Maria Maddalena Rossi

MARIA MADDALENA ROSSI

Di Anna de Stefano Perrotta

Di Maria Maddalena Rossi nasce a Codevilla (Pavia) il 29 settembre 1906 da Antonio e Agostina Barchi.

Laureata in chimica all’Università di Pavia e sposata con il chimico antifascista Antonio Semproni, ben presto si dedica all’impegno politico. Insieme al marito si iscrive nel 1937 al Pci clandestino partecipando attivamente al Soccorso Rosso e reperendo fondi per la lotta clandestina. Nel 1942, scoperta dalla polizia fascista, è arrestata a Bergamo e inviata al confino a Sant’Angelo in Vado,

da dove viene liberata dopo il 25 luglio 1943. Ma il proclama di Badoglio la costringe nuovamente alla clandestinità. Si trasferisce in Svizzera, dove raccoglie fondi per il Pci per portare avanti la lotta armata e svolge un lavoro redazionale nei due periodici italiani Fronte della gioventù per l’Indipendenza e la Libertà e L’Italia Libera, che erano le fonti di informazione per gli italiani prigionieri nei campi svizzeri.

Continua il suo lavoro di giornalista in Italia quando, rientrata a Milano nel dicembre 1944,

fa parte della redazione clandestina de L’Unità. Nominata responsabile della commissione femminile del partito, Rossi inizia così la sua attività a favore delle donne, che nel corso degli anni non verrà mai meno. Nel II Congresso nazionale del 1947 è eletta presidente dell’Udi (Unione Donne Italiane) e riconfermata nel 1949 e nel 1953 (III e IV Congresso); è anche vicepresidente, nel 1956, della Federazione Democratica Internazionale Femminile (Fdif).

L’impegno per le donne si intreccia a quello per la pace; la difesa della pace assume per Rossi un’importanza prioritaria che la porta a stimolare in questo senso tutte le associazioni e a favorire a questo fine stretti rapporti con le istituzioni internazionali, convinta che solo una politica di collaborazione fra i popoli può essere garanzia

di una pace duratura. Sono gli anni della guerra fredda e di grande tensione internazionale e Rossi intreccia fitte relazioni fra i diversi Paesi percorrendo instancabilmente il mondo e incontrando i capi di stato con l’ideale di tessere dei rapporti di pace. Questo binomio, donne e pace, è il filo conduttore della sua attività politica anche come parlamentare.

Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nel IX Collegio elettorale (Verona-Padova- Vicenza-Rovigo) con 11.842 voti di preferenza, nella lista del Partito Comunista, ed è componente della Commissione per i Trattati internazionali. In questo ambito interviene in merito all’approvazione del Trattato di pace fra l’Italia e le potenze alleate firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. Si adopera inoltre per il riconoscimento della parità femminile sia nella famiglia che nel mondo del lavoro. Nella discussione sul Titolo II riguardante i rapporti etico-sociali, afferma l’obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia e l’eguaglianza morale e civile dei coniugi in quanto solo la parità dei sessi può garantire la nascita di una moderna famiglia democratica.

Nell’ambito della discussione sul Titolo IV riguardante la magistratura, sostiene il diritto delle donne di accedere e di partecipare all’amministrazione della giustizia in campo sia civile che penale.

Viene eletta alla Camera dei Deputati nella Prima Legislatura repubblicana (1948-1953) nel IX collegio elettorale (Verona-Padova-Vicenza-Rovigo) con 56.589 voti di preferenza; è componente della II Commissione Rapporti con l’estero e del Comitato direttivo del gruppo parlamentare comunista, dove è riconfermata nel 1953. Si attiva anche nell’interesse dei minori. Fra le varie iniziative di questo periodo è da ricordare in particolare la sua richiesta di snellire i procedimenti di adozione modificando l’art. 297 del Codice Civile. Rieletta deputato nel 1953 nella Seconda Legislatura nel collegio di Siena-Arezzo-Grosseto e nel 1958 per la Terza Legislatura nella circoscrizione di Siena, fa parte della II Commissione Rapporti con l’estero, della III Affari Esteri ed Emigrazione e della Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale. È componente anche della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge (C. n. 2814) sulla ratifica dei trattati sul Mercato Comune e sull’Euratom. È molto attiva anche nella politica locale, soprattutto dopo il 1963, quando non si ricandida alla Camera dei Deputati. Si stabilisce a Porto Venere (La Spezia), luogo prediletto delle sue vacanze estive, dove nel 1964 è eletta consigliera comunale e assessora ai Lavori Pubblici e successivamente sindaca dal 1970 al 1975.

Come sindaca concilia le esigenze dello sviluppo economico del momento e la salvaguardia delle bellezze naturalistiche del luogo. Fa approvare il nuovo piano regolatore che prevede, oltre alla costruzione di insediamenti di edilizia economica e popolare, anche il mantenimento di vaste aree destinate a verde pubblico, decisione fondamentale per la successiva creazione (settembre 2001) del Parco naturale regionale di Porto Venere.

Prima di lasciare Porto Venere e tornare a Milano, Rossi commissiona all’artista Lello Scorzelli la porta d’ingresso in bronzo argentato per la chiesa di S. Pietro, all’interno della quale è conservata l’impronta della sua mano. Nel dicembre 1987 la Provincia di Milano le conferisce la medaglia d’oro per il suo impegno sociale, politico e civile.

Prima di morire, Rossi lascia al comune di Codevilla la sua ricca collezione di arte contemporanea, libri, dischi e innumerevoli memorie raccolte con passione durante la sua vita.

Maria Maddalena Rossi muore a Milano il 19 settembre 1995 e viene sepolta a Codevilla, dove è tuttora vivo il suo ricordo e c’è una strada a lei intitolata.