Simone Jacob Veil
Sara Marsico



Martina Zinni

 

Simone Jacob, coniugata Veil, è stata definita dal Parlamento europeo, in occasione della sua scomparsa avvenuta il 30 giugno 2017, “coscienza d’Europa” e da questa definizione occorre partire se si vuole descrivere il percorso esistenziale, politico e culturale di una grande Madre fondatrice dell’Unione europea. Nata a Nizza in una famiglia benestante di religione ebraica, trascorre una vita felice seguendo i consigli della madre, che avvia le figlie e il figlio allo studio e all’indipendenza economica attraverso il lavoro. Purtroppo la serenità familiare comincia a vacillare nel 1943, quando lei stessa diviene oggetto di discriminazioni, è allontanata dalla scuola ed è costretta a presentarsi, l’anno dopo, come privatista, agli esami di maturità, che consegue il 29 marzo del 1944. Il giorno seguente viene arrestata per essere trasferita, insieme ad alcuni membri della sua famiglia, ad Auschwitz Birkenau. Il padre e il fratello saranno deportati con l’inganno in Lituania, a Kaunas, dal cui campo di sterminio non faranno più ritorno. Ad Auschwitz Simone, che non dichiara di essere maggiorenne e anche per questo riesce a sfuggire alla camera a gas, viene spostata prima al sottocampo più leggero di Bobrek, grazie all’interessamento di una Kapò che la prende in simpatia e poi a Bergen Belsen, dove sarà assegnata alla cucina delle SS. Nel campo di sterminio perderà la madre, mentre le due sorelle, una delle quali deportata a Ravensbruck come appartenente alla Resistenza, riusciranno come lei a sopravvivere. L’esperienza della deportazione segnerà profondamente Veil, che vedrà nella riconciliazione franco-tedesca e nell’Europa unita e sovranazionale l’unica via da percorrere per evitare il ripetersi degli orrori della guerra e dello sterminio nazista. Ecco alcune delle sue parole: «Quello che per me è stato determinante, dopo la tragedia che ho vissuto, era l’idea che se vogliamo evitare il ripetersi di una simile barbarie, l’unica soluzione è arrivare a riconciliarci costruendo insieme un’entità europea. È indispensabile, qualunque siano i nostri sentimenti personali, riuscire a non dimenticare né a nascondere il passato, ma fare di tutto perché le generazioni a venire non patiscano quello che abbiamo vissuto noi». E soprattutto: «La costruzione di un’Europa fondata sulla riconciliazione e sulla pace» è «la sola via da percorrere».

