Mary Davenport–Engberg
Laura Bertolotti




Carola Pignati

 

 I coniugi Cornwall forse non avevano idea che la loro piccola Mary, nata su un carro coperto, mentre erano in viaggio dalla California alla ricerca di un posto migliore per vivere, sarebbe diventata una valente violinista, compositrice e la prima direttrice d'orchestra del suo Paese. Alla nascita della loro bambina, il 15 febbraio 1881, il reverendo John Cornwall e la moglie Mary si stabilirono a Spokane, nello Stato di Washington, cittadina che di lì a poco più di un anno sarebbe stata raggiunta e collegata dalla ferrovia, e quando poi fu investita dal gold rush, la famosa "corsa all'oro", pervenne a un maggiore sviluppo quanto ad abitanti ed economia. Ma queste vicende interessarono solo parzialmente la piccola Mary, la cui infanzia venne segnata tristemente dalla morte della madre. Per motivi vari, su cui le fonti storiche non scendono in particolari, fu adottata dai coniugi Santell Davenport, di Mount Hope, che si trasferirono presto a Bellingham, un'altra località dello Stato di Washington, già a quel tempo importante snodo ferroviario e commerciale, che dista novanta miglia da Seattle.

Piuttosto ignara del contesto geografico in cui si trovava, Mary, che era cugina della pianista Ethel Newcomb (1875-1959) e aveva in sé, come lei, il talento per la musica, aveva già stupito gli insegnanti per la sua predisposizione a questa arte. A soli diciassette anni, l'8 agosto 1898, sposò Henry Christian Engberg, anch'egli originario di Bellingham, e con lui si trasferì in Europa dove studiò violino prima a Copenhagen, con Anton Svendsen e Christian Sandby, e poi in Germania. Tenne il suo primo concerto nel 1903 proprio a Copenhagen, a cui seguì una tournée in Europa con diverse tappe, tra cui Londra; nel 1904 si esibì a New York, ma il suo debutto da solista avvenne il sabato pomeriggio del 3 dicembre 1908 con la Seattle Symphony Orchestra al Moore Theatre della città. La coppia tornò quindi a Bellingham nel 1912 dove Mary insegnò alla locale State Normal School. Mary era nata in un periodo in cui si cominciava ad accettare il violino come strumento adatto alle donne perché nell'Ottocento le musiciste potevano esibirsi solo con strumenti che permettessero loro di mantenere una postura aggraziata e decorativa, come il pianoforte. Tuttavia la violinista francese Camilla Urso (1842-1920) cominciò a minare questo stereotipo con il suo tour negli Stati Uniti del 1852 e Maud Powell (1867-1920) non fu da meno. La strada non era del tutto spianata però Mary era almeno in buona compagnia. Inoltre per le musiciste era anche piuttosto frequente, ancora all'inizio del Novecento, riscontrare problemi di inserimento nelle orchestre, perciò Mary ebbe l'idea di formare un'orchestra mista, quanto a genere, di ottantacinque elementi, con tutti gli strumenti rappresentati, a parte oboe e fagotto, che all'occorrenza venivano ingaggiati altrove. Fu un’impresa non da poco perché, come ebbe a dire lei stessa in un articolo del maggio 1917 sulla testata The Etude, prima del suo arrivo a Bellingham esistevano solo quindici musicisti in città. Dopo il suo infaticabile lavoro, gli/le studenti di musica e in particolare di violino divennero molto più numerosi di prima.

Mary Davenport–Engberg in piedi con il suo violino
Mary Davenport–Engberg fotografata nel 1927

Nell'articolo citato, a sua firma, dal titolo Come fondare un'orchestra sinfonica locale, si legge nel sottopancia:

«Nel NordOvest degli Stati Uniti si trova Bellingham, città di trentamila abitanti. In otto anni M.me Davenport-Engberg ha istruito un'orchestra che sta attirando l'attenzione nazionale. Ella ha perciò il distintivo orgoglio di essere la prima direttrice d'orchestra sinfonica del mondo».

E Mary così scrive: «Fu come sentire una chiamata sotto il cielo e raccoglierla senza perdere tempo [...]. La nostra comunità aveva bisogno di un'orchestra e io mi diedi da fare per trovare il modo di fondarne una [...]. È mia ferma convinzione che in ogni comunità si nascondano persone con cui sviluppare e costruire un'orchestra [...]. I talenti nascosti aspettano solo il tocco magico per venire alla luce. Due sono gli elementi necessari per svilupparli, l'entusiasmo e la determinazione. Con un opportuno equilibrio tra loro, gli ostacoli spariscono e si dissolve la possibilità di fallire nell'impresa». traduzione a cura della scrivente]

Così nel 1914 Mary Davenport diresse il primo concerto della Bellingham's Symphony Orchestra, diventando perciò la prima direttrice d'orchestra sinfonica del suo Paese, se non del mondo. La svolta per allargare gli orizzonti della sua carriera musicale avvenne nel 1920 quando i coniugi Davenport decisero di trasferirsi a Seattle. La locale orchestra era segnata da problemi organizzativi e finanziari e si esibiva sporadicamente, così sembrò una bella sfida per Mary prenderne la conduzione radunando decine di musicisti tra studenti, amatori e professionisti, per un totale di novanta elementi, e formare la Seattle Civic Symphony Orchestra. L'orchestra completamente rinnovata debuttò, sotto la sua guida, il 24 aprile 1921 al Metropolitan Theatre di Seattle e si guadagnò recensioni favorevoli quanto a "livello di eccellenza sorprendentemente alto" e continuò ad esibirsi nei tre anni successivi con un buon risultato di pubblico e con il completo favore dei musicisti. Poi qualcosa cambiò dopo l'ultima esibizione del 4 maggio 1924 e i giornali dell'epoca registrarono persino commenti sfavorevoli sulla sua conduzione, ma non ci sono riferimenti che facciano pensare a preoccupazioni in tal senso da parte di Mary. Dopo una pausa di due anni, sotto la guida di Karl Krueger e il nuovo nome di Seattle Symphony Orchestra, ripresero le esibizioni. Dato il cambio di denominazione, sorsero alcune dispute storiche intorno alla facoltà di inserire Mary Davenport a pieno titolo fra i suoi direttori. Gli ultimi sviluppi di questa intricata vicenda vedono però nel 2003 la compilazione di un elenco che parte dal 1903, cioè dalla fondazione, e in quella lista, tra John Spargur, che finì il suo incarico nel 1921, e Karl Krueger, che subentrò nel 1926, si attesta saldamente la direzione da parte di Mary Davenport-Engberg, tra il 1921 e il 1924.

Mary Davenport–Engberg al pianoforte
Mary Davenport–Engberg mentre suona il violino

Intanto Mary aveva avuto e cresciuto due figli, aveva fondato e si era esibita con il Davenport-Engberg Quintet, fu cofondatrice della Seattle Civic Opera Association nel 1932 e continuò a insegnare alla sua Engberg School of Music (al n.1702 di Belmont Avenue a Seattle's Capitol Hill) fino alla morte avvenuta il 23 gennaio 1951, a Seattle. Gli importanti obiettivi che raggiunse e il suo impegno a favore delle musiciste furono di riferimento per tutto il XX secolo e segnarono un importante passo avanti per le pari opportunità in campo musicale.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Les époux Cornwall n’avaient peut-être aucune idée que leur petite Mary, née sur un char couvert, voyageant depuis la Californie à la recherche d’un meilleur endroit pour vivre, deviendrait une violoniste, compositrice et première chef d’orchestre de son pays. À la naissance de leur fille, le 15 février 1881, le révérend John Cornwall et sa femme Mary s’installèrent à Spokane, dans l’État de Washington, une petite ville qui, à un peu plus d’un an, serait rejointe et reliée par le chemin de fer, et quand elle fut frappée par la ruée, la fameuse "ruée vers l’or" aboutit à un plus grand développement en termes d’habitants et d’économie. Mais ces événements ne touchèrent que partiellement la petite Mary, dont l’enfance fut tristement marquée par la mort de sa mère. Pour des raisons diverses, sur lesquelles les sources historiques ne descendent pas en particulier, elle fut adoptée par les époux Santell Davenport, de Mount Hope, qui s’installèrent bientôt à Bellingham, une autre localité de l’État de Washington, déjà à cette importante jonction ferroviaire et commerciale, C’est à 100 km de Seattle.

Plutôt ignorante du contexte géographique dans lequel elle se trouvait, Mary, qui était la cousine de la pianiste Ethel Newcomb (1875-1959) et avait, comme elle, le talent pour la musique, avait déjà étonné les enseignants de sa prédisposition à cet art. À seulement dix-sept ans, le 8 août 1898, elle épouse Henry Christian Engberg, également originaire de Bellingham, et avec lui, elle s’installe en Europe où elle étudie le violon d’abord à Copenhague, avec Anton Svendsen et Christian Sandby, puis en Allemagne. Elle donne son premier concert en 1903 à Copenhague, suivi d’une tournée en Europe avec plusieurs étapes, dont Londres; en 1904, elle se produit à New York, mais ses débuts en solo ont eu lieu le samedi après-midi du 3 décembre 1908 avec l’Orchestre symphonique de Seattle au Moore Theatre de la ville. Le couple retourne ensuite à Bellingham en 1912 où Mary enseigne à la State Normal School. Mary était née à une époque où l’on commençait à accepter le violon comme instrument adapté aux femmes car au XIXe siècle, les musiciennes ne pouvaient jouer qu’avec des instruments qui leur permettaient de maintenir une posture gracieuse et décorative, comme le piano. Cependant, la violoniste française Camilla Urso (1842-1920) commence à saper ce stéréotype avec sa tournée aux États-Unis en 1852 et Maud Powell (1867-1920) n’est pas en reste. La route n’était pas complètement ouverte, mais Mary était au moins en bonne compagnie. De plus, au début du XXe siècle, les musiciens rencontraient souvent des problèmes d’intégration dans les orchestres, aussi Mary eut-elle l’idée de former un orchestre mixte de quatre-vingt-cinq éléments, avec tous les instruments représentés, à part le hautbois et le basson, qui étaient engagés ailleurs. Ce fut un exploit remarquable car, comme elle l’a elle-même dit dans un article de mai 1917 dans le journal The Etude, avant son arrivée à Bellingham, il n’y avait que quinze musiciens dans la ville. Après son inlassable travail, les étudiants en musique et en particulier en violon devinrent beaucoup plus nombreux qu’auparavant.

Mary Davenport–Engberg marchant avec son violon
Mary Davenport–Engberg photographiée en 1927

Dans l’article cité, à sa signature, intitulé Comment fonder un orchestre symphonique local, on peut lire dans la souabe:

«Dans le nord-ouest des États-Unis se trouve Bellingham, ville de trente mille habitants. En huit ans M.me Davenport-Engberg a instruit un orchestre qui attire l’attention nationale. Elle a donc la fierté d’être la première chef d’orchestre symphonique du monde».

Et Mary écrit ainsi : «Ce fut comme entendre un appel sous le ciel et le recueillir sans perdre de temps [...]. Notre communauté avait besoin d’un orchestre et j’ai travaillé dur pour trouver un moyen d’en fonder un [...]. Je suis fermement convaincu que dans chaque communauté se cachent des personnes avec lesquelles développer et construire un orchestre [...]. Les talents cachés n’attendent que la touche magique pour sortir. Deux éléments sont nécessaires pour les développer, l’enthousiasme et la détermination. Avec un juste équilibre entre eux, les obstacles disparaissent et la possibilité de faire faillite dans l’entreprise se dissout». traduction par l’auteur].

En 1914, Mary Davenport dirige le premier concert de l’Orchestre symphonique de Bellingham, devenant ainsi la première chef d’orchestre symphonique de son pays, voire du monde. Le tournant pour élargir les horizons de sa carrière musicale a eu lieu en 1920 lorsque les époux Davenport ont décidé de déménager à Seattle. L’orchestre local était marqué par des problèmes organisationnels et financiers et se produisait sporadiquement, il semblait donc un beau défi pour Mary d’en prendre la direction en réunissant des dizaines de musiciens entre étudiants, amateurs et professionnels, pour un total de quatre-vingt-dix éléments, et former le Seattle Civic Symphony Orchestra. L’orchestre entièrement rénové a fait ses débuts, sous sa direction, le 24 avril 1921 au Metropolitan Theatre de Seattle et a reçu des critiques favorables quant au "niveau d’excellence étonnamment élevé" et a continué à se produire dans les trois années suivantes avec un bon résultat du public et avec la faveur complète des musiciens. Ensuite, quelque chose a changé après la dernière exposition du 4 mai 1924 et les journaux de l’époque ont même enregistré des commentaires défavorables sur sa conduite, mais il n’y a aucune référence à des préoccupations de Mary à cet égard. Après une pause de deux ans, sous la direction de Karl Krueger et le nouveau nom de Seattle Symphony Orchestra, les représentations reprennent. En raison du changement de nom, des disputes historiques ont éclaté autour de la faculté d’inclure Mary Davenport à part entière parmi ses directeurs. Les derniers développements de cette histoire complexe voient cependant en 2003 la compilation d’une liste qui part de 1903, c’est-à-dire de la fondation, et dans cette liste, entre John Spargur, qui a terminé son mandat en 1921, et Karl Krueger, qui a succédé en 1926, Mary Davenport-Engberg assure la direction entre 1921 et 1924.

Mary Davenport–Engberg au piano
Mary Davenport–Engberg jouant du violon

Pendant ce temps, Mary a eu et élevé deux enfants, a fondé et joué avec le Quintet de Davenport-Engberg, a cofondé la Seattle Civic Opera Association en 1932 et a continué à enseigner à sa Engberg School of Music (au nº1702 de l’avenue Belmont à Seattle) jusqu’à sa mort le 23 janvier 1951 à Seattle. Les objectifs importants qu’elle a atteints et son engagement en faveur des musiciennes ont été de référence tout au long du XXe siècle et ont marqué une avancée importante pour l’égalité des chances dans le domaine musical.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Mr. and Mrs. Cornwall may have had no idea that their little Mary, born in a covered wagon while traveling from California in search of a better place to live, would become a talented violinist, composer and her country's first female conductor. Upon the birth of their child, on February 15, 1881, Reverend John Cornwall and his wife Mary settled in Spokane in Washington State, a town that within a little more than a year would be reached and connected by the railroad. When it was later hit by a famous "gold rush," it reached greater development as far as its population and economy were concerned. But these events only partially affected little Mary, whose childhood was sadly marked by the death of her mother. For various reasons, on which the historical sources do not go into detail, she was adopted by Mr. and Mrs. Santell Davenport, of Mount Hope, who soon moved to Bellingham, another locality in Washington State, already at that time an important railroad and commercial hub, ninety miles north of Seattle.

Rather oblivious to her geographical surroundings, Mary was a cousin of pianist Ethel Newcomb (1875-1959), who had, like her, a talent for music. Mary had already astonished her teachers by her aptitude for the art. When she was only seventeen, on August 8, 1898, she married Henry Christian Engberg, also a native of Bellingham, and with him she moved to Europe where she studied violin first in Copenhagen, with Anton Svendsen and Christian Sandby, and then in Germany. She gave her first concert in 1903 in Copenhagen, which was followed by a tour of Europe with several stops, including London. In 1904 she performed in New York, but her solo debut came on a Saturday afternoon, December 3, 1908, with the Seattle Symphony Orchestra at the city's Moore Theatre. The couple then returned to Bellingham in 1912, where Mary taught at the local State Normal School. Mary was born at a time when the violin was just beginning to be accepted as a suitable instrument for women, because in the 19th century female musicians could only perform on instruments, such as the piano, that allowed them to maintain a graceful and decorative posture. However, French violinist Camilla Urso (1842-1920) began to undermine this stereotype with her 1852 tour of the United States, and Maud Powell (1867-1920) was no different. The road was not entirely paved, but at least Mary was in good company. Still in the early twentieth century, it was also quite common for female musicians to encounter problems finding a way into into orchestras, so Mary had the idea of forming a gender-mixed orchestra, of eighty-five players, with all instruments represented except oboe and bassoon, which were hired elsewhere when necessary. This was no small feat because, as she herself had said in a May 1917 article in The Etude newspaper, there were only fifteen musicians in the city before her arrival in Bellingham. After her tireless work, the students of music and particularly of violin became much more numerous than before.

Mary Davenport–Engberg standing with her violin
Mary Davenport–Engberg photographed in 1927

In the article under her signature mentioned above, entitled How to Start a Local Symphony Orchestra, we read in the introduction:

"In the Northwest of the United States is Bellingham, a city of thirty thousand inhabitants. In eight years Madame Davenport-Engberg has instructed an orchestra that is attracting national attention. She therefore has the distinctive pride of being the world's first female symphony orchestra conductor."

And Mary writes, "It was like hearing a call from heaven and taking it up without wasting time [...]. Our community needed an orchestra, and I set out to find a way to establish one [...]. It is my firm belief that in every community there are hidden people with whom to develop and build an orchestra [...]. Hidden talents are just waiting for the magic touch to come to light. Two elements are needed to develop them, enthusiasm and determination. With an appropriate balance between them, the obstacles disappear and the possibility of failure in the undertaking vanishes."

Thus in 1914 Mary Davenport conducted the first concert of Bellingham's Symphony Orchestra, becoming the first female symphony orchestra conductor in her country, if not the world. The turning point for broadening the horizons of her musical career came in 1920 when Mr. and Mrs. Davenport decided to move to Seattle. The local orchestra was marked by organizational and financial problems and was performing sporadically, so it seemed quite a challenge for Mary to take over its conducting by gathering dozens of musicians including students, amateurs and professionals, a total of ninety players, and form the Seattle Civic Symphony Orchestra. The completely revamped orchestra debuted, under her leadership, on April 24, 1921 at Seattle's Metropolitan Theatre and earned favorable reviews as to a "surprisingly high level of excellence" and continued to perform over the next three years to public acclaim and complete favor with the musicians. Then something changed after her last performance on May 4, 1924, and newspapers of the time even recorded unfavorable comments about her conducting, but there are no references to suggest any such concerns on Mary's part. After a two-year hiatus, under the leadership of Karl Krueger and with a new name, The Seattle Symphony Orchestra, performances resumed. Given the name change, some historical disputes arose around whether Mary Davenport could be fully included among its directors. The latest developments in this tangled affair, however, saw in 2003 the compilation of a list starting in 1903, i.e., the founding, and in that list, between John Spargur, who ended his tenure in 1921, and Karl Krueger, who took over in 1926, Mary Davenport-Engberg's directorship between 1921 and 1924 is firmly attested to.

