San Cesareo e Zagarolo - Le vie delle donne

Lasciate alle spalle le alture dei Castelli romani, scendiamo nella valle percorsa dalla via Casilina ed entriamo nel settore Prenestino-Lepino, che abbraccia l’area nord-orientale della provincia. Il primo Comune di pianura è San Cesareo, alle pendici dei Colli Albani, immerso nell’antico agro Labicano ricco di storia e di testimonianze archeologiche che valsero al borgo medioevale il nome di Statuario. Molte le ville romane che vi sorsero, edificate per l’otium degli imperatori, tra cui lo stesso Giulio Cesare: in loro ricordo, intorno al 1050, i monaci di Grottaferrata dedicarono a San Cesareo la chiesa attigua al nuovo deposito fortificato di granaglie. Da qui il nome odierno dell’abitato. 

Istituito con legge regionale nel 1990, San Cesareo è uno dei comuni più giovani d’Italia ed è arrivato a questa identificazione dopo essersi scisso da Zagarolo con un referendum popolare. Mancano del tutto, in molti casi, fonti documentarie in grado di individuare la realtà del neonato Comune all’interno di quella più generale di Zagarolo, pertanto non è semplice delineare le figure femminili specifiche che contribuirono alla crescita sociale, culturale ed economica del paese. Lo stesso censimento toponomastico ricavato dall’Agenzia del territorio, pur indicando la localizzazione delle strade, presenta le due amministrazioni congiunte.

Su una collina tufacea di contorno ai monti Prenestini incontriamo Zagarolo, che deve probabilmente il suo nome al saio rosso degli antichi legionari romani, sagum, che aveva in zona un centro di produzione affidato ad artigiani specializzati, detti sagarii. Probabilmente l’area fece parte dei possedimenti di Giulio Cesare, per poi passare al patrimonio ecclesiastico nel X secolo, e con alterne vicende, dispute e distruzioni, alla famiglia Colonna, che ne mantenne il possesso fino al XVII secolo, quando venne sostituita da Ludovisi, Rospigliosi e Pallavicini. Tornata alla Chiesa, Zagarolo fu elevata al rango di città nel 1858. Zagarolo conta oggi 325 vie, di cui 94 maschili e 10 femminili, alle quali si aggiungono le 153 aree di circolazione di San Cesareo, che include 25 strade intitolate a uomini e 8 dedicate a donne. Scarse le figure laiche di Zagarolo, che affida a madonne, sante, vergini e monache i 4/5 della sua toponomastica femminile. Sebbene la presenza di nomi significativi della cultura moderna e l’indice di femminilizzazione superiore al 30% indichino una minore disparità di genere sulle strade di San Cesareo, osservandone gli odonimi non c’è di che rincuorarsi: accanto a Sibilla Aleramo, Ada Negri, Maria Montessori, Anna Heid e Pallavicina, con probabile riferimento alla contessa, compaiono via della Pidocchiosa, via della Donnicciola, via della Pitocchetta. Niente di meglio?

di Maria Pia Ercolini

 

 

Alla ricerca nuove strade, tra le colline dell’agro

Nella lunga e gloriosa storia di Zagarolo, la toponomastica è stata spesso stravolta. Dall’impostazione data da Marcantonio Colonna, si effettuarono modifiche, con evidenti riferimenti patriottici dopo l’Unità d’Italia, e nuove intitolazioni arrivarono nel secolo scorso, dopo le guerre. In questo contesto spicca la mancanza di strade intitolate a donne, fatta eccezione per piazza santa Maria, ampio e accogliente ingresso nel versante sud del paese, dove sorge tuttora un convento con santuario in cui si venera una Madonna con Bambino su tavole, evidente omaggio al culto della Madonna delle Grazie.

