di Barbara Belotti

Le vie di Ascoli Piceno si trovano quasi tutte nel centro storico e sono legate alla tradizione e alla storia della città, non ci sono intitolazioni a figure femminili di livello nazionale e internazionale.

Nei nuovi quartieri più periferici l’odonomastica ha scelto altro e nessuna via femminile è sorta fra i palazzi moderni, tranne piazza dell’Immacolata. Rimane il reticolo delle antiche vie medievali - le “rue” - a conservare tracce di memoria femminile. Le divinità pagane Ancaria, Cupra e Vesta, venerate ad Ascoli e nel suo territorio, sono il richiamo alle più antiche origini religiose della città. La prima dea non era riconosciuta a Roma, della seconda esisteva un santuario lungo la costa adriatica (nell’attuale cittadina di Cupra Marittima), mentre alla terza era forse dedicato il tempio romano del I secolo a.C. i cui resti si trovano proprio all’inizio della strada. Non lontano dalla via di Vesta, ecco via delle Convertite che ricorda le prostitute tornate ad una vita più morigerata. Proseguendo verso il “salotto della città”, piazza del Popolo, si incontra una piccola rua dedicata alla miniaturista ascolana Giovanna Garzoni, accademica di San Luca, che ha lavorato sia per la corte dei Savoia, per il Granducato di Toscana e anche a Napoli. Giovanna fu una donna autonoma e un’artista valente che mise a punto uno stile particolare, una sorta di “pointillisme antico”, realizzato accostando il colore con delicati tocchi di pennello vibranti sulla superficie della pergamena. Al momento della morte lasciò tutti i suoi averi, probabilmente piuttosto ingenti, all’Accademia in cambio della concessione a essere sepolta nella chiesa dei SS. Martina e Luca a Roma. Dopo la sua scomparsa la memoria di Giovanna Garzoni si perse in breve tempo, destino comune a numerose artiste: l’intitolazione della rua è, insieme a quella di una breve via periferica nella capitale e a una via napoletana, l’unico omaggio urbano alla sua figura. Dopo aver attraversato piazza del Popolo e percorso via d’Ancaria, si giunge in piazza Santa Maria Intervineas dominata dall’omonima chiesa medievale. Qui si trovano due intitolazioni molto diverse fra loro. Uno è il largo delle Partigiane Picene, più volte danneggiato da atti vandalici che hanno reso la scritta non leggibile chiaramente. Dalla parte opposta via delle Canterine fa rivivere la tradizione delle donne che, nella bella stagione, si sedevano sull’uscio di casa e cantavano mentre erano intente a rammendare, fare la calza, ricamare e pulire le verdure per la cena. Andando verso la chiesa di San Pietro Martire si raggiunge Via delle Donne il cui nome deriva dalla piazza dove si svolgeva, nel Medioevo, il mercato frequentato dalle donne della città. Quella piazza, ora dedicata a Ventidio Basso, uomo politico e generale della Repubblica romana nel 1° secolo a. C. e originario di Ascoli, era già presente in una pianta del 1646 con il toponimo Platea Mulierum. Oltre alla strada in città sorge anche la Chiesa delle Donne con annesso, in passato, un convento. Poco distante una targa ricorda Elisabetta Trebbiani, poeta della seconda metà del XIV secolo che gli storici locali ricordano come una donna attiva nella vita pubblica del tempo e forse anche guerriera. Della produzione di Elisabetta si ricorda un sonetto dedicato alla letterata fabrianese Livia di Chiavello; Giuseppe Marinelli scrive che “fu anche un’intrepida e valente guerriera, partecipando alle risse che scoppiavano fra le fazioni rivali in abito virile e armata di tutto punto, incurante dei pericoli ai quali la esponevano questi cimenti”. Sono guerriere anche Flavia Guiderocchi e Menichina Soderini alle quali la città ha intitolato due rue. Flavia e Menichina appartenevano a famiglie potenti della città, entrambe presero parte, nel 1459, all’impresa delle truppe ascolane contro Giosia Acquaviva, duca d’Atri; al rientro, dopo la vittoria, vennero accolte con grandi onori. Di tutt’altro sapore la vicina via dedicata alle Concezioniste, religiose che si dedicavano alle educazione delle ragazze. Attraversato il fiume Tronto e percorso l’imponente ponte romano si giunge al lavatoio pubblico del quale si conservano la struttura ad archi e le vasche in pietra. Qui una iscrizione del 1677 ancora ricorda “NON SI IMPEDISCA ALLE DONNE IL LAVAR PANNI SOTTO PENA DI SCUDI TRE”. Le lavandaie sono scomparse da tempo ma la targa ci ricorda ancora il lavoro faticoso che molte donne, il più delle volte contadine, svolgevano oltre le gravose mansioni di ogni giorno: lavorare nei campi ed occuparsi degli animali, provvedere alla vita domestica e alla cura della casa, dei numerosi figli e degli anziani. Spesso si recavano al fiume percorrendo sentieri scivolosi, restavano chine per ore sui massi a pulire la biancheria delle famiglie benestanti, fredda o calda che fosse la giornata. A loro la città ha dedicato anche una rua. Infine una curiosità: piccola e un po’ decentrata esiste anche una stradina dedicata alla Befana.