Poli, Casale e Castel San Pietro - Le vie delle donne

Circondato dai monti Prenestini, il Comune di Poli si estende lungo una vallata boscosa, ai piedi della rupe del Guadagnolo: è lì che alla fine del X secolo, i monaci benedettini del convento romano di Sant’Andrea ereditano la metà del Castrum Poli, dando il via a una disputa bicentenaria tra signori e abati, infine risolta con la vittoria dei Conti, che conservano il dominio della rocca per sei secoli, poi trasmesso a Sforza-Cesarini e Torlonia soltanto a seguito dell’estinzione familiare. Il centro cittadino - allineato su un’unica strada che segna il crinale di un dosso tufaceo da cui si dipartono, a spina di pesce, 35 stretti vicoli - ospita le abitazioni più antiche - dettate dalle esigenze morfologiche del territorio - e gli edifici storici, che ripercorrono poteri e secoli in forme sincretiche interessanti. Palazzo Conti, sede comunale, riassume nelle sue linee un millennio di eventi; palazzo Pelliccioni, noto per decorazioni e affreschi sei-sette-ottocenteschi, sorge probabilmente su una preesistente struttura romana; le chiese di S. Pietro (1600), di S. Giovanni Battista e S. Antonio, con pitture cinquecentesche, riportano anch’esse stratificazioni temporali che tengono conto di mode e necessità oggettive. Poche le strade intitolate a esseri umani, per lo più nobili e reali: appena un 22% di riconoscimenti maschili e un 4% femminili. Di poco superiore in proporzione, l’odonimia celebrativa di Casape, borgo compatto e arroccato su un banco di tufo in direzione Nord, a pochi chilometri di distanza. In epoca romana si trattava di un piccolo centro agricolo dove Gneo Domizio Curbolone, generale imparentato con Nerone e Caligola, aveva eretto la sua villa; dopo la fase di incastellamento medioevale (X secolo), pur conteso tra Orsini e Colonna, rimane per lungo tempo proprietà del monastero romano di S. Gregorio al Clivo di Scauro, poi ceduto in feudo ai Leonini, ai Barberini e alle famiglie Pio e Brancaccio.

toponomastica-femminile-castel-san-pietro fullOggi ospita 750 canapesi, circondati da estesi oliveti e boschi di castagne e raccolti attorno al palazzo baronale del X secolo, dapprima torre di difesa, poi castello fortificato e oggi condominio. Ancora castagni, associati a lecci e querce, sul Monte Ginestro, a Sud di Poli, dove s’incontra l’abitato di Castel San Pietro Romano, storicamente legato all’antica Praeneste, odierna Palestrina. Si narra che fu l’imperatore Costantino a dargli il nome di "Castrum Sancti Petri", assecondando la leggenda secondo cui l’apostolo Pietro, salì sul monte per predicare il cristianesimo e contrapporlo al culto di Fortuna Primigenia, dea venerata nel sottostante santuario pagano. Nonostante la trasformazione dei terreni agricoli e dell’utilizzo del suolo, l’ambiente naturale ha potuto conservare parte del suo aspetto originario nella valle delle Cannuccete, oggi monumento regionale protetto, bosco secolare che attornia un sistema di sorgenti utilizzato sin dall’epoca romana. Gli scontri tra Colonna e papato, che hanno più volte devastato la rocca e l’abitato, non sono riusciti a privare il paese del suo fascino: da un lato i panorami mozzafiato che ne fanno a giusto titolo “un balcone sulla provincia di Roma”, dall’altro il suggestivo borgo, che si presenta come una miniatura incantata messa in moto dai novecento castellani che ne percorrono i vicoli in pietra e le piazzette raccolte. L’odonimia celebrativa mantiene a grandi linee quel ruolo marginale già rilevato a Casape e a Poli, ma l’indice di femminilizzazione si dimezza: neppure le fiabe trovano posto alla memoria femminile.

di Maria Pia Ercolini

 

 

Margherita, la regina condivisa

Poli embedded

La toponomastica del paese di Poli ci offre, su 127 aree di circolazione, 5 spazi dedicati alle donne: tre rientrano nella sfera del religioso (una via Madonna delle Grazie, una via e un vicolo Maestre Pie), un viale porta il nome della Regina Margherita e l’ultimo è dedicato a Violante Farnese. Le Maestre Pie sono un ordine religioso fondato dalla badessa Violante Farnese, nobildonna sfortunata e monaca ostinata, alla ricerca di una dura disciplina che portava ad aumentare le mortificazioni corporali fino a creare seri danni alla salute delle novizie.

