Joyce Lussu, un nuovo viaggio di formazione sulle strade dell’isola

Per una donna che si stimi, costruire il proprio sé interiore e vedere rispettata la propria identità di essere pensante, è teoricamente più agevole nei tempi moderni rispetto al passato: possiamo immaginare quanto dovesse essere difficile raggiungere tale obiettivo prima dell’ottenimento del diritto al voto, dell’istruzione obbligatoria, dell’affrancamento economico dal maschio, della diffusione della tecnologia informatica, dell’avanzamento intellettuale e del riconoscimento di ruoli femminili all'interno di attività riservate ai soli uomini.

Ebbene, Joyce Lussu ci riuscì. Una donna che amava e lottava per i suoi ideali, giurando a se stessa che mai avrebbe usato i tradizionali privilegi femminili. Un esempio da immortalare per le donne che non vogliono essere accomunate nel frequente stereotipo, a uso e consumo dei mercati, di corpi e di parti di essi, vuoti di anima, sensibilità e intelletto e coraggio.

Nacque a Firenze, dove ricevette un’educazione cosmopolita, fatta di libri e passeggiate, tra natura e libertà. Le violenze squadriste sul fratello e sul padre indussero la famiglia, nel 1924, a trasferirsi in Svizzera. Conseguì la maturità classica in Germania, la laurea in Lettere a Parigi e la laurea in Filologia a Lisbona. A partire dagli anni Trenta iniziò a distribuire stampa antifascista per Giustizia e Libertà, e in una di queste missioni clandestine conobbe a Ginevra Emilio Lussu, un mito dell’antifascismo in esilio all’estero: il loro sodalizio durò per tutta la vita. Nel dopoguerra si dedicò alla formazione e alla poesia, parlando di pace e giustizia con alunne e alunni di un’infinità di scuole, traducendo molti poeti rivoluzionari del Terzo Mondo, dopo averli incontrati anche nei più remoti villaggi e lavorato insieme, gomito a gomito, sui loro scritti.

Il suo contributo alla vita politica e culturale della Sardegna non ha mai perso d’occhio la questione di genere. Sul finire degli anni Quaranta, per non chiudersi nel ruolo di moglie del ministro, si trasferì ad Armungia, nella casa di famiglia di Emilio, dove si dedicò alla formazione politica della base, tra le genti dell’entroterra e della zona mineraria. Riunì in convegno oltre tremila donne sarde, “decise a capire cosa fosse l’autonomia delle masse isolane, inclusa la loro” e di quelle terre e di quelle donne, “assai meno represse e depresse” di quelle provenienti da altre regioni, scrisse parole piene di considerazione: “Non si esprimevano mai per luoghi comuni e frasi fatte, ma con un linguaggio pieno d’immagini e d’ironica saggezza; e gli uomini usavano verso le mogli discrezione e rispetto”.

Joyce, ad Armungia, si recava spesso, alloggiando, sola o con il figlio Giovanni, nella casa della famiglia Lussu. In quello stesso spazio, oggi, con grande emozione, la si immagina scendere nel cortile, lasciando la sua impronta sugli enormi gradini di pietra, avvicinarsi a uno dei cavalli presenti nelle stalle, sellarlo e montarlo, per uscire dal maestoso portone padronale, sola, verso la libertà, alla scoperta di luoghi e tradizioni vicine e lontane, sino a Nuoro, osservando i pastori intenti a fare il formaggio e le donne a tessere e preparare il pane.

Armungia, a 600 metri sul livello del mare, conta circa 500 abitanti e vive di agricoltura e allevamento. La sua gente ricorda Joyce cavalcare sotto un cielo nitido e con le nuvole a un palmo dal naso, con la sua maestosa bellezza; o accompagnare Emilio nelle passeggiate a cavallo tra le vie del paese, salutandone cordialmente ogni singolo abitante, prestando attenzione al quotidiano di ognuno, prima di raggiungere i poderi delle aree circostanti. Sarebbe stato suo desiderio trascorrere la vecchiaia nella casa di Armungia, racconta suo nipote Tommaso, ma la cecità glielo ha impedito. Armungia ha intitolato a lei e a Emilio un museo, purtroppo inaccessibile ai disabili, in cui sono documentate le loro vite, ma la targa esterna ha dimenticato di includere Joyce. Nessuna strada o piazza di Armungia porta il suo nome.

Altri luoghi, in Sardegna, ne omaggiano la memoria attraverso l’odonomastica cittadina: il Comune di Olbia le ha intitolato una nuova strada, in località San Nicola, tra via Nilde Iotti e via Vittoria Colonna (deliberazione di Giunta Comunale n. 298 del 30/12/2010), Olmedo, in adesione all’iniziativa 8 marzo 3 donne 3 strade, ha inserito Joyce nelle 19 intitolazioni femminili previste, e la scorsa settimana la giunta comunale di Muros ha riservato a tre donne altrettanti spazi pubblici, tra cui uno slargo per Joyce Lussu Salvadori. Armungia non può aspettare. Dedicarle una via, una piazza, una scuola, fa sperare che le giovani generazioni si interroghino su chi fosse e ne leggano le poesie, i racconti, le riflessioni, dando inizio a un altro viaggio di Joyce, stavolta nelle menti e nelle coscienze di chi resta... in Sardegna, come altrove.