Giardino Emilia Mariani. Chi l’ha visto?

La risposta, a questa domanda, è: nessuno. O meglio: le poche persone che, per lavoro o per… malsana curiosità, come si potrebbedire della sottoscritta, sono andate a spulciare l’elenco delle aree verdi di Torino, scoprendo appunto che sette anni fa un giardino di Mirafiori Nord, Circoscrizione 2, è stato intitolato a questa figura femminile. Ma non lo sa nessuno, perché c’è la delibera, ma la targa non c’è.
Nata a Torino nel 1854, Emilia Mariani legò il suo nome alle battaglie per i diritti sociali e politici delle donne. Maestra elementare, lottò per l’equiparazione delle retribuzioni tra i due sessi e nel 1906 fu tra le fondatrici del Comitato torinese per il voto alle donne, che in seguito, alla vigilia  della prima guerra mondiale, confluì, anche per suo impulso, nel movimento interventista.
Personaggio controverso, ma comunque significativo della Torino tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, questa pioniera dell’emancipazione femminile, ricordata nella toponomastica di Rimini, è stata invece dimenticata fino ad anni recenti dalla città che le diede i natali.
Ma cerchiamo di ricostruire l’iter di questa intitolazione fantasma.
Il 7 gennaio del 2007 il quotidiano “La Stampa” riporta la notizia che la Presidente della Commissione pari opportunità Monica Cerutti ha scritto al Presidente del Consiglio comunale proponendo due nomi femminili cui intitolare aree di circolazione cittadine, quelli di Camilla Ravera e di Emilia Mariani, appunto, ma soprattutto per chiedere “che ad ogni intitolazione maschile ne corrisponda una al femminile”.
Il titolo, pelosetto come spesso risultano essere quelli del quotidiano torinese per notizie di cui si vuole sottolineare una supposta scarsa significatività (senza peraltro portare argomenti a sostegno di tale opinione) è “La via en rose, sogno dell’ulivista”. E ambiguo risulta essere anche il commento, dal momento che all’anonimo autore dell’articolo quello di Cerutti sembra “di certo un invito rivolto alle donne, di darsi da fare per passare più rapidamente alla storia di quanto fatto finora”. Che si vuole dire? Che le donne finora hanno fatto poco per entrare nella storia ( e quindi non ne hanno diritto)? O hanno fatto poco per farsi riconoscere la loro azione? Non si capisce bene. Quello che è chiaro, è il tono di sufficienza del giornalista. E non a caso uso il termine al maschile.
Il 25 settembre del 2007 la Commissione toponomastica decide l’intitolazione a Emilia Mariani del giardino compreso tra piazza D. Livio Bianco, piazza Giovanni XXIII e via Don Grioli e nel 2008 la delibera viene approvata dalla Giunta. Ma l’apposizione della targa e la relativa cerimonia di intitolazione non ci saranno mai.
Ma c’è da stupirsi, se il giudizio della cosiddetta “opinione pubblica” torinese è quello che riporta il quotidiano “La Stampa”?
E oggi, dopo sette anni, la situazione è cambiata? Ne dubitiamo, perché di fronte a una lodevole iniziativa della Presidente della Camera Boldrini per rispondere alla richiesta delle donne, che le istituzioni diano l’esempio di un linguaggio meno sessista, si leva, sempre da Torino, la voce di Luciana Littizzetto, nella trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”. Alla simpatica comica torinese questa iniziativa fa addirittura “cadere le balle”, perché le cose che interessano alle donne, naturalmente, “sono altre”. Le cose più importanti sono sempre “altre”, così non dobbiamo sentirci in colpa se non si fanno neanche quelle meno importanti.
E il giardino a Camilla Ravera è stato intitolato anche quello per finta?
Magari non è importante, ma lo verificheremo lo stesso.