L’anno “toponomastico” 2012 del Comune di Roma si era chiuso con la significativa intitolazione di un ponte a Settimia Spizzichino, morta nel 2000, una delle ultime testimoni degli orrori nazisti e una delle poche superstiti della retata del 16 ottobre 1943 nel Ghetto. Il nuovo nome al ponte, un’opera moderna nel quartiere Ostiense, rilanciava la memoria femminile e insieme la memoria di ciò che è stato e mai più dovrà tornare; la costruzione sembrava potesse quasi assumere forti valori simbolici, forma concreta proiettata al di là, verso nuove proposte e buone pratiche, un auspicio per il futuro.  Targa-Spizzichino full.jpg

Non è stato così. Riassumo a tutte e a tutti le decisioni prese dalla Giunta Capitolina in materia di toponomastica cittadina nei primi mesi del 2013. Sono 21 le nuove intitolazioni deliberate dal Comune, di queste 17 sono strade e le altre 4 riguardano parchi e giardini. Ai nomi maschili sono state riservate 13 intitolazioni, alle donne sono state assegnate 4 nuove aree di circolazione, lo stesso numero dei toponimi cosiddetti neutri. Anche su questo punto bisogna fare qualche precisazione. Le prime due figure femminili, ricordate da queste recenti deliberazioni comunali, sono protagoniste del modo epico.

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Michela Fioretti è stata uccisa dall'ex marito sulla rampa di un viadotto che porta il nome di una brillante archeologa americana: Zelia Nuttal. Pochi giorni prima del delitto, avevamo fotografato la targa del cavalcavia per inserirla nella mostra di Toponomastica femminile realizzata per la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Quando la vita di Michela è fuggita da quel ponte, il 18 aprile, si è portata via il colore della nostra foto.

Michela è l’ultima vittima della sottocultura della differenza, della disattenzione e della inadeguatezza delle istituzioni preposte alla tutela e alla sicurezza delle donne. Eppure aveva chiesto aiuto, aveva denunciato minacce e persecuzioni, aveva detto di avere paura.

Si ritorna drammaticamente al già sentito. I dati relativi ai casi di femminicidio continuano a essere allarmanti: la cronaca li registra con agghiacciante ripetitività, caso dopo caso, e arriva a 125 donne nel 2012. Una donna ogni tre giorni. Questo bollettino di guerra, che non accenna a fermarsi, denuncia una questione culturale e giuridica che non può essere differita, che non può lasciarci aprire sconsolati le braccia, mentre altri frutti criminali della sottocultura di genere maturano, invisibili, indisturbati, quasi fossero inevitabili.

Partiamo da un dato: il femminicidio è consumato nel 95% dei casi in ambiente domestico, ad opera di chi dice di amare la vittima. Il suo movente primo risiede nell'incapacità del partner di accettare la differenza che la compagna esprime rispetto al modello che lui le attribuisce: è indipendente, ha, desidera o cerca spazi altri. Non rispetta, dunque, il codice di comportamenti e regole segnate dalla sottocultura della dispari relazione uomo-donna alimentata da una tradizione di potere maschile. Un paradigma si ripete tragicamente: lui la ama e non può accettare di perderla. Lei non è come lui vuole che sia e questo fa paura. Fanno paura l’autonomia e la libertà di scelta, o anche soltanto l’aspirazione alla libertà, la distanza dal modello\stereotipo culturale che lui eredita dalla cultura patriarcale e impone. Dietro la violenza c’è sempre la fragilità dell’uomo che elimina il problema, afferma la sua forza e il suo diritto\potere di ristabilire comportamenti rassicuranti, punendo la donna che si sottrae alle sue leggi non scritte, fino a toglierle la vita.

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Dalla storia di una lenta e complessa riqualificazione alle polemiche dei minisindaci Catarci e Paris che non sono stati invitati all'inaugurazione del Ponte della Scienza. Fino alla proposta di omaggiare il ricordo del premio Nobel, che arriva dai Municipi XI e XV e dal gruppo di ricerca 'Toponomastica Femminile'. Addio-a-Rita-Levi-Montalcini full

A distanza di oltre due millenni dal primo i Romani costruiscono ancora ponti sul Tevere e, dopo 13 anni dal Concorso di idee per la sua realizzazione, il nuovo ponte della Scienza sarà presto inaugurato. Collegherà il quartiere Portuense e l’Ostiense ed è già stata avanzata in questi giorni dai Municipi XI e XV e dal gruppo di ricerca “Toponomastica Femminile” una proposta di intitolazione alla scienziata Rita Levi Montalcini, recentemente scomparsa.