Mary Davenport–Engberg on piano
Mary Davenport–Engberg playing the violin

Meanwhile, Mary had and raised two children, founded and performed with the Davenport-Engberg Quintet, co-founded the Seattle Civic Opera Association in 1932, and continued to teach at her Engberg School of Music (at 1702 Belmont Avenue in Seattle's Capitol Hill district) until her death on January 23, 1951, in Seattle. The important goals she achieved and her commitment to women musicians were a landmark throughout the 20th century and marked an important step forward for equal opportunity in music.


Traduzione spagnola

Vanessa Dumassi

Quizá el Sr. y la Sra. Cornwall no tuvieran ni idea de que su pequeña Mary –nacida en un carro cubierto mientras viajaban desde California en busca de un lugar mejor donde vivir– se convertiría en una violinista de talento, compositora y primera directora de orquesta de su país. Cuando nació su hija, el 15 de febrero de 1881, el reverendo John Cornwall y su esposa Mary se establecieron en Spokane (Washington, USA), ciudad a la que poco más de un año más tarde llegaría el ferrocarril, y que, al verse afectada por "la fiebre del oro", alcanzó un mayor desarrollo en cuanto a habitantes y economía. Pero estos acontecimientos sólo afectaron parcialmente a la pequeña Mary, cuya infancia estuvo tristemente marcada por la muerte de su madre. Por distintas razones, sobre las que las fuentes históricas no entran en detalles, fue adoptada por el Sr. y la Sra. Santell Davenport, de Mount Hope, que pronto se trasladaron a Bellingham, otra localidad del estado de Washington, ya por entonces un importante nudo ferroviario y comercial, a noventa millas de Seattle.

Poco consciente del contexto geográfico en el que se encontraba, Mary, que era prima de la pianista Ethel Newcomb (1875-1959) y tenía, como ella, talento para la música, ya había asombrado a sus profesores con su aptitud para dicha arte. Con sólo diecisiete años, el 8 de agosto de 1898, se casó con Henry Christian Engberg, de Bellingham, y con él se trasladó a Europa, donde estudió violín primero en Copenhague, con Anton Svendsen y Christian Sandby, y luego en Alemania. Su primer concierto tuvo lugar en 1903 en Copenhague, al que siguió una gira por Europa con varias paradas, entre ellas Londres; en 1904 actuó en Nueva York, pero su primer estreno como solista tuvo lugar por la tarde del sábado 3 de diciembre de 1908 con la Orquesta Sinfónica de Seattle en el Moore Theatre de la ciudad. La pareja regresó a Bellingham en 1912, donde Mary empezó a enseñar en la Escuela Normal Estatal. Mary nació en una época en la que el violín empezaba a aceptarse como instrumento adecuado para las mujeres, ya que en el siglo XIX las músicas sólo podían tocar instrumentos que les permitieran mantener una postura grácil y decorativa, como el piano. Sin embargo, la violinista francesa Camilla Urso (1842-1920) empezó a desmentir este estereotipo con su tour de 1852 por Estados Unidos y Maud Powell (1867-1920) no fue menos. El camino no estaba libre de obstáculos, pero Mary al menos se encontraba en buena compañía. También era bastante común, a principios del siglo XX, que las mujeres tuvieran problemas para integrarse en las orquestas, así que a Mary se le ocurrió la idea de formar una orquesta mixta de ochenta y cinco músicos y músicas, en la que estuvieran representados todos los instrumentos, salvo el oboe y el fagot, que se reclutaban solamente cuando era necesario. No fue una hazaña sencilla porque, como ella misma dijo en un artículo de mayo de 1917 publicado en The Etude, antes de su llegada a Bellingham sólo había quince músicos en la ciudad. Tras su incansable labor, el número de estudiantes de música y, en particular, de violín aumentó mucho respecto al pasado.

Mary Davenport–Engberg de pie con su violín
Mary Davenport–Engberg fotografiada en 1927

En el subtítulo del artículo citado, firmado por ella, titulado Cómo fundar una orquesta sinfónica local, leemos:

«En el noroeste de Estados Unidos se encuentra Bellingham, una ciudad de treinta mil habitantes. En ocho años, Mme Davenport-Engberg ha formado una orquesta que atrae la atención nacional. Tiene el orgullo de ser la primera directora de orquesta sinfónica del mundo».

Y así lo escribe Mary: «Fue como oír una llamada bajo el cielo y atenderla sin perder tiempo [...]. Nuestra comunidad necesitaba una orquesta y trabajé duro para encontrar la manera de fundarla [...]. Creo firmemente que en cada comunidad hay personas con las que desarrollar y construir una orquesta [...]. Hay talentos ocultos esperando a que salga a la luz el toque mágico. Para desarrollarlos se necesitan dos elementos: entusiasmo y determinación. Con un equilibrio adecuado entre ellos, los obstáculos desaparecen y la posibilidad de fracaso se disuelve».

Así que en 1914 Mary Davenport dirigió el primer concierto de la Orquesta Sinfónica de Bellingham, convirtiéndose de este modo en la primera directora sinfónica de su país, mejor aún del mundo. El momento decisivo para ampliar los horizontes de su carrera musical llegó en 1920, cuando el Sr. y la Sra. Davenport decidieron trasladarse a Seattle. La orquesta local tenía problemas organizativos y financieros y actuaba esporádicamente, por lo que a Mary le pareció todo un reto asumir su dirección reuniendo a docenas de músicos y músicas entre estudiantes, aficionados/as y profesionales, hasta un total de noventa músicos y músicas, y formar la Orquesta Sinfónica Cívica de Seattle. La orquesta, completamente renovada, debutó bajo su dirección el 24 de abril de 1921 en el Metropolitan Theatre de Seattle y obtuvo críticas favorables por su "asombroso nivel de excelencia", y siguió actuando durante los tres años siguientes con el beneplácito del público y el favor absoluto de los músicos y las músicas. Algo cambió después de la última representación, el 4 de mayo de 1924: los periódicos de la época llegaron incluso a registrar comentarios desfavorables sobre su dirección, pero no hay referencias a ninguna preocupación de este tipo por parte de Mary. Tras un descanso de dos años, bajo la dirección de Karl Krueger y el nuevo nombre de Orquesta Sinfónica de Seattle, se reiniciaron las actuaciones. Dado el cambio de nombre, surgieron algunas disputas históricas sobre si Mary Davenport debía ser incluida entre los directores y las directoras. Sin embargo, los últimos acontecimientos en este enrevesado asunto vieron la recopilación en 2003 de una lista que comienza en 1903, es decir, desde su fundación, en la cual se pueden leer los nombres de John Spargur –que terminó su mandato en 1921–, Karl Krueger –que asumió el cargo en 1926–, hasta la dirección de Mary Davenport-Engberg que queda firmemente establecida entre 1921 y 1924.

Mary Davenport–Engberg al piano
Mary Davenport–Engberg tocando el violín

Mientras tanto, Mary había tenido y criado a dos hijos, fundado y actuado con el Quinteto Davenport-Engberg, cofundado la Asociación de la Ópera Cívica de Seattle en 1932 y siguió enseñando en su Escuela de Música Engberg (en el 1702 de Belmont Avenue, en el Capitol Hill de Seattle) hasta su muerte, el 23 de enero de 1951, en Seattle. Los importantes objetivos que alcanzó y su compromiso con las mujeres músicas marcaron un hito en todo el siglo XX y supusieron un importante paso adelante para la igualdad de oportunidades en la música.

 

Elisabeth Kuyper
Antonella Gargano




Carola Pignati

 

Sembra superfluo ripetere che in ogni ambito il talento femminile è stato misconosciuto, ignorato, sottaciuto e in campo musicale è lecito dire passato in sordina, ma è necessario ribadirlo. Solo donne legate a uomini famosi per parentela o amicizia hanno avuto la possibilità di farsi notare, ma sempre avendo l’accortezza di rimanere un passo indietro, di non pretendere troppo. Lo svantaggio era già sulla linea di partenza: alle donne era concesso coltivare il proprio talento solo nelle famiglie agiate e solo a scopo di passatempo. Per quanto riguarda le musiciste, la carenza di informazioni è stata colmata da Julie Anne Sadie e Rhian Samuel che nel 1994, avvalendosi di esperti internazionali, hanno prodotto il dizionario The Norton/Grove Dictionary of Women Composers, nel quale vengono raccolte vita e opere di 875 donne compositrici di musica classica occidentale. Tra queste 875 donne troviamo Elisabeth Johanna Lamina Kuyper, compositrice e direttrice d’orchestra olandese formatasi nel XIX secolo, epoca tradizionalmente romantica in ambito intellettuale e artistico. La produzione iniziale risente dell’influenza stilistica di Mendelssohn e Schuman, arricchendosi in seguito con le più moderne modulazioni di Dvořák, Grieg e soprattutto del suo mentore Bruch. Elisabeth nasce il 13 settembre 1877 ad Amsterdam, prima di tre fratelli, da Joannes Kuyper e Elisabeth Johanna Frederika Robin. I suoi genitori gestivano un negozio di tessuti, ma dopo la malattia e la morte della madre, il padre chiude l’attività e accetta un lavoro come funzionario fiscale presso il Comune di Amsterdam. Vivono nel quartiere centrale di Jordaan, originariamente quartiere operaio, trasformato con la riqualificazione in residenza di artisti.

La presenza in casa di un pianoforte Pleyel consente a Lize, fin da piccolissima, di prendere confidenza con la musica. I genitori colgono e quindi incentivano la predisposizione della bambina e a dodici anni le fanno frequentare la scuola di musica Maatschappij tot Bevordering der Toonkunst (Società per la promozione dell’arte musicale). A diciassette anni Lize si diploma “con distinzione” in pianoforte e in pedagogia del pianoforte, eseguendo due sue composizioni: una sonata e un preludio e fuga. Scrive, su libretto del reverendo Jacob Anton Tours, Un episodio allegro della vita popolare olandese, riscuotendo un buon successo. Tours finanzia il suo trasferimento a Berlino, allora centro della cultura per giovani musicisti ambiziosi, dove studia composizione presso la Konigliche Hochschule für Musik sotto la guida di Heinrich Barth, Leopold Carl Wolff e Joseph Joachim. Lize scrive di essere rimasta presto delusa da questa scuola, mentre si entusiasma per l’insegnamento di composizione di Max Bruch presso l’Akademie der Künste. Di lui dice: «Insegnava gratuitamente agli studenti che considerava dotati, ma ne ammetteva solo sei alla sua classe ogni anno […] era un uomo gentile e sensibile che ispirava subito fiducia». Lize si fa coraggio e nel 1901 gli mostra i suoi lavori e dopo pochi giorni le viene comunicato che è stata scelta come allieva magistrale di Bruch. Per la prima volta l'Accademia apre le sue porte a una donna. Durante i corsi di perfezionamento tra le altre cose produce una sonata per violino, una ballata per violoncello e orchestra, una serenata per orchestra. Il compositore Daniël de Lange ha definito la sua musica "magistrale" considerandola una importante risorsa per la letteratura violinistica. Max Bruch diventa un suo grande sostenitore e mentore. Dirige molte delle sue composizioni, grazie a lui ottiene diverse borse di studio e viene aiutata a prendere la cittadinanza tedesca necessaria per l’insegnamento nelle scuole pubbliche. Lize scrive: «Max Bruch ha combattuto per il talento ovunque lo vedesse, e quindi per me ha combattuto come un leone contro i pregiudizi che il mondo nutre nei confronti della donna creativa».

Nel 1903 Bruch dirige la sua Ballata per violoncello e orchestra, che solo nel 1909 Lize stessa poté dirigere a Stettino in Polonia. Nel 1905 è la prima compositrice donna a ricevere il Premio Mendelssohn (1.500 marchi), nel 1907 compone il suo brano più noto: il Concerto per violino in sol minore, e nel 1908 è la prima donna a essere nominata, presso la roccaforte maschile Konigliche Hochschule für Musik, professora di Composizione e Teoria della musica: nomina ottenuta solo grazie all’intervento di tre importanti compositori e direttori d’orchestra. Il premio e l’insegnamento le consentono finalmente una certa tranquillità economica anche se, a differenza dei colleghi maschi, ottiene effettivamente il ruolo solo dopo quattro anni, non le vengono riconosciuti i diritti di pensione e può essere licenziata ogni sei mesi. Si impegna in una guerra cartacea per trent’anni per avere il riconoscimento della pensione senza riuscirci. Nel 1913, per festeggiare il secolo di indipendenza olandese, la sezione femminista organizza una importante manifestazione dedicata ai cento anni della presenza femminile nella cultura, Die Frau in Haus und Beruf (La donna a casa e al lavoro) e invita Elisabeth Kuyper a dirigere una sua composizione, la Festkantate, che riscuote un grande successo. Nel 1914, con la Prima guerra mondiale, scrive: «La questione della nazionalità divenne più importante di quella del talento. Anch'io, che sono nata in Olanda, sono stata toccata dall'onda velenosa del pregiudizio nazionale che ha travolto il mondo con la guerra». La gente non vede di buon occhio una donna straniera lavorare in un college statale e a scuola le rendono la vita difficile. Quando nel 1918 torna ad Amsterdam per riprendersi da una operazione e si ferma più del previsto per assistere la madre malata, viene licenziata. Per lei il licenziamento è quasi un sollievo perché gli intrighi di una scuola maschilista le rendevano l’insegnamento pesante. Libera da questo impegno può comporre e lavorare con Frederik van Eeden a due progetti teatrali per i quali lui ha scritto il testo e lei la musica: Beati pacifici e De Broederveete. Ma la collaborazione si interrompe per ragioni sconosciute e il lavoro non viene mai messo in scena. Riprenderà l’insegnamento nel 1925 fino al 1939, vivendo tra Berlino e la Svizzera.

Nel 1927 scrive in una raccolta di note autobiografiche (Mein Lebensweg): «Fin dall'infanzia ho avuto un amore appassionato per l'arte e la musica in particolare. Poeti, scrittori, pittori e compositori erano i miei eroi. Poiché il mio amore per l'arte era così grande, mi sono concentrata interamente sulla musica dall'età di sei anni. Quando avevo sette anni, il mio primo maestro dichiarò che non poteva insegnarmi altro. Come il prete era destinato alla religione, così io ero destinata a essere servitore dell'arte. Ero dedita a vivere per lei, a sacrificare tutto per lei: amicizia, amore, posizione e aspetto esteriore. L'arte era al di sopra di tutto». «C'è ancora così tanto davanti a me da raggiungere e realizzare; finora ho utilizzato solo in parte le mie capacità compositive». E ancora: «Essere una pioniera nel campo in cui si ha talento, nel mio caso la composizione, per una donna oggi forse più che mai significa combattere, lottare per ogni passo che può portare avanti». Tuttavia, in quel periodo compone pochissimo e, man mano che la sua salute peggiora, trascorre sempre più tempo a riprendersi nei ritiri alpini del Canton Ticino. Si dedica un po' anche alla musica leggera componendo Sogni sull’Hudson Waltz, Serenata ticinese per pianoforte e American Lovesong. Kuyper, oltre a comporre, desidera dirigere un’orchestra, obiettivo difficile per una donna. Per raggiungere il suo scopo, sostenuta dal professore di musica Wilhel Altmann che crede nelle sue capacità, fonda nuovi ensamble tutti al femminile per le musiciste che non hanno accesso alle orchestre sinfoniche. Diviene corrispondente musicale per il Nuovo Rotterdamsche Courant, per il quale scrive della vita musicale in Germania; si unisce al Deutscher Lyceum Club, un'associazione di signore dell'alta società che organizza attività culturali, politicamente e socialmente impegnata. Fonda con loro un coro professionale nel 1908 (Sangerinnen-Vereinigung des Deutschen Lyceum Clubs) e poi la Berlin Women Musicians’ Orchestra (Berliner Tonkunstlerinnen Orchester) tutti al femminile perché le musiciste non debbano più guadagnarsi da vivere lavorando nei caffè, nei bar o nei cinema.

Oltre ai concerti regolari, Kuyper dirige la sua Berliner Tonkünstlerinnen Orchester anche per il pubblico meno abbiente. Nel 1922, con l'incoraggiamento di lady Ishbel Aberdeen (presidente del Consiglio internazionale delle donne dal 1893 al 1939), forma e dirige un coro e un’orchestra appositamente per il convegno del Consiglio internazionale delle donne all’Aia guidandoli nell’esecuzione della sua Cantata del Festival. Si impegna a formare ensamble permanenti di sole donne: prima la London Women's Symphony Orchestra nel 1923, poi l'American Women's Symphony Orchestra a New York nel 1924. Nonostante i successi di pubblico e critica e una buona stampa a sostegno, ogni tentativo falliva per mancanza di finanziamenti, non si trovavano sponsor disposti a investire sul talento delle donne. Una lotta senza fine per ottenere riconoscimento e parità e poi la mancanza di denaro affossava qualsiasi sforzo. Non c'è posto nell'orchestra per le musiciste donne, per quanto talentuose e migliori possano essere dei loro colleghi.

Lize scrive: «Per la quarta volta, il mio progetto è fallito a causa dei finanziamenti. La battuta d'arresto costante mi ha dato un secondo esaurimento nervoso. Finché le organizzazioni maschili, costituite da membri paganti di entrambi i sessi, boicotteranno le donne come direttrici artistiche, il loro diritto di esistere sarà loro tolto e il loro filo di vita sarà reciso». Delusa, nel 1925 torna a Berlino dove viene reintegrata presso la Hochschule für Musik, e vi rimane fino al 1939 quando, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, si trasferisce definitivamente a Muzzano (Lugano) nel Canton Ticino dove ottiene però un permesso di lavoro solo nel 1947. Sembra che con il permesso di lavoro svizzero potesse sostituire in caso di necessità l’assistente del direttore dell'Orchestra della Radio Svizzera di Lugano, ruolo normalmente riservato ai giovani diplomati in cerca di notorietà. Della sua attività di questi anni si sa poco, pare che a causa del diabete facesse anche fatica a lavorare e fosse in cura da un neurologo. Dalla Hochschule non riceve pensione e non si sa quali fossero le sue risorse economiche. Si dice che facesse parte di una comunità di artisti anticonformisti creativi nel comune di Ascona, dove era stata soprannominata “la piccola olandese di Muzzano”. Gli ultimi anni non sono facili, vive in povertà e non riesce a pagare l’affitto. Il successo ottenuto non ha avuto seguito, la sua musica è considerata antiquata, i tentativi di pubblicare le sue composizioni risultano vani. Il 26 febbraio 1953, a 75 anni, viene trovata in casa priva di sensi a causa di un avvelenamento da fuliggine per una stufa a cherosene difettosa. Muore all’ospedale di Viganello. I documenti personali e alcuni manoscritti sono stati conservati, ma molti lavori sono andati perduti.

