Sarah Vaughan
Roberto Del Piano




Giulia Tassi

 

«Non è esattamente bella da vedere, ha una faccia piena di denti con un naso appiattito da salto con gli sci, occhi quasi orientali e una fronte bassa oppressa da un mucchio di capelli neri» 

Questo il malevolo commento sessista di un recensore newyorkese nei confronti di Sarah Vaughan, all’inizio della carriera di lei, negli anni Quaranta. Parole, evidentemente, dettate dal razzismo nei confronti delle persone coloured, parole che peseranno per la vita intera su questa straordinaria cantante (per altro bella e attraente): in una intervista del 1961, rilasciata alla giornalista Barbara Gardner, Sarah (che ha trentasette anni ed è un’artista affermata) dice infatti di sé:

«Ho spesso desiderato essere di un colore di pelle marrone medio. Immaginavo che le persone di quel colore fossero apprezzate più di me. Per la maggior parte delle persone che mi conoscevano – pensavo – ero solo un’altra ragazzina nera per la quale il futuro era oscuro come lo era per migliaia di altre come me»

L’insicurezza, del resto, è un tratto del carattere che si ripresenta a ogni esibizione: prima di salire sul palco è colta da attacchi di panico, crampi all’addome, conati di vomito: eppure – dice di lei Billy Eckstine – «Escludendo la musica lirica, Sarah possiede il più bel suono che io abbia mai ascoltato da una voce umana. E le cose che può fare con la sua voce! E inoltre è una musicista, come ho sempre affermato». Vaughan ha infatti una estensione di tre ottave, con una varietà di suono e di timbro impressionanti e una padronanza delle armonie assoluta, che le permettono variazioni e improvvisazioni ardite. Billy Eckstine è per Sarah Vaughan mentore e punto di riferimento («il mio amico, mio padre, il mio sangue», così lei lo definisce); in realtà, il cognome all’anagrafe è Eckstein, (considerato troppo “ebreo”, dunque anagrammato), è un cantante dalla voce di baritono calda e profonda, tanto di moda negli anni Quaranta, cresciuto nell’orchestra di Earl “Fatha” Hines, una delle cinque più importanti degli Stati Uniti. Musicista capace, oltre che cantante, è un discreto arrangiatore e suona la tromba, il trombone a pistoni e la chitarra; inoltre è dotato di un gusto eccellente e di una curiosità che lo porta a cercare continuamente nuovi talenti. Proprio questa curiosità lo conduce, nell’autunno del 1942, al Teatro Apollo di Harlem, ove si tiene una delle ricorrenti serate dedicate a giovani dilettanti in cerca di notorietà o, più prosaicamente, di una possibilità di mettere in tasca qualche dollaro per tirare avanti. Ed è lì che Billy assiste all’esibizione di Sarah, diciottenne e timidissima, che deve fare ricorso a tutto il suo coraggio per salire sul palco a interpretare Body and soul, un brano difficile e impegnativo capace di mandare in crisi professioniste e professionisti navigati; la giovane non solo vince il concorso, ma Eckstine la prende sotto la sua tutela e convince Earl Hines, il suo capo orchestra di allora, a ingaggiarla come seconda cantante e, all’occorrenza, come pianista. È l’inizio di una carriera straordinaria. E forse non è un caso che, dieci anni prima, la stessa cosa fosse capitata all’allora sconosciuta Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan a Chicago nel 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan nasce a Newark, New Jersey, il 27 marzo 1924, unica figlia di un falegname e di una lavandaia, entrambi appassionati di musica; poco dopo aver imparato a camminare, già esprime attitudine per la musica e i genitori fanno sacrifici per permetterle di prendere lezioni di piano. Da adolescente si esibisce come organista e solista del coro in una chiesa battista della città natale. Dopo la fortunata esibizione all’Apollo, entra dunque a far parte dell’orchestra di Hines, poi di quella che Eckstine forma in proprio nel 1944, e ha occasione di lavorare con molti dei giovani talenti che stanno ponendo le basi per la rivoluzione musicale che resterà nella storia col nome di “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey e Dexter Gordon. Ed è registrando brani con questi artisti che si impone come una delle voci più stupefacenti del XX secolo. L’11 maggio 1945, a New York, registra Lover man, con Dizzy Gillespie & his All Stars, gruppo del quale fa parte anche Charlie Parker; il 25 maggio tre pezzi a suo nome «with Dizzy Gillespie Septet», che comprende, tra gli altri, ancora Charlie Parker, il pianista Tadd Dameron e il batterista Max Roach. Sono proprio questi i brani che la faranno considerare un’esponente dello stile jazzistico chiamato “bebop”; in realtà Sarah non è stata, e comunque non solo, una cantante di jazz, ma una cantante tout court, forse la maggiore interprete, dopo Ella Fitzgerald, di quello che può essere definito il «grande songbook statunitense».

Nel 1947 si sposa col trombettista George Treadwell, che le fa da manager (e che ridisegna la sua immagine) fino al divorzio, avvenuto nel 1957. Per tutti gli anni Cinquanta ottiene un successo dietro l’altro, conquistando il pubblico e la critica; è in questo periodo che le viene dato il soprannome ‘Sassy’, che la accompagna per il resto della carriera, nella quale pubblica una discografia di oltre un centinaio di titoli. Nel 1951 debutta alla Carnegie Hall, accompagnata, tra gli altri, dal sassofonista Lester Young e dal pianista Errol Garner; nel 1954 effettua una celebre serie di registrazioni con lo straordinario quanto sfortunato trombettista Clifford Brown, che morirà giovanissimo in un incidente stradale, due anni dopo; l’anno successivo registra per la EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnata da un’orchestra diretta da Ernie Wilkins, che cura anche gli arrangiamenti, e che ha nelle sue fila grandi jazzisti come i trombonisti Kai Winding e Jay Jay Johnson, il sassofonista Cannonball Adderley e il batterista Roy Haynes. Due anni dopo, per la Mercury, incide un album dedicato alle canzoni del compositore Irving Berlin, nel quale duetta con Billy Eckstine, riportando così l’amico di sempre sotto le luci della ribalta.

Sarah Vaughan a Parigi, nell’abitazione di Quincy Jones, il 27 luglio 1958 (Jean-Pierre Leloir)

Nel 1958 si sposa una seconda volta col giocatore di football Clyde Atkins: la coppia, non potendo avere figli, adotta una bambina; purtroppo, questo secondo matrimonio ha breve durata a causa del comportamento violento di lui. A partire dagli anni Sessanta, i rapporti di Sarah Vaughan con il jazz si fanno sempre più rarefatti: la cantante include nel suo repertorio un po’ di tutto, dalla bossa nova ai Beatles, dalle canzoni di Henry Mancini e Burt Bacharach ai successi tratti dai musical. Nel 1974, per il suo cinquantesimo compleanno, la Carnegie Hall di New York, una delle più prestigiose sale da concerto degli States, organizza tre serate con ospiti d’eccezione, tra i quali i musicisti Count Basie e Gerry Mulligan, i cantanti Mel Tormé e Betty Carter. Nel 1983 le viene consegnato il premio Grammy per l’incisione di un album monografico su musiche di George Gershwin: si tratta di un concerto nel quale è accompagnata dalla Los Angeles Philarmonic Orchestra diretta da Michael Tilson Thomas. È probabilmente l’apice artistico della sua maturità, un disco di immensa eleganza al servizio di una sontuosa track-listing. Data al 1986 uno straordinario incontro live, allo Storyville Jazz Club di New Orleans, con musicisti di estrazione diversissima, da Dizzy Gillespie a Ron Carter, a Herbie Hancock, fino al grande esponente del jazz d’avanguardia Don Cherry: la registrazione dà vita al film documentario Sass-n-Brass. Nel 1989 le viene assegnato un secondo Grammy, alla carriera; Sarah continua a esibirsi praticamente fino alla morte, che la coglie in California, a Hidden Hills, il 3 aprile del 1990, poco dopo il suo sessantaseiesimo compleanno.

Sarah Vaughan e Billy Eckstine al Monterey Jazz Festival, il 18 settembre 1981 (Brian McMillen)

Alla notizia della morte di Sarah Vaughan, Billy Eckstine, che le è sempre stato accanto, ha un primo infarto; poi il suo cuore non regge alla scomparsa di altri grandi amici: Dexter Gordon il 25 aprile 1990, Art Blakey il 16 ottobre 1990, Miles Davis il 28 settembre 1991 e Dizzy Gillespie il 6 gennaio 1993. Poche settimane dopo, l’8 marzo 1993, anche Billy inizia a sua volta l’ultimo viaggio.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Elle n’est pas vraiment belle à voir, elle a un visage plein de dents avec un nez aplati de saut à ski, des yeux presque orientaux et un front bas opprimé par un tas de cheveux noirs»

C’est le commentaire sexiste d’un critiqueur new-yorkais sur Sarah Vaughan au début de sa carrière dans les années 40. Des mots, évidemment, dictés par le racisme envers les personnes coloured, des mots qui pèseront toute la vie sur cette extraordinaire chanteuse (par ailleurs belle et attrayante), dans une interview de 1961, accordée à la journaliste Barbara Gardner, Sarah (qui a trente-sept ans et qui est une artiste affirmée) dit en effet d’elle-même :

«J’ai souvent souhaité être d’une couleur de peau brun moyen. J’imaginais que les gens de cette couleur étaient plus appréciés que moi. Pour la plupart des gens qui me connaissaient - je pensais - j’étais juste une autre petite fille noire pour qui l’avenir était aussi sombre que pour des milliers d’autres comme moi».

L’insécurité, d’ailleurs, est un trait de caractère qui revient à chaque performance : avant de monter sur scène, elle est prise d’attaques de panique, de crampes abdominales, de vomissements : pourtant - dit d’elle Billy Eckstine - «En excluant la musique lyrique, Sarah possède le plus beau son que j’ai jamais entendu d’une voix humaine. Et les choses qu’elle peut faire avec sa voix! Et en plus elle est musicienne, comme je l’ai toujours affirmé». Vaughan a, en effet, une extension de trois octaves, avec une variété de sons et de timbres impressionnants et une maîtrise des harmonies absolues, qui lui permettent des variations et des improvisations audacieuses. Billy Eckstine est pour Sarah Vaughan mentor et point de repère (« mon ami, mon père, mon sang », comme elle le définit); en réalité, le nom de famille à l’état civil est Eckstein, (considéré trop "juif", donc anagé), elle est une chanteuse à la voix de baryton chaude et profonde, à la mode dans les années 40, élevée dans l’orchestre de Earl "Fatha" Hines, l’un des cinq plus importants aux États-Unis. Musicienne capable, en plus d’être chanteuse, elle est arrangeur discrete et joue de la trompette, du trombone à pistons et de la guitare; en outre, elle est dotée d’un goût excellent et d’une curiosité qui l’amène à rechercher continuellement de nouveaux talents. C’est précisément cette curiosité qui l’a conduite, à l’automne 1942, au Théâtre Apollo de Harlem, où a lieu l’une des soirées récurrentes dédiées à de jeunes amateurs en quête de notoriété ou, plus prosaïquement, d’une chance de mettre quelques dollars dans leur poche pour s’en sortir. Et c’est là que Billy assiste à la performance de Sarah, 18 ans et timide, qui doit faire preuve de courage pour monter sur scène pour jouer Body and soul, une chanson difficile et exigeante capable de provoquer des crises même à des professionnels; la jeune fille gagne non seulement le concours, mais Eckstine la prend sous sa tutelle et convainc Earl Hines, son chef d’orchestre d’alors, de l’engager comme deuxième chanteuse et comme pianiste. C’est le début d’une carrière extraordinaire. Et ce n’est peut-être pas un hasard si, dix ans plus tôt, la même chose était arrivée à Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan à Chicago en 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan est née à Newark, New Jersey, le 27 mars 1924, fille unique d’un charpentier et d’une bergeronnette, tous deux passionnés de musique; peu de temps après avoir appris à marcher, les parents font des sacrifices pour lui permettre de prendre des leçons de piano. Adolescente, elle se produit en tant qu’organiste et soliste du chœur dans une église baptiste de sa ville natale. Après son succès à l’Apollo, elle rejoint l’orchestre d’Hines, puis celui qu’Eckstine formé en 1944, elle a l’occasion de travailler avec de nombreux jeunes talents qui qui sont à l'origine de la révolution musicale qui restera dans l’histoire sous le nom de "bebop" : Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey et Dexter Gordon. Et c’est en enregistrant des chansons avec ces artistes qu’elle s’impose comme l’une des voix les plus étonnantes du XXe siècle. Le 11 mai 1945, à New York, elle enregistre Lover man, avec Dizzy Gillespie & his All Stars, avec Charlie Parker ; le 25 mai, trois pièces sous son nom « with Dizzy Gillespie Septet », le pianiste Tadd Dameron et le batteur Max Roach. Ce sont précisément ces morceaux qui la feront considérer comme représentante du style de jazz appelé "bebop"; en réalité, Sarah n’a pas été, et de toute façon pas seulement, une chanteuse de jazz, mais une chanteuse tout court, peut-être l’interprète majeure, après Ella Fitzgerald, de ce qu’on peut appeler le « grand livre de chansons américain».

En 1947, elle épouse le trompettiste George Treadwell, qui la dirige (et redessine son image) jusqu’à son divorce en 1957. Pendant les années 1950, elle obtient un succès après l’autre, conquérant le public et la critique; c’est à cette époque qu’elle reçoit le surnom de 'Sassy', qui l’accompagne pour le reste de sa carrière, dans laquelle elle publie une discographie de plus d’une centaine de titres. En 1951, elle fait ses débuts au Carnegie Hall, accompagnée, entre autres, par le saxophoniste Lester Young et le pianiste Errol Garner; en 1954, elle réalise une célèbre série d’enregistrements avec l’extraordinaire trompettiste Clifford Brown, qui mourra très jeune dans un accident de voiture, deux ans plus tard; l’année suivante, elle enregistre pour l’EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnée d’un orchestre dirigé par Ernie Wilkins, qui s’occupe également des arrangements, et qui a dans ses rangs de grands jazzmen comme les trombonistes Kai Winding et Jay Jay Johnson, le saxophoniste Cannonball Adderley et le batteur Roy Haynes. Deux ans plus tard, pour Mercury, elle enregistre un album dédié aux chansons du compositeur Irving Berlin, dans lequel elle joue en duo avec Billy Eckstine, exposant ainsi son ami de toujours sous les projecteurs.

Sarah Vaughan à Paris, chez Quincy Jones, le 27 juillet 1958 (Jean-Pierre Leloir)

En 1958, elle se marie une seconde fois avec le footballeur Clyde Atkins : le couple, ne pouvant avoir d’enfant, adopte une fille ; malheureusement, ce second mariage est de courte durée à cause de son comportement violent. À partir des années 1960, les relations de Sarah Vaughan avec le jazz se raréfient : elle inclut dans son répertoire un peu de tout, de la bossa nova aux Beatles, des chansons de Henry Mancini et Burt Bacharach aux succès des comédies musicales. En 1974, pour son cinquantième anniversaire, le Carnegie Hall de New York, l’une des plus prestigieuses salles de concert des États, organise trois soirées avec des invités d’exception, parmi lesquels les musiciens Count Basie et Gerry Mulligan, les chanteurs Mel Tormé et Betty Carter. En 1983, elle reçoit le prix Grammy pour l’enregistrement d’un album monographique sur la musique de George Gershwin : il s’agit d’un concert dans lequel elle est accompagnée par l’Orchestre philharmonique de Los Angeles dirigé par Michael Tilson Thomas. C’est probablement l’apogée artistique de sa maturité, un disque d’une immense élégance au service d’un track-listing somptueux. En 1986, au Storyville Jazz Club de La Nouvelle-Orléans, il y a eu une rencontre en direct extraordinaire avec des musiciens d’origines très diverses, de Dizzy Gillespie à Ron Carter en passant par Herbie Hancock et Don Cherry, l’enregistrement donne vie au film documentaire Sass-n-Brass. En 1989, elle reçoit un deuxième Grammy pour sa carrière ; Sarah continue à jouer pratiquement jusqu’à sa mort, qui la rattrape en Californie, à Hidden Hills, le 3 avril 1990, peu après son soixante-sixième anniversaire.

Sarah Vaughan accompagnée du Bob James Trio lors d'un concert enregistré en Suède en 1967

À la nouvelle de la mort de Sarah Vaughan, Billy Eckstine, qui a toujours été à ses côtés, a une première crise cardiaque, puis son cœur ne résiste pas à la disparition d’autres grands amis : Dexter Gordon le 25 avril 1990, Art Blakey le 16 octobre 1990, Miles Davis le 28 septembre 1991 et Dizzy Gillespie le 6 janvier 1993. Quelques semaines plus tard, le 8 mars 1993, Billy commence à son tour son dernier voyage.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"She is not exactly beautiful to look at, she has a face full of teeth with a flattened ski-jumping nose, almost oriental eyes and a low forehead oppressed by a pile of black hair."

This was the malevolent, sexist, comment of a New York reviewer against Sarah Vaughan at the beginning of her career in the 1940s. Words, evidently, dictated by racism against people of color, words that would weigh on this extraordinary (by the way, beautiful and attractive) singer for a lifetime. In a 1961 interview with journalist Barbara Gardner, Sarah (who was thirty-seven years old and an established artist) says of herself:

"I often wished I was of a medium brown skin color. I imagined that people of that color were valued more than me. To most people who knew me--I thought--I was just another little black girl for whom the future was as dark as it was for thousands of others like me."

Insecurity, after all, was a character trait that recurred with every performance. Before she went stage she was seized by panic attacks, abdominal cramps, and vomiting fits - and yet, says Billy Eckstine of her, "Excluding opera music, Sarah possesses the most beautiful sound I have ever heard from a human voice. And the things she can do with her voice! And besides, she is a musician, as I have always claimed." Vaughan had, in fact, a three-octave range, with an impressive variety of sound and timbre and an absolute mastery of harmonies, which allowed her daring variations and improvisations. Billy Eckstine was for Sarah Vaughan a mentor and point of reference ("my friend, my father, my blood," is how she defined him). His last name at birth was Eckstein, (considered too "Jewish," therefore re-written). He was a singer with a warm and deep baritone voice, so fashionable in the 1940s, who grew up in Earl "Fatha" Hines' orchestra, one of the five most important in the United States. A capable musician as well as a singer, he was a decent arranger and played trumpet, slide trombone and guitar. He also had excellent taste and a curiosity that led him to continually seek out new talent. It was exactly this curiosity that led him, in the fall of 1942, to the Apollo Theater in Harlem, to one of the recurring evenings dedicated to young amateurs seeking notoriety or, more prosaically, a chance to put a few dollars in their pockets to get by. And it was there that Billy witnessed the performance of Sarah, eighteen years old and very shy, who had to call upon all her courage to take the stage to interpret Body and Soul, a difficult and challenging piece capable of sending professionals and seasoned pros into crisis. The young woman not only won the contest, but Eckstine took her under his tutelage and convinced Earl Hines, his orchestra leader at the time, to hire her as second singer and, if necessary, as pianist. It was the beginning of an extraordinary career. And perhaps it is no coincidence that, ten years earlier, the same thing happened to the then-unknown Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan in Chicago in 1948 (Ted Williams).

Sarah Vaughan was born in Newark, New Jersey, on March 27, 1924, the only child of a carpenter and a washerwoman, both of whom were music lovers. Shortly after learning to walk, she already expressed an aptitude for music, and her parents made sacrifices to allow her to take piano lessons. As a teenager she performed as organist and choir soloist at a hometown Baptist church. After the successful performance at the Apollo, she then joined Hines's orchestra, then the orchestra that Eckstine formed on his own in 1944, and had the opportunity to work with many of the young talents who were laying the groundwork for the musical revolution that would go down in history as "bebop" - Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey and Dexter Gordon. And it was by recording songs with these artists that she established herself as one of the most amazing voices of the 20th century. On May 11, 1945, in New York, she recorded Lover Man, with Dizzy Gillespie & his All Stars, a group of which Charlie Parker was also a member. Then, on May 25, three pieces under her own name "with the Dizzy Gillespie Septet," which included, among others, Charlie Parker again, pianist Tadd Dameron and drummer Max Roach. It is precisely these pieces that would make her considered an exponent of the jazz style called "bebop". But Sarah was not, and in any case not only, a jazz singer, but a singer tout court, perhaps the greatest interpreter, after Ella Fitzgerald, of what can be called the "great American songbook."

In 1947 she married trumpeter George Treadwell, who served as her manager (and reshaped her image) until her divorce in 1957. Throughout the 1950s she achieved one success after another, winning over audiences and critics. It was during this period that she was given the nickname 'Sassy,' which accompanied her for the rest of her career, in which she released a discography of more than a hundred titles. In 1951 she made her Carnegie Hall debut, accompanied by saxophonist Lester Young and pianist Errol Garner, among others. In 1954 she made a celebrated series of recordings with the extraordinary but unfortunate trumpeter Clifford Brown, who was to die very young in a car accident two years later. The following year she recorded for EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompanied by an orchestra conducted by Ernie Wilkins, who also did the arrangements, and featuring in its ranks such jazz greats as trombonists Kai Winding and Jay Jay Johnson, saxophonist Cannonball Adderley and drummer Roy Haynes. Two years later, for Mercury, she recorded an album dedicated to the songs of composer Irving Berlin, in which she dueted with Billy Eckstine, thus bringing her lifelong friend back into the limelight.