I RITARDI NELLA REALIZZAZIONE - Nel 1999 la giunta Rutelli promosse un Concorso Internazionale di idee per la realizzazione di due ponti sul Tevere: il ponte della Scienza tra i quartieri Portuense e Ostiense e il ponte della Musica, inaugurato nel 2011 nel quartiere Flaminio ove connette l'Auditorium di Renzo Piano e il Museo Maxxi di Zaha Hadid.Il progetto vincitore per il ponte della Scienza fu quello degli architetti Maximiliano Pintore, Gianluca Andreoletti e Stefano Tonucci di Studio APsT Architettura per la realizzazione di una struttura asimmetrica lunga 140 metri e larga 10 che avrebbe connesso la Cittadella della Scienza, nel frattempo scomparsa dai piani di sviluppo dell’Urbe. I lavori hanno avuto inizio nel novembre 2008 e la prima ipotesi circa la loro conclusione si riferiva all’aprile 2011. Il varo del ponte, invece, è avvenuto il 2 marzo 2012 e la data di fine lavori prevista per il maggio dello stesso anno ha oltrepassato la soglia del 2013.

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Sono trascorsi 8 mesi dall’esordio della rubrica “Toponomastica femminile” su Paese Sera. Dal 1° Aprile scorso abbiamo accompagnato l’allora neonato progetto Toponomastica femminile (http://www.toponomasticafemminile.it/) ospitando ogni domenica i contributi delle ricercatrici, costruendo settimana dopo settimana un archivio della memoria. logo-prv full

L'idea di censire le vie dedicate alle martiri dell'antifascismo è venuta alla venticinquenne Giulia Salomoni, un'emiliana cresciuta tra strade dedicate a staffette e combattenti. Ha imparato a conoscerne nomi ed azioni fin da piccola e dunque a mantenerne viva memoria: un esempio utile a ribadire, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il ruolo fondamentale che le scelte toponomastiche giocano nell'educazione delle giovani generazioniL’obiettivo è stato, fin da principio, quello di compiere un viaggio a piedi tra i quartieri di Roma alla scoperta delle “strade delle donne” e delle storie ad esse legate: in 44 puntate abbiamo attraversato la città da Boccea all’Eur, dal Tufello alla Tuscolana, correndo sui sampietrini assolati del centro storico e tra i viali ombrosi di villa Pamphili.

Ciascun municipio è stato protagonista di due uscite: nella prima sono stati presentati i dati relativi ai luoghi già intitolati a figure femminili, mentre nella seconda sono state avanzate tre nuove proposte per future dediche. Considerando anche gli eventi speciali, legati al progetto “Partigiane in Città” in occasione del 25 Aprile e alla campagna per l’intitolazione di una strada di Monteverde a Miriam Mafai, ogni appuntamento ha raggiunto migliaia di visualizzazioni e condivisioni promuovendo sensibilmente il tema dell’odonomastica femminile in città.

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La Costituzione è femmina. Ed è stata scritta anche dalle donne. Tra i 558 eletti all'Assemblea Costituente durante le elezioni libere del 1946, le prime a suffragio universale, c'erano infatti 21 deputate in rappresentanza di quattro gruppi parlamentari: socialista, comunista, democratico cristiano e dell'Uomo Qualunque. costituzione-donne full

La presenza femminile in un contesto fino a quel momento proibito suscitò grande curiosità e i media dell'epoca s'impegnarono in dettagliate descrizioni delle mise indossate dalle parlamentari: cosa che, a dir la verità, si ripete spesso anche ai nostri giorni, per fortuna non più per lo stupore di vedere una donna occupare uno scranno, e purtroppo perché in certi casi la scelta dell'abito è la cosa più interessante da dire sulle attività della eletta.

ECCO COME VENIVANO RACCONTATE LE DONNE - Non apparve dunque strano che le colonne del “Risorgimento liberale” il 26 giugno 1946, il giorno dopo la prima seduta della Costituente, riferissero a proposito di Bianca Bianchi, prima delle elette con 15.000 voti: "Vestiva un abito colore vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo.