Avversa allo strapotere degli Stati-nazione e a tutti i nazionalismi, tornata in Francia, a Parigi, nel 1945, sembra voler bruciare tutte le tappe per recuperare il tempo di vita sottrattole nei lager: si iscrive al Paris Institute of Political Studies, anche noto come Sciences Po, dove si laurea in legge e scienze politiche. Intanto, giovanissima, a 19 anni, sposa Antoine Veil, con cui avrà tre figli, quasi a volere risarcire il mondo della perdita delle sue persone più care. Entrata in Magistratura, concentrerà i suoi sforzi a migliorare le condizioni delle persone detenute ed in particolare delle donne. Dal 1957 al 1959 diventa poi consigliera tecnica per i problemi giuridici del Ministro Pleven. Nel 1964 si dedicherà alla politica, come Ministra della salute, prima della storia francese, nei Governi Chirac e Barre, battendosi in difesa dei diritti femminili, per la lotta al tabagismo, la ricerca sui vaccini, la contraccezione, le farmacie veterinarie. Veil dovrà affrontare un dibattito molto duro e spietato in Parlamento: un deputato si spingerà addirittura a depositare un feto sotto formalina sui banchi del Governo, nel tentativo di scatenare la reazione della destra conservatrice. Né questo gesto, né la scritta ” Veil=Hitler” sulla porta di casa sua, né gli insulti alla sua persona fermeranno la Ministra: la legge sulla depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza sarà ricordata come Loi Veil e sarà la prima su questo tema approvata da un Paese a maggioranza cattolica. Nel 1970 sarà la prima donna a sedere nel Consiglio Superiore della Magistratura come Segretaria. Accogliendo una proposta di Valery Giscard D’Estaing, si candiderà al Parlamento europeo, in cui, diventandone la prima Presidente, intraprenderà un’opera pionieristica di difesa strenua delle prerogative parlamentari, soprattutto in materia di bilancio, dalle pressioni del Consiglio e dei Governi in esso rappresentati. Nel suo memorabile discorso di insediamento, Simone Veil auspica la creazione di un’«Europa della solidarietà», «dell’indipendenza e della cooperazione», una «Comunità fondata su un patrimonio comune e sul comune rispetto per i valori umani fondamentali». Non dev’essere stato facile farsi rispettare come donna in una carica tanto importante e ambìta, soprattutto dagli uomini. Ce ne danno conferma le parole di Altiero Spinelli, che così ce la descrive durante il primo anno di presidenza del Parlamento della Comunità Europea: «Durante il pranzo osservo la Presidente. È una donna tesa, incapace di un gesto di buon umore o di ironia. Non sa quasi sorridere. Questo atteggiamento assertivo ma in fondo consapevole di aver impegnato tutta sé stessa senza più riserve nell’asserzione e perciò impegnata a non distrarsi in alcun modo, questo atteggiamento l’ho incontrato in alcuni uomini politici, ma più spesso in molte donne politiche... Credo che ciò sia dovuto al senso che una donna così impegnata ha di essere ancora su un terreno di fatto ancora ostile. Sente ghignare intorno a sé i maschi pronti a beffarsi di lei se non è in qualche momento all’altezza della situazione. E mi piace questa volontà concentrata di coraggio». Veil resterà nel Parlamento europeo per altre due legislature, durante le quali si concentrerà sulla protezione dell’ambiente, la tutela dei consumatori e la sanità.

Il suo grande impegno e la sua notevole capacità di lavoro continueranno per tutta la vita, a dispetto dei tanti insulti ed attacchi degli avversari politici. Nel 1993 sarà di nuovo Ministra della salute, per le politiche sociali e delle aree urbane. Nel 1998, lasciata la politica, sarà nominata Giudice del Consiglio costituzionale francese, carica che ricoprirà per nove anni, coronando una carriera caratterizzata dall’amore per la giustizia e per il diritto come strumenti per migliorare la vita delle persone. In quegli stessi anni presiederà anche la Fondazione per la Shoah. In occasione del referendum per l'approvazione della Costituzione europea del 29 maggio 2005 chiederà di essere sospesa temporaneamente dal Consiglio costituzionale per fare campagna per il voto favorevole dei francesi, purtroppo senza successo. Veil, prima Presidente del Parlamento Europeo, cui un’altra grande donna francese, Louise Weiss, decana dell’Assemblea, chiamata a presiederne la prima seduta, passò il testimone, connotando al femminile la guida dell’organo più democratico dell’allora Comunità Europea, è sepolta col marito dal 2018 al Pantheon, insieme a sole altre quattro donne. Nel passaggio di consegne tra Weiss e Veil è da riconoscere anche il passaggio dall’europeismo utopistico e avventuroso del Primo Novecento a quello istituzionalizzato, concreto e fattuale che ci porterà fino ai nostri giorni. Weiss aveva detto, in uno dei più bei discorsi che siano stati fatti al Parlamento Europeo, «Le istituzioni comunitarie hanno fatto barbabietole, burro, formaggi, vini, vitelli e anche maiali europei. Ma non hanno fatto uomini europei». Quegli uomini «bisogna rifarli». Questo compito titanico spettò a una donna, secondo cui l’Europa era chiamata a «raccogliere il guanto di tre importanti sfide: quella della pace, quella della libertà e quella del benessere». L’eredità che questa donna straordinaria ci ha lasciato è sintetizzata in quello che ha scelto di incidere sulla spada di Immortale dell’Académie Française, quando, nel 2008, vi fu ammessa: il numero di deportata ad Auschwitz-Birkenau, 78651, il motto della Francia «Liberté, Egalité, Fraternité» e quello dell’Unione europea: «Uniti nella diversità», un sorridente volto femminile, due mani intrecciate e ramoscelli d’ulivo: un insegnamento pacifista, femminista, europeista e democratico di una donna che, con coraggio e caparbietà, «ha saputo trasformare il dolore in speranza, creando un ponte tra gli orrori del nazismo e la rinascita di una nuova Europa.»( Serafin, l’Italia ricorda Simone Veil, Senato della Repubblica, Atti del Convegno del 27 luglio 2017). Proprio per questo, mai appellativo come “coscienza d’Europa” fu più calzante per questa coraggiosa combattente per i valori europei e per i diritti umani dei più deboli e delle minoranze. Nel 2018 la Francia le ha dedicato un francobollo commemorativo da 2 euro. Dal 14 marzo 2019 di lei si può ammirare una targa nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano.

