Le vie delle donne che vorremmo

 

Maria Bellonci

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Maria Villavecchia - nota come Maria Bellonci, dal cognome del marito, il critico Goffredo Bellonci - è nata a Roma nel 1902 e qui è sempre vissuta. La sua attività artistica è segnata da due donne simbolo del Rinascimento: Lucrezia Borgia ed Isabella d’Este. Alla prima ha dedicato l’opera di esordio Lucrezia Borgia, del 1939, alla seconda il suo capolavoro e ultimo romanzo Rinascimento privato del 1986. Tutti i suoi romanzi storici hanno lunga genesi, nutrita di studi filologici e documentari, che la scrittrice  ha raccontato nel suo diario di vita e cultura Pubblici segreti del 1965.

Con Lucrezia e Isabella, la  Bellonci intesse un dialogo femminile di dialettico rispecchiamento costruendo,  fuori dagli stereotipi, figure di donne colte, volitive, intelligenti e ribelli, abili nel tessere relazioni e progetti nelle corti in cui vissero. E una sorta di corte amicale è quella che Maria Bellonci crea nella primavera 1944: le dà il nome di Amici della domenica perché la domenica pomeriggio, nella sua casa di viale Liegi, accoglie gli amici letterati, sicura del contributo insostituibile della letteratura alla ricostruzione della società civile. Ed è in questo circolo di amici che nel 1947 Maria crea il Premio Strega. Versatile, la Bellonci è stata anche traduttrice, ha scritto prose di taglio giornalistico, racconti  storici e autobiografici.

Muore a Roma il 13 maggio del 1986: a Rinascimento Privato quell’anno viene assegnato il Premio Strega.

di Pina Arena


Amelia Rosselli

amelia rosselli-2Amelia Rosselli è una grande poetessa del Novecento. Nasce a Parigi nel 1930 da una famiglia ebrea e mazziniana, in esilio a causa dell’attività politica del padre Carlo, fondatore insieme al fratello Nello del movimento antifascista Giustizia e libertà; è costretta appena sette anni dopo, a causa dell’uccisione dei due per ordine di Mussolini, a fuggire prima in Svizzera e poi in Inghilterra, il paese della madre, infine ancora negli Stati Uniti. “Non sono un’apolide” - dirà - “sono una rifugiata”. A vent’anni si trasferisce a Roma, dove lavora come traduttrice, scrive articoli e completa gli studi di musicologia: cerca dunque una sua strada nonostante i lutti, l’esilio e una malattia mentale che si affaccia costantemente nella sua vita. Dopo un apprendistato poetico in inglese e francese, nel 1953, in seguito alla morte del “poeta contadino” Rocco Scotellaro, scrive per la prima volta una Cantilena in italiano per il suo fratello in inspiritu. Nel 1964 esce la prima raccolta di poesie, Variazioni belliche. Suo primo recensore è Pier Paolo Pasolini. Seguono Serie ospedaliera (1969), Documento (1976), Impromptu (1981) e vari scritti in italiano e in inglese. Antologizzata dal Gruppo 63 e dal Femminismo, che la considera una sodale per il suo riattraversamento del canone letterario e del corpo sessuato, la poesia rosselliana rifiuta stabili appartenenze, se non entre les langues, mai però rinunciando a una ricerca di senso, che diventa resistenza contro il (buon)senso di verità irragionevoli come morte, malattia e disparità sociali. Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi. Amelia Rosselli decide di mettere fine alla sua vita l’undici febbraio 1996, gettandosi dal terrazzo della sua ultima casa, la settima, in via del Corallo.

di Caterina Venturini


Emily Dickinson

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Oltre alla corona d’alloro che già cinge virtualmente la sua fronte, credo che un riconoscimento nella toponomastica delle nostra capitale spetti meritatamente alla scrittrice americana Emily Dickinson. Nata ad Amherst, nel Massachusetts, nel 1830, fu una donna dallo spiccato senso dell’umorismo e dalla spiritualità così profonda che negli anni Trenta del Novecento il poeta americano Allen Tate le attribuì la definizione di poeta-strega. Morì nel 1886 nella stessa città che ne vide i natali e dalla quale non si allontanò mai troppo. Anzi, gli ultimi venti anni della sua esistenza li trascorse quasi interamente nella sua stanza, in una volontaria clausura. Mantenne però solidi legami epistolari e fu sempre dominata da vivissime passioni. La poesia era il suo mezzo espressivo d’elezione. Delle quasi milleottocento poesie ora conosciute, solo una decina furono pubblicate mentre era ancora in vita. Dopo la sua scomparsa la sorella Lavinia fece pubblicare in forma anonima le altre, che trovò ripiegate e conservate in una cassapanca nella stanza di Emily. Ma solo nel 1890 apparve la prima antologia delle sue liriche e di lì a poco la sua arte ebbe riconoscimenti in tutto il mondo.

Il fluire delle immagini che scaturisce da quei versi riporta in vita le sensazioni di un mondo interiore che prende forma attraverso parole mai banali, ma frutto di una continua ricerca linguistica che rende ogni componimento un’opera d’arte unica e irripetibile.

di Leila Zammar