Sarah Vaughan in Paris, at the home of Quincy Jones, July 27, 1958 (Jean-Pierre Leloir)

In 1958 she married a second time, to football player Clyde Atkins. The couple, unable to have children, adopted a little girl. Unfortunately, this second marriage was short-lived because of his violent behavior. Beginning in the 1960s, Sarah Vaughan's relationship with jazz became increasingly rarefied. The singer included in her repertoire a little bit of everything, from bossa nova to the Beatles, from songs by Henry Mancini and Burt Bacharach to hits from musicals. In 1974, for her 50th birthday, New York's Carnegie Hall, one of the most prestigious concert halls in the States, held three evenings with special guests, including musicians Count Basie and Gerry Mulligan and singers Mel Tormé and Betty Carter. In 1983 she was presented with a Grammy award for recording a single-artist album on music by George Gershwin. It was a concert in which she was accompanied by the Los Angeles Philharmonic Orchestra conducted by Michael Tilson Thomas. It is probably the artistic apex of her maturity, a record of immense elegance in the service of sumptuous track-listing. In 1986 there was an extraordinary live encounter, at the Storyville Jazz Club in New Orleans, with musicians from very different backgrounds, from Dizzy Gillespie to Ron Carter to Herbie Hancock to the great avant-garde jazz exponent Don Cherry. The recording gave rise to the documentary film Sass-n-Brass. In 1989 she was awarded a second Grammy, for lifetime achievement. Sarah continued to perform virtually until her death in Hidden Hills, California, on April 3, 1990, shortly after her 66th birthday.

Sarah Vaughan and Billy Eckstine at the Monterey Jazz Festival, September 18, 1981 (Brian McMillen)

At the news of Sarah Vaughan's death, Billy Eckstine, who had always been by her side, had his first heart attack. And his heart could not bear the passing of other great friends - Dexter Gordon on April 25, 1990, Art Blakey on October 16, 1990, Miles Davis on September 28, 1991, and Dizzy Gillespie on January 6, 1993. A few weeks later, on March 8, 1993, Billy also began his final journey.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

«No es propiamente bonita: tiene una boca llena de dientes y una nariz achatada y pronunciada; unos ojos casi orientales y una frente baja enmarcada por mucho pelo negro».

Dijo un crítico de Nueva York con un comentario malicioso y sexista hacia Sarah Vaughan al principio de su carrera en los años Cuarenta. Palabras probablemente dictadas por el racismo hacia la gente de color; palabras que pesarán durante toda la vida de esta cantante extraordinaria (por cierto, hermosa y atractiva): en una entrevista de 1961 concedida a la periodista Barbara Gardner, Sarah –quien tenía treinta y siete años y era una artista ya famosa– dijo de sí misma:

«Siempre quise tener la piel de un marrón intermedio. Creía que la gente de aquel color era más apreciada que yo. Para la mayoría de la gente que me conocía –pensaba– yo era solo otra chica negra para la cual el futuro era tan oscuro como para otras miles».

De hecho, la inseguridad es un rasgo de su carácter que se presenta en cada actuación: antes de subir al escenario, sufre ataques de pánico, calambres abdominales, náuseas; y sin embargo, como dijo de ella Billy Eckstine:«Si excluimos la ópera, Sarah tiene el sonido más hermoso que jamás haya escuchado de una voz humana. ¡Y lo que puede hacer con su voz! E incluso es una música, como siempre he afirmado». En efecto, Vaughan tenía una extensión de tres octavas, con una variación de sonido y timbre impresionante y un dominio perfecto de las armonías que le permitían variaciones e improvisaciones audaces.

 Billy Eckstine fue para Sarah Vaughan maestro y referente («Mi amigo; mi padre; mi propia sangre» como ella misma lo describió); en realidad, su apellido en el registro civil era Eckstein pero resultaba demasiado judío y por lo tanto lo había cambiado un poco; Billy era un cantante con una voz de barítono cálida y profunda, muy en boga en los años Cuarenta formado en la orquesta de Earl “Fatha” Hines, una de las cinco orquestas más importantes de los Estados Unidos. Además de ser cantante, Billy fue un músico talentoso que tocaba la trompeta, el trombón de pistones y la guitarra; tuvo también un excelente gusto y una curiosidad que lo llevó a buscar constantemente nuevos talentos. Y fue precisamente dicha curiosidad que, en otoño de 1942, lo condujo al Teatro Apollo de Harlem, donde se celebraba una de aquellas noches recurrentes dedicadas a jóvenes aficionadas/os en busca de éxito o básicamente de una oportunidad para ganar unos dólares para sobrevivir. Y fue entonces que Billy disfrutó de la actuación de Sarah, una joven tímida de dieciocho años que tuvo que reunir todo su coraje para subir al escenario e interpretar Body and Soul –una canción tan difícil y desafiante que era capaz de hacer temblar a profesionales. Ganó el concurso y Eckstine la puso bajo su protección y convenció a Earl Hines, su director de orquesta de aquel entonces, para contratarla como segunda cantante y pianista. Fue el principio de una extraordinaria carrera. Y quizá no fuera una coincidencia que, diez años atrás, lo mismo le hubiera sucedido a la hasta entonces desconocida Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan en Chicago en 1948 (Ted Williams)

Sarah Vaughan nació en Newark, Nueva Jersey, el 27 de marzo de 1924; fue la única hija de un carpintero y una lavandera que eran amantes de la música. Desde muy joven demostró aptitud por la música y sus padres hicieron sacrificios para permitirle que tomara clases de piano. Durante su adolescencia se presentaba como organista y solista del coro en una iglesia baptista de su ciudad natal. Tras su exitosa actuación en el Teatro Apollo, primero formó parte de la orquesta de Hines y luego de la orquesta dirigida por Eckstine en 1944. Sarah tuvo la ocasión de trabajar con los jóvenes talentos que sentaban las bases de la revolución musical que permanecería en la historia con el nombre de “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey y Dexter Gordon. Grabó canciones con dichos artistas y fue así como Sarah se impuso como una de las voces más sorprendentes del siglo XX. El 11 de mayo de 1945, en Nueva York, grabó Lover Man con Dizzy Gillespie & his All Stars, grupo del que también formaba parte Charlie Parker; el 25 de mayo grabó tres temas bajo su propio nombre «with Dizzy Gillespie Septet», grupo que incluye, entre otros, a Charlie Parker, al pianista Tadd Dameron y al baterista Max Roach. Fueron precisamente estas las canciones gracias a las que es considerada una exponente del jazz “bebop”. En realidad, Sarah no fue solo una cantante de Jazz, sino la mejor intérprete, después de Ella Fitzgerald, de lo que definimos el «Gran cancionero estadounidense».

En 1947, se casó con el trompetista George Tradwell, quien le hizo de representante (y rediseñó su imagen) hasta su divorcio en 1957. Durante toda la década de los años Cincuenta logró un éxito tras otro, ganándose tanto al público como a la crítica; en aquellos años recibió el apodo de “Sassy” que la acompañaría durante el resto de su carrera, en la que publicó una discografía de más de un centenar de títulos. En 1951, Sarah debutó en Carnagie Hall, acompañada por el saxofonista Lester Young y el pianista Errol Garner. En 1954, grabó una serie de canciones célebres con el extraordinario y desafortunado trompetista Clifford Brown, que falleció prematuramente en un accidente automovilístico dos años después. Al año siguiente, grabó para la EmArcy el album Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, acompañada por la orquesta de Ernie Wilkins, quien también se encargó de los arreglos musicales y por algunos destacados músicos de jazz como los trompetistas Kai Winding y Jay Jay Johnson, el saxofonista Cannonball Adderley y el baterista Roy Haynes. Dos años después, grabó un álbum para la Mercury dedicado a las canciones del compositor Irving Berlin, en el que cantó a dúo con Billy Eckstine, devolviendo así a la actualidad a su buen amigo de siempre.

Sarah Vaughan en París, en la casa de Quincy Jones, el 27 de julio de 1958 (Jean-Pierre Leloir).

En 1958 se casó por segunda vez con el futbolista Clyde Atkins y al no poder tener hijos, la pareja adoptó una niña; desgraciadamente, este segundo matrimonio tuvo una vida corta por la conducta violenta de él. Desde los años Sesenta, las relaciones de Sarah Vaughan con el jazz se volvieron cada vez más esporádicas: la cantante incluyó en su repertorio un poco de todo, desde la Bossa Nova hasta los Beatles; desde las canciones de Henry Mancini hasta Burt Bacharach, pasando por los éxitos del musical. Al cumplir cincuenta años, en 1974, la Carnagie Hall de Nueva York –una de las salas de conciertos más prestigiosas de los Estados Unidos– organizó tres noches con unos invitados especiales entre los que se encontraban los músicos Count Basie y Gerry Mulligan y los cantantes Mel Tormé y Betty Carter. En 1983 recibió el premio Grammy por la grabación de un álbum monográfico de composiciones de George Gershwin: se trata de un concierto en el que la acompañaba la Orquesta filarmónica de Los Ángeles dirigida por Michael Tilson Thomas. Probablemente con este álbum de inmensa elegancia y una magnifica lista de canciones Sarah llegó al apogeo de madurez artística. Durante un extraordinario encuentro en 1986 en el club Storyville Jazz de Nueva Orleans con unos músicos de orígenes muy diferentes –desde Dizzy Gillespie hasta Ron Carter, Herbie Hancock y el gran exponente de jazz de vanguardia Don Cherry–, se grabó el documental Sass-n-Brass. En 1989 recibió el segundo Grammy por su carrera; Sarah siguió actuando casi hasta su muerte que la sorprendió en Hidden Hills, en California, el 3 de abril de 1990, poco después de cumplir sesenta y seis años.

Sarah Vaughan y Billy Eckstine en el Festival Monterey Jazz, el 18 de septiembre de 1981 (Brian McMillen)

Tras el anuncio del fallecimiento de Sarah Vaughan, Billy Eckstine, que siempre estuvo con ella, tuvo su primer ataque de corazón; luego su corazón no pudo soportar la muerte de otros buenos amigos, como Dexter Gordon el 25 de abril de 1990; Art Blakey el 16 de octubre de 1990; Miles Davis el 28 de septiembre de 1991; Dizzy Gillespie el 6 de enero de 1993. Unas semanas después, el 8 de marzo 1993, Billy también inició su último viaje.

 

Ella Fitzgerald
Valeria Pilone




Giulia Tassi

 

Le origini di Ella Fitzgerald sono un crocevia di tradizioni e popoli differenti, è un’anima meticcia ricca, dalle varie sfumature, come la sua potentissima voce. Nasce il 25 aprile 1917 a Newport News in Virginia da Temperance Henry e William Fitzgerald, entrambi definiti ‘mulatti’, ovvero nati da un individuo bianco e uno nero. I due non sono sposati e nel 1920 sua madre intreccia una relazione con un nuovo compagno, un immigrato portoghese di nome Joseph da Silva, dal quale avrà un’altra figlia, Frances da Silva, a cui Ella sarà molto legata.

Ella ha quindici anni quando sua madre muore per un grave incidente stradale. Continua a vivere con Joseph fino a quando nel 1933 si trasferisce da una zia nel quartiere di Harlem. È brava a danzare e si nutre del jazz di Louis Armstrong, Bing Crosby e The Boswell Sisters. Così arriva la sua occasione. A soli diciassette anni debutta all’Apollo Theater di New York, in una delle famose Amateur Nights, le serate dedicate alle competizioni canore dei dilettanti. Vince il primo premio e da questo momento in poi inizia a cantare per l’orchestra di Chick Webb, diventando una star grazie alla sua virtuosa e straordinaria voce. Dal 1941 comincia la sua straordinaria carriera da solista, che la vedrà impegnata in tour e collaborazioni di successo con i più grandi interpreti della musica internazionale come Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. Il suo manager era – in un’epoca di grandi discriminazioni razziali – a favore dei diritti civili e richiedeva parità di trattamento per le sue e i suoi musicisti, indipendentemente dal loro colore. Ella raccontò di un episodio in cui una squadra di polizia fece irruzione nel backstage durante una tournée per la Filarmonica, al solo fine di infastidire gli artisti e le artiste, salvo poi chiedere l’autografo alla cantante.

Ella ha ricevuto il sostegno di numerosi personaggi celebri,del mondo dello spettacolo e non solo, tra cui Marilyn Monroe, della quale racconta che grazie al suo intervento era riuscita a esibirsi al Mocambo, una discoteca molto in voga negli anni Cinquanta in California: la diva di Hollywood aveva personalmente chiamato il proprietario del locale, dicendogli di accettare l’esibizione di Fitzgerald, e per l’occasione avrebbe prenotato lei stessa tutte le sere un tavolo in prima fila. Proprietario e stampa dell’epoca andarono in visibilio, Ella stessa affermò: «Marilyn era una donna insolita, in anticipo sui tempi. E non lo sapeva», attestando con generosità la lungimiranza della collega artista. Di lei Frank Sinatra aveva detto: «The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this» (Il modo migliore per iniziare una serata musicale è con questa ragazza. Non c’è niente di meglio di così).

La voce di Ella era un dono naturale, potentissima, lucida, cristallina, era emessa senza alcuno sforzo (una dote che noi in Italia abbiamo potuto riscontrare nella superlativa voce di Mina). La sua estensione vocale andava oltre le tre ottave ed era esaltata dalla tecnica scat, ovvero l’imitare il virtuosismo degli strumenti con il solo suono della voce, senza parole. La sua carriera era cominciata all’insegna dell’insicurezza e dell’ansia, sentimenti che sempre più spesso accompagnano le nostre esistenze contemporanee. Ma lei era riuscita a fare di un momento di crisi una opportunità. All’Apollo Theater di New York, infatti, aveva avuto una crisi di nervi prima dell’esibizione di ballo, ma il presentatore insistette affinché salisse lo stesso sul palco e lei lo fece, iniziando a cantare e ammaliando tutti i presenti. Ha lavorato per oltre 59 anni, inciso circa 70 dischi, venduto oltre 40 milioni di copie e vinto 14 Grammy. Aveva detto di sé: «I know I’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people… but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (So di non essere una ragazza affascinante e non è facile per me alzarmi di fronte a una folla di persone… ma ora ho capito che Dio mi ha dato questo talento da usare, quindi sto lì e canto). Il mondo della musica gliene sarà per sempre grato.

Disse anche:

«Suppongo che ciò che ognuno vuole più di ogni altra cosa sia essere amato. E sapere che voi mi amate per il mio canto è davvero troppo per me. Perdonatemi se non ho tutte le parole giuste. Forse posso cantarvelo, e allora lo capirete». L’amore era ciò che aveva ricercato, come tutti, nella vita, e lo aveva ritrovato pienamente solo nella musica. Lo cantava nella bellissima Let’s fall in love: «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love?/Our hearts were made for it./Let’s take a chance./Why be afraid of it?/Let’s close our eyes/And make our own paradise./Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it» (Innamoriamoci/Perché non dovremmo innamorarci?/I nostri cuori sono stati fatti per questo./Corriamo il rischio./Perché avere paura di esso?/Chiudiamo gli occhi/E fare il nostro paradiso./Ora è il momento per questo,/Mentre siamo giovani/Perché avere paura di esso). Cantava la totalizzante forza dell’amore che provoca un fiume di lacrime nella memorabile Cry to me a river: «Cry me a river/‘Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it would have said/It would be a river of tears I cried in bed» (Piangimi un fiume/Perché ho pianto un fiume su di te/Se il mio cuscino potesse parlare,/immagina cosa avrebbe detto/Sarebbe un fiume di lacrime che ho pianto a letto).

L’amore lei lo aveva distribuito a piene mani non solo con la sua musica, ma anche nell’impegno sociale. Nel 1993 aveva fondato, infatti, la Ella Fitzgerald Charitable Foundation per aiutare con la sua ricchezza le persone maggiormente bisognose, che vivevano in condizioni di rischio, svantaggiate, e poter dare loro assistenza per ottenere una migliore qualità della vita. Ancora oggi il consiglio di amministrazione della Fondazione cerca di portare avanti gli obiettivi della sua fondatrice erogando sovvenzioni per fornire opportunità educative per bambini e bambine, promozione dell’amore e della conoscenza della musica, con assistenza a studenti di musica, fornitura di assistenza sanitaria, cibo, alloggio e consulenza a bisognose/i, con particolare attenzione a diabete, problemi di vista e malattie cardiache.

Era, infatti, affetta lei stessa da diabete mellito sin dall’infanzia, malattia che le provocherà l’amputazione di entrambe le gambe, fino a condurla alla morte nella sua casa di Beverly Hills il 15 giugno del 1996. È stata sepolta nella sezione “Santuario delle campane” del Sunset Mission Mausoleum presso il cimitero di Inglewood Park a Inglewood, in California. Dopo il funerale privato, il traffico stradale fu interrotto per permettere il passaggio del corteo della “First Lady of Song”: «Ella is the boss lady. That’s all» (Billy Strayhorn).


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Les origines d’Ella Fitzgerald sont un mixe de traditions et de peuples différents, c’est une âme métisse riche, aux nuances variées, comme sa voix très puissante. Elle est né le 25 avril 1917 à Newport News en Virginie de Temperance Henry et William Fitzgerald, tous deux appelés mulâtres, c’est-à-dire d’un individu blanc et d’un individu noir. Les deux ne sont pas mariés et en 1920 sa mère tisse une relation avec un nouveau compagnon, un immigré portugais du nom de Joseph da Silva, avec qui elle aura une autre fille, Frances da Silva, de laquelle Ella sera très proche.

Elle a 15 ans quand sa mère meurt d’un grave accident de la route. Elle continue à vivre avec Joseph jusqu’à ce qu’elle déménage en 1933 chez une tante dans le quartier de Harlem. Elle est douée pour la danse et se nourrit du jazz de Louis Armstrong, Bing Crosby et The Boswell Sisters. C’est ainsi qu’elle arrive a ses fins. À seulement dix-sept ans, elle fait ses débuts à l’Apollo Theater de New York, dans l’une des fameuses Amateur Nights, les soirées dédiées aux compétitions des amateurs du canoë. Elle remporte le premier prix et commence à chanter pour l’orchestre de Chick Webb, devenant une star grâce à sa voix virtuose et extraordinaire. À partir de 1941, elle commence sa remarquable carrière solo, qui la verra engagée dans des tournées et collaborations à succès avec les plus grands interprètes de la musique internationale comme Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. Son manager était - à une époque de grande discrimination raciale - en faveur des droits civiques et exigeait l’égalité de traitement pour ses musiciens et les siens, quelle que soit leur couleur. Elle raconte un épisode où une équipe de police fait irruption dans les coulisses lors d’une tournée pour la Philharmonie, dans le seul but d’embêter les artistes, avant de demander un autographe à la chanteuse.

Elle a reçu le soutien de nombreuses célébrités du monde du spectacle et non seulement, Marilyn Monroe, dont elle raconte qu’elle a réussi à se produire au Mocambo, une discothèque très en vogue dans les années 50 en Californie : la diva d’Hollywood avait personnellement appelé le propriétaire du club, lui disant d’accepter la performance de Fitzgerald, et pour l’occasion elle aurait réservé elle-même tous les soirs une table au premier rang. Propriétaire et imprimeur de l’époque, elle se montra très visible, affirmant : «Marilyn était une femme inhabituelle, en avance sur son temps. Et elle ne le savait pas », témoignant avec générosité de la clairvoyance de sa collègue artiste. Frank Sinatra avait dit d’elle : «The best way to start any musical evening is with this girl. It don’t get better than this» (La meilleure façon de commencer une soirée musicale est avec cette fille. Il n’y a rien de mieux que cela).

La voix d’Ella était un don naturel, très puissante, brillante, cristalline, émise sans aucun effort (une dot que nous, en Italie, avons pu trouver dans la voix superlative de Mina). Son extension vocale allait au-delà des trois octaves et était exaltée par la technique scat, à savoir l’imitation de la virtuosité des instruments avec le seul son de la voix, sans mots. Lorsqu’elle avait commencé l’insécurité et l’anxiété régnaient sur sa carrière, des sentiments qui accompagnent souvent nos existences contemporaines. Mais elle avait réussi à faire d’un moment de crise une opportunité. À l’Apollo Theater de New York, elle avait eu une crise de nerfs avant la performance de danse, mais le présentateur a insisté pour qu’elle monte sur scène et elle l’a fait, en commençant à chanter et à charmer toutes les personnes présentes. Elle a travaillé pendant plus de 59 ans, enregistré environ 70 disques, vendu plus de 40 millions d’exemplaires et remporté 14 Grammy. Elle avait dit d’elle-même : «I know i’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people... but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (Je sais que je ne suis pas une fille charmante et il n’est pas facile pour moi de me presenter devant une foule de gens... mais maintenant je comprends que Dieu m’a donné ce talent pour l’utiliser, alors je suis là et je chante). Le monde de la musique lui en sera éternellement reconnaissant.

Elle ajoute aussi:

«Je suppose que ce que chacun veut plus que tout autre chose, c’est être aimé. Et savoir que vous m’aimez pour mon chant est vraiment trop pour moi. Pardonnez-moi si je n’ai pas toutes les paroles justes. Peut-être puis-je vous le chanter, et alors vous le comprendrez». L’amour était ce qu’elle avait recherché, comme tous, dans la vie, et elle ne l’avait retrouvé pleinement que dans la musique. Elle le chantait dans la belle Let’s fall in love : «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love? /Our hearts were made for it. /Let’s take a chance. /Why be afraid of it? /Let’s close our eyes/And make our own paradise. /Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it» (Nous tombons amoureux/Pourquoi ne tomberions-nous pas amoureux?/Nos cœurs ont été faits pour cela./Nous courons le risque./Pourquoi avoir peur de lui?/Fermons les yeux/Et faisons notre paradis./Maintenant c’est le moment pour cela,/Alors que nous sommes jeunes/Pourquoi avoir peur de lui). Elle chantait la puissance totale de l’amour qui entraîne un torrent de larmes dans la mémorable Cry to me a river : «Cry me a river/'Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it it it would have said/It would be a river of tears I cried in bed» (Pleure des rivières/Pourquoi ai-je versé une rivière sur toi/Si seulement mon oreiller pouvait parler,/imagine ce qu’il aurait dit/Ce serait une rivière de larmes que j’ai pleuré au lit).

Elle l’avait distribué avec coeur non seulement avec sa musique, mais aussi dans l’engagement social. En 1993, elle a fondé la Fondation Ella Fitzgerald Charitable afin d’aider les personnes les plus nécessiteuses, celles qui vivaient dans des conditions à risque, défavorisées, et de leur apporter une assistance pour obtenir une meilleure qualité de vie. Aujourd’hui encore, le conseil d’administration de la Fondation cherche à poursuivre les objectifs de sa fondatrice en octroyant des subventions pour fournir des opportunités éducatives aux enfants, promouvoir l’amour et la connaissance de la musique, avec assistance aux étudiants en musique, fourniture de soins de santé, de nourriture, de logement et de conseils aux nécessiteux, avec une attention particulière au diabète, aux problèmes de vue et aux maladies cardiaques.

