Partigiane sarde nella toponomastica femminile

Di madre in figlia: Bastianina e Marisa.
A Sassari, nei pressi di via Monte Tignosu, una piazza porta il nome di Bastianina Musu Martini.
Commemorando la sua scomparsa, il Presidente della Consulta nazionale, riunita in assemblea plenaria il 9 gennaio 1946, ebbe a dire: «Nella sua anima purissima, un francescano amore dei diseredati si univa ad un’inesausta passione mazziniana per la libertà».
Ma chi era Bastianina Musu Martini?

Nata nel capoluogo sardo il 31 dicembre 1892, era venuta a Roma giovanissima, sposa dell’avvocato Domenico Musu, ma già a Sassari, ancora adolescente, si era avvicinata alle lotte politiche. Dalla Sardegna arrivarono in continente anche altre partigiane, come Filomena Carta e Mariella Valfré, che operarono nelle divisioni Giustizia e Libertà cuneesi. A Roma, negli anni del primo dopoguerra, la battaglia divenne dura e Bastianina, incurante del pericolo, vi partecipò con generosità, intelligenza ed energia. Per un po’ la maternità la distolse dalla lotta politica, ma presto fu di nuovo in campo per tessere insieme ai compagni la rete dell’organizzazione politica di quello che sarà poi il Partito d’Azione.

Particolarmente attiva durante l'occupazione di Roma, fu protagonista della lotta clandestina, contribuendo alla riscossa e alla liberazione del paese. La sua casa romana di via Orazio 31 accoglieva i compagni che vi si riunivano per organizzarsi; poi divenne il centro di assistenza ai perseguitati, da lì partivano i pacchi per gli arrestati, i sussidi ai bisognosi, l’assistenza alle famiglie dei compagni morti ammazzati. Ed era sempre Bastianina a stabilire i contatti con la famiglia, quando i compagni sfuggiti all’arresto si davano alla clandestinità.

Dal giugno 1944 fece parte della Direzione Nazionale del Partito d’Azione, dove i suoi interventi erano sempre apprezzati per la sobrietà e il buon senso. Era nota anche per l’appassionata e attiva opera svolta in seno alle organizzazioni femminili; fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane e decisivo fu il suo contributo nella battaglia per il voto alle donne. Durante il primo governo, una delegazione del CNL, l’8 ottobre 1944, presentò a Bonomi una mozione proposta dal Comitato unitario per il voto alle donne di cui faceva parte per il Partito d’Azione anche Bastianina. La mozione rivendicava “il diritto delle donne italiane di partecipare alle elezioni amministrative su un piano di assoluta parità con gli uomini”. Bonomi promise che la questione sarebbe stata posta al primo consiglio dei ministri, e il 30 gennaio 1945 il voto passò. Non era passato però anche il voto passivo e l’anno dopo, in fretta e furia, dovettero approvare un altro decreto per permettere alle donne non solo di votare ma anche di essere elette.

Nella Consulta nazionale istituita il 5 aprile 1945, l'organo consultivo e non elettivo a cui sottoporre la legge elettorale per la Costituente, Bastianina fu una delle tredici donne designate dai partiti: era stata nominata consultrice nazionale su designazione del Partito d’Azione. Ma una grave malattia le impedì la partecipazione ai lavori e la portò alla morte il 21 ottobre 1945.

Anche la figlia di Bastianina, Marisa (Roma, 18 aprile 1925 – Roma, 3 novembre 2002) è stata una partigiana, decorata con medaglia d'argento al valor militare. Nel 1942, ancora studentessa del liceo classico Mamiani, entrò nell'organizzazione clandestina del PCI, e, dopo l'armistizio, partecipò alla battaglia per la difesa di Roma. Col soprannome di Rosa, e col grado di tenente, prestò servizio nei Gruppi di azione patriottica dal settembre 1943 al giugno 1944. Il 23 marzo 1944, durante l'attacco a una compagnia della polizia tedesca in transito su via Rasella, “Rosa” ebbe il compito di “coprire”, armata, i compagni Rosario Bentivegna e Carla Capponi. L'attacco provocò la morte di 42 militari tedeschi e due civili italiani, nonché la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Marisa fu catturata insieme ad altri compagni il 7 aprile; i commissari, che erano in collegamento con il CLN, li fecero passare per una banda di rapinatori comuni; ciononostante Marisa venne condannata a morte dal tribunale di guerra nazista. La madre, Bastianina, in grave apprensione per la giovanissima figlia, riuscì a farla evadere dall’ Ospedale Santo Spirito in Sassia, dove, fingendosi malata, era stata trasferita.

Nel dopoguerra continuò l'attività politica nel PCI, lavorando per anni con Enrico Berlinguer nella Federazione Giovanile Comunista Italiana, entrando poi a far parte del comitato centrale del partito. Come giornalista e inviata all’estero, lavorò per Paese Sera e L'Unità. è stata membro del Direttivo nazionale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI), vicepresidente dell'ANPI provinciale di Roma, e per molti anni consigliera comunale per il PCI a Roma. Ha difeso per tutta la vita i valori di una scuola antifascista, laica e democratica. Oltre alla piazza di Sassari non risultano altre vie che portino il nome di Bastianina. A Marisa, è stata intitolata una strada di Cinisello Balsamo, in provincia di Milano.