Filomena Delli Castelli

FILOMENA DELLI CASTELLI

Daniela Sautto

Filomena (Memena) è abruzzese e il legame con la sua terra d’origine non è mai venuto meno; e se è vero che le vengono dedicati ancora seminari e giornate di studio, intitolate scuole, è quindi una figura tutt’altro che dimenticata.

Nasce nel 1916 a Città Sant’Angelo (PE) da una famiglia modesta; suo padre Giovanni è costretto ad emigrare in America per cercare di far fortuna come jazzista. Filomena, ragazza intelligente

e capace nel riuscire a realizzarsi, dopo il diploma magistrale inizia ad insegnare per pagarsi

gli studi in Lettere e Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano: riesce a laurearsi e, parallelamente, a tenersi sempre impegnata nelle attività dell’Azione Cattolica e, successivamente, ad entrare nelle fila della Democrazia Cristiana, fondando una sezione del partito e divenendone Segretaria Provinciale per la sessione femminile.

A soli diciassette anni è già delegata regionale dell’Azione Cattolica e fortemente antifascista. Il tutto in un paese in cui le condizioni di vita sono arretrate e difficili.

Sua madre, Pasqualina Di Stefano, si sposta prima a Milano e poi a Roma con Filomena. Durante la seconda guerra mondiale ritornano insieme a Montesilvano (sono i primi anni di insegnamento per Filomena, proprio presso l’istituto in cui aveva studiato per conseguire il diploma).

Partecipa alla lotta di Resistenza per la liberazione d’Italia come crocerossina; durante i mesi dell’occupazione tedesca, oltre ad esercitare una intensa attività clandestina antifascista, si dedica in particolare all’assistenza dei profughi che in massa affluiscono nella provincia di Pescara scacciati dalle loro case dalla furia della guerra.

I successi ottenuti come oratrice nei comizi e il suo ruolo di Segretaria Provinciale le valgono i complimenti di Mario Cingolani, dirigente della Dc, che la convince a trasferirsi a Roma, questa volta per seguire il Movimento Femminile del Partito a livello nazionale. L’attività politica con un occhio rivolto alla sua realtà regionale non viene mai meno, neppure dopo il suo trasferimento e il suo lavoro presso l’ufficio stampa del Presidente del Consiglio.

È la moglie di Cingolani a vedere in lei la candidata ideale per l’Assemblea Costituente. Una lunga e combattuta campagna elettorale vede Filomena tra le poche esponenti femminili presenti tra i candidati: questo fatto le procura attacchi feroci, specialmente dagli esponenti dei partiti avversari.

Lotta in prima fila per il diritto al voto delle donne, va di casa in casa per spiegare come si fa a votare e quanto è importante riuscire a farlo. Conosce da vicino gli abitanti e le abitanti della sua regione.

Il 2 giugno del 1946 è eletta tra le 21 costituenti, nel Collegio de L’Aquila, rieletta poi nel 1948 alla Camera dei deputati e, ancora, nel 1953. Dopo una sconfitta elettorale, lavora all’Istituto Luce, ma nel 1954 rientra in politica. È parlamentare fino al 1958. Lascia la politica attiva e si dedica alla tv dei ragazzi alla Rai fino al 1975, poi al volontariato.

Il suo valore, come donna e come politica, non è mai messo in dubbio, anzi. Sono noti i tentativi, falliti, compiuti da Nilde Iotti per averla nel suo partito.

È sindaca di Montesilvano dal 1951 al 1955. In questo paese realizza opere valide come la sistemazione della rete idrica per garantire l’accesso all’acqua potabile per i cittadini, cura la costruzione delle strade e viene stimata anche per le sue idee lungimiranti (purtroppo non realizzate) nel settore turistico.

Muore nel 2010, all’età di 94 anni.

Dalle ultime interviste rilasciate, traspare ancora un forte interesse per la politica ed una delusione per chi non si fa carico dei problemi comuni della gente.

«Io che nel 1946 [...] ero piena di entusiasmo e animata da una indicibile passione per la ricostruzione reale, materiale e morale del nostro Paese, [...] Oggi il sistema politico è messo in un angolo, emarginato, disprezzato come una creatura molesta alla quale le si butta ogni tanto un pezzo di carne, le tangenti appunto, per farla stare buona» (dagli atti del Convegno degli ex- parlamentari del 1988).

Le sue parole sono lucide e nel seguito del discorso l’analisi tocca tutti gli aspetti della situazione italiana ribadendo però sempre la genuina passione di donna politica che stima ancora i politici di professione. Colpisce la schietta enunciazione dei problemi delle donne, dei ragazzi, del mondo del lavoro. L’appello finale alle donne resta forte e concreto nella sua richiesta «E per questo mi rivolgo alle donne, perché diano insieme slancio nuovo: gli uomini, purtroppo, nel loro genere, spesso fanno tanta confusione anche nell’affrontare la vita pubblica. Ebbene noi donne dovremmo aiutarli, non contrapporci a loro, aiutarli a fare ordine, a riproporci dalle basi, dalle cose piccole».