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Forse crediamo di sapere già tutto quel che c'è da conoscere sul 25 aprile, convinti che le pagine dei libri di scuola e i documentari in televisione abbiano rivelato ciò che val la pena sapere sui giorni che cambiarono l'Italia 67 anni fa. Eppure a sfogliare "Partigiane in città", il poderoso lavoro compiuto dal gruppo di ricerca "Toponomastica femminile" sulle donne protagoniste della Resistenza, ci si rende conto subito di aver perso un pezzo importante di storia. Almeno finora. Partigiane-in-citta full

L'idea di censire le vie dedicate alle martiri dell'antifascismo è venuta alla venticinquenne Giulia Salomoni, un'emiliana cresciuta tra strade dedicate a staffette e combattenti. Ha imparato a conoscerne nomi ed azioni fin da piccola e dunque a mantenerne viva memoria: un esempio utile a ribadire, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il ruolo fondamentale che le scelte toponomastiche giocano nell'educazione delle giovani generazioni.

La proposta di Giulia ha preso il volo sulla rete e nelle ultime settimane le ricercatrici guidate da Maria Pia Ercolini hanno coperto l'intera rete stradale nazionale. Il risultato di questo intenso studio, costato non poche ore di sonno alle attiviste volontarie, è disponibile proprio dal 25 aprile sul sito www.toponomasticafemminile.it:

un lungo elenco di nomi e biografie, racconti di vita e di morti cruente che riportano alla giusta dimensione, quella del ricordo granitico e non occasionale, le azioni coraggiose di migliaia di donne che fecero dell'antifascismo e della lotta per la libertà la ragione del proprio esistere.

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Su oltre sedicimila vie cittadine, soltanto 600 invocano memorie femminili. Le donne impegnate nel progetto per rimodulare i nomi di strade e piazze delle città italiane lanciano una campagna per dedicare una via di Roma alla giornalista e scrittrice appena scomparsa. Un reportage a Villa Pamphili.

"Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità!” Miriam-Mafai-01-Salvatore-Contino full

Le parole di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, pronunciate nel 1866, sembrano restare lettera morta per le amministrazioni comunali del nostro Paese, e Roma non presta loro maggiore attenzione: bambine e ragazze dei Municipi romani, nel loro andirivieni quotidiano, incontrano spesso modelle e manichini, madonne e martiri, sante e beate, ma raramente s’imbattono nel nome di scienziate, imprenditrici, artiste, sportive… Su oltre sedicimila vie cittadine, soltanto 600 invocano memorie femminili.

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L’esperienza del gruppo Toponomastica femminile ci costringerà a rivedere il nostro concetto di “valanga rosa”, non c’è dubbio. Come chiamereste voi, altrimenti, duemila donne armate di piante topografiche che analizzano gli stradari italiani per evidenziare la presenza di intitolazioni femminili? Occhi che perlustrano i nomi delle vie, dita veloci sulla tastiera del pc a comporre i nomi e cognomi utili per la ricerca, mentre il telefono squilla e le mette in contatto tra loro. E quelle che fino a ieri erano perfette sconosciute sono diventate, d’un tratto, compagne di studio e attivismo.

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 La storia

La prima è stata Maria Pia Ercolini, esperta di didattica di genere e docente di geografia turistica dell’Istituto Giulio Verne. Nelle sue ricerche sui percorsi femminili a Roma ha iniziato a censire le “strade delle donne” e ha notato la grande differenza tra queste e quelle intitolate agli uomini: solo il 3 per cento di vie, piazze, giardini della capitale, infatti, ricorda una donna.

Già nel 2000 M. Camilla Briganti aveva fornito alcuni dati interessanti a riguardo nell'introduzione al volume Le donne di Roma. Le strade della capitale dedicate alle donne:

Su 14.270 strade, 336 sono dedicate alle donne. In alcuni quartieri della città si trovano concentrazioni di vie e piazze intitolate a donne accomunate da analoghi destini, interessi, attività. Gianicolense è il quartiere delle benefattrici, che affiancano sindacaliste e giuriste; Parioli ricorda alcune risorgimentali, mentre le donne della Resistenza popolano le strade di Boccea, alle porte di Roma; Montesacro segnala artiste di musica e teatro. Cantanti liriche a Primavalle, pittrici e miniaturiste a Tor Sapienza e Tor Bellamonaca; educatrici a Rebibbia, assistenti ai carcerati a Ponte Mammolo.

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