Nel 1991 due autrici olandesi pubblicarono il libro Zes vrouwelijke componisten (Sei compositrici donne). Per la prima volta viene fatta una ricerca approfondita sulla produzione e la vita di Elisabeth Kuyper, con inserito anche un catalogo delle opere. Nel 1992 alcune canzoni vengono inserite in un Cd e nel 2014 è stato pubblicato un Cd con la sua prima sonata per violino e il suo concerto per violino. Una vita dedicata alla musica e alle donne tutta da riscoprire. Nel 2017 arriva alla Commissione cultura di Muzzano un manoscritto in tedesco: Un momento della mia vita di Erika Sabine Sautter, nel quale questa ragazzina di otto anni racconta il tempo vissuto da rifugiata a Muzzano dal 1945 al 1948. Erika parla di Kuyper come della “pianista della casa reale olandese”, l’olandesina o con più rispetto la signorina Kuyper; racconta che le ragazzine del paese le facevano scherzi e lei usciva brandendo il suo bastone e urlando diceva loro che erano cattive perché nessuna le portava a casa il pane e la spesa, che nessuna voleva lavorare per lei e nemmeno lavarle le stoviglie, descrive quindi una signora burbera e arcigna. Di contro la negoziante da cui Lize faceva la spesa ne ha un ricordo di una persona sorridente, gioiosa e comunicativa, che propose di dare gratuitamente lezioni di canto a sua sorella e nel 1952 al matrimonio le regalò un suo spartito come cosa preziosa. Racconta che un giorno portandole la spesa intravide la cucina in uno stato disastroso, con il lavandino colmo di stoviglie e per riscaldamento una vecchia stufa pericolosa.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Il semble superflu de répéter que, dans tous les domaines, le talent féminin a été méconnu, ignoré, passé en mode silencieux et, dans le domaine musical, on peut dire passé en sourdine, mais il est necessaire de le souligner. Seules les femmes en lien avec des hommes célèbres par la parenté ou l’amitié ont eu la possibilité de se faire remarquer, mais toujours en ayant la prévoyance de rester en arrière, de ne pas trop en demander. L’inconvénient était déjà sur la ligne de départ : les femmes ne pouvaient cultiver leur talent que dans des familles aisées et uniquement à des fins de loisir. En ce qui concerne les musiciennes, le manque d’information a été comblé par Julie Anne Sadie et Rhian Samuel qui, en 1994, en faisant appel à des experts internationaux, ont produit un dictionnaire The Norton/Grove Dictionary of Women Composers, où sont rassemblées la vie et les œuvres de 875 femmes compositrices de musique classique occidentale. Parmi ces 875 femmes, on trouve Elisabeth Johanna Lamina Kuyper, compositrice et chef d’orchestre hollandaise formée au XIXe siècle, époque traditionnellement romantique dans le domaine intellectuel et artistique. La production initiale est influencée par l’influence stylistique de Mendelssohn et Schuman, puis par les modulations plus modernes de Dvořák, Grieg et surtout son mentor Bruch. Elisabeth naît le 13 septembre 1877 à Amsterdam de Joannes Kuyper et Elisabeth Johanna Frederika Robin. Ses parents tenaient une boutique de tissus, mais après la maladie et la mort de sa mère, son père ferme l’entreprise et accepte un emploi d’agent fiscal à la mairie d’Amsterdam. Ils vivent à Amsterdam dans le quartier central du Jordaan, à l’origine quartier ouvrier, transformé avec la reconversion en quartier des artistes.

La présence d’un piano Pleyel à la maison permet à Lize, dès son plus jeune âge, de se familiariser avec la musique. Les parents saisissent et donc encouragent la prédisposition de Lize et, à douze ans, les font fréquenter l’école de musique Maatschappij tot Bevordering der Toonkunst (Société pour la promotion de l’art musical). À dix-sept ans, Lize obtient son diplôme "avec mention" en piano et en pédagogie du piano, en interprétant deux de ses compositions : une sonate et un prélude et une évasion. Elle écrit, sur un livret du révérend Jacob Anton Tours, Un joyeux épisode de la vie populaire hollandaise, qui rencontre un grand succès. Tours finance son déménagement à Berlin, puis le centre culturel pour les jeunes musiciens ambitieux, où elle étudie la composition à la Konigliche Hochschule für Musik sous la direction de Heinrich Barth, Leopold Carl Wolff et Joseph Joachim. Lize écrit qu’elle a rapidement été déçue par cette école, tout en s’enthousiasmant pour l’enseignement de composition de Max Bruch à l’Akademie der Künste. Elle écrit : «Il enseignait gratuitement aux étudiants qu’il considérait comme doués, mais il en admettait seulement six à sa classe chaque année [...] c’était un homme gentil et sensible qui inspirait immédiatement confiance». Lize prend courage et en 1901, elle lui montre son travail et après quelques jours, on lui dit qu’elle a été choisie comme élève magistrale de Max Bruch. Pour la première fois, l’Académie ouvre ses portes à une femme. Pendant ses cours de perfectionnement avec Bruch, elle produit entre autres une sonate pour violon, une ballade pour violoncelle et orchestre, une sérénade pour orchestre. Le compositeur Daniël de Lange a qualifié sa musique de "magistrale" en la considérant comme une ressource importante pour la littérature violoniste. Max Bruch devient un grand partisan et un mentor. Elle dirige plusieurs de ses compositions, grâce à lui elle obtient plusieurs bourses d’études et l’aide à acquérir la citoyenneté allemande nécessaire à l’enseignement dans les écoles publiques. Lize écrit : «Max Bruch s’est battu pour le talent partout où il le voyait, et donc pour moi il a combattu comme un lion contre les préjugés que le monde nourrit à l’égard de la femme créative».

En 1903, Bruch dirige sa Ballade pour violoncelle et orchestre, que Lize elle-même peut diriger en 1909 à Szczecin en Pologne. En 1905, elle est la première femme compositrice à recevoir le Prix Mendelssohn (1500 marks), en 1907 elle compose sa chanson la plus connue, le Concerto pour violon en sol mineur, et en 1908 elle est la première femme à être nommée à la forteresse masculine Konigliche Hochschule für Musik, professeur de composition et théorie de la musique : nomination obtenue uniquement grâce à l’intervention de trois compositeurs et chefs d’orchestre importants. La récompense et l’enseignement lui permettent enfin une certaine tranquillité économique même si, contrairement à ses collègues masculins, elle n’obtient effectivement le rôle qu’après quatre ans, les droits à la pension ne lui sont pas reconnus et peut être licenciée tous les six mois. Elle s’engage dans une guerre de papier pendant trente ans pour obtenir la reconnaissance de la retraite sans y parvenir. En 1913, pour célébrer les cent ans de l’indépendance néerlandaise, la section féministe organise une importante manifestation consacrée aux cent ans de présence féminine dans la culture, Die Frau in Haus und Beruf (La femme à la maison et au travail) et invite Elisabeth Kuyper à diriger une de ses compositions, la Festkantate, qui rencontre un grand succès. En 1914, avec la Première Guerre mondiale, elle écrit : « La question de la nationalité devint plus importante que celle du talent. Moi aussi, qui suis née en Hollande, j’ai été touchée par la vague toxique du préjugé national qui a submergé le monde avec la guerre». Les gens ne voient pas d’un bon œil une femme étrangère travailler dans une université publique et à l’école, ils lui rendent la vie difficile. Lorsqu’en 1918, elle retourne à Amsterdam pour se remettre d’une opération et s’arrête plus longtemps que prévu pour assister sa mère malade, elle est licenciée. Pour elle, le licenciement est presque un soulagement parce que les intrigues d’une école masculine lui rendaient l’enseignement lourd. Libérée de l’enseignement, elle peut composer et travailler avec Frederik van Eeden sur deux projets théâtraux pour lesquels elle a écrit le texte et elle a écrit la musique, Beati pacifici et De Broederveete. Mais la collaboration s’arrête pour des raisons inconnues et le travail n’est jamais mis en scène. Elle reprend l’enseignement en 1925 jusqu’en 1939, vivant entre Berlin et la Suisse.

En 1927, elle écrit dans un recueil de notes autobiographiques (Mein Lebensweg) : «Depuis mon enfance, j’ai eu un amour passionné pour l’art et la musique en particulier. Poètes, écrivains, peintres et compositeurs étaient mes héros. Comme mon amour pour l’art était si grand, je me suis entièrement concentrée sur la musique depuis l’âge de six ans. Quand j’avais sept ans, mon premier maître a dit qu’il ne pouvait rien m’apprendre d’autre. Comme le prêtre était destiné à la religion, j’étais destinée à être servante de l’art. J’étais consacrée à vivre pour elle, à tout sacrifier pour elle : amitié, amour, position et apparence extérieure. L’art était au-dessus de tout ». «Il y a encore tellement devant moi à atteindre et à réaliser; jusqu’à présent, je n’ai utilisé que partiellement mes compétences en composition». Et encore : «Être une pionnière dans le domaine où l’on a du talent, dans mon cas la composition, pour une femme aujourd’hui signifie plus que jamais combattre, lutter pour chaque pas qu’elle peut franchir». Cependant, pendant cette période, elle compose très peu et, à mesure que sa santé se détériore, elle passe de plus en plus de temps à se remettre dans les retraites alpines du canton du Tessin. Elle se consacre également un peu à la musique légère en composant Sogni sull’Hudson Waltz, Serenata Ticinese pour piano et American Lovesong. En plus de composer de la musique, Kujper souhaite diriger un orchestre, un objectif difficile pour une femme. Pour atteindre son but, soutenue par le professeur de musique Wilhel Altmann qui croit en ses capacités, elle fonde de nouveaux groupes féminins pour les femmes musiciennes qui n’ont pas accès aux orchestres symphoniques. Elle devient correspondante musicale pour le Nouveau Rotterdamsche Courant, pour lequel elle écrit sur la vie musicale en Allemagne ; elle rejoint le Deutscher Lyceum Club, une association de dames de la haute société qui organise des activités culturelles, politiquement et socialement engagées. Elle fonde avec eux un chœur professionnel en 1908 (Sangerinnen-Vereinigung des Deutschen Lyceum Clubs) puis le Berlin Women Musicians' Orchestra (Berliner Tonkunstlerinnen Orchester) tous au féminin pour que les musiciens ne doivent plus gagner leur vie en travaillant dans les cafés, dans les bars ou les cinémas.

En plus des concerts réguliers, Kuyper dirige sa Berliner Tonkünstlerinnen Orchester pour les plus pauvres. En 1922, avec les encouragements de Lady Ishbel Aberdeen (présidente du Conseil international des femmes de 1893 à 1939) elle forme et dirige un chœur et un orchestre spécialement pour le congrès du Conseil international des femmes à La Haye, en les guidant dans l’exécution de sa Cantate du Festival. Elle s’engage à former un orchestre permanent de femmes : d’abord l’Orchestre symphonique féminin de Londres en 1923, puis l’American Women’s Symphony Orchestra à New York en 1924. Malgré les succès du public et de la critique et une bonne presse à l’appui, chaque tentative échouait par manque de financement, aucun sponsor ne se trouvait disposé à investir dans le talent des femmes. Une lutte sans fin pour la reconnaissance et l’égalité, puis le manque d’argent a ruiné tout effort. Il n’y a pas de place dans l’orchestre pour les musiciennes féminines, aussi talentueuses et meilleures soient-elles.

Lize écrit : « Pour la quatrième fois, mon projet a échoué à cause du financement. Le recul constant m’a provoqué une deuxième dépression nerveuse. Tant que les organisations masculines, constituées de membres payants des deux sexes, boycotteront les femmes comme directrices artistiques, leur droit d’exister leur sera ôté et leur fil de vie coupé». Déçue, elle retourne en 1925 à Berlin où elle est réintégrée à la Hochschule für Musik, et y reste jusqu’en 1939 quand, avec le déclenchement de la Seconde Guerre mondiale, elle s’installe définitivement à Muzzano (Lugano) dans le canton du Tessin où elle n’obtient un permis de travail qu’en 1947. Il semble qu’avec le permis de travail suisse, elle ait pu remplacer en cas de nécessité l’assistant du chef de l’Orchestre de la Radio Suisse de Lugano, rôle normalement réservé aux jeunes diplômés cherchant à se faire connaître. On sait peu de choses de son activité ces dernières années, il semble qu’à cause du diabète elle ait eu du mal à travailler et qu’elle ait été soigné par un neurologue. La Hochschule ne reçoit pas de pension et on ne sait pas quelles étaient ses ressources économiques. On dit qu’elle faisait partie d’une communauté d’artistes anticonformistes créatifs dans la commune d’Ascona, où elle avait été surnommée "la petite hollandaise de Muzzano". Ces dernières années ne sont pas faciles, elle vit dans la pauvreté et ne peut pas payer le loyer. Le succès n’a pas eu de suite, sa musique est considérée comme dépassée, les tentatives de publier ses compositions sont vaines. Le 26 février 1953, à l’âge de 75 ans, elle est retrouvée inconsciente dans sa maison à cause d’un empoisonnement à la suie causé par un poêle à kérosène défectueux. Elle meurt à l’hôpital de Viganello. Les documents personnels et certains manuscrits ont été conservés, mais de nombreux travaux ont été perdus.

En 1991, deux autrices néerlandaises ont publié un livre Zes vrouwelijke componisten (Six femmes compositeurs). Pour la première fois, une recherche approfondie est faite sur les œuvres et la vie d’Elisabeth Kuyper, avec un catalogue des œuvres. En 1992, des chansons sont publiées sur un CD et en 2014, un CD est publié avec sa première sonate pour violon et son concert pour violon. Une vie dédiée à la musique et aux femmes à redécouvrir. En 2017 arrive à la Commission culturelle de Muzzano un manuscrit en allemand Un moment de ma vie par Erika Sabine Sautter, dans lequel cette jeune fille de huit ans raconte le temps qu’elle a vécu en tant que réfugiée à Muzzano de 1945 à 1948. Erika parle de Kuyper comme du "pianiste de la maison royale hollandaise", l’Hollandaise ou, avec plus de respect, Mlle Kuyper; raconte que les jeunes filles du village lui faisaient des farces et qu’elle sortait en brandissant son bâton et en criant qu’elles étaient mauvaises parce que personne ne lui apportait le pain et les courses, que personne ne voulait travailler pour elle ni lui laver la vaisselle, elle décrit alors une dame bourrue et aigre. En revanche, la commerçante dont Lize faisait les courses en a le souvenir d’une personne souriante, joyeuse et communicative, qui proposa à sa sœur de lui donner gratuitement des leçons de chant et, en 1952, lui offrit une partition au mariage. Elle raconte qu’un jour, en lui apportant ses courses, elle aperçut la cuisine dans un état désastreux, avec l’évier plein de vaisselle et pour le chauffage un vieux poêle dangereux.

En 1991, deux autrices néerlandaises ont publié un livre Zes vrouwelijke componisten (Six femmes compositeurs). Pour la première fois, une recherche approfondie est faite sur les œuvres et la vie d’Elisabeth Kuyper, avec un catalogue des œuvres. En 1992, des chansons sont publiées sur un CD et en 2014, un CD est publié avec sa première sonate pour violon et son concert pour violon. Une vie dédiée à la musique et aux femmes à redécouvrir. En 2017 arrive à la Commission culturelle de Muzzano un manuscrit en allemand Un moment de ma vie par Erika Sabine Sautter, dans lequel cette jeune fille de huit ans raconte le temps qu’elle a vécu en tant que réfugiée à Muzzano de 1945 à 1948. Erika parle de Kuyper comme du "pianiste de la maison royale hollandaise", l’Hollandaise ou, avec plus de respect, Mlle Kuyper; raconte que les jeunes filles du village lui faisaient des farces et qu’elle sortait en brandissant son bâton et en criant qu’elles étaient mauvaises parce que personne ne lui apportait le pain et les courses, que personne ne voulait travailler pour elle ni lui laver la vaisselle, elle décrit alors une dame bourrue et aigre. En revanche, la commerçante dont Lize faisait les courses en a le souvenir d’une personne souriante, joyeuse et communicative, qui proposa à sa sœur de lui donner gratuitement des leçons de chant et, en 1952, lui offrit une partition au mariage. Elle raconte qu’un jour, en lui apportant ses courses, elle aperçut la cuisine dans un état désastreux, avec l’évier plein de vaisselle et pour le chauffage un vieux poêle dangereux.


Traduzione inglese

Std Stapleton

It seems unnecessary to repeat that, in every sphere, female talent has been unrecognized, ignored, and passed over - and in the field of music it is fair to say passed over in silence - but it is necessary to reiterate this. Only women related to famous men by kinship or friendship had a chance to be noticed, but they also had to have the foresight to stay one step back, to not demand too much. The disadvantage began on the starting line: women were allowed to cultivate their talents only in wealthy families, and most often only as a pastime. As for women musicians, the information gap was filled in by Julie Anne Sadie and Rhian Samuel, who in 1994, using international experts, produced the Norton/Grove Dictionary of Women Composers, in which the lives and works of 875 women composers of Western classical music are documented. These 875 women include Elisabeth Johanna Lamina Kuyper, a Dutch composer and conductor trained in the 19th century, a traditionally Romantic era in intellectual and artistic circles. Her early production was shaped in part by the stylistic influence of Mendelssohn and Schuman, later enriched by the more modern contributions of Dvořák, Grieg and especially her mentor, Bruch. Elisabeth was born in Amsterdam on September 13, 1877, the first of three siblings, to Joannes Kuyper and Elisabeth Johanna Frederika Robin. Her parents ran a textile store, but after her mother's illness and death, her father closed the business and took a job as a tax official with the Amsterdam municipality. They lived in Amsterdam in the central Jordaan district, originally a working-class neighborhood that developed into an area with many artists.

The presence of a Pleyel piano in the house allowed Lize, from a very early age, to become familiar with music. Her parents grasped and thus fostered Lize's predisposition and at the age of twelve had her attend the music school Maatschappij tot Bevordering der Toonkunst (Society for the Promotion of the Art of Music). At seventeen Lize graduated "with distinction" in piano and piano pedagogy, performing two of her own compositions: a sonata and a prelude and fugue. She wrote, to a libretto by the Reverend Jacob Anton Tours, A Merry Episode of Dutch Folk Life, which enjoyed good success. Tours finances her move to Berlin, then a center of culture for ambitious young musicians, where she studied composition at the Konigliche Hochschule für Musik under Heinrich Barth, Leopold Carl Wolff and Joseph Joachim. Lize wrote that she was soon disappointed with this school, while she became enthusiastic about Max Bruch's teaching of composition at the Akademie der Künste. Of him she wrote, "He taught students whom he considered gifted for free, but admitted only six to his class each year [...] he was a kind and sensitive man who immediately inspired confidence." Lize plucked up courage and showed him her work in 1901, and after a few days she was informed that she had been chosen as a master student of Max Bruch. For the first time the Academy opened its doors to a woman. During master classes with Bruch she produced, among other things, a violin sonata, a ballade for cello and orchestra, and a serenade for orchestra. Composer Daniël de Lange called her music "masterful" and considered it an important resource for violin literature.

