8 marzo: 3 donne, 3 strade

8 marzo: 3 donne, 3 strade

 

Il gruppo Toponomastica femminile nasce da un’idea di Maria Pia Ercolini che ha saputo catalizzare, a partire dalla fine di gennaio, le forze e l’impegno di oltre 800 persone in tutta Italia. Soprattutto donne, unite da curiosità e desiderio di provare a cambiare le cose, a rendere visibile la loro storia e valorizzare il loro patrimonio culturale anche attraverso i nomi delle strade.

In questi giorni Toponomastica femminile lancia l’iniziativa OTTO MARZO: TRE DONNE, TRE STRADE. La campagna vuole sollecitare i Comuni e i Municipi italiani a recuperare la memoria femminile locale, nazionale e straniera unendo così le tre anime del paese.
L’invito, rivolto a tutte e a tutti secondo lo spirito di cittadinanza attiva che anima le/gli appartenenti al gruppo, è quello di chiedere agli enti locali di dedicare le prossime tre strade a tre donne, per cercare di colmare la loro assenza nel Paese, riscoprire le molte biografie femminili cancellate dalla storia e promuovere, anche in questo modo, la parità tra donna e uomo e la parità di genere.

La realtà delle nostre città dice infatti tutt’altro.
Le vie dedicate alle figure femminili corrispondono a percentuali molto basse rispetto a quelle intitolate agli uomini. E non consola che questa assenza si possa rilevare nelle altre nazioni dell’Europa Occidentale.
Le ricerche condotte dal gruppo di Toponomastica femminile sono state raccolte in numerosi documenti che costituiscono un interessante osservatorio sul sessismo che caratterizza l’odonomastica delle nostre città, grandi e piccole.
Per leggerli è sufficiente cliccare su “documenti”, scritto in blu nella parte alta della pagina, sotto al nome del gruppo.

Partiamo dalla capitale.
A Roma, secondo i dati presentati nel 2000 da M. Camilla Briganti nell’introduzione al volume Le donne di Roma. Le strade della capitale dedicate alle donne, su 14.270 strade, solo 336 sono dedicate alle donne: poco più del 2%. Non sono dati recenti, è vero, ma la tendenza non si è modificata di molto negli anni.
Dopo l’unità d’Italia Roma, divenuta capitale, subisce un rinnovamento urbanistico proiettato a celebrare il nuovo Stato: piazze piemontesi nella struttura e nel nome (Vittorio e Cavour), ampi assi viari e ponti inneggianti al Risorgimento e alla casata regnante (via Nazionale, corso Vittorio Emanuele, viale del Re, oggi Trastevere, ponti Umberto I, Regina Margherita e Vittorio Emanuele II). Massima visibilità ai personaggi maschili, ombra sulle donne che hanno fatto il Risorgimento e la storia nazionale. Ancora adesso ponte Regina Margherita è l’unico ponte della città dedicato una personaggia storica.
Nei quartieri di fine ottocento (Prati, Trastevere, Esquilino, Nomentano...) compaiono blocchi di odonimi omogenei maschili. Nessuna donna tra piazza Mazzini e piazza Cavour, collegate da tanti celebri protagonisti dell’antica Roma; nessuna donna all’Esquilino, tra letterati moderni, statisti, personaggi risorgimentali e Savoia; pochissime presenze nei quartieri intorno a porta Pia o a Trastevere.
Nei decenni successivi la situazione cambia di poco e, nei quartieri periferici che via via sorgono intorno al centro storico, si prosegue a ricordare, in strade, piazze, giardini e anche nelle scuole pubbliche, soprattutto nomi maschili con poche concessioni alla memoria delle donne.
Ma quale immagine delle donne restituiscono questi nomi femminili?

