Le vie delle donne che vorremmo

 

Marcella d'Arle

Marcella d'ArleMarcella Lerda (1906-2002), avventuriera e scrittrice poliglotta, ha viaggiato per i cinque continenti ed è l'unica cristiana mai entrata a La Mecca.

Autrice di moltissimi romanzi poco conosciuti, in lingua tedesca e italiana, inizia la sua carriera di scrittrice a Vienna, dove ha vissuto con il marito austriaco (morto giovane) e le loro due figlie, negli anni del secondo dopo guerra. El Harem e Eva, Mutter der Welt (nel 1948 pubblicato in italiano da Garzanti) sono i primi e più noti romanzi.
A viaggiare aveva iniziato a ventuno anni. Marcella aveva stretto un accordo con la società di navigazione, accettando di farsi intervistare a ogni porto: era bella, bionda e portava dei bellissimi sandali tedeschi, che nessuna donna avrebbe osato indossare nel 1927.
Sempre vivendo dall'interno i luoghi visitati, è stata beduina nel deserto e donna harem, ricoperta dal velo, nei paesi islamici.
Ha abitato per lungo tempo in Arabia Saudita, dove nel 1954 visita La Mecca.

Nell’ultimo periodo della sua vita le ristrettezze economiche la costringono a fermarsi a Cave, dove sopravvive spendendo poco e continuando a scrivere fino alla morte.
Purtroppo il 14 novembre del 2001 un incendio ha distrutto tutti i suoi documenti, compreso l'unico manoscritto del romanzo dedicato a Giulia Gonzaga. Tra le carte salvate speriamo ci sia la sua autobiografia, iniziata parecchie volte ma mai finita.
A novantuno anni, Marcella, poco prima di morire, aveva espresso il desiderio di potere continuare a viaggiare.

di Giovanna Providenti


Elena d’Orléans

Elena d’OrléansElena d’Orléans non è solo la moglie del duca Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta.
Nata nel 1871 a Twickenham, mostra da sempre quelle doti, come il raffinato intelletto e l'ardente curiositas, che ne delineeranno la figura di donna straordinaria. Votata ad assidue attività filantropiche, accanto ai poveri e agli infermi, infaticabile ispettrice generale delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana e fondatrice dell'Opera Nazionale di Assistenza all'Italia Redenta a favore dell'infanzia abbandonata, rivela un'eccezionale nobiltà dell’animo prima che del sangue.
E in un tempo in cui il viaggio estremo e totalizzante è ritenuto un esclusivo retaggio maschile, Elena diviene l'emblema della vera viaggiatrice, sopportando fatiche devastanti, caldo soffocante, marce interminabili.

Tre spedizioni in Africa Orientale (1907-1911), un viaggio intorno al mondo (1913-1914), poi ancora l'Africa (1919-1920) ed infine, a 63 anni (1933), le sabbie del Sahara, esperienze documentate puntualmente in diari e relazioni da cui erompe una passione irrefrenabile quanto un ampio ventaglio di interessi, dall'osservazione scientifica della flora e della fauna agli studi antropometrici, all'indagine etnografica, nonché la percezione partecipe dell'alterità soprattutto femminile.
L’Africa, seducente Sfinge nera, come un'ossessione. E ad essa, alla prepotenza dell'ignoto, Elena affida lo spirito errante, l'essenza di un'anima libera, intimamente beduina.

di Isabella Bonati


Mary Montagu

Mary Montagu«Non sono stata qui neppure un anno e già sto per andarmene: è il mio destino di girovaga» scrive Mary Montagu (Thoresby, 1689 - Londra, 1762) nel maggio 1718 da Costantinopoli dove è giunta con il marito ambasciatore.

Mary non è l'avventurosa globe trotter che sfida da sola, travestita da uomo, deserti e giungle, ma una delle più sensibili interpreti del viaggio come incontro senza pregiudizi con una cultura “altra”.
Delle numerose lettere scritte durante le peregrinazioni in Turchia, Francia, Svizzera e Italia (dove abitò lungamente: a Lovere, sul lago d'Iseo), pagine di un diario intimo ma anche di una illuminante geografia settecentesca, le più significative sono proprio le lettere turche. Esse avrebbero ispirato un secolo dopo Ingrès nel dipingere sensuali odalische e bagneuses.
Ma il mondo femminile raccontato da Mary –l'harem e l'hammam, spazi segreti che lei, prima occidentale, riesce a visitare– non è quello pittoricamente e letterariamente ricreato dall'esotismo orientalista. Mary Montagu coglie lo spirito e descrive la realtà delle donne turche di cui dichiara, oltre quel velo che ne ricopre in pubblico visi e corpi, la maggior libertà rispetto alle occidentali e perfino i maggiori diritti in fatto di patrimonio. Lo stesso sguardo attento ed empatico che le consente di notare, e di raccontare nel dettaglio, la consuetudine turca di praticare l'inoculazione del vaiolo a fini di vaccinazione.
Il suo nome avrà per questo un posto nei libri di storia della medicina.

di Luisa Rossi