Elle souffrait elle-même de diabète depuis son enfance, une maladie qui provoquera l’amputation de ses deux jambes, jusqu’à sa mort chez elle à Beverly Hills le 15 juin 1996. Elle a été enterrée dans la section "Sanctuaire des cloches" du Sunset Mission Mausoleum au cimetière d’Inglewood Park à Inglewood, en Californie. Après les funérailles privées, la circulation routière a été interrompue pour permettre le passage du cortège de la "Première dame de la chanson" : «Ella is the boss lady. That’s all » (Billy Strayhorn).


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Ella Fitzgerald's origins are a crossroads of different traditions and peoples. She was a richly mixed soul, as varied in nuance as her powerful voice. She was born on April 25, 1917, in Newport News, Virginia, to Temperance Henry and William Fitzgerald. Both were defined as 'mulatto,' meaning born of one white and one black parent. The two were unmarried, and in 1920 her mother entered into a relationship with a new partner, a Portuguese immigrant named Joseph da Silva, by whom she would have another daughter, Frances da Silva, to whom Ella would become very close.

Ella was 15 years old when her mother died in a serious car accident. She continued to live with Joseph until, in 1933, she moved in with an aunt in the Harlem (a predominantly black section of New York. She was good at dancing and fed on the jazz of Louis Armstrong, Bing Crosby, and The Boswell Sisters. Thus came her chance. When she was only seventeen, she made her debut at the Apollo Theater in New York, in one of the famous Amateur Nights - nights devoted to amateur singing competitions. She won first prize and from that time on began singing for Chick Webb's orchestra, becoming a star thanks to her virtuoso and extraordinary voice. From 1941 she began her extraordinary solo career, which would see her engaged in successful tours and collaborations with the greatest interpreters of international music such as Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, and Nat King Cole. Her manager was - in an era of great racial discrimination - supportive of civil rights, and demanded equal treatment for her and her musicians, regardless of their color. Ella recounted an incident in which a police team raided the backstage area during a tour for the Philharmonic, for the sole purpose of harassing the artists and performers, except to then ask the singer for her autograph.

Ella received the support of numerous celebrities, from the world of show business and beyond, including Marilyn Monroe, about whom she recounts that thanks to her intervention she had managed to perform at Mocambo, a nightclub very much in vogue in 1950s California. Monroe, Hollywood diva, had personally called the owner of the club, telling him to accept Fitzgerald's performance, and for the occasion she would book herself a table in the front row every night. The owner and the press of the time went into raptures, Ella herself stating, "Marilyn was an unusual woman, ahead of her time. And she didn't know it," generously attesting to the foresight of her fellow artist. Of Ella, Frank Sinatra had said, "The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this".

Ella's voice was a natural gift, very powerful, lucid, crystal clear, and it was emitted effortlessly (a gift that we in Italy were able to find in Mina's superlative voice). Her vocal range went beyond three octaves and was enhanced by scat technique, that is, imitating the virtuosity of instruments with only the sound of the voice, without words. Her career had begun under a banner of insecurity and anxiety, feelings that increasingly accompany our contemporary existences. But she had managed to turn a moment of crisis into an opportunity. At the Apollo Theater in New York she had had a nervous breakdown before her dance performance, but the announcer insisted that she go on stage anyway, and she did so, beginning by sing, captivating everyone in attendance. She worked for more than 59 years, recorded about 70 records, sold more than 40 million of them, and won 14 Grammys. She once said of herself, "I know I'm no glamour girl, and it's not easy for me to get up in front of a crowd of people... but now I've got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing." The music world will be forever grateful to her.

She also said:

"I suppose what everyone wants more than anything else is to be loved. And to know that you love me for my singing is just too much for me. Forgive me if I don't have all the right words. Perhaps I can sing it to you, and then you will understand." Love was what she had been searching for, like everyone else, in life, and she found it fully only in music. She sang it in her beautiful Let's Fall in Love: "Let's fall in love/Why shouldn't we fall in love?/Our hearts were made for it./Let's take a chance./Why be afraid of it?/Let's close our eyes/And make our own paradise. /Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it" She sang of the all-consuming power of love that causes a river of tears in the memorable Cry Me a River: "Cry me a river/'Cause I cried a river over you/If my pillow could talk,/imagine what it would have said/It would be a river of tears I cried in bed".

She had lavishly distributed love not only through her music, but also in social engagement. In 1993 she founded the Ella Fitzgerald Charitable Foundation, to use her wealth to help the people most in need, who lived in risky, disadvantaged conditions, and to be able to give them assistance to achieve a better quality of life. To this day, the Foundation's board of directors seeks to carry on its founder's goals by making grants to provide educational opportunities for boys and girls, promotion of the love and knowledge of music, with assistance to music students, provision of health care, food, shelter, and counseling to needy people, with special attention to diabetes, vision problems, and heart disease.

She was herself afflicted with diabetes mellitus since childhood, a disease that would result in the amputation of both her legs, eventually leading to her death at her Beverly Hills home on June 15, 1996. She was buried in the "Shrine of Bells" section of Sunset Mission Mausoleum at Inglewood Park Cemetery in Inglewood, California. After the private funeral, road traffic was stopped to allow the procession of the "First Lady of Song" to pass by. "Ella is the boss lady. That's all" (Billy Strayhorn).


Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Los orígenes de Ella Fitzgerald son una encrucijada de diferentes tradiciones y pueblos, y ella es una preciosa alma mestiza, con distintos matices, como su poderosa voz. Nació el 25 de abril 1917 en Newport News en Virginia, hija de Temperance Henry y William Fiztgerald, ambos definidos como "mulatos", es decir, nacidos de un individuo blanco y otro negro. Aunque no estaban casados, en 1920 su madre estrechó una relación con una nueva pareja, un inmigrante portugués que se llamaba Joseph da Silva. Con él tendrá otra hija, Frances da Silva, a la que Ella se sentirá muy unida.

Cuando Ella tenía quince años, su madre murió a causa de un grave accidente de tráfico. Siguió viviendo con Joseph hasta que en 1933 se mudó al barrio de Harlem a casa de su tía. Se le daba bien bailar y se alimentó del jazz de Louis Armstrong, Bing Crosby y The Boswell Sisters (Las Hermanas Boswell). Fue así como tuvo su oportunidad: a los diecisiete años, debutó en el teatro Apollo de Nueva York, en una de las famosas Amateur Nights, unas veladas dedicadas a concursos de canto para aficionados. Ganó el primer premio y a partir de entonces empezó a cantar para la orquesta de Chick Webb, y se convirtió en una estrella gracias a su virtuosa y extraordinaria voz. A partir de 1941, inició su extraordinaria carrera en solitario, en la que realizó exitosas giras y colaboraciones con los mayores intérpretes de la música internacional, como Duke Ellington, Louis Armstrong, Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole. En una época de gran discriminación racial, su mánager era partidario de los derechos civiles y exigía igualdad de trato para sus músicos y músicas, independientemente del color de su piel. Ella Fitzgerald contó que durante una gira de la Filarmónica, la policia irrumpió en los bastidores con el único propósito de molestar a los y las artistas, pero luego le pidieron un autógrafo a la cantante.

Recibió el apoyo de numerosas celebridades, del mundo del espectáculo y no sólo, entre ellas el de Marilyn Monroe, quien gracias a su ayuda, como relata Ella, le permitió actuar en el Mocambo, una discoteca muy popular de California durante los años cincuenta: la diva de Hollywood había llamado personalmente al dueño del club nocturno, diciéndole que aceptara la actuación de Fitzgerald, y que ella misma reservaría cada noche una mesa en primera fila. El propietario y la prensa de la época quedaron extasiados, y la misma Ella declaró: «Marilyn era una mujer fuera de lo común, moderna para su época. Y ella no lo sabía», lo que atestiguaba generosamente la clarividencia de su compañera actriz. Frank Sinatra había dicho de ella: «The best way to start any musical evening is with this girl. It don't get better than this (La mejor manera de empezar una velada musical es con esta chica. No hay nada mejor que esto)».

La voz de Ella era un don natural, muy potente, lúcida, cristalina, la emitía sin esfuerzo (un don que en Italia se puede hallar en la superlativa voz de Mina). Su extensión vocal iba más allá de las tres octavas y se veía enriquecida por su técnica del scat, es decir, imitar el virtuosismo de los instrumentos sólo con el sonido de su voz, sin palabras. Su carrera comenzó bajo la bandera de la inseguridad y la ansiedad, sentimientos que acompañan cada vez más nuestras existencias contemporáneas. Pero ella supo transformar un momento de crisis en una oportunidad. En efecto, en el Teatro Apollo de Nueva York, había sufrido un ataque de nervios antes de su actuación de baile, pero el presentador insistió en que subiera al escenario de todos modos y ella lo hizo, empezando a cantar y cautivando a todos los presentes. Trabajó durante más de 59 años, grabó unos 70 discos, vendió más de 40 millones de ejemplare y ganó catorce premios Grammy. Dijo de sí misma: «I know I’m no glamour girl, and it’s not easy for me to get up in front of a crowd of people… but now I’ve got it figured out that God gave me this talent to use, so I just stand there and sing» (Sé que no soy una chica glamurosa y que no me resulta fácil ponerme delante de una multitud, pero ahora me doy cuenta de que Dios me ha dado este talento para que lo utilice, así que simplemente me paro ahí y canto)». El mundo de la música le estará eternamente agradecido.

También dijo:

«Supongo que lo que todo el mundo quiere, más que nada, es que le quieran. Y saber que me queréis por mi forma de cantar es demasiado para mí. Perdonadme si no tengo todas las palabras adecuadas. Tal vez pueda cantarlo y entonces entenderéis». El amor era lo que había buscado, como todo el mundo, en la vida, y sólo lo había encontrado plenamente en la música. Lo cantó en su hermosa Let’s fall in love: «Let’s fall in love/Why shouldn’t we fall in love? /Our hearts were made for it./Let’s take a chance./Why be afraid of it?/Let’s close our eyes/And make our own paradise./Now is the time for it,/While we are young/Why be afraid of it (Enamorémonos /¿Por qué no deberíamos enamorarnos?/Nuestros corazones han sido hechos para ello. /Arriesguémonos / ¿Por qué tenerle miedo? / Cerremos los ojos/ ¿Por qué hacer nuestro propio paraíso?/ Ahora es el momento para ello, / Mientras somos jóvenes / ¿Por qué tenerle miedo?)». Cantó al poder del amor que todo lo consume y que provoca un río de lágrimas en la inolvidable Cry me a river: «Cry me a river / ‘Cause I cried a river over you / If my pillow could talk, /imagine what it would have said / It would be a river of tears I cried in bed (Derrama un río de lágrimas por mí/Porque yo derramé un río de lágrimas por ti/Si mi almohada pudiera hablar,/imagina lo que diría/Derramaría un río de lágrimas que lloré en la cama)».

Ella había repartido amor a raudales, no sólo a través de su música, sino también en su compromiso social. En 1993 fundó la Ella Fitzgerald Charitable Foundation para ayudar con su fortuna a las personas más necesitadas, que vivían en condiciones desfavorecidas y de riesgo, y poder ayudarles a conseguir una mejor calidad de vida. Hoy en día, el consejo de administración de la Fundación trata de llevar a cabo los objetivos de su fundadora, concediendo becas para ofrecer oportunidades educativas a niños y niñas a fin de promover el amor y el conocimiento de la música, ayudando a los/las estudiantes de música, y a fin de ofrecer asistencia sanitaria, alimentos, alojamiento y asesoramiento a los necesitados, centrándose en la diabetes, los problemas de visión y las enfermedades cardiacas.

De hecho, ella misma padecía diabetes mellitus desde la infancia, enfermedad que le provocó la amputación de ambas piernas y la llevó a la muerte en su casa de Beverly Hills el 15 de junio de 1996. Recibió sepultura en la sección «Santuario de las campanas» del Sunset Mission Mausoleum en el cementerio Inglewood Park de Inglewood en California. Tras el funeral privado, el tráfico rodado se interrumpió para permitir el paso del cortejo de la “First Lady of Song”: «Ella is the boss lady. That’s all» (Billy Strayhorn).

Billie Holiday
Laura Coci




Giulia Tassi

 

«Gli alberi del Sud danno uno strano frutto,/sangue sulle foglie, sangue sulle radici,/un corpo nero dondola nella brezza del Sud/strano frutto appeso agli alberi di pioppo».

Sono alcuni versi della canzone Strange fruit, scritta da un insegnante ebreo comunista del Bronx, Abel Meerepol, con lo pseudonimo di Lewis Allan, e ascoltata per caso da Barney Josephson, proprietario di un night del Greenwich Village a New York, il Café Society, che la propone alla già celebre cantante Billie Holiday, la quale accetta di inserirla nel proprio repertorio. È il 1939: linciaggi ed esecuzioni di uomini di colore, a scopo dimostrativo, sono frequenti nelle città del Sud degli Stati Uniti e approvati da buona parte dei bianchi, il sistema di segregazione razziale è pienamente in vigore e raramente è messo in discussione. Lo stesso padre di Billie – da lei ritrovato dopo l’abbandono qualche tempo prima – muore di polmonite perché gli ospedali di Dallas, Texas, rifiutano di accogliere e curare un nero. L’esecuzione del brano non è scontata: Holiday può eseguirlo solo su esplicita autorizzazione della direzione dei club e dei teatri nei quali si esibisce, praticamente mai negli stati meridionali, perché potrebbe suscitare proteste e disordini. E non lo è neppure la registrazione: la Columbia, l’etichetta per la quale la cantante ha un contratto esclusivo, le concede una deroga per l’incisione con la piccola Commodore Records di Milt Graber; è il 20 aprile 1939. Non è tutto: un funzionario del Fbn (Federal bureau of narcotics), il suprematista bianco Harry J. Anslinger, ordina a Billie di non eseguire più in pubblico la canzone, nella quale la cantante dà prova di tutta la propria straordinaria espressività, e al rifiuto di lei inizia a farla pedinare costantemente per coglierla in flagrante in possesso degli stupefacenti di cui, come di alcool, fa largo uso. Nota l’attivista Angela Davis che per Billie Holiday Strange Fruit rappresenta un punto di non ritorno, oltre che l’emblema di una vita, come donna di colore povera, connotata ai suoi inizi da mancanza di opportunità e sfruttamento, nella sua interezza e fino alla morte segnata da discriminazione e razzismo.

Fotografia di Gjon Mili scattata al Cafe Society di New York nel 1947
(dal sito, ricchissimo e documentato,
https://eatdrinkfilms.com/2020/12/14/billie-holiday-a-gallery/)

Il vero nome di Billie Holiday è Eleonora Fagan ed è nata il 7 aprile 1915 a Filadelfia da Clarence Halliday, di diciassette anni, e Sarah ‘Sadie’ Fagan, di diciannove, che perde il lavoro come domestica presso una famiglia di bianchi non appena questa scopre che è incinta; la giovane riesce a sopravvivere facendo le pulizie e servendo le pazienti ricoverate in un ospedale cittadino in cambio dell’assistenza per sé e per la piccola che sta per nascere. Il padre, chiamato alle armi e mandato in Europa a combattere nella Grande guerra, al rientro in patria abbandona la famiglia e, come suonatore di banjo e chitarra, entra a far parte prima dei McKinney Cotton Pickers, poi, nel 1928, della celebre orchestra diretta da Fletcher Henderson, con la quale resta cinque anni, ritrovando la figlia che nel frattempo ha intrapreso la carriera di cantante.

L’infanzia non è semplice per la piccola Eleonora, affidata ai nonni materni, che abitano in una casa poverissima, con una cugina più grande, i figli di lei e l’anziana bisnonna, già schiava e madre di sedici figlie e figli avuti dal proprio padrone bianco. Neppure il matrimonio di Sadie con uno scaricatore del porto di Baltimora riesce a garantire stabilità alla bimba: lui si dimostra un padre attento e affettuoso, ma purtroppo muore precocemente. In un ambiente comunque degradato, il 24 dicembre 1926, appena undicenne, Eleonora subisce un tentativo di violenza da parte di un vicino: questo è condannato a cinque anni di prigione, lei è destinata a un istituto religioso fino al compimento della maggiore età; la madre, tuttavia, si rivolge a un avvocato e riesce a riportarla a casa. Subisce un’ulteriore violenza, questa volta consumata, e la denuncia, ma non viene creduta ed è rinchiusa in riformatorio per due mesi. Poi raggiunge la madre a New York e inizia a prostituirsi in un bordello clandestino di Harlem; è arrestata e condannata ad altri quattro mesi di riformatorio. Una volta rimessa in libertà, per non prostituirsi di nuovo, cerca lavoro come ballerina in un locale notturno: non sa muovere un passo, ma è assunta immediatamente come cantante e a quindici anni inizia la sua carriera. È in questo periodo che le colleghe iniziano a chiamarla ‘Lady’ perché, contrariamente a tutte le altre ragazze, rifiuta di ricevere le mance dai clienti nella scollatura della camicetta o alzando la gonna. La narrazione degli anni difficili, drammatici talvolta, dell’infanzia e della prima adolescenza si legge nell’autobiografia Lady sings the blues, data alle stampe nel 1956 (la traduzione italiana La signora canta il blues data al 1979).

La svolta per la carriera di Billie Holiday (nome d’arte che unisce il nome dell’attrice preferita Billie Dove e il cognome adottato dal padre musicista) avviene nel 1933, quando è notata dal produttore John Hammond, che le organizza una seduta di incisione con il proprio cognato, un musicista in quel momento sulla cresta dell’onda: Benny Goodman; poi, nel 1935, le procura un contratto col pianista Teddy Wilson per una serie di incisioni che incontrano notevole successo. Di lei Hammond dice: «Il suo modo di cantare ha pressoché cambiato il mio gusto e la mia vita musicale, perché è stata la prima ragazza che ho incontrato a cantare davvero come un genio del jazz improvvisato». Seguono importanti ingaggi con Count Basie, Artie Shaw e Lester Young. Nel 1939 Billie Holiday, artista già affermata, subisce un episodio di discriminazione che segna l’abbandono dell’orchestra di Artie Shaw (nella quale lei è l’unica componente di colore): al Lincoln Hotel di New York le viene chiesto di usare il montacarichi invece dell’ascensore, per soddisfare una richiesta dei clienti bianchi dell’albergo. Lei stessa ricorda: «Non mi è mai stato permesso di visitare il bar o la sala da pranzo come hanno fatto gli altri membri della band, […] mi hanno fatto entrare e uscire dalla cucina». Con Lester Young nasce, invece, una affettuosa amicizia che li lega per tutta la vita: lei conia per lui il soprannome di ‘Prez’, lui per lei quello di ‘Lady Day’; è lui — altri raccontano sia stata Sylvia Sime, un’ammiratrice a sua volta divenuta cantante — a suggerirle di presentarsi sul palcoscenico sempre con una o più gardenie bianche tra i capelli: questo particolare la trasforma in un’icona indimenticabile. Nel 1947, Billie è incriminata e condannata per detenzione di stupefacenti; sconta dieci mesi di detenzione nel campo di prigionia federale di Alderson, West Virginia: il suo rientro sulle scene, alla Carnegie Hall di New York, il 27 marzo 1948 è un trionfo.

Billie Holiday e Coleman Hawkins in una fotografia di autore non noto scattata presumibilmente negli anni Cinquanta

Il 10 novembre 1956, Holiday si presenta di nuovo alla Carnegie Hall per due concerti davanti a una platea gremita ed entusiasta: le registrazioni saranno poi parzialmente pubblicate nel 1961, nell’album The essential Billie Holiday. Il critico Nat Hentoff così scrive nelle note di copertina: «Per tutta la notte, Billie era in una forma superiore a quella che era stata in genere negli ultimi anni della sua vita. Non solo c’era la certezza del fraseggio e dell’intonazione, ma c’era anche un calore estroverso, un entusiasmo palpabile di raggiungere e toccare il pubblico. E c’era spirito beffardo. Un sorriso era spesso appena evidente sulle sue labbra e sui suoi occhi come se, per una volta, potesse accettare il fatto che c’erano persone che l’hanno amata». Dopo il primo tour europeo nel 1954, nel 1958 viene per la prima e unica volta in Italia, a Milano: purtroppo gli organizzatori, del tutto ignari di chi sia e di quale tipo di musica interpreti, la fanno esibire in un teatro a quel tempo riservato all’avanspettacolo, lo Smeraldo. Il pubblico, non abituato al jazz, la fischia da subito e lei è costretta ad abbandonare il palco dopo cinque canzoni; un gruppo di appassionati e intenditori, con la mediazione di Mal Waldron, il pianista che la accompagna negli ultimi anni in tutti i concerti, riesce a organizzare a tempo di record uno spettacolo nel minuscolo Teatro Gerolamo di Piazza Beccaria e qui le viene tributata una vera ovazione. Del febbraio 1958 sono le registrazioni del suo canto del cigno artistico: sontuosamente accompagnata dall’orchestra di Ray Ellis, registra le tracce che comporranno lo splendido disco Lady in satin.

All’inizio del 1959 la cirrosi epatica di cui soffre si aggrava; tenta di smettere di bere, senza riuscirvi; tra il 3 e l’11 marzo torna in studio di registrazione, ancora con un gruppo diretto da Ray Ellis, ma il risultato è più emozionante che artisticamente valido; l’ultima canzone che registra è Baby, won’t you please come home?; il disco uscirà postumo, col titolo The last recording. La morte, il 15 marzo di quell’anno, del suo grande amico Lester Young aggrava la situazione. Il 31 maggio viene trovata esanime sul pavimento del suo appartamento newyorchese: è immediatamente ricoverata al Metropolitan Hospital Center, ma contestualmente arrestata per gli stupefacenti trovati nella sua stanza, e – per volontà dell’implacabile Harry J. Anslinger – ammanettata al letto dell’ospedale. Si spegne Il 17 luglio, a quarantaquattro anni.

