ArtemisiaGentileschi

 

E' bassissimo il numero delle strade dedicato a figure di donne. In tutta la Sicilia meno del 5 per cento. E a Racalmuto non c'è una strada dedicata a suor Cecilia Basarocco, che si dedicò all'assistenza medica e sanitaria dei bisognosi.

 

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8marzo

 

La Festa della Donna viene spesso associata al terribile incendio che a New York uccise 126 donne. Un equivoco storico, visto che il disastro si verificò in realtà il 25 marzo. E tra quelle vittime c'erano molte siciliane. La ricostruzione di Ester Rizzo che ha scritto il libro "Camicette bianche", presto in uscita per Navarra Editore.

 

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Rosina, Anna, Francesca, Illuminata, Clementina nacque a Termini Imerese il 23 dicembre 1815 da Giuseppa Sciarrino e dal tenente colonnello Giuseppe Salvo.

 

Sin da piccola dimostrò di avere un carattere ribelle e insofferente alle imposizioni. Restò orfana di madre a soli dodici anni e fu affidata alle cure dei nonni paterni. Fu proprio il nonno a insegnarle i primi versi che poi la ragazzina recitava dinanzi agli amici. Quando fu inviata in un monastero termitano, la sua vivacità non le fece tollerare la rigida disciplina del convento e Rosina bisticciava spesso con le monache per le quali componeva versi satirici che, beffardamente, affiggeva nelle loro celle. Pur essendo credente mal sopportava quella religiosità alleata di ozio e clausura. Ben presto le monache non riuscirono più a domarla e il padre fu costretto a ritirarla dal convento e la portò a Messina dove fu affidata alle cure di Madame De Chateneuf, una gentildonna francese molto istruita.

 

A diciott’anni si sposò con il barone Gioacchino Muzio Ferreri, un marito che non ostacolava le sue letture un po’ sovversive né la sua vena poetica. Da questo matrimonio nacquero quattro figli, ma purtroppo tre morirono in tenera età.

 

Rosina frequentò i salotti palermitani e molti intellettuali legati ai moti risorgimentali. Costituì una delle prime associazioni femminili siciliane, “La Legione delle Pie Sorelle”, che coordinava gruppi di donne dedite ad opere di carità e all’istruzione delle donne del popolo che non potevano accedere agli studi.

 

Fu un’attiva propagandista clandestina a favore dei patrioti mazziniani e più volte rischiò di essere arrestata. Diventò  pure corrispondente della “Ruota”, un giornale letterario e scientifico.

 

Nel 1843 si separò dal marito e tornò nella casa paterna portando con sé l’unica figlia sopravvissuta. Lì, avendo ampia libertà d’azione, dimenticò le proprie sventure. A Termini conobbe Baldassarre Romano, dotto archeologo, che la spronò ad accostarsi al genere del racconto. Nei suoi versi sottolineò come “la donna sia migliore dell’uomo perché poco sedotta da ambizioni. Se le si ferisce il cuore diventa una iena ma avrà sempre un’indole meno ferina dell’uomo che bacia per tradire e agogna il potere per calpestare”.

 

Nel 1856 iniziò a collaborare al giornale genovese “La donna” dove, in All’erta, sorelle, all’erta, identifica l’uomo con Satana che, celandosi sotto svariate e seducenti forme, non si stanca mai di insidiare le donne. Firmò anche un articolo contro il ministro Giuseppe La Farina accusandolo palesemente di essere un incompetente. Lo scalpore che seguì costrinse Rosina a “lasciare il palcoscenico della politica agli uomini”. Morì nel 1866 a soli cinquant’anni, potendo così salutare con gioia l’Italia una e libera che aveva a lungo agognato.

 

Rosina è stata, oltre che una poetessa, una donna attiva nel contesto storico della prima metà dell’Ottocento. Lottò per l’emancipazione della donna dalla soggezione e dall’ignoranza, lottò per eliminare la prostituzione.

 

 


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