Artena e Valmontone - Le vie delle donne

Anticamente chiamata Monfortino, Artena fu un apprezzabile centro romano grazie ai collegamenti di vie importanti come la Labicana, l’Appia e la Latina. Oggi è una cittadina di 14 mila abitanti, con rampe e stretti vicoli pedonali che la rendono strutturalmente interessante. I nomi delle sue strade testimoniano quanto Artena sia stata patria di artisti, letterati, missionari e ricercatori. Le vie celebrano anche uomini di grande ingegno e personaggi di rilievo storico nazionale, ma per quanto riguarda l’universo femminile, a parte Maria e Maddalena, l’oblio è totale. Sullo stradario non compare neppure l’unica donna che ha avuto l’onore di una cittadinanza onoraria: suor Luisa Meriggi.

Artena vicoli embeddedTuttavia, leggendo la storia del paese si apprende che Artena, nel XVI secolo, fu governata da alcune figure femminili appartenenti alla nobiltà: Orinzia, Virginia, Porzia, Vittoria, Claudia e Tuzia Colonna. Donne che ebbero un ruolo primario per l’economia e il benessere del paese ma del tutto assenti dall’odonomastica locale.

Stessa sorte spetta a Valmontone, a qualche km da Artena. Il paese gode di una posizione favorevole e ben collegata, tra Casilina e autostrada a 300 metri di quota ed è circondato da colline ricoperte da castagni e valli irrigate dal Sacco e da numerosi sorgenti di falda. Oltre al centro storico, sono presenti le località di Sant'Anna, San Giudico, San Giovanni, Villaggio Rinascita e Valle; tutto intorno si sviluppa l’agro, occupato da prati e coltivazioni cerealicole. Anche in questo caso lo stradario non lascia adito a dubbi: tre sole presenze femminili, di cui due sante, rendono palese lo scarso rilievo dato alla memoria femminile.

Un’analisi dettagliata dell’odonomastica di Valmontone mette in rilievo tanti nomi di artisti e letterati, come Giosuè Carducci, Dante, Giacomo Leopardi o di personaggi storici nazionali, quali Bettino Craxi, Antonio Gramsci, Giuseppe Mazzini.

Alle amministrazioni dei due paesi, Artena e Valmontone, che rendono omaggio ai soli uomini illustri, va il nostro invito a colmare una lacuna anacronistica e stereotipata, così da offrire alle sue giovani, esempi e modelli d’aiuto per la costruzione di una serena e moderna identità.

di Maria Pia Ercolini

  

Invisibili colonne

Grande protagonista della storia di Artena è la famiglia Colonna, che ebbe un ruolo importante anche nella storia di Roma e della Chiesa. Nel 1526 papa Clemente VII inviò un esercito comandato dal generale Vìtellio Vitelli per vendicarsi dei Colonnesi e ordinò di bru­ciare e distruggere tutti i loro castelli, tra i quali Montefortino (antico nome di Artena). La popolazione subì gravi danni e molte persone morirono; successivamente il Papa e la famiglia Colonna si riappacificarono ma per un breve periodo. Infatti, sotto il pontificato di Paolo III sorsero nuovi problemi e, nel 1543, il castello, faticosamente ricostruito, venne distrutto di nuovo. Seguirono diversi anni di guerre tra lo stato pontificio e la famiglia Colonna che sfociarono, nel 1555, nella persecuzione dei montefortinesi. Gli abitanti, senza distinzione di età e di sesso, furono dichiarati ribelli della Santa Sede e diffidati. 

Nel 1559, anno della morte del Papa Paolo IV, i Colonna ripresero le loro terre, gli abitanti di Montefortino rimpatriarono e sulle rovine della distrutta terra riedificarono le loro case. È in questo clima che il paese ebbe una guida femminile: la marchesa Vittoria Colonna e le sue cognate Virginia e Tuzia Colonna, le quali aiutarono la popolazione nella ricostruzione. Anche Orinzia e Porzia Colonna ebbero il merito di far rinascere Artena e di contribuire al benessere della popolazione. Grazie ad Orinzia oggi possiamo ammirare la chiesa del Rosario, consacrata nel 1591 e dedicata alla Madonna del Rosario al cui interno è possibile vedere la statua in legno di Santa Maria Maddalena, patrona del paese.

Orinzia sposò Pompeo Colonna che le uccise la madre, Livia. Testimoni narrarono che la sera del 25 gennaio 1554, la donna giaceva in letto lievemente ammalata, nel palazzo Colonna ai SS. Apostoli, quando le fece visita Pompeo. Fatto passare, egli si scoprì il capo, baciò la mano alla suocera e quindi fece cenno a due sicari, che si gettarono su di lei e la uccisero. Non è chiaro se furono motivi di interesse o di onore a spingere Pompeo a commettere l’omicidio; l’unica cosa certa è che il Colonna aveva un debito di 4000 ducati con Livia. Il 16 marzo fu emessa contro di lui la sentenza che lo condannava a morte, lo scomunicava e gli imponeva una multa di 10.000 ducati. La condanna non fu mai eseguita.

Alla fine del 1500 Artena passò a Marzio Colonna, duca di Zagarolo, che per garanzia dei sovventori del suo ducato, dovette ipotecare Artena. Nelle vie del paese non c’è nessun riferimento a queste donne; solo due le strade femminili: via della Maddalena e via Maria.

valmontone2 embedded

Spostandosi di 5 km verso nord-est si arriva a Valmontone. “That is Valmontone the round, walled town on the mount opposite”, scriveva Dickens, per indicarne la cittadina cinta di mura che sorge sulla montagna. Non si sa molto della sua storia, quel che è sicuro è che la famiglia che domina la storia del paese è la famiglia Pamphilj. Il principe Camillo voleva realizzare a Valmontone una sorta di utopica città ideale, la Città Pamphilia, e promosse la costruzione di svariate opere architettoniche per elevare il paese da semplice feudo al rango di città. Sposò Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano, vedova del principe Paolo Borghese. 
Il papa accettò il matrimonio, ma temendo conflitti tra lei e Olimpia Maidalchini mandò i novelli sposi a vivere a Frascati; per questo motivo Valmontone non subì influenze di questa donna e nessun’altra figura femminile ebbe grande rilievo per il paese. Almeno stando a quel che raccontano gli storici, tutti rigorosamente appartenenti al genere maschile.

L’assetto toponomastico femminile è analogo a quello di Artena. Le vie intitolate a donne sono solamente tre: Santa Maria in Selce, Sant’Anna ed Eleonora Latini. Manca persino Santa Rita, a cui è dedicata una festa religiosa e popolare. Il nome delle antiche fanciulle di Valmontone è custodito soltanto in una sala del museo archeologico, dove un pettorale in cuoio, decorato con lamine di rame e d’oro, ne attesta l’esistenza.

di Roberta Rossi