 

 

Traduzione francese
Daniela Troni

Simone Jacob, mariée Veil, a été définie par le Parlement Européen le 30 juin 2017, jour de sa mort, “Ame de l’Europe” et de cette définition il faut partir si on veut décrire le parcours politique et culturel d’une Grande Mère de l’Union. Née à Nice dans une famille aisée, elle passe une vie heureuse suivant les conseils de sa mère qui adresse les filles et le fils vers les études et l’indépendance économique à travers le travail. Malheureusement le bonheur de la famille commence à basculer en 1943; les discriminations la touchent, elle doit quitter l’école et elle doit soutenir son Bac comme externe le 29 mars 1944. Le lendemain elle est déportée, avec des membres de sa famille, à Auschwitz Birkenau. Son père et son frère tombent dans un piège et seront déportés à Kaunas, en Lituanie. Ils ne retourneront jamais. A Auschwitz Simone ne déclare pas sa majorité, réussit à éviter le gaz et, grace à l’intervention d’une Kapò, est transférée d’abord à Brobek et ensuite à Bergen Belsen où elle travaillera dans la cuisine des SS. Dans ce camp elle perdra sa mère alors que ses deux soeurs, dont une déportée à Ravensbruck en tant que membre de la Résistance, réussiront à survivre. L’expérience de la déportation marquera profondément Veil, qui verra dans la réconciliation franco-allemande et dans l’Europe Unie et supranational le seul chemin à parcourir pour éviter les horreurs de la guerre et de l’extermination naziste. Voilà ses mots: «Quello che per me è stato determinante, dopo la tragedia che ho vissuto, era l’idea che se vogliamo evitare il ripetersi di una simile barbarie, l’unica soluzione è arrivare a riconciliarci costruendo insieme un’entità europea. È indispensabile, qualunque siano i nostri sentimenti personali, riuscire a non dimenticare né a nascondere il passato, ma fare di tutto perché le generazioni a venire non patiscano quello che abbiamo vissuto noi». E soprattutto: «La costruzione di un’Europa fondata sulla riconciliazione e sulla pace» è «la sola via da percorrere».