Lester Young e Billie Holiday in una fotografia di cui non sono noti data e autore

È bello, però, chiudere la vicenda terrena di Billie Holiday ricordando la grande storia d’amore platonica tra lei e Lester ‘Prez’ Young, il grande sassofonista omosessuale che fu l’unico uomo a volerle veramente bene e a restarle vicino per lunghi periodi, a differenza del padre, del marito e degli amanti, e tantomeno di chi si era accanito con ottusa crudeltà contro di lei, donna fragile e geniale. Si erano conosciuti in uno studio di registrazione, lei aveva ventidue anni e lui ventisette. Lester Young era elegante, timido, ironico, immaginifico con le parole come con le note: buona parte dello slang tipico della scena jazz di quegli anni viene da lui. Mentre era a Parigi, pochi giorni prima della propria morte, a chi gli chiedeva di Billie Holiday lui aveva risposto semplicemente: «È sempre la mia Lady».


Traduzione francese

Guenoah Mroue

«Les arbres du Sud donnent un étrange fruit, /sang sur les feuilles, sang sur les racines, /un corps noir balançant dans la brise du Sud/étrange fruit accroché aux arbres de peuplier».

Ce sont quelques vers de la chanson Strange fruit, écrite par un enseignant juif communiste du Bronx, Abel Meerepol, sous le pseudonyme de Lewis Allan, et écoutée par hasard par Barney Josephson, propriétaire d’une boîte de nuit du Greenwich Village à New York, le Café Society, qui la propose à la célèbre chanteuse Billie Holiday, qui accepte de l’inclure dans son répertoire. Nous sommes en 1939 : les lynchages et les exécutions d’hommes noirs, à des fins de démonstration, sont fréquents dans les villes du sud des États-Unis et approuvés par la plupart des Blancs, le système de ségrégation raciale est pleinement en vigueur et rarement remis en question. Le même père de Billie - qu’elle a retrouvé après l’abandon quelque temps auparavant - meurt d’une pneumonie parce que les hôpitaux de Dallas, au Texas, refusent d’accueillir et de soigner un noir. Holiday ne peut l’interpréter qu’avec l’autorisation expresse de la direction des clubs et des théâtres où elle se produit, pratiquement jamais dans les États du Sud, car cela pourrait susciter des protestations et des troubles. Columbia, le label pour lequel la chanteuse a un contrat exclusif, lui accorde une dérogation pour l’enregistrement avec le petit Commodore Records de Milt Graber, le 20 avril 1939. Ce n’est pas tout : un fonctionnaire du Fbn (Federal bureau of Narcotics), le suprématiste blanc Harry J. Anslinger, ordonne à Billie de ne plus jouer en public la chanson, dans laquelle la chanteuse fait preuve de toute son extraordinaire expressivité, et au refus d’elle, il commence à la suivre constamment pour l’attraper en flagrant délit en possession des stupéfiants dont, comme l’alcool, se consommaient beaucoup. Note l’activiste Angela Davis qui représente pour Billie Holiday Strange Fruit un point de non-retour, ainsi que l’emblème d’une vie en tant que femme noire pauvre, marquée à ses débuts par le manque d’opportunités et d’exploitation, dans son intégralité et jusqu’à sa mort marquée par la discrimination et le racisme.

Photo de Gjon Mili prise au Cafe Society de New York en 1947 (à partir du site, très riche et documenté,
https:///eatdrinkfilms.com/2020/12/1214/billie-holiday-a-gallery /)

Le vrai nom de Billie Holiday est Eleonora Fagan, née le 7 avril 1915 à Philadelphie de Clarence Halliday, âgée de dix-sept ans, et de Sarah 'Sadie' Fagan, âgée de dix-neuf ans, qui perd son emploi comme domestique dans une famille de blancs dès qu’elle découvre qu’elle est enceinte; la jeune fille réussit à survivre en faisant le ménage et en servant les patientes hospitalisées en échange de soins pour elle-même et pour la petite fille qui va naître. Son père, appelé aux armes et envoyé en Europe pour combattre dans la Grande Guerre, quitte sa famille à son retour et, en tant que banjo et guitariste, entre avant les McKinney Cotton Pickers, puis, en 1928, du célèbre orchestre dirigé par Fletcher Henderson, avec lequel il reste cinq ans, retrouvant sa fille qui entre-temps a entrepris la carrière de chanteuse.

L’enfance n’est pas simple pour la petite Éléonore, confiée aux grands-parents maternels, qui habitent dans une maison très pauvre, avec une cousine plus âgée, les fils d’elle et l’arrière-grand-mère âgée, déjà esclave et mère de seize filles et fils de son maître blanc. Même le mariage de Sadie avec un docker du port de Baltimore ne réussit pas à garantir la stabilité de l’enfant : il se montre un père attentif et affectueux, mais malheureusement il meurt prématurément. Dans un environnement dégradé, le 24 décembre 1926, à peine onze ans, Eleonora subit une tentative de violence de la part d’un voisin : celui-ci est condamné à cinq ans de prison, elle est destinée à un institut religieux jusqu’à l’âge de la majorité; la mère, cependant, se tourne vers un avocat et parvient à la ramener à la maison. Elle subit une nouvelle violence, cette fois consommée, et la dénonce, mais elle n’est pas crue et est enfermée en détention juvénile pendant deux mois. Puis elle rejoint sa mère à New York et commence à se prostituer dans un bordel clandestin de Harlem; elle est arrêtée et condamnée à quatre mois de prison pour mineurs. Une fois libérée, pour ne plus se prostituer, elle cherche du travail comme danseuse dans une boîte de nuit : elle ne sait pas faire un pas, mais elle est immédiatement engagée comme chanteuse et à quinze ans elle commence sa carrière. C’est à cette période que les collègues commencent à l’appeler 'Lady' parce que, contrairement à toutes les autres filles, elle refuse de recevoir les pourboires des clients dans le décolleté du chemisier ou en soulevant sa jupe. Le récit des années difficiles, parfois dramatiques, de l’enfance et de la petite adolescence se lit dans l’autobiographie Lady sings the blues, publiée en 1956 (la traduction italienne La dame chante le blues date de 1979).

La carrière de Billie Holiday (nom de scène combinant le prénom de l’actrice préférée Billie Dove et le nom adopté par son père musicien) prend un tournant en 1933, quand elle est remarquée par le producteur John Hammond, qui lui organise une séance de gravure avec son beau-frère, Un musicien à ce moment-là sur la crête de la vague : Benny Goodman; puis, en 1935, il lui procure un contrat avec le pianiste Teddy Wilson pour une série d’enregistrements qui rencontrent un grand succès. Hammond dit d’elle : «Sa façon de chanter a presque changé mon goût et ma vie musicale, parce qu’elle a été la première fille que j’ai rencontrée à chanter vraiment comme un génie du jazz improvisé». S’ensuivent d’importants engagements avec Count Basie, Artie Shaw et Lester Young. En 1939, Billie Holiday, artiste déjà établie, subit un épisode de discrimination qui marque l’abandon de l’orchestre d’Artie Shaw (dans lequel elle est la seule composante de couleur) : au Lincoln Hotel de New York, on lui demande d’utiliser le monte-charge au lieu de l’ascenseur, pour satisfaire une demande des clients blancs d’hôtel. Elle-même se souvient : «Je n’ai jamais été autorisé à visiter le bar ou la salle à manger comme l’ont fait les autres membres du groupe, [...] ils m’ont fait entrer et sortir de la cuisine». Avec Lester Young naît, au contraire, une amitié affectueuse qui les lie toute leur vie : elle lui donne le surnom de 'Prez', il lui donne celui de 'Lady Day'; c’est lui - d’autres racontent que c’était Sylvia Sime, une admiratrice à son tour devenue chanteuse - à lui suggérer de se présenter sur scène toujours avec un ou plusieurs gardénias blancs dans les cheveux : ce détail la transforme en une icône inoubliable. En 1947, Billie est inculpée et condamnée pour détention de stupéfiants; elle purge dix mois de détention dans le camp fédéral d’Alderson, en Virginie-Occidentale : son retour sur scène, au Carnegie Hall de New York, le 27 mars 1948 est un triomphe.

Billie Holiday et Coleman Hawkins dans une photographie d’auteur inconnue prise probablement dans les années 1950

Le 10 novembre 1956, Holiday se présente de nouveau au Carnegie Hall pour deux concerts devant un public très enthousiaste : les enregistrements seront ensuite partiellement publiés en 1961, sur l’album The essential Billie Holiday. Le critique Nat Hentoff écrit ainsi dans ses notes de couverture : «Toute la nuit, Billie était dans une forme supérieure à ce qu’elle avait été généralement dans les dernières années de sa vie. Non seulement il y avait la certitude du phrasé et de l’intonation, mais il y avait aussi une chaleur extravertie, un enthousiasme palpable pour atteindre et toucher le public. Et il y avait un esprit moqueur. Un sourire était souvent à peine perceptible sur ses lèvres et sur ses yeux comme si, pour une fois, elle pouvait accepter le fait qu’il y avait des gens qui l’aimaient». Après la première tournée européenne en 1954, en 1958, elle vient pour la première et unique fois en Italie, à Milan : malheureusement, les organisateurs, totalement ignorants de qui elle est et de quel type de musique elle interprète, le font jouer dans un théâtre à cette époque réservé à l’avant-spectacle, l’émeraude. Le public, peu habitué au jazz, la siffle immédiatement et elle est obligée de quitter la scène après cinq chansons; un groupe de passionnés et de connaisseurs, avec la médiation de Mal Waldron, le pianiste qui l’accompagne ces dernières années dans tous les concerts, réussit à organiser en un temps record un spectacle dans le minuscule Théâtre Gerolamo de Piazza Beccaria et ici on lui donne une véritable ovation. En février 1958 sont enregistrés les enregistrements de son chant du cygne artistique : somptueusement accompagné par l’orchestre de Ray Ellis, elle enregistre les morceaux qui composeront le splendide disque Lady en satin. 

Au début de 1959, la cirrhose du foie s’aggrave; elle tente d’arrêter de boire, sans succès; entre le 3 et le 11 mars, elle revient au studio d’enregistrement, toujours avec un groupe dirigé par Ray Ellis, mais le résultat est plus excitant qu’artistiquement valable; la dernière chanson qu’elle enregistre est Baby, won’t you please comme home? L’album sort à titre posthume sous le titre The last recording. La mort, le 15 mars de cette année, de son grand ami Lester Young aggrave la situation. Le 31 mai, elle est retrouvée immobile sur le sol de son appartement new-yorkais : elle est immédiatement hospitalisée au Metropolitan Hospital Center, mais en même temps arrêtée pour les stupéfiants trouvés dans sa chambre, et - par la volonté de l’implacable Harry J. Anslinger - menottée au lit de l’hôpital. Elle s’éteint le 17 juillet, à quarante-quatre ans.

Lester Young et Billie Holiday dans une photographie dont la date et l’auteur ne sont pas connus

 Mais c’est bien de clore l’histoire de Billie Holiday en se souvenant de la grande histoire d’amour platonique entre elle et Lester 'Prez' Young, le grand saxophoniste homosexuel qui fut le seul homme à vraiment l’aimer et à rester près d’elle pendant de longues périodes, contrairement à son père, du mari et des amants, et encore moins de ceux qui s’étaient acharnés avec une cruauté aveugle contre elle, femme fragile et brillante. Ils se sont rencontrés dans un studio d’enregistrement, elle avait 22 ans et lui 27. Lester Young était élégant, timide, ironique, imaginant avec des mots comme avec des notes : une bonne partie de l’argot typique de la scène jazz de ces années-là vient de lui. Alors qu’il était à Paris, quelques jours avant sa mort, il avait simplement répondu à ceux qui lui demandaient de Billie Holiday: «Elle est toujours ma Dame».


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"Southern trees bear strange fruit,/Blood on the leaves, and blood at the root,/Black bodies swinging in the southern breeze/Strange fruit hanging from the poplar trees."

These are a few lines from the song Strange Fruit, written by a Jewish, communist, teacher from the Bronx, Abel Meerepol, under the pseudonym Lewis Allan. It was heard by Barney Josephson, owner of a Greenwich Village nightclub in New York, the Café Society, who proposed it to the already famous singer Billie Holiday, and she agreed to include it in her repertoire. It was 1939. Lynchings and executions of black men were common in the southern U.S. and approved by many whites. The system of racial segregation was fully in place and rarely questioned. Billie's own father - whom she found after being abandoned some time earlier - died of pneumonia because hospitals in Dallas, Texas, refused to accept and treat a black man. The performance of the song was not a given. Holiday could only perform it with the explicit permission of the management of the clubs and theaters in which she performed, practically never in the southern states, because it could provoke protests and riots. Nor was recording the song easy. Columbia, the label with which the singer had an exclusive contract, granted her a waiver to record with Milt Graber's small label called Commodore Records, April 20, 1939. That's not all! An official of the FBN (Federal Bureau of Narcotics), the white supremacist Harry J. Anslinger, ordered Billie to stop performing the song in public, in which the singer demonstrated all her extraordinary expressiveness, and upon her refusal began to have her constantly tailed to catch her “in flagrante delicto” in possession of the narcotics of which, like alcohol, she made extensive use. Activist Angela Davis has noted that for Billie Holiday Strange Fruit represented a point of no return, as well as an emblem of a life, as a poor black woman, confronted from the beginning by a lack of opportunity and by exploitation, marked by discrimination and racism, continuing until her death.

Photograph by Gjon Mili taken at the Cafe Society in New York in 1947
(from the richly documented website, https://eatdrinkfilms.com/2020/12/14/billie-holiday-a-gallery/)

Billie Holiday's birth name was Eleanor Fagan. She was born on April 7, 1915, in Philadelphia, to Clarence Halliday, age seventeen, and Sarah 'Sadie' Fagan, age nineteen. Sadie lost her job as a maid with a white family as soon as soon as it was discovered that she was pregnant. The young mother-to-be managed to survive by cleaning, and by serving patients admitted to a city hospital in exchange for care for herself and her soon-to-be-born baby. Billie’s father, who was called to arms and sent to Europe to fight in the World War I, abandoned the family upon his return home and, as a banjo and guitar player, joined first the McKinney Cotton Pickers, then, in 1928, the famous orchestra conducted by Fletcher Henderson, with which he remained five years, finding his daughter had meanwhile embarked on a singing career. 

Childhood was not easy for little Eleanor, entrusted to her maternal grandparents, who lived in a decrepit house with an older cousin, her children and her elderly great-grandmother, formerly a slave and mother of sixteen daughters and sons fathered by her white master. Even Sadie's marriage to a longshoreman in the Baltimore harbor fails to provide stability for the child. He proved to be a caring and loving father, but unfortunately died early. In a nonetheless degraded environment, on December 24, 1926, just 11 years old, Eleanor was subjected to an attempted rape by a neighbor, who was sentenced to five years in prison. She was sent to a religious institution until she came of age, but her mother consulted a lawyer and managed to bring her home. She suffered further violence, this time consummated, and reported it, but was not believed - and was locked up in reform school for two months. She then joined her mother in New York and began prostituting herself in an underground brothel in Harlem. She was arrested and sentenced to another four months in reform school. Once she was released, she sought work as a dancer in a nightclub in order not to have to prostitute herself again. She had no skills as a dancer, but she was immediately hired as a singer, and at the age of fifteen began her career. It was during this period that female colleagues begin to call her 'Lady' because, unlike all the other girls, she refused to receive tips from customers in the neckline of her blouse or by raising her skirt. The narrative of her difficult, sometimes dramatic, years of childhood and early adolescence can be read in the autobiography Lady Sings the Blues, published in 1956 (the Italian translation La signora canta il blues dates to 1979).

The turning point for Billie Holiday's career (a stage name combining the name of her favorite actress Billie Dove and the surname adopted by her musician father) came in 1933, when she was noticed by producer John Hammond, who arranged a recording session for her with his own brother-in-law, a musician at that time on the crest of a wave - Benny Goodman. Then, in 1935, he got her a contract with pianist Teddy Wilson for a series of recordings that met with considerable success. Hammond said of her, "Her singing almost changed my taste and my musical life, because she was the first girl I ever met who really sang like an improvising jazz genius." Major engagements with Count Basie, Artie Shaw and Lester Young followed. In 1939 Billie Holiday, already an established performer, suffered discrimination that led to her departure from Artie Shaw's orchestra (in which she was the only black member). At the Lincoln Hotel in New York City she was asked to use the freight elevator instead of the normal passenger elevator, in order to comply with a request from the hotel's white guests. She recalled, "I was never allowed to visit the bar or the dining room as the other band members did, [...] they let me in and out through the kitchen." With Lester Young, however, an affectionate friendship was born that bound them together for life. She coined for him the nickname 'Prez', and he for her that of 'Lady Day'. It was he - others say it was Sylvia Sime, an admirer who in turn became a singer - who suggested that she always appear on stage with one or more white gardenias in her hair. This detail transformed her into an unforgettable icon. In 1947, Billie was indicted and convicted for drug possession. She served ten months in a federal prison camp in Alderson, West Virginia. Her return to the stage, at New York's Carnegie Hall, on March 27, 1948, was a triumph.

Billie Holiday and Coleman Hawkins in a photograph by an unknown author taken presumably in the 1950s

On November 10, 1956, Holiday appeared again at Carnegie Hall for two concerts before a packed and enthusiastic audience. The recordings would later be partially released in 1961, on the album The Essential Billie Holiday. In the liner notes, critic Nat Hentoff wrote, "Throughout the night, Billie was in better shape than she had generally been in the last years of her life. Not only was there a certainty of phrasing and intonation, but there was an extroverted warmth, a palpable enthusiasm to reach out and touch the audience. And there was mocking wit. A smile was often barely evident on her lips and eyes as if, for once, she could accept the fact that there were people who loved her." After her first European tour in 1954, in 1958 she came for the first and only time to Italy, to Milan. Unfortunately, the organizers, completely unaware of who she was and what kind of music she performed, had her perform in a theater at that time reserved for the avant-garde, the Smeraldo. The audience, unaccustomed to jazz, immediately booed her, and she was forced to leave the stage after five songs. A group of fans and connoisseurs, with the aid of Mal Waldron, the pianist who accompanied her in her last years in all her concerts, managed, in record time, to organize a show in the tiny Teatro Gerolamo in Piazza Beccaria, and there she was given a standing ovation. February 1958 saw the recording of her artistic swan song. Sumptuously accompanied by Ray Ellis's orchestra, she recorded the tracks that would make up the splendid album Lady in Satin.

In early 1959, the cirrhosis of the liver from which she was suffering worsened. She tried to stop drinking, without succeeding. Between March 3 and 11 she returned to the recording studio, again with a group directed by Ray Ellis, but the result was more emotional than artistically sound. The last song she recorded was Baby, Won't You Please Come Home? The record would be released posthumously, under the title Last Recording. The death, on March 15 of that year, of her great friend Lester Young aggravated the situation. On May 31, she was found comatose on the floor of her New York apartment. She was immediately admitted to the Metropolitan Hospital Center, but simultaneously arrested for the narcotics found in her room, and - at the behest of the relentless Harry J. Anslinger - handcuffed to her hospital bed. She died on July 17, at the age of forty-four.

Lester Young and Billie Holiday in a photograph - the date and photographer are unknown.

It is good, however, to close the story of Billie Holiday's earthly existence by remembering the great platonic love affair between her and Lester 'Prez' Young, the great homosexual saxophonist who was the only man who truly loved her and remained close to her for long periods - unlike her father, husband and lovers, let alone those who had turned with obtuse cruelty against her, a fragile and brilliant woman. They had met in a recording studio when she was twenty-two and he was twenty-seven. Lester Young was elegant, shy, ironic, as imaginative with words as with musical notes. Much of the slang typical of the jazz scene of those years came from him. While in Paris, a few days before his own death, to those who asked him about Billie Holiday he had replied simply, "She's still my Lady."


Traduzione spagnola

Silvia Cercarelli

“Los árboles sureños dan fruta extraña / Sangre las hojas y sangre en la raíz / Cuerpos negros se balancean en la brisa del sur / Extraña fruta cuelga de los álamos”.

Estos son solo algunos versos de la canción Strange fruit, escrita por un profesor comunista judío del Bronx, Abel Meerepol, bajo el seudónimo de Lewis Allan. Cuando Barney Josephson, dueño del Café Society, un night club en Greenwich Village, en Nueva York, la escuchó por casualidad, la propuso a la ya famosa cantante Billie Holiday, quien accedió a incluirla en su repertorio. Estamos en 1939: los linchamientos y ejecuciones de hombres negros, que se proponen servir de ejemplo, son frecuentes en las ciudades del sur de los Estados Unidos y la mayoría de los blancos los aprueba; el sistema de segregación racial está plenamente en vigor y rara vez se cuestiona. El mismo padre de Billie, con quien mantenía un contacto después del abandono, algún tiempo antes, muere de neumonía porque los hospitales de Dallas, Texas, se niegan a recibir y tratar a un hombre negro. Poder cantar esta canción no es un algo simple: Holiday solo puede interpretarla con el permiso explícito de la dirección de los clubes y teatros en los que actúa, prácticamente nunca en los estados del sur, porque podría causar protestas y disturbios. Y ni siquiera es fácil poderla grabar: Columbia, la compañía discográfica con la que la cantante tiene un contrato de exclusividad, le concede grabarla excepcionalmente con la pequeña Commodore Records de Milt Graber; estamos a 20 de abril de 1939. Eso no es todo: un funcionario del FBN (Federal Bureau of Narcotics), el supremacista blanco Harry J. Anslinger, ordena a Billie que deje de interpretar en público la canción en la que la cantante demuestra toda su extraordinaria expresividad. Cuando ella se niega, Anslinger la hace seguir constantemente para atraparla con las manos en la masa en posesión de drogas que, como el alcohol, consume en gran cantidad. La activista Angela Davis señala que para Billie Holiday Strange Fruit representa un punto sin retorno, así como el emblema de una vida de mujer negra pobre, caracterizada en sus inicios por la falta de oportunidades y la explotación, en su totalidad y hasta la muerte marcada por la discriminación y el racismo.

