madama e Tivoli - Le vie delle donne

Dalla via Empolitana, salendo tra resti d’antichi acquedotti, vigneti, frutteti e oliveti si raggiunge Castelmadama, distesa a dominar la valle sul colle spartiacque tra Aniene e Fosso d’Empiglione. Le prime notizie certe sul luogo risalgono alla metà del Mille, quando esso apparteneva ai monaci sublacensi; in seguito il territorio fu soggetto agli Orsini e poi a Medici, Farnese, Pallavicino e Tiberi. Il toponimo si riferisce a Margherita d’Austria, figlia di Carlo V, che nel XVI secolo dimorò nel Castel Sant’Angelo, ricostruito probabilmente sui ruderi dell’antica Empolum. La cittadina - formata da un nucleo originario sviluppatosi intorno alla rocca e da un centro moderno esterno al borgo – nonostante sia legata nel suo nome a una donna, stenta a riconoscere un ruolo significativo alla componente femminile, tanto nella memoria, quanto nell’attuale gestione. In Giunta e in Consiglio comunale troviamo una sola assessora e una sola consigliera e nell’odonomastica si registra un modesto 4% di intitolazioni femminili.

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Da Castelmadama a Tivoli il viaggio è breve. Aumenta il numero di strade e crescono le intitolazioni femminili, ma i dati percentuali restano sostanzialmente invariati e le vie intitolate alle donne si discostano di poco da quell’esiguo 4% del precedente Comune. L’antica Tibur, fondata nel 1215 a.C. su un colle alle pendici dei Monti Tiburtini, grazie alla ricchezza di acque e alla mitezza del clima fu luogo privilegiato per la costruzione di ville suburbane. L’imperatore Adriano, nel II secolo, vi realizzò una residenza spettacolare che dà nome oggi alla frazione di Villa Adriana, mentre la presenza di acque termali ha dato origine all’agglomerato di Bagni di Tivoli, che dista nove chilometri dal centro. La città è visitata ogni anno da milioni di turisti, richiamati da un altro gioiello architettonico e dal suo straordinario giardino: Villa d’Este, capolavoro del Rinascimento italiano creato nel XVI secolo per Ippolito II. Una terza villa, selvaggia e magica, si aggiunge alle mete da non perdere: villa Gregoriana, voluta da Papa Gregorio XVI per sistemare il letto dell’Aniene dopo la piena del 1826. Tivoli oggi è in mano alle donne: una commissaria straordinaria, due sub commissarie, una segretaria generale…

Certo, non si tratta di cariche elettive: ci auguriamo che la volontà popolare prenda atto dei cambiamenti sociali e culturali e affidi con più coraggio alle sue donne anche la gestione ordinaria del Paese.

 

di Maria Pia Ercolini

 

 

Presenze ed assenze femminili

tivoli02 embeddedCastel Madama un tempo si chiamava Castel Sant’Angelo ed era uno dei tanti possedimenti della famiglia Medici. Il cambiamento toponomastico porta in primo piano la figura di Margherita d’Austria, Madama appunto.

Figlia naturale dell’imperatore Carlo V, la sua vita è indirizzata, fin dai primi anni, a rinsaldare o formare alleanze familiari, destinate a influire nello scacchiere geopolitico italiano. È così per molte donne di nobile nascita, lei non fa eccezione. Viene scelta, appena adolescente, da papa Clemente VII come sposa di suo nipote Alessandro de’ Medici: il matrimonio non dura molto e, come conseguenza, alla morte del marito Margherita eredita il possedimento di Castel Sant’Angelo.

In suo onore il paese ora si chiama Castel Madama, un epiteto che ritorna anche nella toponomastica di Roma: piazza Madama con l’omonimo palazzo, sede del Senato della Repubblica, e villa Madama a Monte Mario ricordano sempre questa famosa figura femminile.

  

Rimasta vedova giovanissima, sulla vita di Margherita si imbastiscono altri piani. Ci pensa papa Paolo III che la vuole unita in matrimonio a suo nipote Ottavio Farnese; in dote Margherita porta alla famiglia il possedimento di Castel Madama che quindi, dal 1538, diventa proprietà della famiglia Farnese. Margherita dà prova, nel corso della sua esistenza, di non essere solo una pedina in mani altrui. Governa i suoi territori e nel 1559 viene nominata da Filippo II, suo fratello, Governatrice delle Fiandre. Ha retto le sorti anche di altri suoi possedimenti quali Cittaducale, Leonessa, L’Aquila che la ricorda ancora con il palazzo dove dimorò, Palazzo Margherita. Anche le Montagne della Duchessa, nel reatino, sono un omaggio a lei, Duchessa anche di parma e Piacenza. Sempre legato a Margherita è anche il Palio Madama Margarita d’Austria, spettacolare rievocazione in costume del suo ingresso nel 1538.