Contraire au pouvoir excessif des Etats- nations et à tous les nationalismes, une fois en France, à Paris, en 1945, elle semble bruler toutes les étapes pour récuperer le temps volé dans les lagers: elle s’inscrit au Paris Institute of Political Studies, Sciences Po, où elle aura sa maitrise en Droit et Sciences Politiques. Très jeunes, à 19 ans, elle se marie avec Antoine Veil et elle aura trois enfants, puet-etre pour dédommager le monde de la perte de sa famille. Entrée dans la Magstrature, elle fera tout effort pour améliorer les conditions des prisonniers et en particulier des femmes. Du 1957 au 1959 elle devient conseiller technique pour les problèmes juridiques du Ministre Pleven. En 1964 elle se tourne vers la politique comme Ministre de la Santé, première de l’histoire française dans les Gouvernements Chirac et Barre. Elle se battra pour les droits des femmes, la lutte contre le tabagisme, la recherche sur les vaccins, la contraception, les pharmacies vétérinaires. Veil devra faire face à un débat très dur au sein du Parlement: un député ira jusqu’à déposer un foetus en formaline sur les bancs du Gouvernement pour susciter la réaction de la Droite Conservatrice. Elle ne s’arretera ni devant ce geste ni devant le “Veil-Hitler” sur la porte de sa maison ni devant les insultes contre sa personne; la loi sur la dépénalisation de l’avortement sera rappelée comme Loi Veil et elle sera la première dans un pays catholique. En 1970 elle sera la première femme Secrétaire du Conseil Supérieur de la Magistrature. Sur proposition de Valery Giscard D’Estaing, elle posera sa candidature au Parlement Européen et elle en deviendra première Présidente. Elle commencera la défense des prérogatives du Parlement, surtout en matière de bilan, soumises aux pressions du Conseil et des Gouvernements. Dans son mémorable discours d’entrée, Simone Veil souhaite la création d’une “Europe de la solidarité”, “de l’indépendance et de la coopération, une “Communauté” fondée sur un patrimoine commun et sur le respect commun pour les valeurs humaines fondamentales”. Il ne devra pas avoir été facile de se faire respecter en tant que femme titulaire d’une charge si importante et recherchée. En effet voilà comment la décrit Altiero Spinelli pendant la première année de Présidence du Parlement de la Communauté Européenne: “Pendant le repas j’observe la Présidente. C’ est une femme nerveuse, incapable d’un geste de bonne humeur ou d’ironie. Elle ne sait pas presque sourire. Cette attitude assertive, mais au fond consciente d’avoir cru totalement à ce qu’elle soutenait, attitude que j’ai rencontrée le plus souvent auprès les femmes engagées dans la politique… Je crois que tout cela est du à la conscience d’etre dans un milieu encore hostile. Elle voit les hommes qui se moquent d’elle quand elle n’est pas à la hauteur. J’apprécie cette volonté de courage”. Veil restera au sein du Parlement Européen encore pour deux législatures pendant lesquelles elle se concentre sur la protection de l’environnment, la tutelle des consommateurs et la santé.

Son grand engagement et sa capacité de travail continueront pendant toute sa vie, en dépit des insultes et des attaques de ses adversaires politiques. En 1993 elle sera encore Ministre de la Santé, pour les politiques sociales et des Aires Urbaines. En 1998, une fois quittée la politique, elle sera nommée juge du Conseil Constitutionnel français pour neuf ans. De cette façon elle couronnera une carrière caractérisée par l’amour pour la justice et pour le droit, instruments pour améliorer la vie des gens. Pendant ces années elle sera aussi Présidente de la Fondation pour la Shoah. A l’occasion du réferendum pour l’approvation de la Constitution Européenne du 29 mai 2005 elle demandera d’etre suspendue temporainement du Conseil Constitutionnel pour s’engager à faveur du vote favorable des français, malheureusement sans succès. Veil, première Prèsidente du Parlement Européen, à laquelle une autre femme française, Louise Weiss, doyenne de l’Assemblée, passa le témoin, est enterrée avec son mari au Panthéon depuis 2018, avec seulement quatre autres femmes. Dans le passage de Weiss à Veil on reconnait aussi le passage de l’européanisme utopique et aventureux des premières années du siècle à l’européanisme institutionnalisé, concret et factuel de nos jours. Weiss, dans l’un des plus beaux discours du Parlement Européen, avait dit: “Les insitutions européennes ont fait des betteraves, du beurre, des vins, des veaux et meme des cochons européens. Mais elles n’ont pas fait des hommes européens”. Ces hommes “Il faut les refaire”. Cette énorme tache sera d’une femme, elle dira que l’Europe devait: “affronter trois défis importants: la paix, la liberté et le bien-etre”. L’ héritage que cette femme extraordinaire nous a laissé est tout dans les mots qu’elle a fait graver sur l’Epée d’Immortelle de l’Académie Française en 2008: son numéro de déportée à Auschwitz-Birkenau, 78651, “Liberté, Egalité, Fraternité , le devis de l’Union Eropéenne “Unis dans la différence”, le visage souriant d’une femme, deux mains croisées et des rameaux d’olivier: l’ enseignement pacifiste, féministe, européen et démocratique d’une femme qui, avec courage et volonté, “a su tranformer la douleur en espoir tout en créant un pont entre les horreurs du nazisme et la renaissance d’une Europe nouvelle”. (Serafin, l’Italia ricorda Simone Veil, Senato della Repubblica, Atti del Convegno del 27 luglio 2017). L’épithète “conscience de l’Europe” est donc plus que jamais approprié pour cette courageuse combattante pour les valeurs européennes et pour les droits humains des plus faibles et des minorités. En 2018 la France lui a dédié un timbre commémoratif de 2 euros . Depuis le 14 mars 2019 on peut admirer sa plaque dans le Jardin des Justes du monde entier de Milan.

