I Castelli Romani: Albano e Castel Gandolfo - Le vie delle donne

I Castelli Romani abbracciano quel territorio vulcanico, disteso o arroccato sui Colli Albani dove, nel XIV secolo, accorsero molti cittadini dell’Urbe in fuga dalla povertà e dal dominio aragonese, trovando accoglienza nelle residenze fortificate delle grandi famiglie feudali romane (Annibaldi, Colonna, Orsini, Savelli). Dalla moderna Pomezia visitata la scorsa settimana, percorrendo la “Torvaianica-Albano” arriviamo ad incontrare Albano Laziale. Se l'architettura di Pomezia rivela la modernità e la sua corrispondenza a un ideale fascista di cittadina rurale, la storia di Albano si presenta subito più complessa e ci riporta a un ambito tutto femminile concretamente e simbolicamente: il generare, il dare vita. Le sue origini, infatti, risalgono ad Alba Longa, la città considerata “madre di Roma”.

castel gandolfoLa toponomastica di Albano ricorda 115 uomini e 8 donne, di cui due madonne (Madonna degli Angeli e Santa Maria in Fornarola), quattro sante (Maddalena, con via e vicolo, Cristina e Fumia), una religiosa (Anna Maria Teresa Maggiori) e una figura leggendaria: Rea Silvia. In altri termini, 1 donna ogni 14 uomini. Su 435 aree di circolazione, solo l’1,8% ha intitolazioni femminili. Così a Castel Gandolfo, uno dei borghi più belli d’Italia, dove peperini, tufi e pozzolane colorano l’arco costiero del lago, si ripetono i numeri statisticamente frequenti nel nostro Paese: su un totale di 176 strade, come dichiara l'Agenzia del Territorio, 61 sono riferite a uomini e 6 a donne, di cui una alla Madonna del Lago, una alle Maestre Pie, tre a sante (Caterina, Lucia Filippini e Fumia, probabile contrazione di Eufemia). Numerose sono invece le intitolazioni femminili degli istituti religiosi: Domenicane, Oblate, Figlie di Maria, Suore della Provvidenza, Signorine Operaie. La cittadina, del resto, è nota soprattutto per la residenza estiva dei Papi e persino le tipiche pesche locali, "guance di canonico", cui è legata una tradizionale sagra, riprendono nel nome l’atmosfera ecclesiastica. In questo panorama, tra palazzi pontifici, confraternite e pertinenze vaticane, anche la targa e la vicenda di una donna come Giuseppina Saragat Bollani, benefattrice dell'infanzia, moglie e compagna d'esilio del presidente della Repubblica, si perde nella distrazione generale.

di Maria Pia Ercolini

  

Dalle vestali alle sante

Nello stemma del Comune, la cittadina di Albano si lega simbolicamente alla nascita dell'Urbs e ai miti che la circondano. Infatti, vi è raffigurata la bianca scrofa che apparve in sogno ad Enea per indicargli il luogo dove terminare il suo viaggio. E via Rea Silvia ci ricorda proprio questa lontana origine. Tra le sei vie dedicate a donne presenti nel comune, il nome della madre di Romolo e Remo ci rimanda alla discendenza da Numitore e quindi da Enea. Ma per quanto la nostra attenzione a tale leggenda sia scarsa, a causa della notorietà e ripetitività dei fatti a cui si fa riferimento, permettiamoci di soffermarci sul nome di questa principessa albana. Silvia, cioè legata ai boschi, forse una divinità lei stessa; “rea”, la Rea Voti cioè colei che è obbligata ad un voto, la “vestale”, costretta a tale condizione sociale da lotte intestine tra discendenti maschili al trono, oppure più semplicemente “la colpevole”: colpevole di aver disubbidito alle imposizioni del sovrano, o rea di aver generato non solo due figli, ma anche la situazione che ha portato l'uomo di potere a perdere la sua preminenza. E questo generare viene punito con la morte o, secondo altre leggende, con una terribile prigionia. Quattro le vie di ambito religioso: due dedicate a Maria, una a Maddalena e l'altra a Santa Cristina. Il sesto luogo è una piazza dedicata a Suor Anna Maria Maggiori, fondatrice della Congregazione delle Suore Oblate di Gesù e Maria che in Albano hanno una Scuola Primaria e la Casa Madre.