Max Bruch became a great supporter and mentor of hers. He conducted many of her compositions, and thanks to him she obtained several scholarships. He also helped her obtain the German citizenship necessary for teaching in public schools. Lize wrote, "Max Bruch fought for talent wherever he saw it, and so for me he fought like a lion against the world's prejudices against creative women." In 1903 Bruch conducted her Ballade for Cello and Orchestra, which only in 1909 was Lize herself able to conduct in Stettin, Poland. In 1905 she was the first woman composer to receive the Mendelssohn Prize (1,500 marks). In 1907 she composed her best-known piece, the Violin Concerto in G minor, and in 1908 she was the first woman to be appointed, at the then exclusively male Konigliche Hochschule für Musik, a professor of Composition and Theory of Music - an appointment obtained only through the intervention of three prominent composers and conductors. The award and teaching finally allowed her some financial peace of mind although, unlike her male colleagues, she did not actually obtain tenure until after four years, was not granted pension rights, and could be dismissed every six months. She engaged in a paper war to get pension recognition for thirty years, without succeeding. In 1913, to celebrate one hundred years of Dutch independence, feminists organized a major event dedicated to one hundred years of women's presence in culture, Die Frau in Haus und Beruf (Woman at Home and at Work), and invited Elisabeth Kuyper to conduct one of her compositions, the “Festkantate”, which was a great success. In 1914, at the onset of World War I, she wrote, "The question of nationality became more important than that of talent. I too, who was born in Holland, was touched by the poisonous wave of national prejudice that swept the world with the war." People frowned upon a foreign woman working in a state college, and they made life difficult for her at school. When she returned to Amsterdam in 1918 to recover from an operation and stayed longer than planned to care for her ailing mother, she was fired. For her the dismissal was almost a relief because the intrigues of a macho school made teaching burdensome for her. Free from teaching she could then compose and work with Frederik van Eeden on two theater projects for which he wrote the lyrics and she wrote the music, “Blessed Peace” and “De Broederveete”. But the collaboration ended for unknown reasons and the work was never staged. She resumed teaching in 1925 until 1939, living between Berlin and Switzerland.

In 1927 she wrote in a collection of autobiographical notes (Mein Lebensweg), "From childhood I had a passionate love for art and music in particular. Poets, writers, painters and composers were my heroes. Because my love for art was so great, I focused entirely on music from the age of six. When I was seven years old, my first teacher declared that he could teach me nothing else. Just as the priest was destined for religion, I was destined to be a servant of art. I was determined to live for it, to sacrifice everything for it, including friendship, love, position and outward appearance. Art was above everything." "There is still so much ahead of me to achieve and accomplish. So far I have only partially used my compositional skills." And again, "To be a pioneer in the field in which one has talent, in my case composition, for a woman today perhaps more than ever means fighting, striving for every step she can take." She composed very little during that period, however, and as her health deteriorated, she spent more and more time recuperating in alpine retreats in Canton Ticino. She also devoted some time to light music, composing “Dreams on the Hudson Waltz”, “Serenata Ticinese” for piano and “American Lovesong”. Kujper, in addition to composing music, wanted to conduct an orchestra, a difficult goal for a woman. To achieve her goal, supported by music professor Wilhel Altmann who believed in her abilities, she founded new all-female ensembles for women musicians who did not have access to symphony orchestras. She became music correspondent for the New Rotterdam Courant, for which she wrote about musical life in Germany. She also joined the Deutscher Lyceum Club, an association of high-society women who organized cultural, political and socially engaged activities. She founded with them a professional choir in 1908 (Sangerinnen-Vereinigung des Deutschen Lyceum Clubs) and then the Berlin Women Musicians' Orchestra (Berliner Tonkunstlerinnen Orchester) – all female groups so that female musicians would no longer have to earn a living working in cafes, bars or cinemas.

In addition to regular concerts, Kuyper also conducted her Berliner Tonkünstlerinnen Orchester for less affluent audiences. In 1922, with the encouragement of Lady Ishbel Aberdeen (president of the International Council of Women from 1893 to 1939), she formed and conducted a choir and orchestra specifically for the International Council of Women's convention in The Hague, guiding them in the performance of her Festival Cantata. She became involved in forming permanent all-women ensembles: first the London Women's Symphony Orchestra in 1923, then the American Women's Symphony Orchestra in New York in 1924. Despite public and critical acclaim and a good press in support, each attempt failed due to lack of funding. No sponsors could be found willing to invest in women's talent. A never-ending struggle for recognition and equality, but the lack of money doomed the effort. There was no place for women musicians in the recognized orchestras, no matter how much more talented and skilled they might be than the male performers.

Lize wrote, "For the fourth time, my project failed because of funding. The constant setback gave me a second nervous breakdown. As long as men's organizations, consisting of paying members of both sexes, boycott women as artistic directors, their right to exist will be taken away and their thread of life severed." Disappointed, she returned to Berlin in 1925 where she was reinstated at the Hochschule für Musik, and remained there until 1939 when, with the outbreak of World War II, she moved permanently to Lugano in the canton of Ticino where, however, she did not obtain a work permit until 1947. It seemed that with the Swiss work permit she could substitute when needed for the assistant conductor of the Swiss Radio Orchestra in Lugano, a role normally reserved for young graduates seeking to make a name for themselves. Little is known about her activities during these years. It seems that due to diabetes she struggled to work and was also being treated by a neurologist. She received no pension from the Hochschule and it is not known what her financial resources were. She was said to be part of a community of creative mavericks in the town of Ascona, where she was nicknamed "the little Dutch girl from Muzzano." Her last years were not easy, living in poverty and unable to pay her rent. The success she achieved was not followed up, her music was considered outdated, and attempts to publish her compositions were in vain. On Feb. 26, 1953, at age 75, she was found unconscious at home due to poisoning from a defective kerosene stove. She died at the hospital in Viganello. Personal papers and some manuscripts were preserved, but many works were lost.

In 1991 two Dutch women authors published a book titled Zes vrouwelijke componisten (Six Women Composers). For the first time, extensive research was done on the works and life of Elisabeth Kuyper, with a catalog of works also included. In 1992 some songs were released on a CD, and in 2014 a CD was released with her first violin sonata and violin concerto. A life dedicated to music and women all to be rediscovered. In 2017 a manuscript in German, “A Moment in My Life” by Erika Sabine Sautter, arrived at the Muzzano Culture Commission. In it a girl, beginning at eight years old, recounts her time as a refugee in Muzzano from 1945 to 1948. Erika speaks of Kuyper as the "pianist of the Dutch royal house," the “Dutchwoman” or more respectfully as Miss Kuyper. She relates that the little girls in the village played pranks on her and she would come out brandishing her cane and shouting and tell them that they were naughty because no one brought her bread and groceries home, that no one wanted to work for her or even wash her dishes, so she describes a gruff and sullen woman. In contrast, the shopkeeper from where Lize shopped has memories of her as a smiling, joyful and communicative person, who offered her sister free singing lessons and in 1952 at her wedding gave her one of her sheet music compositions as a precious gift. She recounts that one day while delivering her groceries she caught a glimpse of the kitchen in a disastrous state, with the sink overflowing with dishes and for heating an outmoded, dangerous stove.


Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Parece superfluo repetir que en todos los ámbitos el talento femenino ha sido desconocido, e ignorado, se ha pasado por alto, y en el marco musical cabe decir que ha pasado a la sordina, sin embargo, es necesario subrayarlo. Solo las mujeres allegadas a varones famosos en parentesco o amistad tuvieron la oportunidad de hacerse notar, pero siempre teniendo la lucidez de quedarse un paso por detrás, de no exigir demasiado. La desventaja tenía lugar ya en la línea de salida pues a las mujeres sólo se les permitía cultivar su talento en las familias adineradas y únicamente como pasatiempo. Por lo que se refiere las músicas, la carencia de información fue colmada por Julie Anne Sadie y Rhian Samuel, que en 1994 elaboraron, con la ayuda de expertos internacionales, un diccionario, The Norton/Grove Dictionary of Women Composers, en el que se recogen las vidas y obras de 875 mujeres compositoras de música clásica occidental. Entre estas 875 mujeres se encuentra Elisabeth Johanna Lamina Kuyper, compositora y directora de orquesta holandesa que se formó en el siglo XIX, una época tradicionalmente romántica, en los círculos intelectuales y artísticos. Sus comienzos se vieron influidos estilísticamente por Mendelssohn y Schumann, y posteriormente modificó su estilo con las modernísimas modulaciones de Dvořák, Grieg y, sobre todo, de su mentor Bruch. Elisabeth nació el 13 de septiembre de 1877 en Ámsterdam, fue la primogénita de tres hermanos, hijos de Joannes Kuyper y Elisabeth Johanna Frederika Robin. Sus padres estaban a cargo de una tienda textil, pero tras la enfermedad y muerte de su madre, su padre cerró el negocio y aceptó un trabajo como funcionario fiscal en el ayuntamiento de Ámsterdam. Vivían en el céntrico barrio de Jordaan, en sus orígenes era un barrio obrero que una remodelación transformó en barrio de artistas. 

La presencia de un piano Pleyel en casa permitió que Lize, desde muy pequeña, se familiarizara con la música. Sus padres reconocieron y fomentaron así la predisposición de Lize y, a los doce años, la hicieron asistir a la escuela de música Maatschappij tot Bevordering der Toonkunst (Sociedad para la Promoción del Arte de la Música). A los diecisiete años, Lize se graduó con un “Notable” en piano y pedagogía pianística, interpretando dos de sus propias composiciones: una sonata y un preludio y fuga. Escribió, con libreto del reverendo Jacob Anton Tours, Un episodio alegre de la vida popular holandesa, que recibió una buena acogida. Tours financió su traslado a Berlín, que en aquel entonces era un centro cultural para jóvenes músicos con ambición, donde estudió composición en la Königliche Hochschule für Musik bajo la dirección de Heinrich Barth, Leopold Carl Wolff y Joseph Joachim. Lize escribió que pronto se sintió decepcionada por esta escuela, pero que se entusiasmó con las clases de composición de Max Bruch en la Akademie der Künste. Lo describió como alguien que: «enseñaba gratuitamente a quienes consideraba con talento, pero solo admitía a seis en su clase cada año […], era un hombre amable y sensible que en seguida infundía confianza».

Lize se armó de valor y le mostró sus composiciones en 1901 y, pocos días después, le comunicaron que había sido elegida como alumna de Max Bruch. Por primera vez la Academia abrió sus puertas a una mujer. Durante sus cursos de perfeccionamiento con Bruch, entre otras cosas, compuso una sonata para violín, una balada para violonchelo y orquesta y una serenata para orquesta. El compositor Daniël de Lange calificó su música de "magistral" y la consideró un importante recurso para la literatura violinística. Max Bruch se convirtió en su gran partidario y mentor. Dirigió muchas de sus composiciones, gracias a él Lize obtuvo varias becas y la ayudó a obtener la nacionalidad alemana necesaria para enseñar en la escuela pública de ese país. Lize escribió que: «Max Bruch ha luchado por el talento donde quiera que lo haya visto, y por lo tanto ha luchado como un león por mí contra los perjuicios existentes hacia la mujer creativa». En 1903, Bruch dirigió su Balada para violoncelo y orquesta; la propia Lize sólo pudo dirigirla en 1909 en Stettin (Polonia). En 1905 fue la primera compositora en recibir el Premio Mendelssohn (1.500 marcos), en 1907 compuso su obra más conocida, el Concierto para violín en sol menor, y en 1908 fue la primera mujer, en el baluarte masculino Königliche Hochschule für Musik, nombrada profesora de Composición y Teoría de la Música gracias a la intervención de tres importantes compositores y directores de orquesta. El premio y la docencia por fin le permitieron gozar de cierta tranquilidad económica, aunque, a diferencia de sus colegas varones, sólo obtuvo realmente la plaza después de cuatro años, no se le concedieron derechos de pensión y podía ser despedida cada seis meses. Se enzarzó en una guerra hecha de papeles que duró treinta años para conseguir el reconocimiento de su pensión, sin éxito. En 1913, para celebrar el centenario de la independencia holandesa, la sección feminista organizó un gran evento dedicado a los cien años de presencia de la mujer en la cultura, Die Frau in Haus und Beruf (la mujer en el hogar y la mujer profesional) e invitó a Elisabeth Kuyper a dirigir una de sus composiciones, la Festkantate, que fue un gran éxito. En 1914, al principio de la Primera guerra mundial, escribió: «La nacionalidad pasó a ser más importante que el talento. También a mí, que nací en Holanda, me ha tocado la oleada venenosa del prejuicio nacional que ha arrollado el mundo con la guerra». La gente no veía con buenos ojos que una mujer extranjera trabajara en un colegio público y le hacían la vida imposible en la escuela. Cuando regresó a Ámsterdam en 1918 para recuperarse de una operación y se quedó más tiempo del previsto para cuidar de su madre enferma, la despidieron. Para ella, el despido fue casi un alivio, ya que las intrigas de una escuela machista hacían que la enseñanza le resultara pesada. De esta manera, pudo componer y trabajar con Frederik van Eeden en dos proyectos teatrales cuyo texto escribió él y cuya música escribió ella, Beati pacifici y De Broederveete. Sin embargo, la colaboración se interrumpió por motivos desconocidos y las obras nunca llegaron a representarse. Retomó la docencia en 1925 hasta 1939, periodo en el que vivió entre Berlín y Suiza.

En 1927 escribió en una colección de notas autobiográficas (Mein Lebensweg): «Desde la infancia he sentido un amor apasionado por el arte y por la música en especial. Poetas, escritores, pintores y compositores eran mis héroes. Dado que mi amor por el arte era tan grande, me concentré por completo en la música desde los seis años. Cuando tenía siete años, mi primer maestro declaró que no me podía enseñar nada más. Del mismo modo que el cura está destinado a la religión, yo estaba destinada a servir el arte. Vivía dedicada al arte, lo sacrificaba todo por el arte: la amistad, el amor, la posición y el aspecto exterior. El arte estaba por encima de todo». «Todavía me quedan tantas cosas por realizar; hasta ahora solo he usado mis capacidades compositivas de forma parcial». Y más aún: «Ser una pionera en el campo en que se dispone de un talento, en mi caso el de la composición, para una mujer hoy, quizás más que nunca, significa luchar, combatir para cada paso que nos puede hacer avanzar». Sin embargo, compone muy poco durante ese periodo y, a medida que su salud se deteriora, pasa cada vez más tiempo recuperándose en retiros alpinos en el Cantón del Tesino donde se dedica un poco a la composición de música ligera como el vals Dreams on the Hudson, la Serenata Ticinese per pianoforte y la American Lovesong. Elisabeth, además de componer música, quiso dirigir una orquesta, una meta difícil para una mujer. Para conseguirlo, con el apoyo del profesor de música Wilhel Altmann, que creía en sus capacidades, fundó nuevos conjuntos musicales para músicas que no tenían acceso a las orquestas sinfónicas. Se convirtió en corresponsal musical del nuevo Rotterdam Courant, en el que escribía sobre la vida musical en Alemania; ingresó en el Deutscher Lyceum Club, una asociación de damas de la alta sociedad que organizaban actividades culturales, política y socialmente comprometida. Fundó con ellas un coro profesional en 1908 (Sangerinnen-Vereinigung des Deutschen Lyceum Clubs) y más tarde la Berlin Women Musicians’ Orchestra (Berliner Tonkunstlerinnen Orchester) para que las músicas ya no tuvieran que ganarse la vida trabajando en cafés, bares o cines.

Además de los conciertos habituales, Kuyper también dirigió su Berliner Tonkünstlerinnen Orchester para audiencias menos hacendadas. En 1922, animada por Lady Ishbel Aberdeen (presidenta del Consejo Internacional de Mujeres de 1893 a 1939), formó y dirigió un coro y una orquesta especialmente para la conferencia del Consejo Internacional de Mujeres en La Haya, que dirigió en la interpretación de su Cantata del Festival. Se comprometió a formar conjuntos femeninos permanentes: primero la London Women's Symphony Orchestra en 1923, y después la American Women's Symphony Orchestra en Nueva York en 1924. A pesar del éxito de público y de la crítica y de una buena prensa que la sostenía, todas las tentativas fracasaron por falta de financiación: no se encontraron patrocinadores dispuestos a invertir en el talento femenino. Una lucha interminable para el reconocimiento y la igualdad y luego la falta de dinero hacían naufragar cualquier esfuerzo. No había sitio en la orquesta para las músicas, por mucho talento y por mucho que fueran mejores que sus colegas.

Lize escribió: «Por cuarta vez mi proyecto ha fracasado a causa de las subvenciones. Esta constante marcha atrás me ha provocado otra vez cansancio mental. Mientras las asociaciones masculinas, constituidas por miembros de ambos sexos, boicoteen a las mujeres como directoras artísticas, se les quitará su deseo de vivir y se quedarán sin aliento». Decepcionada, en 1925 regresó a Berlín, donde se reintegró en la Hochschule für Musik y permaneció allí hasta 1939, cuando, al estallar de la Segunda Guerra Mundial, se trasladó definitivamente a Muzzano (Lugano), en el cantón del Tesino, donde no obtuvo permiso de trabajo hasta 1947. Al parecer, con su permiso de trabajo suizo, podía sustituir al director asistente de la Orquesta de la Radio Suiza en Lugano cuando era necesario, un papel normalmente reservado a jóvenes licenciados que buscaban hacerse un nombre. Poco se sabe de sus actividades en aquellos años; parece que debido a la diabetes también tenía dificultades para trabajar y que la seguía un neurólogo. No recibió ninguna pensión de la Hochschule y se desconoce cuáles eran sus recursos económicos. Se dice que formaba parte de una comunidad de artistas creativos inconformistas de la ciudad de Ascona, donde la apodaban "la pequeña holandesa de Muzzano". Sus últimos años fueron complejos, vivía en la pobreza y no podía pagar el alquiler. Su éxito no tuvo continuidad, su música se consideraba anticuada y las tentativas de publicar sus composiciones fueron infructuosas. El 26 de febrero de 1953, a los 75 años, la hallaron inconsciente en su casa a causa de una intoxicación por hollín provocada por una estufa de parafina defectuosa. Murió en el hospital de Viganello. Se han conservado sus documentos personales y algunos manuscritos, pero se perdieron muchas obras.