Fotografía de Gjon Mili tomada en el Café Society de Nueva York en 1947
(del muy rico y documentado
https://eatdrinkfilms.com/2020/12/14/billie-holiday-a-gallery/)

El verdadero nombre de Billie Holiday es Eleonora Fagan. Nació el 7 de abril de 1915 en Filadelfia, hija de Clarence Halliday, de diecisiete años, y Sarah 'Sadie' Fagan, de diecinueve. Sadie, que pierde el trabajo como doméstica para una familia blanca cuando descubren su embarazo; logra sobrevivir hciendo la limpieza en un hospital de la ciudad y atendiendo a las pacientes a cambio de soporte para ella y su futura hija. El padre de Billie tuvo que alistarse y partir hacia Europa para luchar en la Gran Guerra y a su regreso a casa abandonó a la familia. Se unió a los McKinney Cotton Pickers como banjo y guitarrista y luego, en 1928, a la famosa orquesta dirigida por Fletcher Henderson, donde permaneció durante cinco años, reencontrándose con su hija que mientras tanto se había embarcado en la carrera de cantante.

La infancia no fue fácil para la pequeña Eleonora, encomendada a sus abuelos maternos, que vivían en una casa muy pobre, con una prima mayor, sus hijos y su anciana bisabuela, antigua esclava y madre de dieciséis hijas e hijos de su dueño blanco. Ni siquiera el matrimonio de Sadie con un trabajador portuario de Baltimore pudo garantizar la estabilidad a la niña: demuestra ser atento y cariñoso como un padre, pero muere prematuramente. Al vivir en un ambiente degradado, el 24 de diciembre de 1926, cuando apenas tiene once años, Eleonora sufre un intento de violación por parte de un vecino. A él le condenan a cinco años de prisión y a ella la destinan a un instituto religioso hasta cumplir la mayoría de edad, pero la madre recurrió a un abogado y logró llevarla a casa. Más tarde sufre otra violación, esta vez efectiva, y la denuncia, pero no le creen y la encierran en un reformatorio durante dos meses. Luego se reúne con su madre en Nueva York y comienza a prostituirse en un burdel clandestino en Harlem; la arrestan y la condenan a otros cuatro meses en un reformatorio. Una vez liberada, para no volver a prostituirse, busca trabajo como bailarina en una discoteca: no sabe mover un paso, pero inmediatamente la contratan como cantante y a los quince años empieza su carrera. Fue durante este período que sus colegas empezaron a llamarla 'Lady' porque, a diferencia de las otras chicas, se negaba a recibir propinas de los clientes en el escote de su blusa o levantándose la falda. La historia de los años difíciles, a veces dramáticos, de su infancia y adolescencia, puede leerse en la autobiografía Lady sings the blues, publicada en 1956 (la versión publicada en español es Lady sings the blues, 1988).

El gran avance en la carrera de Billie Holiday (nombre artístico que combina el de su actriz favorita Billie Dove y el apellido adoptado por su padre como músico) ocurrió en 1933, cuando Billie fue descubierta por el productor John Hammond, quien organizó una sesión de grabación con su cuñado Benny Goodman, en ese momento músico en la cresta de la ola. Luego, en 1935, le consiguió un contrato con el pianista Teddy Wilson para una serie de grabaciones que tuvieron un éxito considerable. Hammond dice de ella: "Su forma de cantar casi cambió mi gusto y mi vida musical, porque fue la primera chica que conocí que realmente cantaba como un genio del jazz improvisado”. Siguieron importantes fichajes con Count Basie, Artie Shaw y Lester Young. En 1939, cuando Billie Holiday ya era una artista consolidada, sufrió un episodio de discriminación que marcó el abandono de la orquesta de Artie Shaw (en la que ella era la única persona negra): en el Hotel Lincoln de Nueva York se le pidió que utilizara el montacargas en lugar del ascensor, para satisfacer una solicitud de los clientes blancos del hotel. La misma Billie recuerda: “Nunca me permitieron visitar el bar o el comedor como lo hacían los otros miembros de la banda, [...] Me obligaban a entrar y salir por la cocina”. Con Lester Young, en cambio, nació una amistad afectuosa que los unió de por vida: ella acuñó el apodo de 'Prez' para él, él para ella el de 'Lady Day'; fue él –otros dicen que fue Sylvia Sime, una admiradora que a su vez se convirtió en cantante– quien le sugirió que siempre apareciera en el escenario con alguna gardenia blanca en el pelo: este detalle la convirtió en un icono inolvidable. En 1947, Billie fue acusada y condenada por posesión de drogas; cumplió diez meses de prisión en el campo de prisioneros federales de Alderson, en Virginia Occidental. Su regreso a los escenarios, en el Carnegie Hall de Nueva York, el 27 de marzo de 1948, fue un triunfo.

Billie Holiday y Coleman Hawkins en una fotografía de un artista desconocido supuestamente tomada en la década de 1950.

El 10 de noviembre de 1956, Holiday regresó al Carnegie Hall para dos conciertos frente a un público abarrotado y entusiasta: las grabaciones se publicarían parcialmente en 1961, en el álbum The essential Billie Holiday. El crítico Nat Hentoff escribió: “Durante toda la noche, Billie se hallaba en una forma superior a la que había tenido en los últimos años de su vida. No solo teníamos la certeza de fraseo y entonación, sino que también se percibía una calidez extrovertida, un entusiasmo palpable de alcanzar al público y ‘tocarlo’. Y había un espíritu burlón. A menudo apenas se notaba una sonrisa en sus labios y ojos, como si, por una vez, pudiera aceptar el hecho de que había personas que la amaban”. Después del primer tour europeo en 1954, en 1958 Billie viajó a Italia por primera y única vez a Milán: lamentablemente los organizadores, completamente inconscientes de quién era y qué tipo de música interpretaba, la hicieron actuar en un teatro en ese momento reservado para el entretenimiento de vanguardia, el Smeraldo. El público, poco acostumbrado al jazz, la abucheó inmediatamente y ella se vio obligada a abandonar el escenario después de cinco canciones. Un grupo de entusiastas y conocedores, ayudado por Mal Waldron, pianista que en los últimos años acompañó a Billie en todos sus conciertos, logró hacer un espectáculo en tiempo récord en el minúsculo Teatro Gerolamo de Piazza Beccaria, donde Billie recibió una ovación. En febrero de 1958 grabó su canto del cisne artístico: suntuosamente acompañada por la orquesta de Ray Ellis, grabó las pistas que compondrían el espléndido álbum Lady in satin.

A principios de 1959 su cirrosis hepática empeoró; intentó dejar de beber, pero no lo consiguió; entre el 3 y el 11 de marzo regresó a un estudio de grabación, de nuevo con un grupo dirigido por Ray Ellis, pero el resultado fue más emocionante que artísticamente válido. La última canción que grabó fue Baby, won't you please come home? El álbum se lanzará póstumamente, con el título The last recording. El 15 de marzo de ese año, la muerte de su querido amigo Lester Young empeoró la situación. El 31 de mayo la encontraron moribunda en el suelo de su apartamento de Nueva York: la ingresaron de inmediato en el Centro Hospitalario Metropolitano, pero al mismo tiempo la arrestaron por las drogas halladas en su habitación, y –por voluntad del implacable Harry J. Anslinger– la esposaron a la cama del hospital. Murió el 17 de julio, a los cuarenta y cuatro años.

Lester Young y Billie Holiday en una fotografía cuya fecha y autor se desconocen

Nos gusta, sin embargo, concluir la historia terrenal de Billie Holiday recordando la gran historia de amor platónico entre ella y Lester 'Prez' Young, el gran saxofonista homosexual que fue el único hombre que realmente la quiso y permaneció a su lado durante largos períodos, a diferencia de su padre, su esposo y sus amantes, y aún más de quien que se había ensañado con obtusa crueldad contra ella, una mujer frágil y brillante. Lester y Billie se habían conocido en un estudio de grabación cuando ella tenía veintidós años y él veintisiete. Lester Young era elegante, tímido, irónico, imaginativo tanto con las palabras como con las notas: gran parte de la jerga típica de la escena jazzística de aquellos años proviene de él. Mientras estaba en París, unos días antes de su muerte, cuando le preguntaron por Billie Holiday, respondió simplemente: “Ella siempre es mi Lady.”

 

Nadia Boulanger
Danila Baldo




Carola Pignati

 

Cresciuta in una famiglia di musicisti e musiciste – la madre, Raisa Myšeckaja, era una cantante russa, originaria di San Pietroburgo; il padre, Ernest-Henri-Alexandre, autore di molte opere teatrali e operette e dal 1871 insegnante di canto in Conservatorio – anche Nadia Boulanger studia al Conservatorio di Parigi, con i compositori e famosi concertisti Gabriel Fauré e Charles-Marie Widor. Nata a Parigi nel 1887, diviene ben presto una valida organista e compositrice: la musica è di casa e Nadia avvia alla composizione anche la sorella minore Lili, un talento naturale precocissimo (a sei anni era già in grado di leggere la musica), ricordata come prima donna a ricevere, nel 1913, il Prix de Rome di Composizione musicale, prestigioso premio francese risalente all'epoca di Luigi XIV, conferito dall'Académie des Beaux-Arts di Parigi. È chiamato così perché a chi vinceva era assegnata una borsa di studio che dava la possibilità di studiare per quattro anni presso l'Accademia di Francia a Roma, fondata da Jean-Baptiste Colbert nel 1666.

Nadia Boulanger in età matura
 Nadia Boulanger

Nadia vi era arrivata seconda nel 1908, con la cantata La sirène, e in quell’occasione l’intervista del giornalista Camille de Sainte Croix per La petite République, intitolata Une jeune-fille moderne, la presenta come una donna moderna, indipendente e forte: «La più grande [tra le due sorelle], Nadia, è questa ragazza bella e grave che, da tre o quattro anni, attira l’attenzione del mondo musicale […] Nadia Boulanger, con la fede e l’energia dei suoi vent’anni, non fallirà. E non fallirà neanche nell’intraprendere una magnifica carriera di grande compositrice. [...] Oh! Nadia Boulanger appartiene alla sua epoca! Essa è certamente una di quelle persone raffinate, nate negli ultimi decenni del secolo XIX, la cui vocazione, nonché la cui educazione, uniscono ai più sinceri incanti femminili il beneficio delle conquiste morali raggiunte, in questo stesso tempo, dal loro sesso giustamente animato, sulla nostra umanità maschile!» La sua opera musicale più conosciuta è il ciclo di melodie Les Heures claires (Le ore chiare). La sua produzione comprende, oltre a varia musica vocale, sinfonica e da camera, l'opera La ville morte, composta nel 1911 con il pianista Raoul Pugno, suo maestro e grande amico di famiglia. Il sodalizio tra i due artisti sarà duraturo e intenso: comporranno e si esibiranno insieme fino alla morte di lui nel 1914.

Durante la Prima guerra mondiale, Nadia e la sorella Lili, preoccupate per le sorti dei loro colleghi arruolati e costretti ad abbandonare gli studi per entrare nell’esercito, organizzano un vero e proprio ente, il Comité Franco-Americain du Conservatoire Nationale de Musique et de Déclamation per ottenere supporti economici concreti. Mantengono i rapporti con i musicisti sul fronte e intrecciano una rete di contatti per aiutarli, grazie ad artisti e diplomatici anche americani. L’associazione aiuta diversi musicisti, tra i quali Albert Roussel, Jacques Ibert, Florent Schmitt e Maurice Ravel, inviando loro razioni di cibo e vestiti; ai soldati iscritti al Conservatorio spediscono anche la Gazette des classes de composition du Conservatoire. Il dolore per la morte dell’amata sorella Lili, scomparsa nel 1918 a soli 24 anni, porta Nadia Boulanger a dedicarsi sempre più all’insegnamento, in memoria del loro legame; dirige il Conservatorio Americano di Fontainebleau, dalla sua creazione, nel 1921; insegna all'École Normale de Musique e al Conservatorio di Parigi, e tiene corsi in importanti università americane. La sua reputazione di insegnante di grande prestigio si diffonde al punto che migliaia di studenti arrivano a Parigi dall'estero per assistere ai suoi corsi, conquistati dalla sua cultura, dalle sue capacità e dall’intensità della sua vita. È stata organista per la prima, nel 1925, della Sinfonia per organo e orchestra di Aaron Copland, il suo primo allievo americano, ed è apparsa come prima direttrice delle orchestre di Boston, New York Philharmonic e Filadelfia nel 1938. Era già diventata nel 1937 la prima donna a dirigere un intero programma della Royal Philarmonic di Londra.

Nadia Boulanger mentre dirige un’orchestra Nadia Boulanger al pianoforte

Il periodo della Seconda guerra mondiale la vede negli Stati Uniti, principalmente come insegnante al Washington (DC) College of Music e al Peabody Conservatory di Baltimora. Tornata in Francia, insegna nuovamente al Conservatorio di Parigi. La sua influenza come insegnante è stata sempre personale piuttosto che pedante: si è rifiutata di scrivere un libro di testo di teoria. Il suo scopo era quello di ampliare le comprensioni estetiche e sviluppare le doti individuali di chi studiava con lei. Nel suo libro Le direttrici d’orchestra nel mondo (a cura di Milena Gammaitoni, Zecchini Editore, 2023) Elke Mascha Blankenburg così la presenta: «Boulanger è stata una delle più importanti personalità del mondo della musica del XX secolo. Come insegnante di composizione e direttrice d’orchestra ha segnato profondamente sessant’anni della storia della musica recente. Boulanger non vedeva sé stessa come una direttrice di professione, anche se dirigeva orchestre famose come la Filarmonica di New York. “Preferisco quando si pensa in quest’ordine: 1. Musicista, 2. Insegnante, 3. Direttrice e 4. Donna”». E più avanti si legge: «Diventano famosi i “mercoledì” nel suo salotto privato di Parigi, un incontro settimanale per i suoi allievi e amici, in cui vengono eseguite e analizzate le opere dei suoi allievi, ma anche quelle di altri compositori moderni, allietato dal samovar e dai dolcetti preparati dalla madre, ormai un’anziana signora. “Mia madre riceveva i suoi amici ogni mercoledì alle cinque. Quando ho finito gli studi, ho deciso di invitare qui nello stesso giorno anche i miei allievi. Ho continuato a farlo, vivo sempre nello stesso appartamento e ho la sensazione che anche lei sia sempre lì”. […] Negli anni Trenta incontra la principessa Winnaretta de Polinac, che porta una svolta decisiva nella sua vita.

Nel salotto musicale della principessa, che ospita 250 posti a sedere e un organo Cavaillé-Coll, il 30 giugno 1933 dirige opere di Bach. Qui si esibisce ora regolarmente e tra il 1934 e il 1936 molti dei suoi concerti vengono trasmessi da Radio France. Nel 1934 dirige la Filarmonica di Parigi al Teatro degli Champs-Élysées con brani di Bach, Monteverdi e Schütz. Scrive Maurice Paléologue: “Era interessante tanto guardarla quanto ascoltarla. Quanta intelligenza, quanto fuoco fin nel più piccolo gesto!” […] Della cerchia dei suoi amici intimi fanno parte Paul Valéry, Jean Cocteau, André Gide e Igor Stravinskij, del cui Concerto in Mi Dumbarton Oaks è lei a dirigere la prima esecuzione a Washington nel 1938. La sua fama di direttrice è pionieristica per tutte le colleghe che vengono dopo di lei. Dirige senza bacchetta, talmente inusuale a quel tempo che quasi tutti i critici si sentono in dovere di raccontarlo». Morta nel 1979, è sepolta al cimitero di Montmartre, come sua sorella Lili.

Nadia Boulanger (sinistra) con la sorella Lili nel 1913 Nadia Boulanger

Premi e riconoscimenti

  • 1908 Secondo premio al Prix de Rome con la cantata La sirène
  • 1938 Laurea honoris causa al Washington College of Music
  • 1958 e 1962 Onorificenze dei college americani, fra i quali Yale, Newcastle, Smith College Northampton, membro del Royal College of Music di Londra
  • 1962 Laurea honoris causa alle Università di Oxford e Harvard, membro dell’American Academy of Arts and Sciences, Ordre des Arts e des Lettres, Orden Polonia restituta, Ordre St.Charles de Monaco, Ordre de la Couronne de Belgique, Commandeur de l’ordre souverain de Malta
  • 1977 Grand Officies de la Legion d’Honneur e Commander of the British Empire
  • 1977 Most Excellent Order of the British Empire per l’ambasciata inglese a Parigi
  • 1977 Medaglia d’oro dell’Académie des Beaux-Arts dell’Institut de France
    Nadia Boulanger (al centro) con i suoi avversari al Prix de Rome

Traduzione francese

Guenoah Mroue

Elle a grandi dans une famille de musiciens et de musicienness - sa mère, Raisa Myšeckaja, était une chanteuse russe, originaire de Saint-Pétersbourg; son père, Ernest-Henri-Alexandre, auteur de nombreuses pièces de théâtre et opérettes et professeur de chant au Conservatoire depuis 1871 - Nadia Boulanger étudie également au Conservatoire de Paris, avec les compositeurs et concertistes célèbres Gabriel Fauré et Charles-Marie Widor. Née à Paris en 1887, elle devient rapidement une organiste et compositrice : la musique est inée chez eux et Nadia commence à composer ainsi que sa sœur cadette Lili, un talent naturel très précoce (à six ans elle était déjà capable de lire la musique), considérée comme la première femme à recevoir, en 1913, le Prix de Rome de composition musicale, prestigieux prix français datant de l’époque de Louis XIV, décerné par l’Académie des Beaux-Arts de Paris. Elle est nommé ainsi parce que les lauréats ont reçu une bourse qui leur a permis d’étudier pendant quatre ans à l’Académie de France à Rome, fondée par Jean-Baptiste Colbert en 1666.

 Nadia Boulanger à l'âge mûr  Nadia Boulanger

Nadia y était arrivée deuxième en 1908, avec la cantate La sirène, et à cette occasion l’interview du journaliste Camille de Sainte Croix pour La petite République, intitulée Une jeune-fille moderne, la présente comme une femme moderne, indépendante et forte : «La plus grande [des deux sœurs], Nadia, est cette belle et grave jeune fille qui, depuis trois ou quatre ans, attire l’attention du monde musical [...] Nadia Boulanger, avec la foi et l’énergie de ses vingt ans, n’échouera pas. Et elle n’échouera pas non plus à entreprendre une magnifique carrière de grande compositrice. [...] Oh! Nadia Boulanger appartient à son époque! Elle est certainement une de ces personnes raffinées, nées dans les dernières décennies du XIXe siècle, dont la vocation et l’éducation unissent aux plus sincères charmes féminins le bénéfice des conquêtes morales atteintes, en ce même temps, par leur sexe justement animé, sur notre humanité masculine». Son œuvre musicale la plus connue est le cycle de mélodies Les Heures claires. Sa production comprend, outre une musique vocale, symphonique et de chambre, l’opéra La ville morte, composé en 1911 avec le pianiste Raoul Pugno, son maître et grand ami de la famille. L’association entre les deux artistes sera durable et intense : ils composeront et se produiront ensemble jusqu’à sa mort en 1914.

Pendant la Première Guerre mondiale, Nadia et sa sœur Lili, préoccupées par le sort de leurs collègues enrôlés et contraints d’abandonner leurs études pour rejoindre l’armée, organisent un véritable organisme, le Comité franco-américain du Conservatoire national de musique et de déclamation pour obtenir des soutiens économiques concrets. Elles entretiennent des relations avec les musiciens sur le front et tissent un réseau de contacts pour les aider, grâce à des artistes et des diplomates aussi américains. L’association aide plusieurs musiciens, dont Albert Roussel, Jacques Ibert, Florent Schmitt et Maurice Ravel, en leur envoyant des rations de nourriture et des vêtements; aux soldats inscrits au Conservatoire ils envoient également la Gazette des classes de composition du Conservatoire. La douleur de la mort de sa chère sœur Lili, disparue en 1918 à seulement 24 ans, conduit Nadia Boulanger à se consacrer de plus en plus à l’enseignement, en mémoire de leur lien; elle dirige le Conservatoire américain de Fontainebleau depuis sa création en 1921; enseigne à l’École normale de musique et au Conservatoire de Paris, et donne des cours dans de grandes universités américaines. Sa réputation d’enseignant de grand prestige se répand au point que des milliers d’étudiants arrivent à Paris de l’étranger pour assister à ses cours, conquis par sa culture, ses compétences et l’intensité de sa vie. Tout d’abord elle a été organiste , en 1925, de la Symphonie pour orgue et orchestre d’Aaron Copland, son premier élève américain, et elle est apparue comme première directrice des orchestres de Boston, New York Philharmonic et Philadelphie en 1938. Elle était déjà devenue en 1937 la première femme à diriger un programme complet de l’Orchestre philharmonique royal de Londres.

Nadia Boulanger dirigeant un orchestre Nadia Boulanger au piano

Pendant la Seconde Guerre mondiale, elle enseigne principalement au Washington (DC) College of Music et au Peabody Conservatory de Baltimore. De retour en France, elle enseigne à nouveau au Conservatoire de Paris. Son influence en tant qu’enseignante a toujours été personnelle plutôt que professoral : elle a refusé d’écrire un manuel de théorie. Son but était d’élargir les compréhensions esthétiques et de développer les compétences individuelles de ceux qui étudiaient avec elle. Dans son livre Les chefs d’orchestre dans le monde (par Milena Gammaitoni, Zecchini Éditeur, 2023) Elke Mascha Blankenburg présente : «Boulanger a été l’une des personnalités les plus importantes du monde de la musique du XXe siècle. Comme professeur de composition et directrice d’orchestre a profondément marqué soixante ans de l’histoire de la musique récente. Boulanger ne se considérait pas comme une directrice de profession, même si elle dirigeait des orchestres célèbres comme l’Orchestre philharmonique de New York. "Je préfère quand on pense dans cet ordre : 1. Musicien, 2. Enseignant, 3. Directrice et 4. Femme"». Et plus loin on lit : «Les "mercredi" dans son salon privé à Paris, une réunion hebdomadaire pour les ses élèves et ses amis, où sont exécutées et analysées les œuvres de élèves, mais aussi ceux d’autres compositeurs modernes, égayé par le samovar et par les gâteaux préparés par la mère, désormais une vieille dame. "Ma mère recevait ses amis tous les mercredis à cinq heures. Quand j’ai fini mes études, j’ai décidé d’inviter mes élèves le même jour. J’ai continué à le faire, je vis toujours dans le même appartement et j’ai l’impression qu’elle aussi est toujours là». [... ] Dans les années 30, elle rencontre la princesse Winnaretta de Polinac, qui apporte un tournant décisif dans sa vie.