 

 

La toponomastica di Castel Madama non offre molti altre memorie femminili: strade dedicate alla Madonna e a Sante e a una certa Ottavia Vulpiani, madre dell’ingegnere Oreste Vulpiani, ultimo proprietario del castello Orsini al centro del paese. Viene dimenticata, invece, un’altra nobildonna celebre, Alfonsina Orsini, moglie di Pietro il Fatuo, primogenito di Lorenzo il Magnifico, legata all’antico feudo di Castel Sant’Angelo. Entrata nel 1488 nel casato dei Medici di Firenze, è lei a portare in dote alla famiglia fiorentina questo possedimento laziale. Alfonsina dimostra di non essere una figura di secondo piano, ma di saper intervenire nelle scelte politiche ed amministrative, di saper gestire il potere pubblico con saggezza. Il suo volto di profilo è stato immortalato in un’opera di Sandro Botticelli.Tivoli, non distante da Castel Madama, presenta un numero maggiore di vie femminili. Più che riferimenti alla sfera religiosa cristiana, la toponomastica della cittadina volge lo sguardo al suo passato antico. Strade intitolate a Vesta, a Venere, alla Bona Dea, alla Sibilla Albulea, l’universo sacro femminile della mitologia laziale e romana la fa da padrona. Il mondo classico guida la scelta dell’intitolazione a Giulia Sabina, legata alla famiglia dei Flavi. Non vi è traccia invece del nome di Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano, figura centrale per il territorio di Tivoli; e neanche Plotina, moglie di Traiano, è ricordata con una targa. Invece entrambe sono state figure presenti e fondamentali nella vita di Adriano. Plotina è una donna colta e raffinata, amante della filosofia epicurea; affianca il marito Traiano durante gli anni del potere, dimostrandosi saggia e attenta ai bisogni della popolazione dell’Impero. Lei è l’artefice della scalata politica di Adriano, scelto come successore da Traiano su indicazione della moglie. Vibia Sabina sposa Adriano nel 117 d.C., matrimonio combinato voluto proprio da Plotina. Vibia ha avuto in vita i riconoscimenti dovuti ad una consorte di rango imperiale: sono state coniate monete con il suo volto, è stata insignita del titolo di Augusta e divinizzata dopo la morte; ha seguito il marito nei viaggi di Stato in molte località dell’Impero, un po’ come se fosse una first lady di oggi. Ovunque riceve onori ed apprezzamenti, ha un ruolo pubblico riconosciuto, viene immortalata in statue e celebrata in iscrizioni. La storiografia, però, ha tramandato di questa donna tratti scarni e non positivi: il biografo Sparziano (IV sec.) nel testo Vita Hadriani la descrive come “capricciosa e altera”, suggerendo che l’imperatore la sopportasse appena, senza mai averla amata; Dione Cassio non la nomina neppure, affermando che Adriano si fosse sposato solo per concreti motivi di successione. Anche Marguerite Yourcenar prosegue su questi toni.

Così presenta Vibia Sabina nel suo Memorie di Adriano: “Col divorzio, avrei potuto agevolmente sbarazzarmi di quella donna che non amavo; se fossi stato un privato non avrei esitato a farlo. […] Come molte donne poco sensibili all’amore, non ne valutava il potere; ignoranza che escludeva al tempo stesso l’indulgenza e la gelosia. Si allarmava soltanto se riteneva minacciati i suoi titoli o la sua sicurezza; […] Non era rimasta alcuna traccia in lei di quella grazia di adolescente che, in altri tempi, m’aveva attratto per breve tempo. Era una spagnola precocemente invecchiata, dura, austera. Dovevo alla sua frigidità se non s’era fatta un amante; mi piaceva che sapesse portare con dignità i suoi veli da matrona, che erano quasi da vedova; mi piaceva che sulle monete romane figurasse un profilo di imperatrice, e sul retro un’iscrizione, al Pudore o alla Quiete.”

Di ben altro tono le frasi di Marguerite che accompagnano il personaggio Plotina: “Conoscevo l’imperatrice da quasi vent’anni. Appartenevamo allo stesso ambiente, avevamo più o meno la stessa età. […] Mi abituai a quella figura dalle candide vesti, semplici quanto possono esserlo quelle di una donna, ai suoi silenzi, alle sue parole misurate che erano soltanto risposte, le più precise che sia possibile. […] Eravamo d’accordo quasi su ogni cosa. Avevamo entrambi la passione di abbellire indi denudare le nostre anime, di mettere il nostro spirito a prove di ogni genere. Ella era incline alla filosofia di Epicuro, quel giaciglio angusto ma pulito, sul quale, a volte, ho disteso il mio pensiero anch’io. […] Era casta per disdegno delle cose facili, generosa per elezione più che per natura, saggiamente diffidente, ma pronta ad accettare tutto da un amico, persino gli errori inevitabili. L’amicizia era un fatto elettivo per lei, e vi si impegnava tutta intera, vi si abbandonava totalmente, come a me è accaduto solo con l’amore. […] L’intimità dei corpi, che non è mai esistita tra noi, è stata compensata da questo contatto di due spiriti intimamente fusi l’uno con l’altro.”

Marguerite Yourcenar è ricordata in un largo a Villa Adriana di Tivoli, proprio dove si apre l’area degli scavi archeologici. Non è la sola donna di lettere ricordata nell’odonomastica locale. Una via è intitolata anche a Grazia Deledda, in un gruppo di strade tutte dedicate a scrittori; un’altra a Bagni di Tivoli commemora la scrittrice Elsa Morante.

di Barbara Bellotti