En 1991, dos autoras holandesas publicaron el libro Zes vrouwelijke componisten (“Seis mujeres compositoras”). Por primera vez, se investigó en profundidad la obra y la vida de Elisabeth Kuyper, en el que se incluía un catálogo de sus obras. En 1992, se publicaron algunas composiciones suyas en un álbum y, en 2014, se publicó un álbum con su primera sonata para violín y su concierto para violín. Una vida dedicada a la música y a las mujeres por redescubrir. En 2017 llegó a la Comisión Cultural de Muzzano un manuscrito en alemán, Un momento de mi vida, de Erika Sabine Sautter, en el que una niña de ocho años relata el tiempo que vivió como refugiada en Muzzano entre 1945 y 1948. Erika habla de Kuyper como la “pianista de la casa real holandesa”, de la pequeña holandesa o, más respetuosamente, de la señorita Kuyper; dice que las niñas del pueblo le gastaban bromas y ella salía blandiendo su bastón y les gritaba que eran malas porque ninguna le llevaba el pan y la compra a casa, que ninguna quería trabajar para ella ni siquiera lavarle la vajilla, por lo que describe a una señora severa y huraña. En cambio, la tendera donde Lize hacía la compra la recuerda como una persona sonriente, alegre y comunicativa, que ofrecía clases gratuitas de canto a su hermana y que, en 1952, en su boda, le regaló una de sus partituras como un objeto precioso. Cuenta que un día, cuando le llevaba la compra, entrevió la cocina en un estado desastroso, con el fregadero lleno de platos y una vieja y peligrosa estufa para calentarse.

 

Josephine Amann–Weinlich
Gemma Pacella




Carola Pignati

 

«Mme. Amann Weinlich rappresenta il tipo perfetto della grande sacerdotessa del mondo musicale. Il suo sguardo è completo, il suo braccio vigoroso...». The Musical Standard (1873, p. 376)

Josephine Weinlich nasce il 2 agosto del 1848 a Dejte in Ungheria, ora comune della Slovacchia. Si sa pochissimo della famiglia: il padre Franz W. Weinlich, un cattolico proprietario di una fabbrica, era anche un cantante folk e la madre Josepha una domestica. La ragazza cresce in un ambiente culturalmente stimolante: impara tre lingue e ben presto, sulle orme paterne, inizia a suonare due strumenti: violino e piano, mentre sua sorella Elise si dedica al violoncello. A seguito di una probabile crisi economica, Josephine è costretta a lavorare nei ristoranti come comica e, dal 1865, anche come accompagnatrice al pianoforte di cantanti folk come Jakob Binder, Karl Drexler, Wenzel Seidl e Amalie Zeidler, per i quali compone pure canzoni. Solo quando un mecenate entra nella sua vita, la giovane musicista può riprendere gli studi, e forma nel 1868 a Vienna un quartetto in cui lei suona il pianoforte e sua sorella Elise il violoncello. Si esibiscono in spettacoli privati, con altre due musiciste, fino alla svolta avvenuta nell'agosto 1868, quando suonano nella Dreher'sche Bierhalle, una birreria a Vienna, come Das neue Wiener Damen-Orchester, ovvero “La nuova orchestra femminile viennese”. La notorietà del gruppo, chiamato anche Josefine Weinlich's Damenkapelle (Band di donne di Josefine Weinlich), cresce sempre di più e le porterà dapprima, nel 1869, a suonare in altre città europee, e poi nel 1871 a organizzare una tournée negli Stati Uniti. Nel 1872 continua la tournée alla volta della Russia. Josephine Weinlich nel 1870 sposa Ebo Amann (1846-1899), un agente di concerti che, dopo il matrimonio, diventa una sorta di suo manager ante litteram.

Josephine Amann–Weinlich nel 1879 Josephine Amann–Weinlich nel 1885 Josephine Weinlich in una fotografia del 1879

L’orchestra era specializzata nell'esecuzione di musica leggera di intrattenimento, come valzer e polke, ma Josephine spesso si concedeva di suonare le proprie composizioni. Pare, infatti, che inizialmente guidasse l’ensemble dal violino, ma, man mano che l'orchestra cresceva di dimensioni, considerando che nel 1871 era composta da ben ventidue musicisti e musiciste, comincia a dirigere su un piedistallo, rimandandoci l’esatta immagine di un’attuale direttrice d’orchestra. Dalle informazioni sulla carriera di Josephine si apprende che l'ensemble avesse ricevuto alcune lamentele per via del fatto che fosse privo di fiati e ottoni. Così Josephine Weinlich aveva deciso di includere sette uomini per suonare anche quegli strumenti. L'anno 1873 si apre con una serie di successi professionali per Josephine: cambia il nome della sua orchestra in European Women's Orchestra, in coincidenza del fatto che l'ensemble acquista un posto di rilievo all'Esposizione Internazionale di Vienna di quello stesso anno, esibendosi in concerti serali durante la kermesse. Nel mese di maggio, la Das Erste Europäische Damenorchester, diretta da lei, tiene il suo primo concerto al Musikverein di Vienna. C'erano ormai quaranta membri a comporla: 33 donne suonavano gli strumenti a corda, compresi i contrabbassi, e poi i flauti e le percussioni, mentre 7 uomini suonavano il clarinetto, il corno, la tromba e il trombone. Nei mesi seguenti l'orchestra si reca a Dresda, Lipsia, Berlino e Parigi, e successivamente anche in Italia e in Inghilterra. Nel 1876 suonano in Scandinavia, Paesi Bassi e Germania. Sembra certo che proprio quell'autunno siano state eseguite le ultime esibizioni conosciute.

I successivi percorsi di Josephine, dopo lo scioglimento del gruppo, risultano ancora più oscuri. Sappiamo tuttavia che nel 1878 fonda con sua sorella il Caecilien-Quartett, con cui continua a fare tournée, fino all’arrivo, nel gennaio 1879, a Lisbona. Da allora Amann-Weinlich si trasferisce stabilmente nella capitale portoghese con il marito, i figli e la sorella. Qui Josephine è chiamata a dirigere l'orchestra cittadina in una serie di concerti al Teatro da Trindade, e viene nominata direttrice per una stagione al Teatro Nacional de São Carlos: sembra che così abbia avuto occasione di dirigere opere di Weber, Rossini, Saint-Saëns, Johann Strauss e persino Liszt e Wagner. È inoltre redattrice della Gazeta Musical, finanziata dal marito, attraverso cui pubblica alcune sue composizioni. Rimane a Lisbona con la famiglia come insegnante di pianoforte fino alla morte avvenuta per tubercolosi il 9 gennaio 1887. Josephine Amann Weinlich, pianista, violinista, compositrice e direttrice d’orchestra, poliedrica artista è, soprattutto, iniziatrice di una brillante carriera musicale non facilmente riconosciuta alle donne, negli anni della sua vita e, finanche, in quelli successivi. Non figura negli elenchi degli e delle studenti del Conservatorio di Vienna, ma è stato variamente riferito che vi abbia ricevuto lezioni da Clara Schumann, straordinaria pianista e compositrice tedesca. Antesignana di un percorso nella musica di grande dedizione e successo, è noto che dal suo esempio si è formata una scia in cui molte altre donne si sono giustamente inserite: soprattutto a seguito del riconoscimento mondiale ottenuto con la tournée negli Stati Uniti, la risposta della stampa fu estremamente positiva, tanto che le esibizioni della Josefine Weinlich's Damenkapelle innescarono un'ondata di fondazioni di orchestre femminili americane.

Josephine Amann–Weinlich con la Erstes Europäisches Damen-Orchester, di cui era direttrice Josephine Amann–Weinlich mentre dirige la Damenorchester in un’illustrazione del 1873

Proprio dalla stampa dell’epoca giungono le recensioni sulla sua musica che ci aiutano a scoprire e riscoprire anche il suo personaggio: l'Illustrirte Zeitung di Lipsia la descrisse come «una direttrice nata, la cui energia è evidente in ogni gesto» (1873 II, p. 310). La rivista The Musical Standard affermò che «Mme. Amann Weinlich rappresenta il tipo perfetto della grande sacerdotessa del mondo musicale. Il suo sguardo è globale, il suo braccio vigoroso; conosce tutta la musica a memoria […] e dirige a memoria» (1873, p. 376). Naturalmente non mancarono voci profondamente discordanti dagli elogi: in un articolo in lingua tedesca sulla vita di Josephine presente in rete si dice che l'apparizione del 25 maggio 1873 a Vienna ricevette molta attenzione da parte dei media e suscitò un interesse pubblico anche apertamente misogino nei confronti delle musiciste, manifestato nei modi che tuttora possiamo immaginare: alla critica aspra sul piano tecnico-musicale, si affiancava un pesante giudizio sul piano estetico, rivolto alle orchestrali. Di lei si riesce a trovare qualche foto on line, ma naturalmente nessuna esibizione registrata. Peraltro, molte delle sue composizioni sono andate perdute e, perciò, si ha la sensazione che ci sfugga qualcosa: eppure l'incursione nella biografia di Josephine Amann Weinlich, ben lungi da essere di tipo tecnico, ha permesso di conoscere la vita di una donna che, per lo più da autodidatta, ha imparato a suonare almeno due strumenti, a comporre e a dirigere una orchestra nella seconda metà dell’Ottocento, viaggiando per il mondo.

La consapevolezza di essere una pioniera tra le donne nella musica si ritrova nel desiderio di evidenziare nel nome stesso delle sue orchestre la componente quasi esclusivamente femminile, conscia che si trattava di un atto politico che sarebbe rimasto forte e chiaro nel futuro. Una carriera, quella di Josephine, certo oggi più comune, ma che ci incanta se contestualizzata all’epoca dei fatti, quando lei, tra le prime, sceglie di affrontare un cammino intricato, rendendo immaginabile e possibile percorrerlo a chi è giunta dopo.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Joséphine Weinlich est née le 2 août 1848 à Dejte en Hongrie, aujourd’hui commune de Slovaquie. On sait très peu de choses à propos de la famille : le père Franz W. Weinlich, un catholique propriétaire d’une usine, était également un chanteur folklorique et la mère Josepha est une domestique. La jeune fille grandit dans un environnement culturellement stimulant : elle apprend trois langues et bientôt, sur les traces de son père, commence à jouer deux instruments : violon et piano, tandis que sa sœur Elise se consacre au violoncelle. À la suite d’une probable crise économique, Joséphine est obligée de travailler dans des restaurants en tant que comédienne et, à partir de 1865, comme accompagnatrice au piano de chanteurs folkloriques comme Jakob Binder, Karl Drexler, Wenzel Seidl et Amalie Zeidler, pour qui elle compose également des chansons. Seulement quand un mécène entre dans sa vie, la jeune musicienne peut reprendre ses études, et forme en 1868 à Vienne un quatuor dans lequel elle joue du piano et sa sœur Elise le violoncelle. Elles se produisent dans des spectacles privés, avec deux autres musiciens, jusqu’à ce qu’elles tournent dans la Dreher’sche Bierhalle, une brasserie à Vienne, comme Das neue Wiener Damen-Orchester, ou "Le nouvel orchestre féminin viennois". La notoriété du groupe, également appelé Josefine Weinlich Damenkapelle (Groupe de femmes de Josefine Weinlich), augmente de plus en plus et les amène d’abord, en 1869, à jouer dans d’autres villes européennes, puis en 1871 à organiser une tournée aux États-Unis. En 1872, le groupe continue sa tournée en Russie. Joséphine Weinlich épouse en 1870 Ebo Amann (1846-1899), un agent de concert qui, après le mariage, devient une sorte de son manager avant la lettre.

Josephine Amann–Weinlich en 1879 Josephine Amann–Weinlich en 1885 Josephine Weinlich sur une photographie de 1879

L’orchestre était spécialisé dans la musique légère de divertissement, comme la valse et le polke, mais Joséphine s’autorisait souvent à jouer ses propres compositions. Il semble, en effet, qu’elle ait d’abord dirigé l’ensemble à partir du violon, mais, à mesure que l’orchestre grandissait en taille, considérant qu’en 1871 il était composé de vingt-deux musiciens et musiciens, elle commence à diriger sur un piédestal, nous renvoyant l’image exacte d’un chef d’orchestre actuel. Des informations sur la carrière de Joséphine, on apprend que l’ensemble a reçu quelques plaintes en raison de l’absence d’instrument à vent et à cordes. Joséphine Weinlich avait donc décidé d’inclure sept hommes pour jouer de ces instruments. L’année 1873 commence avec une série de succès professionnels pour Joséphine : elle change le nom de son orchestre en European Women’s Orchestra, en coïncidence avec le fait que l’ensemble acquiert une place importante à l’Exposition Internationale de Vienne cette même année, elle a donné des concerts en soirée. En mai, la Das Erste Europäische Damenorchester, dirigée par elle, donne son premier concert au Musikverein de Vienne. Il y avait désormais quarante membres pour la composer : 33 femmes jouaient des instruments à cordes, y compris des contrebasses, puis des flûtes et des percussions, tandis que 7 hommes jouaient de la clarinette, du cor, de la trompette et du trombone. Au cours des mois suivants, l’orchestre se rend à Dresde, Leipzig, Berlin et Paris, puis en Italie et en Angleterre. En 1876, ils jouent en Scandinavie, aux Pays-Bas et en Allemagne. Il semble certain que c’est précisément cet automne-là que les dernières représentations connues ont été réalisées.

Les parcours ultérieurs de Joséphine, après la dissolution du groupe, sont encore plus obscurs. On sait cependant qu’en 1878, elle fonde avec sa sœur le Caecilien-Quartett, avec lequel elle continue à faire des tournées, jusqu’à son arrivée, en janvier 1879, à Lisbonne. Depuis, Amann-Weinlich déménage régulièrement dans la capitale portugaise avec son mari, ses enfants et sa sœur. Là, Joséphine est appelée à diriger l’orchestre de la ville dans une série de concerts au Teatro da Trindade, et elle est nommée directrice pour une saison au Teatro Nacional de São Carlos : il semble qu’elle ait eu l’occasion de diriger des œuvres de Weber, Rossini, Saint-Saëns, Johann Strauss et même Liszt et Wagner. Elle est également rédactrice de la Gazeta Musical, financée par son mari, à travers laquelle elle publie certaines de ses compositions. Elle reste à Lisbonne avec sa famille en tant que professeur de piano jusqu’à sa mort le 9 janvier 1887. Josephine Amann Weinlich, pianiste, violoniste, compositrice et chef d’orchestre, artiste aux multiples talents, est avant tout l’initiatrice d’une brillante carrière musicale qui n’est pas facilement reconnue aux femmes, dans les années de sa vie et même plus tard. Elle ne figure pas sur les listes des étudiants du Conservatoire de Vienne, mais il a été rapporté différemment qu’elle y a reçu des leçons de Clara Schumann, pianiste et compositrice allemande extraordinaire. Précurseur d’un parcours dans la musique de grand dévouement et de succès, on sait que de son exemple s’est formé une traînée dans laquelle beaucoup d’autres femmes se sont mises à juste titre : surtout suite à la reconnaissance mondiale obtenue avec la tournée aux États-Unis, la réponse de la presse fut extrêmement positive, de sorte que les performances de la Josefine Weinlich Damenkapelle déclenchèrent une vague de fondations d’orchestres féminins américains.

Josephine Amann-Weinlich avec l'Erstes Europäisches Damen-Orchester, dont elle a été directrice Joséphine Amann – Weinlich dirigeant le Damenorchester dans une illustration de 1873

C’est justement de la presse de l’époque que viennent les critiques sur sa musique qui nous aident à découvrir et à redécouvrir son personnage : l’Illustrirte Zeitung de Leipzig la décrivit comme « une directrice née, dont l’énergie est évidente dans chaque geste » (1873 II, p. 310). Le magazine The Musical Standard affirme que « Mme. Amann Weinlich représente le type parfait de la grande prêtresse du monde musical. Son regard est global, son bras vigoureux; elle connaît toute la musique par cœur [...] et dirige par cœur» (1873, p. 376). Bien sûr, les éloges ne manquent pas : dans un article en langue allemande sur la vie de Joséphine sur le net, il est dit que l’apparition du 25 mai 1873 à Vienne a reçu beaucoup d’attention de la part des médias et a suscité un intérêt public ouvertement misogyne pour les musiciennes, manifesté de la manière que nous pouvons encore imaginer : à la critique âpre sur le plan technico-musical, s’ajoutait un lourd jugement sur le plan esthétique, adressé aux orchestrales. Vous pouvez trouver quelques photos d’elle en ligne, mais bien sûr pas d’exposition enregistrée. Par ailleurs, beaucoup de ses compositions ont été perdues et, par conséquent, on a le sentiment que quelque chose nous échappe : pourtant, l’incursion dans la biographie de Joséphine Amann Weinlich, bien loin d’être technique, a permis de connaître la vie d’une femme qui, surtout autodidacte, elle a appris à jouer au moins deux instruments, à composer et à diriger un orchestre dans la seconde moitié du XIXe siècle, en voyageant à travers le monde.

La conscience d’être une pionnière parmi les femmes en musique se retrouve dans le désir de mettre en évidence dans le nom même de ses orchestres la composante presque exclusivement féminine, consciente qu’il s’agissait d’un acte politique qui resterait fort et clair dans le futur. Une carrière, celle de Joséphine, certes plus commune aujourd’hui, mais qui nous enchante si elle est contextualisée à l’époque des faits, quand elle, parmi les premières, choisit d’affronter un chemin complexe, rendant imaginable et possible de le parcourir à ceux qui sont arrivés après.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"Mme. Amann Weinlich represents the perfect type of the high priestess of the musical world. Her look is complete, her arm vigorous...." The Musical Standard (1873, p. 376)

Josephine Weinlich was born on August 2, 1848, in Dejte, Hungary, now in Slovakia. Very little is known about the family - her father Franz W. Weinlich, a Catholic factory owner, was also a folk singer and her mother Josepha a maid. She grew up in a culturally stimulating environment and learned three languages. Soon, following in her father's footsteps, she began playing two instruments, violin and piano, while her sister Elise took up the cello. Following a probable economic crisis, Josephine was forced to work in restaurants as a comedian and, from 1865, also as piano accompanist to folk singers such as Jakob Binder, Karl Drexler, Wenzel Seidl, and Amalie Zeidler, for whom she also composed songs. It was only when a patron came into her life that the young musician was able to resume her studies, and in 1868 in Vienna she formed a quartet in which she played the piano and her sister Elise played the cello. They performed in private shows, with two other female musicians, until the breakthrough came in August 1868, when they played in the Dreher'sche Bierhalle, a beer hall in Vienna, as Das neue Wiener Damen-Orchester, or "The New Viennese Women's Orchestra." The notoriety of the group, also called Josefine Weinlich's Damenkapelle (Josefine Weinlich's Women's Band), grew more and more and led them first, in 1869, to play in other European cities, and then in 1871 to organize a tour of the United States. In 1872 she continued to tour in Russia. Josephine Weinlich in 1870 married Ebo Amann (1846-1899), a concert agent who, after marriage, became a kind of manager - before that was a common concept.