Dans le salon musical de la Princesse, qui peut accueillir 250 sièges et un orgue Cavaillé-Coll, le 30 juin 1933 elle dirige des œuvres de Bach. Ici, elle se produit maintenant régulièrement et entre le 1934 et 1936, plusieurs de ses concerts sont diffusés par Radio France. Dans le 1934 elle dirige la Philharmonie de Paris au Théâtre des Champs-Élysées avec des chansons de Bach, Monteverdi et Schütz. Maurice Paléologue écrit : "C’était intéressant la regarder autant que l’écouter. Combien d’intelligence, combien de feu jusque dans le plus petit geste!" [... ] Paul fait partie du cercle de ses amis proches Valéry, Jean Cocteau, André Gide et Igor Stravinsky. Elle dirigea elle même la première représentation du concert Mi Dumbarton Oaks à Washington en 1938. Sa réputation de directrice est pionnière pour toutes les collègues qui viennent après d’elle. Elle dirige sans baguette, si inhabituelle à cette époque que presque tous les critiques se sentent obligés de le raconter». Morte en 1979, elle est enterrée au cimetière de Montmartre, comme sa sœur Lili.

Nadia Boulanger (à gauche) avec sa sœur Lili en 1913 Nadia Boulanger

Prix et distinctions

  • 1908 Deuxième prix au Prix de Rome avec la cantate La sirène
  • 1938 Doctorat honoris au Washington College of Music
  • 1958 et 1962 Honneurs des collèges américains, dont Yale, Newcastle, Smith College Northampton, membre du Royal College of Music de Londres
  • 1962 Docteur honoris aux universités d’Oxford et de Harvard, membre de l’American Academy of Arts and Sciences, Ordre des Arts et des Lettres, Orden Polonia restituta, Ordre St.Charles de Monaco, Ordre de la Couronne de Belgique, Commandeur de l’Souverain de Malte
  • 1977 Grand Officies de la Légion d’Honneur et Commander de l’Empire Britannique
  • 1977 Most Excellent Order of the British Empire pour l’ambassade d’Angleterre à Paris
  • 1977 Médaille d’or de l’Académie des Beaux-Arts de l’Institut de France
    Nadia Boulanger (au centre) avec ses adversaires au Prix de Rome

Traduzione inglese

Syd Stapleton

Boulanger grew up in a family of musicians - her mother, Raisa Myšeckaja, was a Russian singer, originally from St. Petersburg, and her father, Ernest-Henri-Alexandre, was the author of many plays and operettas and, beginning in 1871, a singing teacher at the Paris Conservatory. Nadia Boulanger also studied at the Conservatory, with composers and the famous concert pianists Gabriel Fauré and Charles-Marie Widor. Born in Paris in 1887, she soon became an accomplished organist and composer. Music was part of her home and Nadia also initiated her younger sister Lili into composition. Lili was a precocious natural talent (at the age of six she was already able to read music), remembered as the first woman to receive, in 1913, the Prix de Rome for Musical Composition, a prestigious French prize dating back to the time of Louis XIV, awarded by the Académie des Beaux-Arts in Paris. The prize was called that because those who won were awarded a scholarship that gave them the opportunity to study for four years at the French Academy in Rome, founded by Jean-Baptiste Colbert in 1666.

 Nadia Boulanger in mature age  Nadia Boulanger

Nadia had come second there in 1908, with the cantata La sirène, and on that occasion journalist Camille de Sainte Croix's interview for La Petite République, entitled Une jeune-fille moderne, presented her as a modern, independent and strong woman: "The older [of the two sisters], Nadia, is this beautiful and serious girl who, for the past three or four years, has been attracting the attention of the musical world [...] Nadia Boulanger, with the faith and energy of her twenties, will not fail. Nor will she fail to embark on a magnificent career as a great composer. [...] Oh! Nadia Boulanger belongs to her era! She is certainly one of those refined people, born in the last decades of the 19th century, whose vocation, as well as whose education, unite the most sincere feminine enchantments with the benefit of the moral achievements attained, in this same time, by their rightly animated sex, on our male humanity!" Her best-known musical work is the cycle of melodies Les Heures claires (The Clear Hours). Her output includes, in addition to vocal, symphonic and chamber music, the opera La ville morte, composed in 1911 with pianist Raoul Pugno, her teacher and great family friend. The partnership between the two artists would be long-lasting and intense - they would compose and perform together until his death in 1914.

During World War I, Nadia and her sister Lili, concerned about the fate of their enlisted colleagues who were forced to abandon their studies to join the army, organized a group, the Comité Franco-Americain du Conservatoire Nationale de Musique et de Déclamation to obtain concrete economic supports. They maintained relations with musicians on the front and wove a network of contacts to help them, thanks to artists and diplomats, including American ones. The association helped several musicians, including Albert Roussel, Jacques Ibert, Florent Schmitt, and Maurice Ravel, by sending them food rations and clothing. They also sent the Gazette des classes de composition du Conservatoire to the soldiers enrolled in the Conservatoire. Grief over the death of her beloved sister Lili, who died in 1918 at the age of only 24, led Nadia Boulanger to devote herself increasingly to teaching, in memory of their bond. She directed the French Music School for Americans in Fontainebleau from its creation in 1921, taught at the École Normale de Musique and the Paris Conservatoire, and taught courses at leading American universities. Her reputation as a distinguished teacher spread to the point that thousands of students came to Paris from abroad to attend her courses, won over by her culture, her skills and the intensity of her life. She was organist for the premiere in 1925 of the Symphony for Organ and Orchestra by Aaron Copland, her first American student, and appeared as the first female conductor of the Boston, New York Philharmonic and Philadelphia orchestras in 1938. She had already become in 1937 the first woman to conduct an entire program of the Royal Philharmonic in London.

Nadia Boulanger conducting an orchestra Nadia Boulanger au piano

The period of World War II saw her in the United States, mainly as a teacher at the Washington D.C. College of Music and the Peabody Conservatory in Baltimore. Back in France, she again taught at the Paris Conservatory. Her influence as a teacher was always personal rather than pedantic. She refused to write a theory textbook. Her aim was to broaden the aesthetic understanding and develop the individual gifts of those who studied with her. In her book Le direttrici d'orchestra nel mondo (edited by Milena Gammaitoni, Zecchini Editore, 2023) Elke Mascha Blankenburg relates, "Boulanger was one of the most important personalities in the world of 20th-century music. As a teacher of composition and orchestra conductor, she made a profound mark on sixty years of the history of music. Boulanger did not see herself as a professional conductor, even though she conducted such famous orchestras as the New York Philharmonic. ‘I prefer it when you think in this order: 1. Musician, 2. Teacher, 3. Conductor, and 4. Woman.’" And further on we read, "Becoming famous are the ‘Wednesdays’ in her private salon in Paris, a weekly gathering for her students and friends, in which the works of her students as well as those of other modern composers, cheered by the samovar and sweets prepared by her mother, by then an elderly lady. ‘My mother used to receive her friends every Wednesday at five o'clock. When I finished my studies, I decided to invite my students here on the same day as well. I have continued doing so, I always have lived in the same apartment, and I have the feeling that she is also always there.’ [...] In the 1930s she met Princess Winnaretta de Polinac, which brought a decisive turning point to her life.

In the musical salon of the Princess, housing 250 seats and a Cavaillé-Coll organ, on June 30 June 1933 she conducted works by Bach. Here she then performed regularly, and between 1934 and 1936 many of her concerts were broadcast by Radio France. In 1934 she conducted the Paris Philharmonic at the Théâtre des Champs-Élysées with pieces by Bach, Monteverdi, and Schütz. Writes Maurice Paléologue, ‘It was as interesting to watch her as to listen to her. How much intelligence, how much fire right down to the smallest gesture!’ [...] The circle of her close friends included Paul Valéry, Jean Cocteau, André Gide and Igor Stravinsky, whose Concerto in E, Dumbarton Oaks she conducted for its first performance in Washington in 1938. Her reputation as a conductor is pioneering for all her colleagues who come after her. She conducted without a baton, so unusual at the time that almost all critics felt compelled to talk about it." She died in 1979 and is buried at Montmartre Cemetery, like her sister Lili.

Nadia Boulanger (left) with her sister Lili in 1913 Nadia Boulanger

Awards and honors

  • 1908 Second prize at the Prix de Rome with the cantata La sirène
  • 1938 Doctorat honoris au Washington College of Music
  • 1958 and 1962 Honors from American colleges, including Yale, Newcastle, Smith College, Northampton, member of the Royal College of Music in London
  • 1962 Honorary degrees from Oxford and Harvard Universities, member of American Academy of Arts and Sciences, Ordre des Arts e des Lettres, Orden Polonia Restituta, Ordre St.Charles de Monaco, Ordre de la Couronne de Belgique, Commandeur de l'ordre souverain de Malta
  • 1977 Grand Officies de la Legion d'Honneur and Commander of the British Empire
  • 1977 Most Excellent Order of the British Empire from the British Embassy in Paris
  • 1977 Gold Medal of the Académie des Beaux-Arts of the Institut de France
Nadia Boulanger (center) with her opponents at the Prix de Rome

Traduzione spagnola

Anastasia Grasso

 Criada en una familia de músicos y músicas –su madre, Raisa Myšeckaja, fue una cantante rusa originaria de San Petersburgo; su padre, Ernest-Henri-Alexandre, fue autor de numerosas obras de teatro y operetas y, desde 1871, profesor de canto en el Conservatorio, Nadia Boulanger estudió en el Conservatorio de París, con los compositores y famosos concertistas Gabriel Fauré y Charles-Marie Widor. Nacida en París en 1887, pronto se convirtió en una válida organista y compositora: la música formaba parte de su casa. Nadia también orientó a la composición a su hermana menor, Lili, que fue un talento natural precoz (a los seis años ya sabía leer música). Fue la primera mujer que recibió, en 1913, el Prix de Rome de composición musical, un prestigioso premio francés que se remonta a la época de Luis XIV, concedido por la Académie des Beaux-Arts de París. Se llama así porque el ganador obtenía una beca que le daba la oportunidad de estudiar durante cuatro años en la Academia Francesa de Roma, fundada por Jean-Baptiste Colbert en 1666.

Nadia Boulanger in età matura Nadia Boulanger

Nadia había quedado segunda en 1908, con la cantata La sirène, y en aquella ocasión la entrevista del periodista Camille de Sainte Croix para «La petite République», titulada Une jeune-fille moderne, la presentaba como una mujer moderna, independiente y fuerte: «La mayor [de las dos hermanas], Nadia, es esta chica guapa y seria que, desde hace tres o cuatro años, llama la atención del mundo musical [...] Nadia Boulanger, con la fe y la energía de sus veinte años, no fracasará. Tampoco dejará de emprender una magnífica carrera como gran compositora. [...] ¡Oh! ¡Nadia Boulanger pertenece a su época! Ella es ciertamente una de esas refinadas personas, nacidas en las últimas décadas del siglo XIX, cuya vocación, así como cuya educación, unen los más sinceros encantos femeninos con el beneficio de las conquistas morales logradas, en este mismo tiempo, justamente animado por su propio sexo, sobre nuestra humanidad masculina!». Su obra musical más conocida es el ciclo de melodías Les Heures claires (“Las horas claras”). Su producción incluye, además de música vocal, sinfónica y de cámara, la ópera La ville morte, compuesta en 1911 con el pianista Raoul Pugno, su maestro y gran amigo de la familia. La colaboración entre ambos artistas será intensa y duradera: compondrán y actuarán juntos hasta la muerte de este último en 1914.

Durante la Primera Guerra Mundial, Nadia y su hermana Lili, preocupadas por la suerte de sus colegas alistados que se vieron obligados a abandonar sus estudios para alistarse en el ejército, organizaron un verdadero organismo, el Comité Franco-Americain du Conservatoire Nationale de Musique et de Déclamation, para obtener un apoyo económico concreto. Mantuvieron relaciones con los músicos del frente y tejieron una red de contactos para ayudarles, gracias a artistas y diplomáticos, algunos estadounidenses. La asociación ayudó a varios músicos, entre ellos a Albert Roussel, Jacques Ibert, Florent Schmitt y Maurice Ravel, enviándoles raciones de comida y ropa; también enviaron la Gazette des classes de composition du Conservatoire a los soldados matriculados en el Conservatorio. El dolor por la muerte de su amada hermana Lili, fallecida en 1918 con sólo 24 años, llevó a Nadia Boulanger a dedicarse cada vez más a la enseñanza, en recuerdo de su vínculo; dirigió el Conservatorio Americano de Fontainebleau desde su creación en 1921; enseñó en la École Normale de Musique y en el Conservatorio de París, e impartió cursos en las principales universidades estadounidenses. Su reputación como profesora de gran prestigio se extendió hasta el punto de que miles de estudiantes iban a París desde el extranjero para asistir a sus cursos, conquistados por su cultura, sus habilidades y la intensidad de su vida. Fue organista en el estreno, en 1925, de la Sinfonía para órgano y orquesta de Aaron Copland, su primer alumno estadounidense, y se presentó como primera directora de las orquestas de Boston, Filarmónica de Nueva York y Filadelfia en 1938. Ya había sido la primera mujer en dirigir un programa completo de la Royal Philharmonic de Londres en 1937.

Nadia Boulanger dirigiendo una orquesta Nadia Boulanger al piano

Durante la Segunda Guerra Mundial permaneció en Estados Unidos, principalmente como profesora en el Washington (DC) College of Music y en el Conservatorio Peabody de Baltimore. De vuelta a Francia, impartió clases en el Conservatorio de París. Su influencia como profesora fue siempre más personal que pedante: se negó a escribir un libro de texto de teoría. Su objetivo era ampliar la comprensión estética y desarrollar el talento individual de quienes estudiaban con ella. En su libro Dirigentinnen im 20. Jahrhundert Portraits von Marin Alsop bis Simone Young (“Retratos de directoras de orquesta del siglo XX, de Marin Alsop a Simone Young”), Elke Mascha Blankenburg la presenta así: "«Boulanger fue una de las personalidades más importantes en el mundo de la música del siglo XX. Como profesora de composición y directora orquestal, dejó una profunda huella en sesenta años de historia de la música contemporánea. Boulanger no se consideraba una directora de orquesta profesional, aunque dirigió orquestas famosas como la Filarmónica de Nueva York. “Prefiero que se piense en este orden: 1. Música, 2. Docente, 3. Directora de orquesta y 4. Mujer”.» Y más adelante leemos: «Se hacen famosos los "miércoles" en su salón privado de París, una reunión semanal para sus alumnos y amigos donde se interpretan y analizan las obras de sus alumnos, pero también las de otros compositores modernos, animados por el samovar y los dulces preparados por su madre, ya anciana. “Mi madre solía recibir a sus amigos todos los miércoles a las cinco. Cuando terminé mis estudios, decidí invitar a mis alumnos el mismo día. Seguí haciendolo, siempre vivo en el mismo piso y tengo la sensación de que ella también está siempre allí”. [...] En los años 30 conoció a la princesa Winnaretta de Polinac, que dio un giro decisivo a su vida.

En el salón musical de la princesa, con capacidad para 250 personas y un órgano Cavaillé-Coll, el 30 de junio de 1933, dirigió obras de Bach. Allí actuaba con regularidad y entre 1934 y 1936, muchos de sus conciertos fueron retransmitidos por Radio France. En 1934 dirigió la Filarmónica de París en el Teatro de los Campos Elíseos con obras de Bach, Monteverdi y Schütz. Maurice Paléologue escribió: “Era tan interesante verla como escucharla. Cuánta inteligencia, cuánto fuego en el más mínimo gesto”. [Su círculo de amigos íntimos incluía a Paul Valéry, Jean Cocteau, André Gide e Igor Stravinsky, cuyo Concierto en Mi Dumbarton Oaks, dirigió en su primera interpretación mundial, en Washington, en 1938. Su reputación como directora de orquesta es precursora para todos los colegas que la sucedieron. Dirige sin batuta, algo tan inusual en su época que casi todos los críticos se sienten obligados a relatar este hecho.» Murió en 1979 y fue enterrada en el cementerio de Montmartre, al igual que su hermana Lili.

Nadia Boulanger (left) with her sister Lili in 1913 Nadia Boulanger

Premios y distinciones

  • 1908 Segundo premio en el Prix de Rome con la cantata La sirène.
  • 1938 Título honorífico del Washington College of Music.
  • 1958 y 1962 Reconocimientos de los colleges estadounidenses, entre ellos Yale, Newcastle, Smith College Northampton, miembro del Royal College of Music de Londres.
  • 1962 Doctor Honoris Causa por las Universidades de Oxford y Harvard, miembro de la American Academy of Arts and Sciences, Ordre des Arts e des Lettres, Orden Polonia restituta, Ordre St.Charles de Monaco, Ordre de la Couronne de Belgique, Commandeur de l’ordre souverain de Malta.
  • 1977 Grand Officies de la Legion d’Honneur y Commander of the British Empire
  • 1977 Most Excellent Order of the British Empire por la Embajada Británica en París
  • 1977 Medalla de Oro de la Academia de Bellas Artes del Instituto de Francia
Nadia Boulanger (centro) con sus oponentes en el Premio de Roma

 

Ethel Leginska
Elisa Pasqualotto




Carola Pignati

 

 Il riconoscimento del merito e dell’importanza artistica della musicista e direttrice d’orchestra Ethel Leginska si è sviluppato soprattutto negli anni successivi alla sua morte. Nel corso della vita la sua reputazione non rimase sempre alta, anzi fu spesso oggetto di forti critiche e venne relegata in un ruolo minore, anche per il suo essere donna in un ambito fino a quel momento destinato e dominato solo dagli uomini. Oggi, più di cinquant’anni dopo la sua dipartita, la sua storia è quasi dimenticata. Tuttavia, grazie al lavoro di appassionate, appassionati, e di altre e altri musicisti sta ricevendo il successo che in vita non ha potuto sperimentare completamente. Tra le più talentuose musiciste del XX secolo, Ethel Liggins nacque a Hull, nello Yorkshire, il 13 aprile 1886. La sua passione per la musica si incanalò nello studio del pianoforte, della composizione e della direzione d’orchestra. Il debutto pubblico avvenne all’età di soli dieci anni, quando arrivò a esibirsi al pianoforte sul palco della Queen’s Hall a Londra. Grazie all’aiuto economico della moglie di un ricco mercante e proprietario di navi, rimasta impressionata dalla bambina prodigio, Ethel frequentò il Conservatorio Hoch di Francoforte, dove studiò con i maestri più importanti di quel periodo: pianoforte con James Kwast, composizione con Bernhard Sekles e Iwan Knorr. A Vienna studiò con il pianista polacco Theodor Leschetizky, altrettanto significativo come esecutore e docente.

Nel 1906 assunse lo pseudonimo di Ehel Leginska per le sue performance in Europa, sotto consiglio di lady Maud Warrender, perché – in un’era in cui i migliori musicisti del mondo erano russi o polacchi – un nome del genere sarebbe risultato più accattivante e avrebbe portato vantaggi allo sviluppo della sua carriera; infatti tenne questo cognome per tutto il suo percorso artistico. L’associazione con il mondo della musica polacca e russa è evidente anche nel soprannome che le venne dato da parte della stampa in occasione del debutto negli Stati Uniti, “la Paderewski delle pianiste”. Anche questo però testimonia la poca presenza di figure femminili nell’ambiente e il continuo paragone con esecutori uomini. In quegli anni sposò Emerson Whithorne, un musicista che aveva conosciuto e frequentato a Vienna, durante i suoi studi. Con lui si esibì diverse volte, soprattutto in pezzi a quattro mani per il pianoforte composti da lei stessa. La storia tra i due non durò molto, tanto che nel 1910 si separarono e divorziarono ufficialmente nel 1916. In seguito, Leginska intraprese una lunga lotta per la custodia del figlio Cedric, che la portò a impegnarsi ancora di più nell’attivismo femminista. Si pronunciò sulle opportunità inadeguate date alle donne, che sacrificavano sé stesse e le proprie carriere per il «bene della famiglia», pronte ad arrendersi «con il corpo e con l’anima» al marito e ai figli. Osservò inoltre come gli uomini apprezzassero le donne di successo nell’ambito delle performance artistiche ma allo stesso tempo ripudiassero quelle stesse donne nel ruolo di mogli. Secondo Leginska, quindi, una donna non può realmente conciliare il ruolo di madre e moglie con una carriera, in quanto colei che svolge un’attività lavorativa e artistica non può essere «altruista» (unselfish in originale).

Fu soprattutto negli Stati Uniti che il suo successo e la sua popolarità raggiunsero livelli assai alti, anche grazie alla spettacolarità delle esibizioni. Il palco veniva allestito con molta cura e con una forte dose di creatività: le luci e le decorazioni erano poste e direzionate in modo da concentrare l’attenzione del pubblico sull’artista. Inoltre, a interessare ancora di più spettatori e spettatrici era l’anticonformismo di Leginska negli abiti, che preferiva di foggia maschile e che ben presto vennero emulati dalle sue fan più giovani. Il suo modo di vestire “eccentrico” per l’epoca era accentuato dalla sua apparenza minuta e giovanile, che contribuiva a impressionare pubblico e critica. Il suo obiettivo e il suo desiderio, dichiarò lei, erano quelli di farsi spazio in un mondo su misura per gli uomini. Indossando vestiti maschili, le donne in quel periodo modificavano le aspettative verso il ruolo che in teoria sarebbe stato loro assegnato. Questo si poneva in pieno contrasto con l’abbigliamento tipico delle artiste virtuose degli anni precedenti, che preferivano una moda che enfatizzava la loro femminilità. Invece Leginska fece sue le scelte di vestire di nero, quasi come se fosse un prolungamento del proprio strumento musicale, e di utilizzare abiti da uomo, come parte integrante dello spettacolo.