albano Anna Maria Maggiori nasce ad Albano nel 1686. La sua vocazione si manifesta sia come desiderio di consacrarsi a Dio sia come apertura alle esigenze delle giovani donne, vittime dell'ignoranza e della povertà. A 28 anni apre la prima scuola gratuita per ragazze: è una vera “rivoluzione”. In pochi anni centinaia di ragazze frequentano la scuola, mostrando quanto l'azione di Anna Maria Teresa Maggiori fosse profetica, illuminata ed illuminante. Quando nel 1771 Maria Teresa Maggiori muore lascia dietro di sé la testimonianza di una vita religiosa profonda, aperta ai laici, e centrata sulla ricerca e la costruzione di una vita libera e liberante, come oggi troviamo scritto nel sito della Congregazione, sentita come diritto della donna. Il giorno 8 marzo 2012, con la delibera n. 49, la Giunta Comunale di Albano propone l'intitolazione ad una donna della scalinata che porta alla stazione ferroviaria: la modella Vittoria Caldoni. La proposta è stata fatta su sollecitazione dell'associazione “8Marzo Onlus” che ha aderito ai progetti del gruppo Facebook “Toponomastica femminile”. Vittoria Caldoni, nell'800, ha rappresentato il modello di bellezza italica e come tale ha frequentato i pittori più importanti del tempo e i salotti più famosi d'Europa. Figlia di poveri vignaioli, è una bellezza pura e perfetta che suscita ammirazione e rispetto. La sua vicenda professionale si conclude, per una donna, nel più tradizionale e socialmente accettabile dei modi: il matrimonio. Vittoria Caldoni non solo rappresenta la storia di un'emancipazione sociale: è anche un simbolo della storia più recente di Albano, luogo frequentato da persone di cultura che inserivano la cittadina nel Grand Tour. Oggi “la fanciulla di Albano” Vittoria Caldoni è, nel territorio, una delle poche donne conosciute, perché della presenza femminile è difficile ritrovare le tracce che vengono disperse, sottovalutate. Ma se provassimo a cercare oltre i nostri pregiudizi ci renderemmo conto ,ad esempio, dell'importanza che le donne hanno avuto nella Resistenza ai Castelli Romani. E non ci sembrerebbe anomalo dedicare anche alle partigiane le vie di Albano. Ad esempio ad Elena Nardi e Laura Quattrini, entrambe originarie di Albano. Percorrendo la strada Galleria di Sopra, arriviamo a Castel Gandolfo. In questa cittadina le vie dedicate alle donne ripropongono una lettura in chiave religiosa del mondo femminile. Tra le altre spiccano Santa Lucia Filippini, che operò nel campo dell'istruzione e la via dedicata alle insegnanti delle scuole da lei fondate. In questa atmosfera religiosa, forse si perde un poco la presenza della via intitolata a Giuseppina Bollani, la moglie del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; la donna che ha diviso con lui ben 19 anni di esilio. I due si sposano con rito civile; lei, figlia di un operaio, si rende subito conto dell'importanza delle scelte politiche del marito e le asseconda pienamente, senza mai collegare all'ideologia di Saragat, in chiave negativa o vittimistica, le condizioni di disagio dell'esilio. Finito il fascismo, quando il marito partecipa attivamente alla politica, Giuseppina Bollani conserva sempre uno stile di vita sobrio ed un'attenzione profonda alle tematiche sociali. Incantati e distratti dalle acque del lago perdiamo le tracce delle antiche divinità femminili del luogo, come Diana o Demetra, entrambe presenti nella villa di Domiziano; delle donne di cultura che nell'Ottocento hanno attraversato queste zone, spinte dal desiderio di conoscenza e dallo spirito di avventura; delle donne della società romana come Elvira Vaselli, che hanno privilegiato il lago Albano per le loro dimore estive, favorendone anche indirettamente l'apertura ad un mondo più vario e complesso.

di Mary Nocentini