Josephine Amann–Weinlich in 1879 Josephine Amann–Weinlich in 1885 Josephine Weinlich in a photograph from 1879

The orchestra specialized in performing light entertainment music, such as waltzes and polkas, but Josephine often indulged in playing her own compositions. It appears that she initially led the ensemble from the violin, but as the orchestra grew in size, considering that in 1871 it consisted of as many as twenty-two male and female musicians, she began to conduct on a pedestal, assuming the exact position of an actual conductor. We learn from Josephine's career information that the ensemble had received some complaints that it lacked woodwinds and brass. So, Josephine Weinlich decided to include seven men to play those instruments as well. The year 1873 opened with a series of professional successes for Josephine. She changed the name of her orchestra to the European Women's Orchestra, coinciding with the ensemble gaining a prominent place at the Vienna International Exhibition that same year, performing evening concerts during the events. In May, Das Erste Europäische Damenorchester, conducted by her, gave its first concert at Vienna's Musikverein. There were now forty members making up the orchestra - 33 women played string instruments, including double basses, and then flutes and percussion, while seven men played clarinet, horn, trumpet, and trombone. In the following months the orchestra traveled to Dresden, Leipzig, Berlin, and Paris, and later to Italy and England. In 1876 they played in Scandinavia, the Netherlands, and Germany. It seems certain that it was that autumn that the last known performances were given.

Josephine's subsequent paths after the disbanding of the group are even more obscure. We do know, however, that in 1878 she founded with her sister the Caecilien-Quartett, with which she continued to tour until her arrival in January 1879 in Lisbon. From then on Amann-Weinlich moved permanently to the Portuguese capital with her husband, children and sister. Here Josephine was called upon to conduct the city orchestra in a series of concerts at the Teatro da Trindade, and she was appointed conductor for a season at the Teatro Nacional de São Carlos. It seems that in this way she had the opportunity to conduct works by Weber, Rossini, Saint-Saëns, Johann Strauss and even Liszt and Wagner. She also became editor of Gazeta Musical, financed by her husband, through which she published some of her compositions. She remained in Lisbon with her family as a piano teacher until her death from tuberculosis on January 9, 1887. Josephine Amann Weinlich, a pianist, violinist, composer and conductor, a multifaceted artist was, above all, the initiator of a brilliant musical career not easily recognized for women, in the years of her life and, even in later years. She does not appear in the lists of students at the Vienna Conservatory, but it has been variously reported that she received lessons there from Clara Schumann, an extraordinary German pianist and composer. A forerunner of a path in music of great dedication and success, it is well known that a trail was formed from her example into which many other women have rightly entered. Especially following her worldwide recognition with her tour of the United States, the response from the press was overwhelmingly positive, so much so that the performances of Josefine Weinlich's Damenkapelle triggered a wave of foundations of American women's orchestras.

Josephine Amann–Weinlich with the Erstes Europäisches Damen-Orchester, of which she was director Josephine Amann–Weinlich conducting the Damenorchester in an 1873 illustration

From the press of the time come reviews of her music that also help us discover and rediscover her character: the Illustrirte Zeitung in Leipzig described her as "a born conductor, whose energy is evident in every gesture" (1873 II, p. 310). The magazine The Musical Standard stated that "Mme. Amann Weinlich represents the perfect type of the high priestess of the musical world. Her look is comprehensive, her arm vigorous; she knows all music by heart [...] and conducts by heart" (1873, p. 376). Of course, there was no shortage of deeply discordant voices from the praise - a German-language article on Josephine's life found on the Web says that the May 25, 1873 appearance in Vienna received much media attention and aroused even openly misogynistic public interest in female musicians, manifested in ways we can still imagine today - harsh criticism on the technical-musical level was accompanied by heavy judgment on the aesthetic level, aimed at the orchestral players. A few photos can be found of her online, but of course no recorded performances. Moreover, many of her compositions have been lost and, therefore, one has the feeling that we are missing something. Yet the foray into Josephine Amann Weinlich's biography, far from being technical in nature, has provided insight into the life of a woman who, mostly self-taught, learned to play at least two instruments, compose and conduct an orchestra in the second half of the nineteenth century, while traveling the world.

Her awareness of being a pioneer among women in music is found in her desire to highlight in the very name of her orchestras the almost exclusively female component, aware that this was a political act that would remain loud and clear into the future. A career, Josephine's, admittedly more common today, but one that enchants us when contextualized in the time of the events, when she, among the first, chooses to tackle an intricate path, making it an imaginable and possible course for those who came later.


Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

«Mme. Amann Weinlich representa la imagen perfecta de la gran sacerdotisa del mundo de la música. Su mirada es completa, su brazo vigoroso…». The Musical Standard (1873, p. 376).

Josephine Weinlich nació el 2 de agosto de 1848 en Dechtice, Hungría, ahora municipio de Eslovaquia. Se sabe muy poco de su familia: su padre Franz W. Weinlich, un católico propietario de una fábrica, era también un cantante de folklore y su madre Josepha una criada. La niña crece en un ambiente culturalmente estimulante: aprende tres idiomas y pronto, siguiendo los pasos de su padre, comienza a tocar dos instrumentos: el violín y el piano, mientras que su hermana Elise se dedica al violonchelo. Como consecuencia de una probable crisis económica, Josephine se ve obligada a trabajar en restaurantes como comediante y, desde 1865, como acompañante de piano para cantantes folk como Jakob Binder, Karl Drexler, Wenzel Seidl y Amalie Zeidler, para quienes también compone canciones. Sólo cuando un mecenas entra en su vida, la joven música puede reanudar sus estudios, y en 1868 forma en Viena un cuarteto en el que ella toca el piano y su hermana Elise el violonchelo. Tocan en espectáculos privados con otros dos músicos hasta que, en agosto de 1868, tocan en la Dreher'sche Bierhalle, una cervecería de Viena, como Das neue Wiener Damen-Orchester, es decir “La nueva orquesta femenina de Viena”.La notoriedad de la banda, también llamada Josephine Weinlich's Damenkapelle (“Banda de mujeres de Josephine Weinlich”), crece cada vez más y las llevará primero, en 1869, a tocar en otras ciudades europeas, y luego, en 1871, a organizar una gira por los Estados Unidos. En 1872 continúa la gira por Rusia. Josephine Weinlich se casa en 1870 con Ebo Amann (1846-1899), un agente de conciertos que, después de la boda, se convierte en una especie de manager ante litteram.

Josephine Amann–Weinlich en 1879 Josephine Amann–Weinlich en 1885 Josephine Weinlich sur une photographie de 1879

La orquesta estaba especializada en la ejecución de música ligera de entretenimiento, como vals y polka, pero Josephine a menudo se permitía tocar sus propias composiciones. En efecto, parece que inicialmente dirigía el conjunto con el violín, pero, a medida que la orquesta crecía de tamaño, teniendo en cuenta que en 1871 estaba compuesta por veintidós músicas y músicos, comenzó a dirigir en un pedestal, reflejando la imagen exacta de una directora de orquesta contemporánea. Según las informaciones sobre la carrera de Josephine, parece ser que había recibido algunas quejas sobre el conjunto debido a la falta de instrumentos de viento y de latón. Así que Josephine Weinlich decidió incluir a siete hombres para que también hubiera dichos instrumentos. El año 1873 arranca con una serie de éxitos profesionales para Josephine: cambia el nombre de su orquesta por European Women's Orchestra, coincidiendo con el hecho de que el conjunto adquiere un lugar destacado en la Exposición Internacional de Viena de ese mismo año, actuando en conciertos nocturnos durante la kermés. En mayo, Das Erste Europäische Damenorchester, dirigida por ella, da su primer concierto en el Musikverein de Viena. La componían cuarenta miembros: 33 mujeres tocaban instrumentos de cuerda, incluyendo contrabajos, flautas y percusiones, mientras que 7 hombres tocaban el clarinete, la trompeta y el trombón. En los meses siguientes, la orquesta viajó a Dresde, Leipzig, Berlín y París, y posteriormente a Italia e Inglaterra. En 1876 tocan en Escandinavia, Países Bajos y Alemania. Parece cierto que precisamente ese otoño se realizaron las últimas actuaciones conocidas.

Las siguientes etapas de Josephine, después de la disolución del grupo, resultan aún más oscuras. Sin embargo, sabemos que en 1878 fundó con su hermana el Caecilien-Quartett, con el cual continuó haciendo giras, hasta su llegada, en enero de 1879, a Lisboa. Desde entonces, Josephine Amann Weinlich se establece en la capital portuguesa con su esposo, sus hijos y su hermana, donde dirige la orquesta de la ciudad en una serie de conciertos en el Teatro da Trindade, y dirige por una temporada en el Teatro Nacional de São Carlos: parece que así tuvo la oportunidad de dirigir obras de Rossini, Saint-Saëns, Johann Strauss e incluso Liszt y Wagner. También es editora de la Gazeta Musical, financiada por su marido, a través de la cual publica algunas de sus composiciones. Permanece en Lisboa con su familia como profesora de piano hasta su muerte por tuberculosis el 9 de enero de 1887. Josephine Amann Weinlich, pianista, violinista, compositora y directora de orquesta, artista poliédrica, es, sobre todo, la iniciadora de una brillante carrera musical difícilmente reconocida a las mujeres, en sus años de vida e, incluso, en los años siguientes. No figura en las listas de estudiantes del Conservatorio de Viena, pero parece ser que recibió clases de Clara Schumann, una extraordinaria pianista y compositora alemana. Como precursora de una trayectoria musical de gran dedicación y éxito, se sabe que su ejemplo ha creado una estela que muchas otras mujeres han seguido con razón: sobre todo después del reconocimiento mundial obtenido con su gira por los Estados Unidos, la respuesta de la prensa fue extremadamente positiva, tanto que las actuaciones de la Damenkapelle de Josephine Weinlich desencadenaron una oleada de fundaciones de orquestas femeninas americanas.

Josephine Amann–Weinlich con la Erstes Europäisches Damen-Orchester, de la que fue directora Josephine Amann-Weinlich dirigiendo la Damenorchester en una ilustración de 1873

Precisamente de la prensa de la época llegan las reseñas sobre su música que nos ayudan a descubrir y redescubrir también su carácter: el Ilustrirte Zeitung de Leipzig la describió como «una directora nata, cuya energía se manifiesta en cada gesto» (1873 II, p. 310). La revista The Musical Standard declaró que «Mme. Amann Weinlich representa el tipo perfecto de la gran sacerdotisa del mundo de la música. Su mirada es global, su brazo vigoroso; conoce toda la música de memoria [...] y dirige de memoria» (1873, p. 376). Por supuesto, no faltaron voces profundamente discordantes entre los elogios: en un artículo en alemán sobre la vida de Josephine, publicado en Internet, se afirma que la aparición del 25 de mayo de 1873 en Viena recibió mucha atención de los medios de comunicación y suscitó un interés público también abiertamente misógino hacia las músicas, manifestado bajo formas que aún hoy podemos imaginar: a la crítica áspera en el plano técnico-musical se unió un severo juicio en el plano estético dirigido a las orquestales. Se pueden encontrar algunas fotos suyas en línea, pero por supuesto ninguna actuación grabada. Asimismo, la incursión en la biografía de Josephine Amann Weinlich, lejos de ser de carácter técnico, permitió conocer la vida de una mujer que, en su mayoría autodidacta, aprendió a tocar al menos dos instrumentos, a componer y a dirigir una orquesta en la segunda mitad del siglo XIX, viajando por el mundo.

La conciencia de ser una pionera entre las mujeres en la música se refleja en el deseo de destacar en el nombre mismo de sus orquestas el componente casi exclusivamente femenino, consciente de que se trataba de un acto político que se mantendría firme y claro en el futuro. Una carrera, la de Josephine, sin duda hoy más común, pero que nos maravilla si se contextualiza en el momento de los hechos, cuando ella, entre las primeras, elige enfrentarse a un camino complicado, haciendo imaginable y posible recorrerlo a quien vino después.

 

Maria Rosa Coccia
Rossana Laterza




Giulia Canetto

 

«…non seguendo il metro del commun impiego al mio sesso, procurai distinguermi coll’acquisto di qualche scienza, che potesse supplire a ciò che non sortii dalla fortuna. Fu questa la musica…»

così scrisse Maria Rosa Coccia nella Lettera a Maria I Regina di Portogallo, Roma 28 maggio 1778

L’ampia e circostanziata monografia di Candida Felici raccoglie e analizza tutte le stampe e i manoscritti di Coccia conosciuti fino al 2004 mettendone in luce l’originalità e la modernità: «… la scrittura della Coccia si rivela degna d’interesse e nient’affatto marginale nel panorama dell’ultimo trentennio del Settecento, facendo sue le istanze più moderne, pur da una posizione d’isolamento quale poteva essere quella di una donna compositrice che, per quanto ne sappiamo, non si mosse mai da Roma nel corso della sua pur lunga vita». (Maria Rosa Coccia, Maestra Compositora Romana, Roma, Colombo 2004, p. 70). Se le composizioni sacre presentano «…un linguaggio fortemente influenzato dalla musica profana e spiccatamente moderno», le Cantate profane Arsinoe e Il Trionfo d’Enea «…per la condotta dell’azione e le dimensioni [sono] da considerarsi delle vere e proprie opere…» (idem p. 68). Nei secoli XVII e XVIII molte ragazze nobili e ricche erano indotte a farsi monache per evitare il pagamento di esose doti matrimoniali e non mancarono casi di monacazione forzata. Ma poteva anche accadere che giovani dotate di talento musicale preferissero il chiostro al matrimonio per poter cantare, suonare e soprattutto comporre musica più liberamente.

A Venezia esperte suore musiciste, eludendo anche il vincolo della musica sacra, insegnavano l’esecuzione strumentale, la composizione e il canto alle giovani povere. Nelle corti europee era costume diffuso che nobili e regnanti eccellessero come compositrici ed esecutrici. Uno stile di vita a cui si andava uniformando la borghesia ricca e illuminata anche in Italia, dove ci si avvaleva delle competenze delle monache o si ricorreva a un Maestro di Cappella. Ma per quanto fosse accettabile e auspicabile che le donne praticassero musica per diletto – potenziando le proprie attrattive come future mogli e padrone di casa – o, come è il caso delle suore, per dovere, non era approvato che ne facessero una professione. Meno che mai a Roma dove dal 1716 il papa aveva stabilito che solo la Congregazione di Santa Cecilia, previo il superamento di un severo esame, poteva conferire la patente di Maestro di Cappella, titolo che dava diritto a dirigere e coordinare il complesso delle attività musicali presso chiese, dimore nobiliari e teatri, assicurando ai maestri contratti e redditi cospicui. Fu in questo ambiente maschile e competitivo che tentò di farsi strada Maria Rosa Coccia. Figlia di Antonio, di professione speziale, e di Maria Angela Luzi, era nata a Roma il 4 giugno 1759.

Bambina prodigio dotata di eccezionale talento musicale all’inizio venne probabilmente istruita da una suora. A otto anni già eseguiva «difficili composizioni e trasportandole in tutte le tonalità, tanto da essere invitata a suonare il clavicembalo in casa del barone Carlo Odoardo du Classe che l’accompagna al violoncello» (idem p.40). A dodici anni compose sei Sonate per clavicembalo dedicate a Carlo III Stuart e L’isola disabitata, opera andata perduta di cui rimane solo il libretto di Pietro Metastasio. L’anno dopo compose l’oratorio Daniello (andato perduto) sempre su testo di Metastasio, dedicato alla duchessa Marianna Caetani Sforza Cesarini, eseguito presso la Chiesa Nuova. Fu un evento eccezionale in quanto, per la fama della compositrice tredicenne, fu permesso l’accesso anche alle donne a cui di norma era vietato assistere agli oratori. Il periodico romano Diario Ordinario riferì: «…numeroso intervento di nobiltà ne’coretti e di persone civili ne’banchi… stato il tutto applaudito da numeroso uditorio». ( idem p. 44).

Sotto la guida di Sante Pesci, Maestro di Cappella della basilica Liberiana (Santa Maria Maggiore), studiò per l’ammissione alla Congregazione di Santa Cecilia. La fama di cui godeva e l’intercessione del Maestro avranno avuto un peso nel consentirle, anche se donna, l’accesso all’esame, ma bisogna aggiungere che nella seconda metà del Settecento pure alle istituzioni più conservatrici ed impermeabili arrivava l’eco di un certo cambiamento delle idee. Nel 1773 c’era stata l’ammissione della prima donna alla prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna. Era Marianna De Martinez, figlia del Nunzio papale a Vienna, cantante e clavicembalista di grande valore legata a Metastasio, che si era molto prodigato nel sostenerne la carriera. L’anno seguente, il 28 novembre 1774, a quindici anni, Coccia superò brillantemente l’esame che consisteva nella composizione di una fuga estemporanea a quattro voci sull’antifona Hic vir despiciens mundum, alla presenza di quattro professori, fra cui Pesci stesso. L’Esperimento estemporaneo svolto in un’ora e mezza fu giudicato ottimo:

«…esaminata ed approvata la signora Maria Rosa Coccia, in qualità di Maestra di Cappella, concediamo libera ed ampia facoltà alla medesima di poter esercitare l’impiego pubblico di Maestra di Cappella in questa città di Roma con tutti gl’onori preminenze dritti e ragioni…confermati con Autorità apostolica». (idem pp.45-46).

L’anno successivo l’Esperimento venne pubblicato e Coccia entrò a far parte anche dell’Accademia dei Forti assumendo il nome pastorale di Trevia. Nel 1779 a venti anni fu ammessa, con voto unanime, all’Accademia Filarmonica di Bologna. Nel 1780 Michele Mallio, che presiedeva l’Accademia dei Forti, pubblicò un Elogio storico della signora Maria Rosa Coccia a cui allegò poesie in lode e lettere di altri estimatori. Tuttavia, pur ricevendo entusiastici riconoscimenti da parte di illustri contemporanei tra cui il poeta cesareo Metastasio, il sopranista Carlo Broschi (Farinelli), l’erudito teorico della musica padre Martini, il principe dell’Accademia Filarmonica di Bologna Petronio Lanzi, il Maestro di Cappella Pasquale Antonio Basili ecc, il titolo conseguito non bastò a garantirle un impiego al servizio della Chiesa o un patrocinio stabile che le permettesse di vivere con i proventi della sua attività di compositrice. Non v’è dubbio che tanto successo potesse generare anche invidie e risentimenti. Nel 1781 Francesco Capalti, Maestro di Cappella di Narni, pubblicò la Critica all’esame fatto dalla signora Maria Rosa Coccia in cui rilevava errori nella tecnica del contrappunto e accusava di incompetenza Pesci e gli altri esaminatori di Santa Cecilia, da cui aveva peraltro subìto due bocciature consecutive nel 1756. Ne scaturì un’aspra controversia che la musicologa Maria Caruso riconduce al risentimento di Capalti verso l’Accademia di Santa Cecilia e allo scontro fra due concezioni diverse della tecnica del contrappunto: una più moderna ed evoluta e l’altra pedissequamente ancorata a regole dogmatiche.