 

 

Traduzione inglese
Irene Caldani e Syd Stapleton

Simone Jacob Veil was defined as the "Conscience of Europe" by the European Parliament on the day of her death on June 30, 2017. It is useful to start from this definition if we want to describe the existential, political and cultural path of a great founding mother of the European Union. Born on July 13, 1927 into a wealthy Jewish family in Nice, France, she spent a happy early life following the advice of her mother, who taught her daughters and her son the importance of studying and achieving economic independence through work. But family serenity was shaken badly in 1943 when Simone, as a Jew, became the object of discrimination. She was expelled from school and forced to present herself as a private student for the final exams the following year, which she sat on 29 March 1944. The following day she was arrested and transferred, together with some other members of her family, to the Auschwitz Birkenau Nazi extermination camp. Her father and her brother were deported to an extermination camp in Kaunas, Lithuania, from which they never returned. At Auschwitz, Simone lied about her age and for this reason managed to escape the gas chamber. She was first moved to the Bobrek sub-camp, thanks to the interest of a Kapo who took a liking to her, and then to Bergen Belsen, where she was assigned to the SS kitchen. Her mother died of typhus after the forced march to Bergen Belsen, while her two sisters, one of whom was deported to Ravensbruck as a member of the Resistance, managed, like her, to survive. The experience of deportation deeply marked Veil, who saw in the Franco-German reconciliation and in a united and supranational Europe the only way to avoid the repetition of the horrors of war and Nazi extermination. Here are some of her words: "What was decisive for me, after the tragedy that I experienced, was the idea that if we want to avoid the repetition of such barbarity, the only solution is to get to reconciliation by building together a European entity. It is essential, whatever our personal feelings are, not to forget or hide the past, but to do everything possible so that future generations do not suffer what we experienced.” And above all, she said, “The construction of a Europe based on reconciliation and peace is the only way forward.”