Tratto comune nella toponomastica italiana è privilegiare le figure di sante, beate, martiri cristiane, religiose e benefattrici che hanno dato vita ad ordini o comunità o che hanno speso la vita (e parte delle risorse finanziarie) a riportare sulla corretta via ragazze “perdute”, aiutare ed educare ragazzi e ragazze senza genitori, redimere i carcerati. Per spiegare meglio basta considerare che a Roma il numero delle strade intitolate alle benefattrici è maggiore di quello delle vie dedicate alle scrittrici.
È giusto considerare donne a pieno titolo queste figure che molto spesso sono state forti e coraggiose, che hanno lottato contro le convenzioni del loro tempo e, se dedite all’insegnamento per le giovani ragazze, hanno svolto un compito ardito in periodi in cui l’istruzione era privilegio maschile e delle classi elevate. La volontà però di chi è preposto a queste scelte è quella di privilegiare particolari ruoli e impegni femminili nella società, dando visibilità solo ad alcuni ambiti e ad alcune “qualità” rassicuranti.
Solo più recentemente, e non in tutte le realtà geografiche, sono comparsi i nomi di sindacaliste e di donne impegnate nella politica; è però doveroso evidenziare come in Italia ci sia ancora adesso scarsa attenzione verso le donne della Costituente e verso il ruolo che hanno avuto nella ricostruzione della democrazia nel nostro Paese.

Nelle città italiane non mancano i nomi tratti dalla mitologia (dee, ninfe, protagoniste epiche), dai racconti letterari o dalle leggende locali e non mancano neppure strade intitolate alle madri, per esempio la madre di Garibaldi, la madre di Napoleone, quella di Mazzini donne “rese importanti” dalla nascita e dalla vicinanza dei loro celebri figli e anche questo la dice lunga qualità di queste poche presenze.
La situazione non cambia fra Nord, Centro e Sud Italia.

Da un’indagine condotta sugli otto capoluoghi della regione Piemonte risulta che le vie intitolate alle donne sono in media il 2% del totale e che molte di queste sono dedicate a figure sacre o a figure femminili di Casa Savoia: a Torino su 1.241 strade solo 27 sono intitolate a donne; ad Alessandria 16 su 791, a Verbania 3 su 546 e così via. Di tutte le 114 titolazioni attribuite tra gennaio 2000 e luglio 2011 dall’ufficio toponomastica di Torino, soltanto due portano nomi di donne: una targa sulla casa natale di suor Teresina Tua, violinista, e un giardino di Mirafiori dedicato a Camilla Ravera, antifascista e senatrice a vita.
A Napoli la realtà cambia in modo impercettibile. Se oltre mille strade sono intitolate a uomini appartenenti a tutti gli ambiti (storia, letteratura, musica, teatro, arte, scienza...), poco più di 50 sono le vie, le piazze, i viali intitolati a figure femminili, comprese le 12 strade che ricordano i nomi delle protagoniste di opere letterarie, musicali, teatrali o del mito. In tutto meno del 5%.
Nel 2008 il Comune di Firenze ha approvato una mozione che lo impegna a dedicare il 50% delle aree di circolazione pubblica a figure femminili e in seguito anche altri territori, dal Veneto alla Sicilia, hanno intrapreso iniziative simili. Nel dicembre 2009, la Consulta delle Elette del Piemonte ha invitato i 1.206 comuni della regione a intitolare le nuove strade alle donne che hanno avuto ruoli significativi nella storia e nella società. Ma i dati che emergono dalle ricerche del gruppo Toponomastica femminile sembrano indicare ancora una scarsa attenzione alla parità di genere e la tendenza a non trasformare le buone intenzioni in realtà concrete.

Alla luce di queste considerazioni l’appello per la campagna OTTO MARZO: TRE DONNE, TRE STRADE mostra un’importante valenza: fare luce sulla storia delle donne e investire le realtà politiche e sociali locali di un impegno che per la prima volta lasci un segno tangibile e, al di là delle buone intenzioni, metta in pratica la correzione di palesi discriminazioni.
L’invito di Toponomastica femminile è quello di iscriversi al gruppo e collaborare alla ricerca in tutte le realtà comunali italiane, grandi e piccole che siano. Recuperare la memoria e le radici del proprio patrimonio culturale deve essere un’azione concreta che parte “dal basso” e non solo dalle cattedre.

Per aderire alla campagna OTTO MARZO: TRE DONNE, TRE STRADE è sufficiente mandare una mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..