Secondo lo storico Ugoberto Alfassio Grimaldi, Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia, titolare del terzo posto nella classifica delle strade femminili dopo S. Maria e S. Lucia, fu il personaggio politico dell'Italia unita che suscitò, dopo Garibaldi e Mussolini, «i maggiori entusiasmi nelle classi elevate e nelle classi umili». Religiosa, quasi bigotta nonostante fosse conservatrice e reazionaria, era molto amata dal popolo che ne coglieva soprattutto il suo lato filantropico. Abile comunicatrice, non mancava di visitare ospedali ed orfanatrofi cui destinò cospicui lasciti; promosse le arti e la cultura e strinse amicizia con illustri letterati del suo tempo. Si prese cura dei beni e delle opere italiane promuovendone l’archiviazione e adoperandosi per riportarle in Italia, dopo che erano state trafugate durante il dominio borbonico.

Sposò il principe ereditario Umberto nel 1868 e la coppia, per ragioni politiche, stabilì la sua prima residenza a Napoli, dove era possibile vedere Margherita, incinta del suo unico figlio, passeggiare lungo la riviera di Chiaia. Trasferitasi a Roma, si occupò dei ricevimenti del giovedì letterario al Quirinale e dei balli di corte. Alla morte di Vittorio Emanuele (1878), già vedovo dal 1861, diventò prima Regina d’Italia, esercitando una notevole influenza sulle scelte politiche del marito. Dopo l’assassinio di Umberto I (1900), il trono passò al figlio e Margherita diventò Regina Madre. È sorprendente notare l’assenza di una intitolazione piuttosto diffusa nel resto della penisola, riferita a un personaggio femminile che proprio a Poli trascorse gli ultimi anni della sua vita: Nilde Iotti, partigiana, membro dell’Assemblea Costituente, prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati. Occupò lo scranno più alto di Montecitorio per tre legislature, dal 1979 al 1992, conseguendo un primato finora incontrastato nell'Italia repubblicana. Nel 1987, prima donna e primo esponente del PCI ad arrivare così vicino a Palazzo Chigi, ottenne un mandato esplorativo di governo (poi fallito). La sua presenza politica ha rappresentato una traguardo importante per l’emancipazione femminile del nostro Paese. Descritta dai cronisti come “la regina di Montecitorio”, per la sua eleganza ricercata e per il rigore del suo impegno parlamentare, ha dato grande prova di equilibrio, capacità di mediazione, saggezza. Lo stile con cui ha rappresentato le istituzioni della Repubblica costituisce lezione ed esempio per uomini e donne del nostro tempo.

 

 

Casape embeddedPercorrendo la via che unisce Poli a S. Gregorio, ci si imbatte nell’abitato di Casape. Il nome del Comune deriverebbe da "casa d'api" in riferimento allo stemma civico dei Barberini, che furono proprietari del feudo nella seconda metà del XVII. Anche qui, su appena 21 aree di circolazione, la regina trionfa dando nome ad una strada. A farle compagnia, una sola piazza femminile, intitolata alla Madonna. Eventi sismici ne hanno modificato l’aspetto.

A Castel San Pietro Romano, invece, ogni pietra è rimasta al suo posto, come è capitato al Castello dei Principi Colonna che, seppure abbondantemente soggetto a secoli di assalti, guerre e rovine del tempo, è stato così ben restaurato da sembrare integro e in armonia con il paese che lo circonda. Anche la toponomastica di Castel S. Pietro omaggia la Regina Margherita e la Madre di Dio. Nella cittadina sono stati girati numerosi film di successo come ‘Pane amore e fantasia’, “Pane, amore e gelosia" del regista Luigi Comencini; "I due marescialli" con Totò e De Sica, “Il Federale” con Ugo Tognazzi. Il cinema ha fatto conoscere a tutto il mondo non solo la singolarità del paese, ma anche il naturale talento cinematografico dei paesani i quali, chiamati a recitare la loro vita di tutti i giorni, si sono comportati da perfetti professionisti. Ecco che Castel San Pietro Romano si trasformò in Sagliena, il paesino abruzzese dove sono ambientate le vicende amorose del maresciallo (Vittorio de Sica) e della bersagliera (Gina Lollobrigida), che a cavallo del suo asinello "Barò", resta una delle immagini più belle della storia del cinema italiano. Lunga vita a Gina Lollobrigida, ma tra cent'anni una strada da quelle pari la meriterebbe!

di Gabriella Miele