Angelina (Lina) Merlin

ANGELINA MERLIN

DI Fiorenza Taricone

Angelina (Lina) Merlin nasce a Pozzonovo in provincia di Padova nell’ottobre del 1887, da Fruttuoso e Giustina Poli. Si laurea in Lingue e Letterature straniere e insegna nelle scuole medie fino al 1926; rifiutandosi di prestare il giuramento fascista, viene sospesa dall’insegnamento.

Nel 1919 s’iscrive al Partito Socialista Italiano e collabora a L’Eco dei Lavoratori e La Difesa delle lavoratrici, il primo periodico delle donne socialiste su scala nazionale fondato, fra le altre, da Anna Kuliscioff. Collabora nel 1924 a L’Eco di Padova, sotto la direzione di Dante Galliani, medico di Rovigo ed ex deputato socialista che sposerà nel 1933 e che morirà tre anni dopo.

L’anno dell’assassinio di Giacomo Matteotti segna però uno spartiacque e, dopo le violente manifestazioni fasciste, Lina Merlin lascia Padova per Milano. Nel 1926 viene arrestata e condannata dal Tribunale speciale a cinque anni di confino in Sardegna. Nel 1930, tornata

libera in seguito ad amnistia, torna a Padova, ma viene di nuovo arrestata. Si trasferisce allora

a Milano, dove organizza l’assistenza ai partigiani e la sua casa diventa un punto d’incontro di socialisti come Lelio Basso e Sandro Pertini. Fa parte del Clnai, Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia, e nel novembre del 1943 rappresenta il Partito Socialista nella fondazione dei Gruppi di Difesa della Donna (Gdd); oltre a collaborare con la storica testata dell’Avanti!, è tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, insieme alla futura costituente Laura Bianchini e ad Ada Gobetti, che aveva perso il marito Piero nel 1926, in seguito alle percosse fasciste.

Dal 1945 al 1947 fa parte della Direzione del Partito Socialista, come responsabile della Commissione femminile nazionale del partito.

Dopo l’elezione all’Assemblea Costituente, partecipa alla Commissione dei 75, che ha il compito di redigere la Carta del nuovo Stato repubblicano. Nella III Sottocommissione sostiene il dovere dello Stato di garantire a tutti i cittadini il minimo necessario all’esistenza, per assicurare ad ogni individuo il diritto di crearsi una famiglia. Si esprime anche a favore del diritto di proprietà garantito dallo Stato e accessibile a tutti i cittadini.

Candidata dal Psi nel collegio di Rovigo, viene eletta al Senato della Repubblica il 18 aprile del 1948. Dal 1950 al 1963 è vicepresidente del Cidd, Comitato Italiano di Difesa morale e sociale della Donna, insieme alle deputate democristiane Angela Guidi Cingolani, Maria Federici e Maria De Unterrichter Jervolino.

Nella Seconda Legislatura (1953-1958) viene rieletta al Senato e riconfermata segretaria del Consiglio di Presidenza del Senato.

Nel 1958 è eletta alla Camera dei Deputati. La sua proposta di legge per l’abolizione delle cosiddette case di tolleranza, Legge n. 75/1958, sostenuta dalle cattoliche in nome della dignità della persona, in aderenza alla dottrina sociale cristiana, entra in vigore il 20 settembre dello stesso anno. «Con l’approvazione di questa legge l’Italia si allinea alla maggior parte degli Stati europei che, in conformità con le risoluzioni internazionali della Lega delle nazioni e poi delle Nazioni Unite, avevano chiuso le case di tolleranza» (Le donne della Costituente, a cura di Maria Teresa Antonia Morelli, Bari, Laterza, 2007).

Dal 1963 è componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. Al termine della Terza Legislatura decide di ritirarsi dalla vita politica attiva, ma non dall’impegno sociale, assumendo la carica di vicepresidente del Comitato nazionale per il referendum sul divorzio, nel 1974, dichiarandosi a favore dell’indissolubilità del matrimonio.

Trascorre gli ultimi anni della sua vita nella Federazione italiana laureate e diplomate istituti superiori (Fildis) di Milano (su questa originalissima istituzione, che ricorda quella londinese della Crosby Hall, si veda Fiorenza Taricone, Una tessera del mosaico. Storia della federazione Italiana laureate Diplomate istituti Superiori, Pavia, Antares, 1992). 

Muore a Padova il 16 agosto 1979.

Vale, per tutti e tutte, la nitida descrizione che ha lasciato di lei Elena Marinucci, come lei socialista, senatrice della Repubblica e iniziatrice in Italia delle politiche di pari opportunità insieme ad Agata Alma Cappiello: «La sua presenza in Parlamento è di quelle che non passano inosservate [...] molti la amano. Molti la invidiano. Nella legislatura 1953-58 è l’unica senatrice della Repubblica. La sua iniziativa parlamentare conduce all’approvazione di leggi di civiltà, sebbene meno note di quella sulle case chiuse, la cancellazione dell’infamante N.N. dai documenti anagrafici, problema più vasto di quanto non si creda in un paese in cui non era stato ancora introdotto il divorzio, né ancora riformato il diritto di famiglia, e i figli adulterini erano considerati “non riconoscibili”. [...] Sue furono le prime proposte sull’artigianato femminile. Sua l’iniziativa per abolire il carcere preventivo o procrastinare l’inizio della pena per le madri. [...] Lavorava moltissimo [...] tutto ciò che ha fatto, dice la sua collaboratrice Rosetta Monachini, lo ha fatto con grande impegno, con grande serietà, e dedizione, mai improvvisando» (Lina Merlin, La mia vita, a cura di Elena Marinucci, Firenze, Giunti, 1989).