Averse to the power of the nation-states and to all nationalisms, she returned to France, to Paris, in 1945, and seemed to want to take steps to recover the time taken away from her in the concentration camps. She enrolled at the Paris Institute of Political Studies, also known as Sciences Po, where she graduated in law and political science. Meanwhile, very young, at the age of 19, she married Antoine Veil, with whom she had three children, perhaps in an effort to replace the loved ones she had lost. After practicing law for several years, she took the exam to become a magistrate and assumed a position under the Ministry of Justice. She concentrated her efforts on improving the conditions of prisoners, and in particular of the women among them. From 1957 to 1959 she became a technical advisor for legal problems to Justice Minister Pleven. In 1964 she turned to politics, as the first female Minister of Health in French history, in the Chirac and Barre governments, fighting in defense of women's rights, engaged in anti-smoking efforts, research on vaccines, contraception, and veterinary pharmacies. In 1970 she was the first woman to sit on the Superior Council of the Magistracy, where she was General Secretary. Veil faced a very tough and intense debate in Parliament on a woman’s right to abortion - a deputy even went so far as to deposit a fetus preserved in formalin on the benches of Parliament, in an attempt to trigger the reaction of the conservative right. Neither this gesture, nor the writing of "Veil=Hitler" on the door of her house, nor the other insults to her person stopped her. The law on the decriminalization of abortion (passed in 1975) became remembered as the “Veil Law” and was the first on this issue approved by a country with a Catholic majority. Accepting a proposal by Valery Giscard D'Estaing, she ran for a seat in the European Parliament in 1979, where she was elected its first President. She undertook a strenuous defense of the parliamentary prerogatives of the new body, especially in budgetary matters, resisting pressures exerted by the Council and the national governments represented in it. In her memorable inaugural speech, Simone Veil called for the creation of a "Europe of solidarity," "of independence and cooperation", and a "Community based on a common heritage and on a common respect for fundamental human values." It must not have been easy to be respected as a woman, especially by men, in such an important and coveted position. This is confirmed by the words of Altiero Spinelli, who describes her as follows during the first year of her presidency of the European Community Parliament: "During lunch I observe the President. She is a tense woman, incapable of a gesture of good humor or irony. She hardly knows how to smile. I have encountered this assertive attitude in some politicians, but more often in many women politicians... I believe this is due to the sense that the President's attitude is one of self-doubt. I think this is due to the sense that such a committed woman has of still being on de facto hostile ground. She feels sneers all around her from males ready to mock her if she doesn't rise to the occasion at some point. And I like that concentrated will of courage." Veil remained President of the European Parliament for two more terms, and continued in other roles for the Parliament until 1993. During that time she focused on environmental protection, consumer protection and health care.

Her great commitment and remarkable productivity continued throughout her life, in spite of the many insults and attacks from her political opponents. In 1993 she again became the Minister of Health for social policies and urban areas. In 1998, after leaving politics, she was appointed to the French Constitutional Council, a position she held for nine years, crowning a career characterized by a love for justice and of law as tools to improve people's lives. In those same years she also chaired the Foundation for the Shoah. On the occasion of the referendum for the approval of the European Constitution of May 29, 2005 asked to be temporarily suspended from the Constitutional Council to campaign for the French vote in favor of the Constitution, unfortunately without success. Veil, the first President of the European Parliament, called on another great French woman, Louise Weiss, doyenne of the Assembly, to preside over its first session, and eventually passed the baton to her, establishing female leadership of the most democratic body of the then European Community. She died in 2017, two weeks before her 90th birthday. She is buried with her husband at the Pantheon, along with only four other women. The handover between Veil and Weiss recognized the transition from the utopian and adventurous Europeanism of the early twentieth century to the institutionalized, concrete and factual program that brings us to the present day. Weiss had said, in one of the most beautiful speeches ever made in the European Parliament, "The Community institutions have made European beets, butter, cheese, wine, calves and even pigs. But they have not made European humanity." That humanity "must be remade." This titanic task fell to a woman, Simone Veil, according to whom Europe was called to "take up the gauntlet of three important challenges: that of peace, that of freedom and that of well-being." The legacy that this extraordinary woman left us is summarized in what she chose to have engraved on the sword of the Immortals of the Académie Française, when, in 2008, she was admitted there: the number of deported to Auschwitz-Birkenau, 78,651, the motto of France "Liberté, Egalité, Fraternité" and that of the European Union, "United in Diversity," a smiling female face, two intertwined hands, and olive branches. This was the pacifist, feminist, pro-European and democratic teaching of a woman who, with courage and stubbornness, "was able to transform pain into hope, creating a bridge between the horrors of Nazism and the rebirth of a new Europe." (Serafin, L’Italy ricorda Simone Veil, Senate of the Republic, Proceedings of the Conference of July 27, 2017.) Precisely for this reason, her designation as the "Conscience of Europe" could not have been more fitting for this courageous fighter for European values and for the human rights of the weakest and of minorities. In 2018, France dedicated a 2-euro commemorative stamp to her. Since March 14, 2019 a plaque honoring her can be admired in the Milan Gardino dei Guisti of the whole world.