Cerreto laziale, Ciciliano, San Gregorio da Sassola - Le vie delle donne

Nella valle del Giovenzano, su una collina a ridosso dei monti Ruffi servita dalla via Empolitana, intorno all’anno mille i monaci benedettini eressero un piccolo luogo fortificato. Trecento anni più tardi, quel primo nucleo divenne una fortezza quadrangolare turrita, di cui resta il torrione centrale: il paese di Cerreto Laziale, sviluppatosi intorno al sito difensivo, immerso nei boschi di querce e castagni, conta oggi 1.200 abitanti e cinquantacinque strade. Accanto alle tre donne nell’odonomastica locale (santa Maria, sant’Anatolia e sant’Agata), un largo intitolato a Civrieux ci ricorda che dal 1998 Cerreto è gemellato con l’omonimo borgo francese a pochi chilometri da Lione. Ben diversa la rappresentanza di genere nella conduzione dei due comuni gemelli: una sindaca e sette donne su quattordici nel Consiglio di Civrieux, una giunta interamente maschile e una sola donna su sei nel neoeletto Consiglio di Cerreto.

San-Gregorio fullNon ha gemellaggi l’attiguo comune di Ciciliano, ma la sua amministrazione si avvicina più al modello d’oltralpe che all’esempio nostrano: una sindaca, un’assessora alla Cultura, Sport e Spettacolo e un’altra al Bilancio ne fanno una delle giunte più sensibili alla rappresentanza paritaria.

Tuttavia nessuna figura femminile laica trova posto nelle intitolazioni del paese, dove santa Liberata e sant’Anna sono le uniche compagne di strada della Madonna del Carmine. La Regina Margherita è la sola donna laica a dare il nome a una via di S. Gregorio da Sassola: accanto a lei, santa Maria e santa Candida Brancaccio. Come spesso accade, le donne tornano a essere protagoniste nelle feste popolari: a Cerreto Laziale, per la sagra delle pizzarelle, dove viene preparato e servito un piatto tradizionale a base di farina di grano e granturco; a Ciciliano, per la festa della panarda, dove le massaie si mettono ai fornelli per disputare una gara gastronomica tra i quattro rioni (Capopiana, Castelluccio, Porta di sotto e Selciata); a San Gregorio da Sassola, dove a marzo rivive l’antica usanza delle fettuccine fatte in casa condite con sugo all’aglio pestato, antidoto contro malattia e malocchio.

di Maria Pia Ercolini

 

 

Tra sante, mammane e gatte eroiche

cerreto embedded“Dove l’umida Trebula domina dall’alto le valli fresche … una campagna mai insidiata dal Leone Cleoneo e una casa sempre amica dell’Eolio Noto ti chiamano, Faustino: trascorri su questi colli il lungo periodo della mietitura …”.

In questi versi Marziale (Epigr. V, 71) si riferiva quasi certamente a Trebula Suffenas, fondata dagli Equi Suffenates e divenuta un municipium romano abbandonato durante la crisi dell’Impero.

La definitiva localizzazione dell’insediamento nel territorio di Ciciliano, attraverso un’attenta analisi delle fonti epigrafiche, la dobbiamo alla studiosa americana Lily Ross Taylor (1886 - 1969) che nel 1956 pubblicò Trebula Suffenas and the Plautii Silvani in Memoirs of the American Academy in Rome. Ebbe una carriera accademica piena di riconoscimenti e numerosi furono i suoi scritti su Roma antica, in particolare su aspetti politici e cultuali. Nell’ottobre 2009, a quarant’anni dalla sua morte, Ciciliano le ha finalmente offerto un riconoscimento e, grazie alla collaborazione tra l’associazione locale Comitato Articolo 9, le istituzioni e l’American Academy of Rome, le è stata dedicata una stele commemorativa nei pressi dell’area archeologica.

L’odierno nucleo abitativo di Ciciliano si sviluppò alla fine del X secolo su una rocca sovrastante la valle del Giovenzano, feudo dei Colonna e dei Theodoli. Delle sette chiese più antiche tre erano dedicate alla Madonna, una a S. Maria Maddalena e una alla patrona S. Liberata: solo alcuni di questi nomi si ritrovano nell’odonomastica moderna che contempla unicamente personaggi femminili religiosi. Eppure tre nomi di donne laiche riaffiorano inaspettatamente in un documento del 1681 trasmesso dal prete di Ciciliano, don Giuseppe Rossi, al cardinale di Tivoli Gaetano Marescotti: il questionario sullo stato della diocesi indicava anche la presenza di tre mammane, Vincenza, Annina e Tacita “tutte e tre di buona fama e costumi” che esercitavano con carità e conoscevano tutto il necessario “per amministrare il sacramento del Battesimo in caso di necessità”.

  

 Ciciliano embeddedAnaloga situazione a San Gregorio da Sassola che al lungo elenco di vie dedicate a eroi risorgimentali contrappone soltanto figure religiose e la Regina Margherita. Due di queste intitolazioni si comprendono ripercorrendo la storia della famiglia Brancaccio arrivata in città nel 1899 per acquistare il castello già appartenuto a Colonna, Orsini e Barberini.

L’ampliamento dell’edificio fu eseguito per volontà dell’americana Mary Elizabeth Hickson Field (1846-1907), moglie del principe Salvatore Brancaccio e dama della Regina Margherita, in previsione della visita reale a S. Gregorio il 3 giugno 1899. Qualche anno più tardi fu ammodernata anche l’odonomastica: la via d’ingresso fu intitolata alla regina, le piazze Brancaccio e Santa Candida Brancaccio sostituirono antiche denominazioni. Quest’ultima è una santa di complessa identificazione, forse una pia matrona napoletana del VI secolo. Infine eccoci a Cerreto Laziale che si sviluppò attorno a una fondazione benedettina dell’XI secolo.

Qui i nomi di alcune vie sono affidati a insegne decorate con scene di storia locale, vita campestre e antichi mestieri: via Santa Maria reca l’immagine di due donne in preghiera, mentre un’altra via al femminile è per Sant’Agata, invocata dalla popolazione durante gli scontri col brigante Marco Sciarra. Tra il 13 e il 14 aprile 1592 la sua banda saccheggiò Cerreto uccidendo quasi cinquanta persone e, dieci notti più tardi, i sopravvissuti lanciarono dalla fortezza una gatta con un fagotto di stracci infuocati legato alla coda che appiccò un incendio nell’accampamento dei briganti. La vendetta fu compiuta, ma le fiamme si propagarono in città (come ci ricorda vicolo delle case cotte) e per fermarlo i Cerretani portarono in processione una reliquia di Sant’Agata. È così che ogni anno, il 25 aprile, si festeggia la santa, ma anche la gatta eroina-vittima sacrificale riceve un pubblico riconoscimento nel palio in suo onore.

di Saveria Rito