Ma la storia di Zagarolo, paese da sempre molto attivo come centro culturale, religioso e artistico, è ricca di personaggi femminili che hanno lasciato comunque numerose tracce della loro opera. Già nel 1200 Margherita Colonna, nata a Palestrina, sorella dei Cardinali Giacomo e Giovanni (amici di San Francesco), raggiungeva Zagarolo da Castel San Pietro Romano per curare ed alleviare le sofferenze dei frati minori conventuali. Sempre appartenente alla stessa famiglia,ma nata circa tre secoli dopo, è Orinzia, moglie di Pompeo, luogotenente di Marcantonio nella battaglia di Lepanto. Donna di grande temperamento, Orinzia – che riuscì in un atto di infinità bontà a perdonare il marito, macchiatosi dell’omicidio della madre Livia, uccisa per debiti – si dedicò alla ristrutturazione della Chiesa del SS. Rosario ad Artena (cittadina allora annessa al Ducato di Zagarolo), consacrata nel 1591, e fece erigere la Chiesa della SS. Annunziata all’ingresso nord del paese, con annessi conventi. Nel progetto originale si prevedevano due edifici, rispettivamente destinati ai Barnabiti e alle Carmelitane scalze, ma durante la costruzione giunsero a Zagarolo Carlo Borromeo e Filippo Neri, inviati dal Papa, che approvarono solamente il convento maschile ed esclusero quello femminile per l’eccessiva vicinanza degli edifici.

L’idea di un convento per religiose, però, non fu mai abbandonata e venne ripresa e portata a termine da Maria Costanza Pamphili, moglie di Nicolò Ludovisi, duca di Zagarolo, nella seconda metà del 1600. Altra figura locale degna di nota, anche se non di nobili natali, è Mattea Rosa Barosini, che sposò nel 1694 Jan Frans Van Blommen, celebre pittore fiammingo noto in Italia come “L’Orizzonte”. Mattea posò come modella in molte opere del marito e in alcune di esse appare ritratta con il profilo di Zagarolo sullo sfondo. Nobile fu invece Maria Camilla Pallavicini, duchessa di Zagarolo, nipote e unica erede del Cardinale Lazzaro, unita in matrimonio con Giovanbattista Rospigliosi, a sua volta pronipote del papa Clemente IX. Ricca e capace, Maria Camilla ebbe nelle sue mani il comando effettivo di tutte le terre, promuovendo ingenti lavori di ristrutturazione del Palazzo ducale, come la foresteria del piano alto e alcune delle tempere. Nata a Roma nel 1814, suor Elena Bettini, fondatrice della congregazione delle “Figlie della Divina Provvidenza”, fu un’altra figura di rilievo nel territorio. A metà dell’800, Elena istituì a Zagarolo il primo convento della provincia di Roma, dove accolse ed educò molte fanciulle povere. Anche Teresa Coletti, qualche anno più tardi, si dedicò all’istruzione delle giovani fanciulle: si deve a lei, infatti, la realizzazione di una scuola gratuita a Zagarolo, dove venivano insegnate economia domestica e buone maniere. E come dimenticare Carla Capponi, morta solo qualche anno fa nella sua casa nelle campagne zagarolesi, dove visse gli ultimi anni della sua vita? Medaglia d’oro al valor militare, vicecomandante di una formazione partigiana, fece parte dell’attacco romano di via Rasella, nel 1944, contro un plotone di soldati tedeschi.

Difficile scovare tracce femminili nella breve storia del piccolo paese di San Cesareo: chiuso tra i “giganti” dei Monti Prenestini Zagarolo, Palestrina e Tivoli che lo sovrastano e lo guardano con un po’ di orgoglio e presunta superiorità dall’alto della loro storia millenaria, San Cesareo è effettivamente un paese nato dal nulla. Tuttavia oggi, il territorio sta aumentando vertiginosamente il suo sviluppo, basato non più, come in passato, su un’agricoltura altamente specializzata nella orto-frutto-viticoltura, ma prevalentemente sul settore del commercio, dell’artigianato e del terziario. Molte le donne imprenditrici che oggi abitano, vivono e fanno pulsare il cuore di questo “paese senza storia”, tanto che qualche anno fa l’assessorato alle politiche sociali aveva racchiuso dottoresse, professioniste, artigiane e imprenditrici in uno splendido volume fotografico intitolato proprio Le donne di San Cesareo. Ci piace quindi auspicare, come conclusione di questo breve viaggio tra le colline dell’agro-romano, di passeggiare in un prossimo futuro, tra strade e parchi di San Cesareo intitolati a grandi imprenditrici e scienziate, come Luisa Spagnoli, Marisa Bellisario, Rita Levi Montalcini, per incoraggiare le giovani generazioni che cercano, in questi spazi, lezioni di vita esemplari e nuovi modelli cui ispirarsi.

di Gioia De Angelis