Il suo aspetto ovviamente non suscitò solo reazioni positive. Per esempio, nel 1915 sul New York Press venne pubblicato un articolo il cui titolo recitava Energetic English Pianiste Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves. Nello stesso periodo il neurologo viennese Krafft-Ebing si pronunciò contrario a un tale comportamento, ritenendolo anormale e addirittura sintomo di un disordine mentale, paragonandolo, come versione femminile, ai cosiddetti “uomini effeminati”, definizione che descriveva in modo dispregiativo quei maschi che avevano atteggiamenti non propriamente in linea con le caratteristiche virili. Le idee di Leginska su capelli, vestiti e soprattutto sulla carriera riflettevano l’immagine tipica della “nuova donna” degli anni Dieci e Venti: una donna che preferiva alle regole imposte dalla moda la praticità e la comodità, che si batteva per l’indipendenza economica dai parenti uomini, che iniziava ad assumere comportamenti “non consoni alla figura femminile”, per esempio fumando o usando un linguaggio disinibito. Si espose su diverse questioni con opinioni apertamente femministe. A differenza di Fannie Bloomfield-Ziesler (pianista austriaca, naturalizzata statunitense), la quale “rassicurò” il pubblico che l’attività di musicista non avrebbe interferito con i suoi obblighi domestici di moglie, Ethel Leginska criticò fortemente l’educazione delle bambine, sempre costrette a dover rispettare il ruolo precostituito. Era invece necessario che già da piccole esse fossero spronate a seguire le proprie strade, con coraggio e audacia, in modo da abbandonare “i cammini già percorsi”, in cui le donne erano sempre rimaste in disparte.

La popolarità di Ethel Leginska era dunque legata non solo alle sue capacità di musicista e compositrice, ma pure alla sua personalità magnetica e affascinante. Anche come direttrice d’orchestra attirò molte attenzioni. I suoi studi in questo campo, iniziati nel 1923, vennero affrontati con Eugen Goossens e con Robert Heger, direttore della Bavarian State Opera a Monaco. Leginska iniziò a dirigere alcune tra le più grandi e importanti orchestre d’Europa: da Monaco a Parigi, da Londra a Berlino. Il debutto negli Stati Uniti avvenne nel 1925 con la New York Symphony Orchestra, alla Carnegie Hall. Già dal 1909, tuttavia, aveva iniziato a soffrire di crolli nervosi, tanto che nel 1926 prese la decisione di ritirarsi dai concerti come esecutrice e di concentrarsi invece solo sull’insegnamento, sulla composizione e sulla direzione.

Si distinse anche nel ruolo di organizzatrice: con energia e determinazione fondò la Boston Phillarmonic Orchestra, occupandosi sia della parte musicale, reclutando gli/le artisti/e, sia della parte economico-finanziaria, che rappresentò la fonte degli ostacoli più importanti alla sopravvivenza dell’orchestra. In quello stesso periodo, la Massachusetts State Federation of Women’s Club aveva fondato la Boston Women’s Symphony, un ensemble di musiciste tra i 14 e i 65 anni, che Ethel diresse. Dal 1926 e per tutti gli anni Trenta si occupò della direzione di molte orchestre, anche nel caso di opere liriche, come Madama Butterfly e Rigoletto. Il 23 novembre 1935 produsse e diresse una sua opera, Gale. Nelle carriere delle direttrici d’orchestra questa scelta di dedicarsi a un certo punto alle opere liriche è in realtà piuttosto comune: Judith Somogi ironicamente disse che il motivo era che in quel modo non venivano viste dal pubblico e non venivano giudicate.

Alla fine degli anni Trenta le sue opportunità di direzione iniziarono a diminuire. Decise quindi di tornare in Europa dove impartì lezioni di pianoforte a Londra e Parigi. Nel 1939 si trasferì a Los Angeles, in cui aprì una scuola di pianoforte e divenne un’insegnante affermata. Nel 1957 diresse di nuovo un’orchestra, che eseguì la sua prima opera lirica: The Rose and the Ring, scritta nel 1932. Continuò a insegnare pianoforte per tutto il resto della sua vita, fino al 26 febbraio 1970, quando morì a Los Angeles.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Recognition of the artistic merit and importance of musician and conductor Ethel Leginska developed mainly in the years following her death. In the course of her life, her reputation did not always remain high. On the contrary, she was often the subject of strong criticism and was relegated to a minor role, partly because of her being a woman in a field hitherto intended for and dominated only by men. Today, more than fifty years after her death, her story is almost forgotten. However, thanks to the work of female fans, enthusiasts, and other musicians she is achieving the success she was unable to fully experience in life. Among the most talented female musicians of the 20th century, Ethel Liggins was born in Hull, Yorkshire, on April 13, 1886. Her passion for music was channeled into the study of piano, composition and conducting. Her public debut came at the age of only ten, when she got to perform on the piano stage at Queen's Hall in London. Thanks to the financial help of the wife of a wealthy merchant and ship owner, who was impressed by the child prodigy, Ethel attended the Hoch Conservatory in Frankfurt, where she studied with the leading masters of that period: piano with James Kwast, composition with Bernhard Sekles and Iwan Knorr. In Vienna she studied with Polish pianist Theodor Leschetizky, who was equally significant as a performer and teacher.

In 1906 she assumed the pseudonym Ethel Leginska for her performances in Europe, on the advice of Lady Maud Warrender, because-in an era when the world's best musicians were Russian or Polish - a name like that would have been more appealing and would have benefited the development of her career. She kept this surname throughout her artistic career. The association with the world of Polish and Russian music is also evident in the nickname she was given by the press on the occasion of her debut in the United States, "the Paderewski of pianists." Even this, however, testifies to the small presence of female figures in the milieu and the constant comparison with male performers. In those years she married Emerson Whithorne, a musician she had met and frequented in Vienna during her studies. She performed with him several times, mostly in four-handed pieces for the piano composed by herself. The affair between the two did not last long, so much so that they separated in 1910 and officially divorced in 1916. Thereafter, Leginska waged a long struggle for custody of her son Cedric, which led her to become even more involved in feminist activism. She spoke out on the inadequate opportunities given to women, who sacrificed themselves and their careers for the "good of the family," ready to surrender "with body and soul" to their husbands and children. She also observed how men valued successful women in the sphere of artistic performance but at the same time repudiated those same women in the role of wives. According to Leginska, therefore, a woman cannot really reconcile the role of mother and wife with a career, as the one who performs work and art cannot be “unselfish”.

It was especially in the United States that her success and popularity reached very high levels, partly due to the spectacular nature of her performances. The stage was set up with great care and a strong dose of creativity. Lights and decorations were placed and directed in such a way as to focus the audience's attention on the performer. Of even greater interest to spectators and onlookers was Leginska's nonconformity in her clothes, which she preferred to be masculine in style and were soon emulated by her younger fans. Her "eccentric" way of dressing for the time was accentuated by her petite, youthful appearance, which helped to impress audiences and critics alike. Her goal and desire, she declared, was to make room for herself in a world tailored for men. By wearing men's clothes, women at that time were altering expectations toward the role that would theoretically be assigned to them. This stood in complete contrast to the typical attire of the virtuoso female artists of earlier years, who preferred fashion that emphasized their femininity. Instead, Leginska made her choices to dress in black, almost as if it were an extension of her musical instrument, and to use men's clothing as an integral part of the performance.

Her appearance obviously did not elicit only positive reactions. For example, in 1915 an article was published in the New York press whose headline read, “Energetic English Pianist Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves.” At the same time, the Viennese neurologist Krafft-Ebing spoke out against such behavior, deeming it abnormal and even a symptom of a mental disorder, comparing it, as a female version, to so-called "effeminate men," a definition that derogatorily described those males who had attitudes not quite in keeping with “manly” characteristics. Leginska's ideas about hair, clothes, and especially career reflected the typical image of the "new woman" of the 1910s and 1920s - women who preferred practicality and comfort to the rules imposed by fashion, who fought for economic independence from male relatives, and who began to engage in behaviors "not in keeping with the feminine figure," for example, smoking or using uninhibited language. She expounded on several issues with openly feminist views. Unlike Fannie Bloomfield-Ziesler (Austrian pianist, naturalized U.S. citizen), who "reassured" the public that her activity as a musician would not interfere with her domestic obligations as a wife, Ethel Leginska strongly criticized the upbringing of little girls, who were always forced to have to comply with the pre-established role. Instead, it was necessary that from an early age they be spurred on to follow their own paths, with courage and boldness, so as to abandon "the paths already taken," in which women had always remained on the sidelines.

Ethel Leginska's popularity was thus linked not only to her skills as a musician and composer, but also to her magnetic and charming personality. As a conductor, too, she attracted much attention. Her studies in this field, which began in 1923, were tackled with Eugen Goossens and Robert Heger, conductor of the Bavarian State Opera in Munich. Leginska began conducting some of the largest and most important orchestras in Europe: from Munich to Paris, from London to Berlin. Her U.S. debut came in 1925 with the New York Symphony Orchestra, at Carnegie Hall. As early as 1909, however, she had begun to suffer from nervous breakdowns, so much so that in 1926 she made the decision to retire from concerts as a performer and to concentrate instead only on teaching, composing and conducting. She also distinguished herself in the role of organizer: with energy and determination she founded the Boston Philharmonic Orchestra, dealing with both the musical side, recruiting the performers, and the financial side, which was the source of the most important obstacles to the orchestra's survival. At that same time, the Massachusetts State Federation of Women's Clubs had founded the Boston Women's Symphony, an ensemble of female musicians between the ages of 14 and 65, which Ethel directed. From 1926 and throughout the 1930s she was responsible for conducting many orchestras, including in the case of operas such as Madama Butterfly and Rigoletto. On November 23, 1935, she produced and conducted her own opera, Gale. In the careers of female conductors, her choice to devote herself at some point to operas was actually quite common - Judith Somogi ironically said the reason was that in that way they were not seen by the public and were not judged.

In the late 1930s her directing opportunities began to diminish. She then decided to return to Europe where she gave piano lessons in London and Paris. In 1939 she moved to Los Angeles, where she opened a piano school and became an established teacher. In 1957 she again directed an orchestra, which performed her first opera, The Rose and the Ring, written in 1932. She continued to teach piano throughout the rest of her life, until February 26, 1970, when she died in Los Angeles.


Traduzione spagnola

Erika Incatasciato

El reconocimiento que merece y la importancia artística de la música y directora de orquesta Ethel Leginska creció principalmente tras su muerte. Durante su vida, su reputación no siempre se mantuvo alta, de hecho, fue objeto de fuertes críticas y fue relegada a un papel secundario, por ser mujer en un ámbito hasta entonces asignado a los hombres y dominado por ellos. Hoy, más de cincuenta años tras su muerte, su historia resulta casi olvidada. Sin embargo, gracias al trabajo de apasionadas y apasionados y de otras músicas y otros músicos, está cosechando el éxito que no pudo disfrutar plenamente en vida. Entre las más talentosas músicas del siglo XX, Ethel Liggins nació en Hull, en Yorkshire el 13 de abril de 1886. Su pasión por la música se canalizó en el estudio del piano, de la composición y la dirección de orquesta. Debutó públicamente a la temprana edad de diez años, cuando se exhibió con el piano en el escenario de Queen’s Hall en Londres. Gracias a la ayuda económica de la esposa de un magnate naviero, que se quedó impresionada por la niña prodigio, Ethel asistió al conservatorio Hoch en Frankfurt, donde estudió con los maestros más destacados de aquella época: estudió piano con James Kwast y composición con Bernard Sekles y Iwan Knorr. También estudió en Viena con el pianista polaco Theodor Leschetizky, igual de importante como intérprete y maestro.

En 1906 asumió el seudónimo Ethel Leginska en sus actuaciones en Europa, por sugerencia de Lady Maud Warrender, ya que –en la época donde los mejores músicos del mundo eran rusos o polacos– se creía que dicho nombre sería más atractivo y beneficiaría su carrera; por lo tanto, mantuvo este apellido a lo largo de su carrera artística. La asociación con el mundo de la música polaca y rusa también resulta claro con el apodo que la prensa le dio cuando debutó en los Estados Unidos «La Paderewski de las pianistas». Sin embargo, esto también testimonia la escasa presencia de figuras femeninas en el ámbito y la continua comparación con los intérpretes masculinos. En aquellos años se casó con Emerson Whithorne, un músico que conoció en Viena mientras estudiaba. A veces actuaban juntos y, sobre todo, interpretaban piezas para dos pianos compuestas por ella misma. Su relación no duró mucho, tanto que se separaron en 1910 y oficializaron su divorcio en 1916. Más tarde, Leginska llevó a cabo una larga lucha por la custodia de su hijo Cedric, lo que la llevó a involucrarse aún más en el activismo feminista. Se pronunció contra las oportunidades inadecuadas de las mujeres que se sacrificaban a sí mismas y sus carreras por el «bien de la familia» y que estaban dispuestas a entregarse con «cuerpo y alma» a sus esposos e hijos. También observó que los hombres apreciaban las mujeres exitosas en el ambiente de las artes escénicas, pero al mismo tiempo repudiaban a las mismas en el papel de esposas. Entonces, según Leginska, una mujer no puede realmente conciliar el papel de madre y esposa con su carrera, ya que quien ejerce una actividad laboral y artística no puede ser «abnegada».

Fue principalmente en los Estados Unidos donde su éxito y su popularidad alcanzaron niveles muy altos, también gracias a la espectacularidad de sus interpretaciones. El escenario se preparaba con mucho esmero y con una gran dosis de creatividad: las luces y las decoraciones se colocaban y dirigían de manera que focalizaban la atención del público en la artista. Además, lo que también atrajo público fue el inconformismo de Leginska que vestía con un estilo masculino que pronto fue imitado por sus seguidoras más jóvenes. Su modo de vestir «excéntrico» para la época fue marcado por su apariencia pequeña y juvenil, que contribuía a impresionar tanto al público como a la crítica. Ella afirmó que su propósito y su deseo era hacerse un hueco en un mundo adaptado a los hombres. Al vestir ropa masculina, las mujeres en aquella época desafiaban las expectativas del papel que teóricamente se les asignaba. Esto contrastaba fuertemente con el vestuario habitual de las virtuosas artistas de décadas anteriores, que preferían una moda que enfatizara la feminidad. En cambio, Leginska adoptó la decisión de vestir de negro, casi como si fuera una extensión de su proprio instrumento musical, y usar trajes de varón como parte integrante del espectáculo.

Claramente su aspecto no generó solo reacciones positivas. Por ejemplo, en 1915, en el New York Press se publicó un artículo titulado “Energetic English Pianiste Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves” (Una Pianista inglesa enérgica intenta con todas sus fuerzas parecerse a un hombre; lleva el pelo corto, traje masculino con manga larga). En la misma época, el neurólogo de Viena Krafft-Ebing se manifestó en contra de semejante conducta, que consideraba anormal e incluso como síntoma de un trastorno mental comparado, en su versión femenina, con los «hombres afeminados», cuyo término describía de forma denigrante a quienes tenían costumbres no del todo acordes con la virilidad. Lo que Leginska pensaba del pelo, de la ropa y, sobre todo, de la carrera reflejaba la imagen típica de «la mujer moderna» de los años Diez y Veinte: una mujer que prefería la comodidad a las reglas impuestas por la moda, que luchaba por la independencia económica de sus familiares varones, que empezaba a adoptar conductas “no adecuadas para la figura femenina”, como fumar o usar un lenguaje desinhibido. Se expuso en distintas cuestiones con sus opiniones abiertamente feministas; al contrario de Fannie Bloomfield-Ziesler (pianista de Austria, estadounidense de origen), quien “garantizó” al público que su actividad de música no interferiría con sus obligaciones domésticas. Ethel Leginska criticó fuertemente la educación de las niñas, quienes siempre estaban obligadas a respetar roles predefinidos. En cambio, consideraba crucial que desde la temprana edad se las animara a seguir su propio camino con valentía y audacia para abandonar «las sendas ya trilladas», en las que las mujeres siempre habían quedado al margen.

Así pues, la popularidad de Ethel Leginska fue vinculada no solo a sus habilidades como música y compositora, sino también a una personalidad magnética y fascinante. También como directora de orquesta atrajo mucha atención. Sus estudios en este campo, iniciados en 1923, fueron realizados con Eugen Goossens y Robert Heger, director de la Bavarian State Opera en Múnich. Leginska empezó a dirigir algunas de las orquestas más grandes e importantes de Europa: de Múnich a París, de Londres a Berlín. Debutó en los Estados Unidos en 1925 con la orquesta New York Symphony en la Carnagie Hall. Sin embargo, desde 1909 comenzó a sufrir de crisis nerviosas, así que tomó la decisión de retirarse de los conciertos como intérprete y concentrarse únicamente en la enseñanza, la composición y la dirección.También destacó en el papel de organizadora: con energía y determinación fundó la Orquesta Boston Phillarmonic, en la que se encargó tanto de la parte musical, al reclutar a los artistas, como de la parte financiera, que representaba la fuente principal de los obstáculos para la supervivencia de la orquesta. Al mismo tiempo, la Massachussetts State Federation of Women’s Club había fundado la Boston Women’s Symphony, un conjunto de músicas entre 14 y 65 años que Ethel dirigió. Desde 1926 hasta todos los años Treinta se ocupó de la dirección de muchas orquestas, incluso en el caso de óperas líricas como Madama Butterfly y Rigoletto. El 23 de noviembre de 1935, produjo y dirigió su ópera Gale. En realidad, era bastante común que, en algún punto de sus carreras, las directoras de orquestas se dedicaran a la ópera: Judith Somogi dijo irónicamente que de esa manera el público no podía verlas y no las juzgaba.

A finales de los años Treinta, su oportunidades de dirección comenzaban a reducirse. Por lo tanto, decidió regresar a Europa, donde impartió clases de piano en Londres y en París. En 1939 se trasladó a Los Ángeles donde abrió una escuela de piano y se convirtió en profesora ilustre. En 1957 dirigió nuevamente una orquesta que interpretó su primera ópera, escrita en 1932: The Rose and the Ring. Siguió enseñando piano durante el resto de su vida hasta el 26 de febrero de 1970, cuando murió en Los Ángeles.

Mary Davenport–Engberg
Laura Bertolotti




Carola Pignati

 

 I coniugi Cornwall forse non avevano idea che la loro piccola Mary, nata su un carro coperto, mentre erano in viaggio dalla California alla ricerca di un posto migliore per vivere, sarebbe diventata una valente violinista, compositrice e la prima direttrice d'orchestra del suo Paese. Alla nascita della loro bambina, il 15 febbraio 1881, il reverendo John Cornwall e la moglie Mary si stabilirono a Spokane, nello Stato di Washington, cittadina che di lì a poco più di un anno sarebbe stata raggiunta e collegata dalla ferrovia, e quando poi fu investita dal gold rush, la famosa "corsa all'oro", pervenne a un maggiore sviluppo quanto ad abitanti ed economia. Ma queste vicende interessarono solo parzialmente la piccola Mary, la cui infanzia venne segnata tristemente dalla morte della madre. Per motivi vari, su cui le fonti storiche non scendono in particolari, fu adottata dai coniugi Santell Davenport, di Mount Hope, che si trasferirono presto a Bellingham, un'altra località dello Stato di Washington, già a quel tempo importante snodo ferroviario e commerciale, che dista novanta miglia da Seattle.

Piuttosto ignara del contesto geografico in cui si trovava, Mary, che era cugina della pianista Ethel Newcomb (1875-1959) e aveva in sé, come lei, il talento per la musica, aveva già stupito gli insegnanti per la sua predisposizione a questa arte. A soli diciassette anni, l'8 agosto 1898, sposò Henry Christian Engberg, anch'egli originario di Bellingham, e con lui si trasferì in Europa dove studiò violino prima a Copenhagen, con Anton Svendsen e Christian Sandby, e poi in Germania. Tenne il suo primo concerto nel 1903 proprio a Copenhagen, a cui seguì una tournée in Europa con diverse tappe, tra cui Londra; nel 1904 si esibì a New York, ma il suo debutto da solista avvenne il sabato pomeriggio del 3 dicembre 1908 con la Seattle Symphony Orchestra al Moore Theatre della città. La coppia tornò quindi a Bellingham nel 1912 dove Mary insegnò alla locale State Normal School. Mary era nata in un periodo in cui si cominciava ad accettare il violino come strumento adatto alle donne perché nell'Ottocento le musiciste potevano esibirsi solo con strumenti che permettessero loro di mantenere una postura aggraziata e decorativa, come il pianoforte. Tuttavia la violinista francese Camilla Urso (1842-1920) cominciò a minare questo stereotipo con il suo tour negli Stati Uniti del 1852 e Maud Powell (1867-1920) non fu da meno. La strada non era del tutto spianata però Mary era almeno in buona compagnia. Inoltre per le musiciste era anche piuttosto frequente, ancora all'inizio del Novecento, riscontrare problemi di inserimento nelle orchestre, perciò Mary ebbe l'idea di formare un'orchestra mista, quanto a genere, di ottantacinque elementi, con tutti gli strumenti rappresentati, a parte oboe e fagotto, che all'occorrenza venivano ingaggiati altrove. Fu un’impresa non da poco perché, come ebbe a dire lei stessa in un articolo del maggio 1917 sulla testata The Etude, prima del suo arrivo a Bellingham esistevano solo quindici musicisti in città. Dopo il suo infaticabile lavoro, gli/le studenti di musica e in particolare di violino divennero molto più numerosi di prima.

Mary Davenport–Engberg in piedi con il suo violino
Mary Davenport–Engberg fotografata nel 1927

Nell'articolo citato, a sua firma, dal titolo Come fondare un'orchestra sinfonica locale, si legge nel sottopancia:

«Nel NordOvest degli Stati Uniti si trova Bellingham, città di trentamila abitanti. In otto anni M.me Davenport-Engberg ha istruito un'orchestra che sta attirando l'attenzione nazionale. Ella ha perciò il distintivo orgoglio di essere la prima direttrice d'orchestra sinfonica del mondo».