È evidente che Coccia si trovò, suo malgrado, a essere usata come pretesto per lo scontro. Questa ‘sovraesposizione’ non giovò alla giovanissima compositrice che, pur avendo conquistato ufficialmente una posizione di prestigio, in quanto donna dovette sopportare controlli e critiche a cui nessun uomo, nella stessa condizione, sarebbe stato sottoposto. Diverso il caso di altre compositrici ed esecutrici professioniste. Di solito erano figlie d’arte che, viaggiando con le famiglie presso le corti europee, potevano conoscere mecenati, farsi apprezzare e intraprendere carriere di successo, oppure erano donne di talento di famiglie nobili, ricche e di vedute molto larghe, che, già introdotte in ambienti esclusivi, avevano modo di comporre ed esibirsi senza essere vincolate alla professione per sopravvivere. Rimane il fatto che, comunque, nell’opinione corrente non era ben visto che una donna mettesse in mostra i propri talenti. Per Coccia il titolo di Maestra di Cappella rimase un mero riconoscimento formale, né ebbe appoggi che l’aiutassero a uscire dal chiuso ambiente romano. Lo stesso Metastasio, che pure fu uno dei suoi più grandi estimatori, addusse scuse poco credibili onde evitare di far conoscere alla corte di Vienna o a una eventuale committenza i «tre eccellenti di Lei musicali componimenti» (idem p. 140) pervenutigli. Forse per tema che potessero oscurare la fama della sua protetta De Martinez. Dalla Congregazione Coccia ebbe solo l’incarico di comporre un Vespro per la festa di Santa Cecilia «…cantato con molto applauso nella Chiesa di San Carlo ai Catinari.» (1776).

La Chiesa non le commissionò lavori e lei si diede all’insegnamento, occupazione più onorata e socialmente accettabile per una donna. Ma risulta che almeno fino al 1783 continuò pervicacemente a comporre musica sacra e profana destinandola per lo più a nobildonne illustri e regine nell’intento strategico di ottenerne appoggio e protezione per continuare la carriera. Fra le dedicatarie troviamo Maria Amalia Augusta Elettrice di Sassonia, Maria I Regina del Portogallo, Maria Carolina di Napoli. Ancora a donne sono dedicate altre sue composizioni scoperte di recente: i Vingt Menuets pour le clavecin à l’usage de son excellence M: Henriette Milano (1783) per la Principessa Enrichetta Caracciolo Milano, ritrovati nel 2008 nell’ Archivio del Monastero di S. Gregorio Armeno a Napoli, e Ifigenia, cantata a 5 voci e orchestra (1779) indirizzata a Maria Luisa di Parma Principessa delle Asturie, rinvenuta nel 2019 nella Real Biblioteca di Madrid. Composizioni rispettivamente analizzate dalle musicologhe Maria Caruso e Judith Ortega Rodriguez. (Maria Caruso, A gift of twenty minuets exploring a recently discovered manuscript by Maria Rosa Coccia del 2016; Judith Ortega Rodriguez, Al rescate de Ifigenia, Cantata de la compositora italiana Maria Rosa Coccia del 2021)Se ne deduce che esisteva una rete di donne che promuoveva il lavoro di altre donne di cui Coccia cercò di avvalersi stringendo anche rapporti epistolari personali come con Enrichetta, lungamente vissuta in Francia a cui si rivolgeva in francese, inviandole minuetti francesi e musica adatta all’esecuzione di gruppi amatoriali domestici molto in voga nei salotti nobiliari del tempo. Le composizioni le procurarono gratitudine, riconoscimenti e doni in denaro che però non furono sufficienti a garantirle una tranquillità economica. Dal 1783 non si hanno più notizie della sua vita fino al 1832 quando rivolse alla Congregazione di Santa Cecilia la richiesta di un «caritatevole sussidio» (idem p.154). Ormai anziana e malata non poteva più insegnare né comporre e, avendo mantenuto i genitori e la sorella fino alla loro morte, si ritrovava priva di mezzi per sopravvivere. L’Accademia le accordò solo pochi scudi. «Comunque Lei non peserà a lungo sulle finanze della Congregazione, poiché morì a Roma, sola e dimenticata come volevano i suoi detrattori, il 20 novembre 1833. Tutti i maestri Congregati avevano diritto a un funerale pubblico… Maria Rosa Coccia fu congedata da questo mondo con quattro messe celebrate in suffragio della sua anima, nella Cappella della Congregazione, a San Carlo ai Catinari». (Breve biografia di M.R. Coccia a cura del sito web dell’Accademia Maria Rosa Coccia). Il lavoro di ricerca di altre studiose e musiciste come lei l’ha sottratta all’oblio, tuttavia resta ancora al buio un lungo periodo di circa cinquant’anni in cui si perdono le tracce della sua vita e delle sue opere.

Per approfondire:


Traduzione francese

Guenoah Mroue

« ... En ne suivant pas le critère du commun emploi à mon sexe, je me distinguai par l’achat de quelques sciences, qui pourraient suppléer à ce qui ne sort pas de la chance. Ce fut la musique...»

a écrit Maria Rosa Coccia dans la Lettre à Marie Ier Reine du Portugal, Rome 28 mai 1778

La monographie ample et circonstanciée de Candida Felici rassemble et analyse toutes les estampes et manuscrits de Coccia connus jusqu’en 2004 en mettant en lumière leur originalité et leur modernité : «... l’écriture de la Coccia se révèle digne d’intérêt et pas du tout marginale dans le panorama des trente dernières années du XVIIIe siècle, en faisant siennes les instances les plus modernes, tout en étant dans une position d’isolement telle que celle d’une femme compositrice qui, pour autant que nous savons, n’a jamais quitté Rome au cours de sa longue vie». (Maria Rosa Coccia, Maestra Compositora Romana, Rome, Colombo 2004, p. 70). Si les compositions sacrées présentent «...un langage fortement influencé par la musique profane et nettement moderne», les Cantates profanes Arsinoé et Il Trionfo d’Enea «...pour la conduite de l’action et les dimensions [sont] à considérer comme de véritables œuvres...» (idem. 68). Aux XVIIe et XVIIIe siècles, de nombreuses filles nobles et riches étaient amenées à se faire nonnes pour éviter le paiement de dons matrimoniaux exorbitants et des cas de monacation forcée ne manquèrent pas. Mais il pouvait aussi arriver que des jeunes doués en musique préfèrent le cloître au mariage pour pouvoir chanter, jouer et surtout composer de la musique plus librement.

A Venise, des sœurs musiciennes expérimentées, éludant également le lien de la musique sacrée, enseignaient l’exécution instrumentale, la composition et le chant aux jeunes pauvres. Dans les cours européennes, la coutume était répandue que les nobles et les souverains excellaient en tant que compositeurs et exécutants. Un style de vie auquel on uniformisait la bourgeoisie et éclairée également en Italie, où l’on faisait appel aux compétences des moniales ou à un Maître de Chapelle. Mais autant il était acceptable et souhaitable que les femmes pratiquent la musique par plaisir - en renforçant leurs attraits comme futures épouses et maître de maison - ou, comme c’est le cas des sœurs, par devoir, il n’était pas approuvé qu’elles en fassent une profession. Moins que jamais à Rome où, depuis 1716, le pape avait établi que seule la Congrégation de Sainte-Cécile, après avoir passé un examen rigoureux, pouvait conférer la licence de Maître de Chapelle, titre qui donnait le droit de diriger et de coordonner l’ensemble des activités musicales dans les églises, les demeures et les théâtres, assurant aux maîtres des contrats et des revenus substantiels. C’est dans ce milieu masculin et compétitif que Maria Rosa Coccia tente de se frayer un chemin. Fille d’Antonio, de profession épicée, et de Maria Angela Luzi, elle est née à Rome le 4 juin 1759.

Enfant prodige dotée d’un talent musical exceptionnel au début, elle fut probablement instruite par une sœur. À huit ans, elle exécutait déjà «des compositions difficiles et les transportait dans toutes les tonalités, au point d’être invitée à jouer du clavecin chez le baron Carlo Odoardo du Classe qui l’accompagne au violoncelle» (idem p.40). À douze ans, elle compose six Sonate per clavicembalo dédiées à Charles III Stuart et L’isola disabitata, opéra perdu dont il ne reste que le livret de Pietro Metastasio. L’année suivante, elle compose l’oratoire Daniello (perdu) toujours sur un texte de Metastasio, dédié à la duchesse Marianna Caetani Sforza Cesarini, exécuté à la Chiesa Nuova. Ce fut un événement exceptionnel car, en raison de la renommée de la compositrice de treize ans, l’accès fut également accordé aux femmes auxquelles il était normalement interdit d’assister. Le périodique romain Diario Ordinario rapporte : «...nombreuses interventions de la noblesse dans les chœurs et de personnes civiles sur les bancs... été applaudi par un large public». ( idem p. 44)

Sous la direction de Sante Pesci, maître de chapelle de la basilique Liberiana (Santa Maria Maggiore), elle étudia pour l’admission à la Congrégation de Sainte-Cécile. La renommée dont elle jouissait et l’intercession du Maitre auront pesé sur elle pour lui permettre, même si elle est une femme, l’accès à l’examen, Mais il faut ajouter que, dans la seconde moitié du XVIII siècle, les institutions les plus conservatrices et imperméables ont également reçu l’écho d’un certain changement d’idées. En 1773, il y avait eu l’admission de la première femme à la prestigieuse Académie Philharmonique de Bologne. C’était Marianna De Martinez, fille du Nonce pontifical à Vienne, chanteuse et claveciniste de grande valeur liée à Metastasio, qui avait beaucoup contribué à soutenir sa carrière. L’année suivante, le 28 novembre 1774, à quinze ans, Coccia réussit brillamment l’examen qui consistait en la composition d’une fugue impromptue à quatre voix sur l’antienne Hic vir despiciens mundum, en la présence de quatre professeurs, dont Pesci lui-même. L’expérience impromptue en une heure et demie a été jugée excellente:

« ... examiné et approuvé Mme Maria Rosa Coccia, en tant que Maîtresse de Chapelle, nous accordons libre et ample faculté à celle-ci de pouvoir exercer l’emploi public de Maîtresse de Chapelle dans cette ville de Rome avec tous les honneurs prééminences et raisons... confirmés par l’Autorité apostolique». (idem pp.45-46).

L’année suivante, l’Expérimentation est publiée et Coccia devient membre de l’Académie des Forts en prenant le nom pastoral de Trevia. En 1779, à vingt ans, elle est admise, avec vote unanime, à l’Académie Philharmonique de Bologne. En 1780, Michele Mallio, qui présidait l’Académie des Forts, publia un Éloge historique de Mme Maria Rosa Coccia auquel elle joignit des poèmes en louanges et des lettres d’autres admirateurs. Cependant, tout en recevant des éloges enthousiastes de la part d’illustres contemporains dont le poète césarien Métastase, le sopraniste Carlo Broschi (Farinelli), l’érudit théoricien de la musique père Martini, le prince de l’Académie philharmonique de Bologne Petronio Lanzi, le Maître de Chapelle Pascal Antonio Basili etc, le titre obtenu ne suffisait pas à lui garantir un emploi au service de l’Église ou un patronage stable qui lui permettrait de vivre avec les bénéfices de son activité de compositeur. Sans aucun doute, un tel succès ne pouvait que générer de l’envie et du ressentiment. En 1781, Francesco Capalti, maître de chapelle de Narni, publia la Critique à l’examen de Mme Maria Rosa Coccia où il relevait des erreurs dans la technique du contrepoint et accusait d’incompétence Pesci et les autres examinateurs de Sainte Cécile, dont elle avait d’ailleurs subi deux rejets consécutifs en 1756. Il en résulta une vive controverse que la musicologue Maria Caruso attribua au ressentiment de Capalti envers l’Académie de Santa Cecilia et à l’affrontement entre deux conceptions différentes de la technique du contrepoint : l’une plus moderne et plus évoluée et l’autre solidement ancrée dans des règles dogmatiques.

Il est évident que Coccia se trouva, malgré elle, utilisée comme prétexte à l’affrontement. Cette surexposition ne profita pas à la très jeune compositrice qui, bien qu’ayant acquis officiellement une position de prestige, en tant que femme, dut supporter des contrôles et des critiques auxquels aucun homme, dans la même condition, ne serait soumis. Le cas d’autres compositrices et exécutantes professionnelles est différent. Elles étaient généralement des filles d’art qui, en voyageant avec leurs familles auprès des cours européennes, pouvaient connaître des mécènes, se faire apprécier et entreprendre des carrières réussies, ou étaient des femmes talentueuses de familles nobles, riches et très ouvertes d’esprit, qui, déjà introduites dans des milieux exclusifs, avaient la possibilité de composer et de se produire sans être liées à la profession pour survivre. Il n’en reste pas moins que, dans l’opinion courante, il n’était pas bien vu qu’une femme présentait ses talents. Pour Coccia, le titre de Maîtresse de Chapelle ne resta qu’une simple reconnaissance formelle, et n’eut pas d’appuis pour l’aider à sortir du milieu romain fermé. Métastase lui-même, qui fut pourtant l’un de ses plus grands admirateurs, lui donna des excuses peu crédibles pour éviter de faire connaître à la cour de Vienne ou à un éventuel commanditaire les «trois excellentes mélodies composantes» (idem p. 140) qui lui sont parvenues. Peut-être par crainte qu’ils puissent ternir la réputation de sa protégée De Martinez. De la Congrégation Coccia, elle n’eut que la charge de composer un Vêpres pour la fête de Sainte Cécile « ...chanté avec beaucoup d’applaudissements dans l’église Saint-Charles aux Catinari» (1776).

L’Église ne lui a pas confié de travaux et elle s’est donnée à l’enseignement, une occupation plus honorable et socialement acceptable pour une femme. Mais il s’avère qu’au moins jusqu’en 1783, elle a continué à composer de la musique sacrée et profane, principalement destinée à des femmes nobles illustres et reines dans le but stratégique d’obtenir un soutien et une protection pour poursuivre leur carrière. Parmi les dédicatrices, on trouve Maria Amalia Augusta Elettrice di Sassonia, Maria I Regina del Portugal, Maria Carolina di Napoli. Ses compositions découvertes récemment sont dédiées encore à des femmes: les Vingt Menuets pour le clavecin à l’usage de son excellence M : Henriette Milano (1783) pour la Princesse Enrichetta Caracciolo Milano, retrouvés en 2008 dans les Archives du Monastère de S. Gregorio Armeno à Naples, et Iphigénie, cantate à 5 voix et orchestre (1779) adressée à Marie-Louise de Parme Princesse des Asturies, retrouvée en 2019 dans la Real Bibliothèque de Madrid. Compositions respectivement réalisées par les musicologues Maria Caruso et Judith Ortega Rodriguez. (Maria Caruso, A gift of twenty minuets exploring a recently discovered Manuscript by Maria Rosa Coccia de 2016; Judith Ortega Rodriguez, Al rescate de Ifigenia, Cantata de la compositeur italienne Maria Rosa Coccia de 2021) On en déduit qu’il existait un réseau de femmes qui promouvaient le travail d’autres femmes dont Coccia chercha à se prévaloir en nouant également des relations épistolaires personnelles comme avec Henriette, longtemps vécue en France à laquelle elle s’adressait en français, en lui envoyant des menuets français et de la musique adaptée à l’exécution de groupes amateurs domestiques très en vogue dans les salons nobiliaires de l’époque. Les compositions lui ont procuré de la gratitude, de la reconnaissance et des dons de titre financiers, mais ils n’ont pas suffi à lui assurer une tranquillité économique. De 1783, il n’y a plus de nouvelles de sa vie jusqu’en 1832 quand elle adressa à la Congrégation de Sainte-Cécile la demande d’un « secours charitable » (idem p.154). Désormais âgée et malade, elle ne pouvait plus enseigner ni composer et, ayant entretenu ses parents et sa sœur jusqu’à leur mort, elle se retrouvait privée de moyens pour survivre. L’Académie ne lui accorda que quelques assurances. « De toute façon, elle ne pèsera pas longtemps sur les finances de la Congrégation, car elle mourut à Rome, seule et oubliée comme le voulaient ses détracteurs, le 20 novembre 1833. Tous les maîtres de la Congrégation avaient droit à des funérailles publiques... Maria Rosa Coccia fut congédiée de ce monde par quatre messes célébrées en suffrage de son âme, dans la Chapelle de la Congrégation, à San Carlo ai Catinari». (Brève biographie de M.R. Coccia par le site web de l’Académie Maria Rosa Coccia). Le travail de recherche d’autres savantes et musiciennes comme elle l’a soustraite à l’oubli, mais il reste encore dans l’obscurité une longue période d’environ cinquante ans où se perdent les traces de sa vie et de ses œuvres.

Pour plus d’informations:


Traduzione inglese

Syd Stapleton

"...not following the rules of employment common for my sex, I chose to distinguish myself by the acquisition of some science, which could make up for what I did not possess by fortune. This was music..."

so wrote Maria Rosa Coccia in her Letter to Mary I Queen of Portugal, Rome May 28, 1778

Candida Felici's extensive and circumstantial monograph collects and analyzes all of Coccia's printed work and manuscripts known up to 2004, highlighting her originality and modernity: "... Coccia's writing proves to be worthy of interest and not at all marginal in the panorama of the last thirty years of the eighteenth century, making hers the most modern instances, albeit from a position of isolation as could have been that of a woman composer who, as far as we know, never moved from Rome in the course of her long life." (Maria Rosa Coccia, Maestra Compositora Romana, Rome, Colombo 2004, p. 70). If the sacred compositions present "...a language strongly influenced by secular music and distinctly modern," the secular Cantatas Arsinoe and Il Trionfo d'Enea "...for the conduct of the action and the dimensions [are] to be considered real operas..." (idem p. 68). In the 17th and 18th centuries, many noble and wealthy young women were induced to become nuns in order to avoid the payment of exorbitant marriage dowries, and there was no shortage of cases of forced nunhood.But it could also have been that some musically talented young women preferred the cloister to marriage in order to be able to sing, play and especially compose music more freely.

In Venice expert musician nuns, evading even the constraint of sacred music, taught instrumental performance, composition and singing to poor young women. In European courts it was a common custom for nobles and royalty to excel as composers and performers. It was a way of life to which the wealthy and enlightened bourgeoisie was conforming in Italy as well, where they made use of the skills of nuns or employed a Maestro di Cappella (chapel master). But as much as it was acceptable and desirable for women to practice music for pleasure - enhancing their attractiveness as future wives and house mistresses - or, as is the case with nuns, for duty, it was not approved for them to make it a profession. Least of all in Rome, where since 1716 the pope had established that only the Congregation of St. Cecilia, after passing a strict examination, could confer the license of Maestro di Cappella, a title that gave the right to direct and coordinate the complex of musical activities at churches, noble residences and theaters, assuring the masters substantial contracts and income. It was in this masculine and competitive environment that Maria Rosa Coccia attempted to make her way. The daughter of Antonio, an apothecary by profession, and Maria Angela Luzi, she was born in Rome on June 4, 1759.