E Mary così scrive: «Fu come sentire una chiamata sotto il cielo e raccoglierla senza perdere tempo [...]. La nostra comunità aveva bisogno di un'orchestra e io mi diedi da fare per trovare il modo di fondarne una [...]. È mia ferma convinzione che in ogni comunità si nascondano persone con cui sviluppare e costruire un'orchestra [...]. I talenti nascosti aspettano solo il tocco magico per venire alla luce. Due sono gli elementi necessari per svilupparli, l'entusiasmo e la determinazione. Con un opportuno equilibrio tra loro, gli ostacoli spariscono e si dissolve la possibilità di fallire nell'impresa». traduzione a cura della scrivente]

Così nel 1914 Mary Davenport diresse il primo concerto della Bellingham's Symphony Orchestra, diventando perciò la prima direttrice d'orchestra sinfonica del suo Paese, se non del mondo. La svolta per allargare gli orizzonti della sua carriera musicale avvenne nel 1920 quando i coniugi Davenport decisero di trasferirsi a Seattle. La locale orchestra era segnata da problemi organizzativi e finanziari e si esibiva sporadicamente, così sembrò una bella sfida per Mary prenderne la conduzione radunando decine di musicisti tra studenti, amatori e professionisti, per un totale di novanta elementi, e formare la Seattle Civic Symphony Orchestra. L'orchestra completamente rinnovata debuttò, sotto la sua guida, il 24 aprile 1921 al Metropolitan Theatre di Seattle e si guadagnò recensioni favorevoli quanto a "livello di eccellenza sorprendentemente alto" e continuò ad esibirsi nei tre anni successivi con un buon risultato di pubblico e con il completo favore dei musicisti. Poi qualcosa cambiò dopo l'ultima esibizione del 4 maggio 1924 e i giornali dell'epoca registrarono persino commenti sfavorevoli sulla sua conduzione, ma non ci sono riferimenti che facciano pensare a preoccupazioni in tal senso da parte di Mary. Dopo una pausa di due anni, sotto la guida di Karl Krueger e il nuovo nome di Seattle Symphony Orchestra, ripresero le esibizioni. Dato il cambio di denominazione, sorsero alcune dispute storiche intorno alla facoltà di inserire Mary Davenport a pieno titolo fra i suoi direttori. Gli ultimi sviluppi di questa intricata vicenda vedono però nel 2003 la compilazione di un elenco che parte dal 1903, cioè dalla fondazione, e in quella lista, tra John Spargur, che finì il suo incarico nel 1921, e Karl Krueger, che subentrò nel 1926, si attesta saldamente la direzione da parte di Mary Davenport-Engberg, tra il 1921 e il 1924.

Mary Davenport–Engberg al pianoforte
Mary Davenport–Engberg mentre suona il violino

Intanto Mary aveva avuto e cresciuto due figli, aveva fondato e si era esibita con il Davenport-Engberg Quintet, fu cofondatrice della Seattle Civic Opera Association nel 1932 e continuò a insegnare alla sua Engberg School of Music (al n.1702 di Belmont Avenue a Seattle's Capitol Hill) fino alla morte avvenuta il 23 gennaio 1951, a Seattle. Gli importanti obiettivi che raggiunse e il suo impegno a favore delle musiciste furono di riferimento per tutto il XX secolo e segnarono un importante passo avanti per le pari opportunità in campo musicale.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Les époux Cornwall n’avaient peut-être aucune idée que leur petite Mary, née sur un char couvert, voyageant depuis la Californie à la recherche d’un meilleur endroit pour vivre, deviendrait une violoniste, compositrice et première chef d’orchestre de son pays. À la naissance de leur fille, le 15 février 1881, le révérend John Cornwall et sa femme Mary s’installèrent à Spokane, dans l’État de Washington, une petite ville qui, à un peu plus d’un an, serait rejointe et reliée par le chemin de fer, et quand elle fut frappée par la ruée, la fameuse "ruée vers l’or" aboutit à un plus grand développement en termes d’habitants et d’économie. Mais ces événements ne touchèrent que partiellement la petite Mary, dont l’enfance fut tristement marquée par la mort de sa mère. Pour des raisons diverses, sur lesquelles les sources historiques ne descendent pas en particulier, elle fut adoptée par les époux Santell Davenport, de Mount Hope, qui s’installèrent bientôt à Bellingham, une autre localité de l’État de Washington, déjà à cette importante jonction ferroviaire et commerciale, C’est à 100 km de Seattle.

Plutôt ignorante du contexte géographique dans lequel elle se trouvait, Mary, qui était la cousine de la pianiste Ethel Newcomb (1875-1959) et avait, comme elle, le talent pour la musique, avait déjà étonné les enseignants de sa prédisposition à cet art. À seulement dix-sept ans, le 8 août 1898, elle épouse Henry Christian Engberg, également originaire de Bellingham, et avec lui, elle s’installe en Europe où elle étudie le violon d’abord à Copenhague, avec Anton Svendsen et Christian Sandby, puis en Allemagne. Elle donne son premier concert en 1903 à Copenhague, suivi d’une tournée en Europe avec plusieurs étapes, dont Londres; en 1904, elle se produit à New York, mais ses débuts en solo ont eu lieu le samedi après-midi du 3 décembre 1908 avec l’Orchestre symphonique de Seattle au Moore Theatre de la ville. Le couple retourne ensuite à Bellingham en 1912 où Mary enseigne à la State Normal School. Mary était née à une époque où l’on commençait à accepter le violon comme instrument adapté aux femmes car au XIXe siècle, les musiciennes ne pouvaient jouer qu’avec des instruments qui leur permettaient de maintenir une posture gracieuse et décorative, comme le piano. Cependant, la violoniste française Camilla Urso (1842-1920) commence à saper ce stéréotype avec sa tournée aux États-Unis en 1852 et Maud Powell (1867-1920) n’est pas en reste. La route n’était pas complètement ouverte, mais Mary était au moins en bonne compagnie. De plus, au début du XXe siècle, les musiciens rencontraient souvent des problèmes d’intégration dans les orchestres, aussi Mary eut-elle l’idée de former un orchestre mixte de quatre-vingt-cinq éléments, avec tous les instruments représentés, à part le hautbois et le basson, qui étaient engagés ailleurs. Ce fut un exploit remarquable car, comme elle l’a elle-même dit dans un article de mai 1917 dans le journal The Etude, avant son arrivée à Bellingham, il n’y avait que quinze musiciens dans la ville. Après son inlassable travail, les étudiants en musique et en particulier en violon devinrent beaucoup plus nombreux qu’auparavant.

Mary Davenport–Engberg marchant avec son violon
Mary Davenport–Engberg photographiée en 1927

Dans l’article cité, à sa signature, intitulé Comment fonder un orchestre symphonique local, on peut lire dans la souabe:

«Dans le nord-ouest des États-Unis se trouve Bellingham, ville de trente mille habitants. En huit ans M.me Davenport-Engberg a instruit un orchestre qui attire l’attention nationale. Elle a donc la fierté d’être la première chef d’orchestre symphonique du monde».

Et Mary écrit ainsi : «Ce fut comme entendre un appel sous le ciel et le recueillir sans perdre de temps [...]. Notre communauté avait besoin d’un orchestre et j’ai travaillé dur pour trouver un moyen d’en fonder un [...]. Je suis fermement convaincu que dans chaque communauté se cachent des personnes avec lesquelles développer et construire un orchestre [...]. Les talents cachés n’attendent que la touche magique pour sortir. Deux éléments sont nécessaires pour les développer, l’enthousiasme et la détermination. Avec un juste équilibre entre eux, les obstacles disparaissent et la possibilité de faire faillite dans l’entreprise se dissout». traduction par l’auteur].

En 1914, Mary Davenport dirige le premier concert de l’Orchestre symphonique de Bellingham, devenant ainsi la première chef d’orchestre symphonique de son pays, voire du monde. Le tournant pour élargir les horizons de sa carrière musicale a eu lieu en 1920 lorsque les époux Davenport ont décidé de déménager à Seattle. L’orchestre local était marqué par des problèmes organisationnels et financiers et se produisait sporadiquement, il semblait donc un beau défi pour Mary d’en prendre la direction en réunissant des dizaines de musiciens entre étudiants, amateurs et professionnels, pour un total de quatre-vingt-dix éléments, et former le Seattle Civic Symphony Orchestra. L’orchestre entièrement rénové a fait ses débuts, sous sa direction, le 24 avril 1921 au Metropolitan Theatre de Seattle et a reçu des critiques favorables quant au "niveau d’excellence étonnamment élevé" et a continué à se produire dans les trois années suivantes avec un bon résultat du public et avec la faveur complète des musiciens. Ensuite, quelque chose a changé après la dernière exposition du 4 mai 1924 et les journaux de l’époque ont même enregistré des commentaires défavorables sur sa conduite, mais il n’y a aucune référence à des préoccupations de Mary à cet égard. Après une pause de deux ans, sous la direction de Karl Krueger et le nouveau nom de Seattle Symphony Orchestra, les représentations reprennent. En raison du changement de nom, des disputes historiques ont éclaté autour de la faculté d’inclure Mary Davenport à part entière parmi ses directeurs. Les derniers développements de cette histoire complexe voient cependant en 2003 la compilation d’une liste qui part de 1903, c’est-à-dire de la fondation, et dans cette liste, entre John Spargur, qui a terminé son mandat en 1921, et Karl Krueger, qui a succédé en 1926, Mary Davenport-Engberg assure la direction entre 1921 et 1924.

Mary Davenport–Engberg au piano
Mary Davenport–Engberg jouant du violon

Pendant ce temps, Mary a eu et élevé deux enfants, a fondé et joué avec le Quintet de Davenport-Engberg, a cofondé la Seattle Civic Opera Association en 1932 et a continué à enseigner à sa Engberg School of Music (au nº1702 de l’avenue Belmont à Seattle) jusqu’à sa mort le 23 janvier 1951 à Seattle. Les objectifs importants qu’elle a atteints et son engagement en faveur des musiciennes ont été de référence tout au long du XXe siècle et ont marqué une avancée importante pour l’égalité des chances dans le domaine musical.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Mr. and Mrs. Cornwall may have had no idea that their little Mary, born in a covered wagon while traveling from California in search of a better place to live, would become a talented violinist, composer and her country's first female conductor. Upon the birth of their child, on February 15, 1881, Reverend John Cornwall and his wife Mary settled in Spokane in Washington State, a town that within a little more than a year would be reached and connected by the railroad. When it was later hit by a famous "gold rush," it reached greater development as far as its population and economy were concerned. But these events only partially affected little Mary, whose childhood was sadly marked by the death of her mother. For various reasons, on which the historical sources do not go into detail, she was adopted by Mr. and Mrs. Santell Davenport, of Mount Hope, who soon moved to Bellingham, another locality in Washington State, already at that time an important railroad and commercial hub, ninety miles north of Seattle.

Rather oblivious to her geographical surroundings, Mary was a cousin of pianist Ethel Newcomb (1875-1959), who had, like her, a talent for music. Mary had already astonished her teachers by her aptitude for the art. When she was only seventeen, on August 8, 1898, she married Henry Christian Engberg, also a native of Bellingham, and with him she moved to Europe where she studied violin first in Copenhagen, with Anton Svendsen and Christian Sandby, and then in Germany. She gave her first concert in 1903 in Copenhagen, which was followed by a tour of Europe with several stops, including London. In 1904 she performed in New York, but her solo debut came on a Saturday afternoon, December 3, 1908, with the Seattle Symphony Orchestra at the city's Moore Theatre. The couple then returned to Bellingham in 1912, where Mary taught at the local State Normal School. Mary was born at a time when the violin was just beginning to be accepted as a suitable instrument for women, because in the 19th century female musicians could only perform on instruments, such as the piano, that allowed them to maintain a graceful and decorative posture. However, French violinist Camilla Urso (1842-1920) began to undermine this stereotype with her 1852 tour of the United States, and Maud Powell (1867-1920) was no different. The road was not entirely paved, but at least Mary was in good company. Still in the early twentieth century, it was also quite common for female musicians to encounter problems finding a way into into orchestras, so Mary had the idea of forming a gender-mixed orchestra, of eighty-five players, with all instruments represented except oboe and bassoon, which were hired elsewhere when necessary. This was no small feat because, as she herself had said in a May 1917 article in The Etude newspaper, there were only fifteen musicians in the city before her arrival in Bellingham. After her tireless work, the students of music and particularly of violin became much more numerous than before.

Mary Davenport–Engberg standing with her violin
Mary Davenport–Engberg photographed in 1927

In the article under her signature mentioned above, entitled How to Start a Local Symphony Orchestra, we read in the introduction:

"In the Northwest of the United States is Bellingham, a city of thirty thousand inhabitants. In eight years Madame Davenport-Engberg has instructed an orchestra that is attracting national attention. She therefore has the distinctive pride of being the world's first female symphony orchestra conductor."

And Mary writes, "It was like hearing a call from heaven and taking it up without wasting time [...]. Our community needed an orchestra, and I set out to find a way to establish one [...]. It is my firm belief that in every community there are hidden people with whom to develop and build an orchestra [...]. Hidden talents are just waiting for the magic touch to come to light. Two elements are needed to develop them, enthusiasm and determination. With an appropriate balance between them, the obstacles disappear and the possibility of failure in the undertaking vanishes."

Thus in 1914 Mary Davenport conducted the first concert of Bellingham's Symphony Orchestra, becoming the first female symphony orchestra conductor in her country, if not the world. The turning point for broadening the horizons of her musical career came in 1920 when Mr. and Mrs. Davenport decided to move to Seattle. The local orchestra was marked by organizational and financial problems and was performing sporadically, so it seemed quite a challenge for Mary to take over its conducting by gathering dozens of musicians including students, amateurs and professionals, a total of ninety players, and form the Seattle Civic Symphony Orchestra. The completely revamped orchestra debuted, under her leadership, on April 24, 1921 at Seattle's Metropolitan Theatre and earned favorable reviews as to a "surprisingly high level of excellence" and continued to perform over the next three years to public acclaim and complete favor with the musicians. Then something changed after her last performance on May 4, 1924, and newspapers of the time even recorded unfavorable comments about her conducting, but there are no references to suggest any such concerns on Mary's part. After a two-year hiatus, under the leadership of Karl Krueger and with a new name, The Seattle Symphony Orchestra, performances resumed. Given the name change, some historical disputes arose around whether Mary Davenport could be fully included among its directors. The latest developments in this tangled affair, however, saw in 2003 the compilation of a list starting in 1903, i.e., the founding, and in that list, between John Spargur, who ended his tenure in 1921, and Karl Krueger, who took over in 1926, Mary Davenport-Engberg's directorship between 1921 and 1924 is firmly attested to.

Mary Davenport–Engberg on piano
Mary Davenport–Engberg playing the violin

Meanwhile, Mary had and raised two children, founded and performed with the Davenport-Engberg Quintet, co-founded the Seattle Civic Opera Association in 1932, and continued to teach at her Engberg School of Music (at 1702 Belmont Avenue in Seattle's Capitol Hill district) until her death on January 23, 1951, in Seattle. The important goals she achieved and her commitment to women musicians were a landmark throughout the 20th century and marked an important step forward for equal opportunity in music.


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

Quizá el Sr. y la Sra. Cornwall no tuvieran ni idea de que su pequeña Mary –nacida en un carro cubierto mientras viajaban desde California en busca de un lugar mejor donde vivir– se convertiría en una violinista de talento, compositora y primera directora de orquesta de su país. Cuando nació su hija, el 15 de febrero de 1881, el reverendo John Cornwall y su esposa Mary se establecieron en Spokane (Washington, USA), ciudad a la que poco más de un año más tarde llegaría el ferrocarril, y que, al verse afectada por "la fiebre del oro", alcanzó un mayor desarrollo en cuanto a habitantes y economía. Pero estos acontecimientos sólo afectaron parcialmente a la pequeña Mary, cuya infancia estuvo tristemente marcada por la muerte de su madre. Por distintas razones, sobre las que las fuentes históricas no entran en detalles, fue adoptada por el Sr. y la Sra. Santell Davenport, de Mount Hope, que pronto se trasladaron a Bellingham, otra localidad del estado de Washington, ya por entonces un importante nudo ferroviario y comercial, a noventa millas de Seattle.

Poco consciente del contexto geográfico en el que se encontraba, Mary, que era prima de la pianista Ethel Newcomb (1875-1959) y tenía, como ella, talento para la música, ya había asombrado a sus profesores con su aptitud para dicha arte. Con sólo diecisiete años, el 8 de agosto de 1898, se casó con Henry Christian Engberg, de Bellingham, y con él se trasladó a Europa, donde estudió violín primero en Copenhague, con Anton Svendsen y Christian Sandby, y luego en Alemania. Su primer concierto tuvo lugar en 1903 en Copenhague, al que siguió una gira por Europa con varias paradas, entre ellas Londres; en 1904 actuó en Nueva York, pero su primer estreno como solista tuvo lugar por la tarde del sábado 3 de diciembre de 1908 con la Orquesta Sinfónica de Seattle en el Moore Theatre de la ciudad. La pareja regresó a Bellingham en 1912, donde Mary empezó a enseñar en la Escuela Normal Estatal. Mary nació en una época en la que el violín empezaba a aceptarse como instrumento adecuado para las mujeres, ya que en el siglo XIX las músicas sólo podían tocar instrumentos que les permitieran mantener una postura grácil y decorativa, como el piano. Sin embargo, la violinista francesa Camilla Urso (1842-1920) empezó a desmentir este estereotipo con su tour de 1852 por Estados Unidos y Maud Powell (1867-1920) no fue menos. El camino no estaba libre de obstáculos, pero Mary al menos se encontraba en buena compañía. También era bastante común, a principios del siglo XX, que las mujeres tuvieran problemas para integrarse en las orquestas, así que a Mary se le ocurrió la idea de formar una orquesta mixta de ochenta y cinco músicos y músicas, en la que estuvieran representados todos los instrumentos, salvo el oboe y el fagot, que se reclutaban solamente cuando era necesario. No fue una hazaña sencilla porque, como ella misma dijo en un artículo de mayo de 1917 publicado en The Etude, antes de su llegada a Bellingham sólo había quince músicos en la ciudad. Tras su incansable labor, el número de estudiantes de música y, en particular, de violín aumentó mucho respecto al pasado.

Mary Davenport–Engberg de pie con su violín
Mary Davenport–Engberg fotografiada en 1927

En el subtítulo del artículo citado, firmado por ella, titulado Cómo fundar una orquesta sinfónica local, leemos:

«En el noroeste de Estados Unidos se encuentra Bellingham, una ciudad de treinta mil habitantes. En ocho años, Mme Davenport-Engberg ha formado una orquesta que atrae la atención nacional. Tiene el orgullo de ser la primera directora de orquesta sinfónica del mundo».

Y así lo escribe Mary: «Fue como oír una llamada bajo el cielo y atenderla sin perder tiempo [...]. Nuestra comunidad necesitaba una orquesta y trabajé duro para encontrar la manera de fundarla [...]. Creo firmemente que en cada comunidad hay personas con las que desarrollar y construir una orquesta [...]. Hay talentos ocultos esperando a que salga a la luz el toque mágico. Para desarrollarlos se necesitan dos elementos: entusiasmo y determinación. Con un equilibrio adecuado entre ellos, los obstáculos desaparecen y la posibilidad de fracaso se disuelve».

Así que en 1914 Mary Davenport dirigió el primer concierto de la Orquesta Sinfónica de Bellingham, convirtiéndose de este modo en la primera directora sinfónica de su país, mejor aún del mundo. El momento decisivo para ampliar los horizontes de su carrera musical llegó en 1920, cuando el Sr. y la Sra. Davenport decidieron trasladarse a Seattle. La orquesta local tenía problemas organizativos y financieros y actuaba esporádicamente, por lo que a Mary le pareció todo un reto asumir su dirección reuniendo a docenas de músicos y músicas entre estudiantes, aficionados/as y profesionales, hasta un total de noventa músicos y músicas, y formar la Orquesta Sinfónica Cívica de Seattle. La orquesta, completamente renovada, debutó bajo su dirección el 24 de abril de 1921 en el Metropolitan Theatre de Seattle y obtuvo críticas favorables por su "asombroso nivel de excelencia", y siguió actuando durante los tres años siguientes con el beneplácito del público y el favor absoluto de los músicos y las músicas. Algo cambió después de la última representación, el 4 de mayo de 1924: los periódicos de la época llegaron incluso a registrar comentarios desfavorables sobre su dirección, pero no hay referencias a ninguna preocupación de este tipo por parte de Mary. Tras un descanso de dos años, bajo la dirección de Karl Krueger y el nuevo nombre de Orquesta Sinfónica de Seattle, se reiniciaron las actuaciones. Dado el cambio de nombre, surgieron algunas disputas históricas sobre si Mary Davenport debía ser incluida entre los directores y las directoras. Sin embargo, los últimos acontecimientos en este enrevesado asunto vieron la recopilación en 2003 de una lista que comienza en 1903, es decir, desde su fundación, en la cual se pueden leer los nombres de John Spargur –que terminó su mandato en 1921–, Karl Krueger –que asumió el cargo en 1926–, hasta la dirección de Mary Davenport-Engberg que queda firmemente establecida entre 1921 y 1924.

Mary Davenport–Engberg al piano
Mary Davenport–Engberg tocando el violín

Mientras tanto, Mary había tenido y criado a dos hijos, fundado y actuado con el Quinteto Davenport-Engberg, cofundado la Asociación de la Ópera Cívica de Seattle en 1932 y siguió enseñando en su Escuela de Música Engberg (en el 1702 de Belmont Avenue, en el Capitol Hill de Seattle) hasta su muerte, el 23 de enero de 1951, en Seattle. Los importantes objetivos que alcanzó y su compromiso con las mujeres músicas marcaron un hito en todo el siglo XX y supusieron un importante paso adelante para la igualdad de oportunidades en la música.

 

Sottocategorie

 

 

 Wikimedia Italia - Toponomastica femminile

    Logo Tf wkpd

 

CONVENZIONE TRA

Toponomastica femminile, e WIKIMEDIA Italia