A child prodigy with exceptional musical talent, she was initially probably taught by a nun. At eight years old she was already performing "difficult compositions and carrying them in all tonalities, so much so that she was invited to play harpsichord in the house of Baron Carlo Odoardo du Classe who accompanied her on the cello" (idem p.40). At the age of twelve she composed six Sonatas for harpsichord dedicated to Charles III Stuart and L'isola disabitata, a lost opera of which only the libretto by Pietro Metastasio remains. The following year she composed the oratorio Daniello (now lost), also on a text by Metastasio, dedicated to Duchess Marianna Caetani Sforza Cesarini, performed at the Chiesa Nuova. It was an exceptional event in that, due to the fame of the 13-year-old composer, women who were normally forbidden to attend oratorios were also allowed to attend. The Roman periodical Diario Ordinario reported, "...numerous examples of nobility in the choruses and of civilized people in the pews...the whole was applauded by a numerous audience." (idem p. 44).

Under the guidance of Sante Pesci, Maestro di Cappella of the Liberian Basilica (Santa Maria Maggiore), she studied for admission to the Congregation of Saint Cecilia. The fame she enjoyed and the Maestro's intercession will have played a part in allowing her, even as a woman, access to the examination, but it must be added that in the second half of the eighteenth century even the most conservative and impermeable institutions were receiving suggestions of a certain change in ideas. In 1773 there had been the admission of the first woman to the prestigious Accademia Filarmonica in Bologna. She was Marianna De Martinez, daughter of the Papal Nuncio in Vienna, a singer and harpsichordist of great value linked to Metastasio, who had done much to support her career. The following year, on November 28, 1774, at the age of fifteen, Coccia brilliantly passed the exam that consisted of composing an extemporaneous fugue for four voices on the antiphon Hic vir despiciens mundum, in the presence of four professors, including Pesci himself. The “Extemporaneous Experiment” performed in an hour and a half was judged excellent:

"...having examined and approved Mrs. Maria Rosa Coccia, as Maestra di Cappella, we grant free and ample faculty to the same to be able to exercise the public employment of Maestra di Cappella in this city of Rome with all the honors, preeminences rights and duties...confirmed with Apostolic Authority." (idem pp.45-46).

The following year the “Experiment” was published and Coccia also joined the Accademia dei Forti taking on the pastoral name of Trevia. In 1779 at the age of twenty she was admitted, by unanimous vote, to the Accademia Filarmonica in Bologna. In 1780 Michele Mallio, who presided over the Accademia dei Forti, published a Historical Eulogy of Mrs. Maria Rosa Coccia to which he attached poems in praise and letters from other admirers. However, although she received enthusiastic accolades from distinguished contemporaries including the Caesarean poet Metastasio, the sopranist Carlo Broschi (Farinelli), the erudite music theorist Father Martini, the prince of the Philharmonic Academy of Bologna Petronio Lanzi, the Maestro di Cappella Pasquale Antonio Basili, etc., the title she earned was not enough to secure her employment in the service of the Church or a stable patronage that would allow her to live off the proceeds of her activity as a composer. There is no doubt that such success could also generate envy and resentment. In 1781 Francesco Capalti, Maestro di Cappella of Narni, published Critica all'esame fatto dalla signora Maria Rosa Coccia in which he noted errors in counterpoint technique and accused Pesci and the other examiners of Santa Cecilia of incompetence, from whom he had moreover suffered two consecutive failures in 1756. A bitter controversy ensued, which musicologist Maria Caruso traces back to Capalti's resentment toward the Accademia di Santa Cecilia and the clash between two different conceptions of counterpoint technique: one more modern and evolved and the other slavishly anchored in dogmatic rules.

It is clear that Coccia found herself, despite herself, being used as a pretext for the clash. This 'overexposure' did not benefit the very young composer who, although she officially gained a prestigious position, as a woman had to endure scrutiny and criticism to which no man in the same condition would have been subjected. The case of other professional female composers and performers was different. They were usually daughters of artists who, by traveling with their families to European courts, were able to meet patrons, gain appreciation and embark on successful careers, or they were talented women from noble, wealthy and very broad-minded families who, already introduced into exclusive circles, had a way to compose and perform without being bound to the profession in order to survive. The fact remains, however, that in current opinion it was frowned upon for a woman to showcase her talents. For Coccia, the title of Maestra di Cappella remained a mere formal recognition, nor did she have any support to help her get out of the closed Roman environment. Metastasio himself, who was also one of her greatest admirers, made scarcely credible excuses in order to avoid making known to the Viennese court or a possible patronage the "three excellent of Lei musicali componimenti" (idem p. 140) that had reached him. Perhaps for fear that they might overshadow the fame of his protégée De Martinez. From the Congregation Coccia had only the commission to compose a Vesper for the feast of Saint Cecilia "...sung with much applause in the Church of San Carlo ai Catinari." (1776).

The Church did not commission works from her and she took up teaching, a more “honorable” and socially acceptable occupation for a woman. But it turns out that at least until 1783 she stubbornly continued to compose sacred and secular music, mostly destined to be dedicated to distinguished noblewomen and queens in the strategic intent of gaining their support and protection to continue her career. Among the dedicatees we find Maria Amalia Augusta Elector of Saxony, Maria I Queen of Portugal, and Maria Carolina of Naples. Also dedicated to women are other recently discovered compositions of hers: the Vingt Menuets pour le clavecin à l'usage de son excellence M. Henriette Milano (1783) for Princess Enrichetta Caracciolo Milano, found in 2008 in the Archives of the Monastery of S. Gregorio Armeno in Naples, and Iphigenia, cantata for 5 voices and orchestra (1779) addressed to Maria Luisa di Parma Princess of Asturias, found in 2019 in the Real Biblioteca in Madrid. These compositions were respectively analyzed by musicologists Maria Caruso and Judith Ortega Rodriguez. (Maria Caruso, A gift of twenty minuets exploring a recently discovered manuscript by Maria Rosa Coccia from 2016; Judith Ortega Rodriguez, Al rescate de Ifigenia, Cantata de la compositora italiana Maria Rosa Coccia of 2021). It can be deduced that there was a network of women who promoted the work of other women whose connections Coccia tried to take advantage of by also forging personal correspondence relationships, such as with Enrichetta, who lived in France for a long time and to whom she wrote in French, sending her French minuets and music suitable for performance by domestic amateur groups very much in vogue in the aristocratic salons of the time. The compositions brought her gratitude, recognition and gifts of money, which, however, were not enough to guarantee her financial peace of mind. From 1783 there is no further news of her life until 1832 when she applied to the Congregation of St. Cecilia for a "charitable subsidy" (idem p.154). By now old and ill, she could no longer teach or compose, and having supported her parents and sister until their deaths, she found herself without the means to survive. The Academy granted her only a few scudi. "However, she would not weigh long on the finances of the Congregation, for she died in Rome, alone and forgotten as her detractors wanted, on November 20, 1833. All Congregational teachers were entitled to a public funeral...Maria Rosa Coccia was dismissed from this world with four masses celebrated in suffrage of her soul, in the Chapel of the Congregation, at San Carlo ai Catinari." (Short biography of M.R. Coccia edited by the Maria Rosa Coccia Academy website). The research work on other scholars and musicians like her has rescued her from oblivion, however, a long period of about fifty years exists in which traces of her life and works are still obscure.

For more:


Traduzione spagnola

Syd Stapleton

«…Sin seguir el metro del común uso para mi género, procuré destacar con la adquisición de algúna ciencia que pudiera suplir lo que no obtuve por fortuna. Esta fue la música...»

escribió María Rosa Coccia en la Lettera a Maria I Regina di Portogallo, Roma, 28 de mayo de 1778.

La amplia y detallada monografía de Cándida Felici recopila y analiza todas las impresiones y manuscritos conocidos de Coccia hasta el año 2004, destacando su originalidad y modernidad: «…La escritura de Coccia se revela digna de interés y en absoluto marginal en el panorama de las últimas tres décadas del siglo XVIII, adoptando las demandas más modernas, a pesar de su posición aislada como podría ser la de una mujer compositora que, según sabemos, nunca salió de Roma durante su larga vida» (Maria Rosa Coccia, Maestra Compositora Romana, Roma, Colombo 2004, p. 70). Si las composiciones sacras presentan «...un lenguaje fuertemente influenciado por la música profana y marcadamente moderno», las Cantatas profanas Il Trionfo d'Enea y Arsinoe «...por la dirección de la acción y por sus dimensiones deben ser consideradas auténticas óperas...» (ibíd. p. 68). En los siglos XVII y XVIII, muchas jóvenes ricas de la nobleza eran inducidas a hacerse monjas para evitar el pago de dotes matrimoniales exorbitantes, y no faltaron casos de reclusión monástica forzada. Sin embargo, también podía suceder que jóvenes dotadas de talento musical prefirieran el claustro al matrimonio para poder cantar, tocar e incluso componer música de manera más libre.

En Venecia, expertas monjas músicas, eludiendo incluso la restricción de la música sacra, enseñaban ejecución instrumental, composición y canto a jóvenes de escasos recursos. En las cortes europeas, era común que la nobleza y las gobernantes destacaran como compositoras e intérpetes. Un estilo de vida al que la burguesía rica e ilustrada también se iba acostumbrando en Italia, donde o se aprovechaban las habilidades de las monjas o se recurría a un Maestro di Cappella. No obstante, aunque fuera aceptable y deseable que las mujeres practicaran la música por deleite –mejorando así su atractivo como futuras esposas y amas de casa– o, como en el caso de las monjas, por deber, se consideraba reprochable que hicieran de la música una profesión. Más aún en Roma, donde desde 1716 el Papa había establecido que solo la Congregación de Santa Cecilia, tras aprobar un riguroso examen, podía otorgar la licencia de Maestro di Cappella, un título que confería el derecho de dirigir y coordinar todas las actividades musicales en iglesias, residencias nobiliarias y teatros, garantizando a dichos maestros tanto contratos como ingresos considerables. Fue en semejante entorno masculino y competitivo donde María Rosa Coccia intentó abrirse paso. Hija de Antonio, que era farmacéutico, y de María Angela Luzi, nació en Roma el 4 de junio de 1759.

Niña prodigio con un talento musical excepcional, probablemente al principio fue instruida por una monja. A los ocho años ya ejecutaba «difíciles composiciones y las transponía a todas las tonalidades, tanto que fue invitada a tocar el clavecín en casa del barón Carlo Odoardo du Classe, quien la acompañaba con el violonchelo» (ibíd. p. 40). A los doce años compuso seis Sonate per clavicembalo dedicadas a Carlos III Estuardo y L'isola disabitata, una ópera perdida de la cual solo se conserva el libreto de Pietro Metastasio. Al año siguiente, compuso el oratorio Daniello (también perdido), otra vez con el texto de Metastasio, dedicado a la duquesa Marianna Caetani Sforza Cesarini, interpretado en la Chiesa Nuova. Fue un evento excepcional ya que, debido a la fama de la compositora de trece años, también se permitió el acceso a las mujeres, a las que normalmente se les prohibía asistir a los oratorios. El periódico romano Diario Ordinario informó: «...numerosa participación de la nobleza en los coretti y de personas civiles en los bancos... todo fue aplaudido por un numeroso auditorio» (ibíd. p. 44).

Bajo la dirección de Sante Pesci, Maestro di Cappella de la basílica Liberiana (Santa Maria Maggiore), estudió con el objeto de ser admitida en la Congregación de Santa Cecilia. La fama que tenía y la intercesión del Maestro probablemente tuvieron un peso al permitirle acceder al examen a pesar de ser mujer. Sin embargo, es importante añadir que, en la segunda mitad del siglo XVIII, incluso las instituciones más conservadoras e impermeables comenzaban a abrirse a ciertos cambios de ideas. En 1773, fue admitida la primera mujer en la prestigiosa Accademia Filarmonica de Bolonia, Marianna De Martínez, hija del Nuncio papal en Viena, una destacada cantante y clavecinista vinculada a Metastasio, quien se esforzó mucho por apoyar su carrera. Al año siguiente, el 28 de noviembre de 1774, a la edad de quince años, Coccia superó brillantemente el examen, que consistía en la composición de una fuga improvisada a cuatro voces sobre la antífona Hic vir despiciens mundum, en presencia de cuatro profesores, incluido el propio Pesci. El Experimento improvisado realizado en una hora y media fue calificado como excelente:

«…examinada y aprobada la señora María Rosa Coccia, en calidad de Maestra di Cappella, le otorgamos libertad y amplio poder para ejercer el cargo público de Maestra di Cappella en esta ciudad de Roma, con todos los honores, prerrogativas, derechos y razones… confirmados con Autoridad apostólica» (ibíd. pp. 45-46).

Al año siguiente, el Experimento fue publicado y Coccia también se unió a la Accademia dei Forti, adoptando el nombre pastoral de Trevia. En 1779, con veinte años, fue admitida por unanimidad en la Accademia Filarmonica de Bolonia. En 1780, Michele Mallio, que presidía la Accademia dei Forti, publicó un Elogio storico della signora Maria Rosa Coccia, al que adjuntó poemas elogiosos y cartas de otros admiradores. No obstante, a pesar de recibir entusiastas reconocimientos de ilustres contemporáneos como el poeta cesáreo Metastasio, el sopranista Carlo Broschi (Farinelli), el erudito teórico musical Padre Martini, el príncipe de la Accademia Filarmonica de Bolonia, Petronio Lanzi, el Maestro di Cappella Pasquale Antonio Basili, etc., el título obtenido no fue suficiente para asegurarle un empleo al servicio de la Iglesia o un patrocinio estable que le permitiera vivir de los ingresos de su actividad como compositora. No cabe duda de que tanto éxito podía generar envidias y resentimientos. En 1781, Francesco Capalti, Maestro di Cappella de Narni, publicó la Critica all’esame fatto dalla signora Maria Rosa Coccia, en la que señalaba errores en la técnica del contrapunto y acusaba de incompetencia a Pesci y a los demás examinadores de Santa Cecilia, quienes le habían dado dos calabazas consecutivas en 1756. Surgió así una agria controversia que la musicóloga Maria Caruso atribuye al resentimiento de Capalti hacia la Academia de Santa Cecilia y al enfrentamiento entre dos concepciones distintas de la técnica del contrapunto: una más moderna y evolucionada, y la otra aferrada al pie de la letra a reglas dogmáticas.

Es evidente que Coccia se convirtió, a pesar suyo, en un pretexto para el conflicto. Esta "sobreexposición" no benefició a la joven compositora, quien, aunque había conquistado oficialmente una posición de prestigio, como mujer tuvo que soportar controles y críticas a los que ningún hombre en la misma condición se habría visto sometido. El caso de otras compositoras e intérpretes profesionales es distinto: por lo general, eran hijas de artistas que, al viajar con sus familias por las cortes europeas, tenían la oportunidad de conocer mecenas, ganarse aprecio e iniciar exitosas carreras, o bien eran mujeres talentosas de familias nobles, ricas y de mentalidad abierta que, ya introducidas en entornos exclusivos, tenían la posibilidad de componer y actuar sin depender de la profesión para sobrevivir. De todas formas, está claro que, en la opinión general no se veía con buenos ojos que una mujer exhibiera sus propios talentos. Para Coccia, el título de Maestra di Cappella quedó como un mero reconocimiento formal, y ni siquiera contó con un respaldo que la ayudara a salir del cerrado ambiente romano. Incluso Metastasio, uno de sus mayores admiradores, presentó excusas poco creíbles para evitar dar a conocer en la corte de Viena o a posibles patrocinadores las “sus tres excelentes composiciones musicales" (ídem p. 140) que le había enviado. Quizás temía que pudieran eclipsar la fama de su protegida De Martínez. De la Congregación, Coccia solo recibió el encargo de componer unas Vísperas para la fiesta de Santa Cecilia «...cantadas con muchos aplausos en la Iglesia de San Carlo ai Catinari» (1776).

La Iglesia no le encargó nada y ella se dedicó a la enseñanza, una ocupación más respetada y socialmente aceptable para una mujer. Sin embargo, parece que al menos hasta 1783 continuó componiendo obstinadamente música sacra y profana, destinándola principalmente a ilustres mujeres nobles y reinas, con la estrategia de obtener su apoyo y protección para seguir con su carrera. Entre las destinatarias encontramos a María Amalia Augusta Elettrice de Sajonia, María I Reina de Portugal, y María Carolina de Nápoles. Recientemente se descubrieron otras composiciones suyas dedicadas a mujeres: los Vingt Menuets pour le clavecin à l’usage de son excellence M: Henriette Milano (1783) para la Princesa Enrichetta Caracciolo Milano, hallados en 2008 en el Archivo del Monasterio de S. Gregorio Armeno en Nápoles, e Ifigenia, una cantata a 5 voces y orquesta (1779) dirigida a María Luisa de Parma, Princesa de Asturias, descubierta en 2019 en la Real Biblioteca de Madrid. Estas composiciones han sido analizadas respectivamente por las musicólogas María Caruso y Judith Ortega Rodríguez (María Caruso, A gift of twenty minuets exploring a recently discovered manuscript by Maria Rosa Coccia de 2016; Judith Ortega Rodríguez, Al rescate de Ifigenia, Cantata de la compositora italiana Maria Rosa Coccia de 2021). Se deduce que existía una red de mujeres que promovía el trabajo de otras mujeres, de la cual Coccia intentó beneficiarse estableciendo también relaciones epistolares personales, como con Enrichetta, quien vivió durante mucho tiempo en Francia y a la cual se dirigía en francés, enviándole minuetos franceses y música adecuada para la ejecución de grupos amateur domésticos muy populares en los salones nobles de la época. Sus composiciones le procuraron gratitud, reconocimiento y donaciones en dinero, aunque no fueron suficientes para garantizarle estabilidad económica. Desde 1783 no se dispone de más noticias de su vida hasta 1832, cuando se dirigió a la Congregación de Santa Cecilia solicitando un «caritativo subsidio» (ídem p.154). Ya anciana y enferma, no podía enseñar ni componer, y al haber mantenido a sus padres y hermana hasta sus muertes, se encontraba sin recursos para sobrevivir. La Academia le concedió solo unos pocos escudos. «De todos modos, no pesará mucho en las finanzas de la Congregación, ya que murió en Roma, sola y olvidada como querían sus detractores, el 20 de noviembre de 1833. Todos los maestros Congregados tenían derecho a un funeral público... María Rosa Coccia fue despedida de este mundo con cuatro misas celebradas en sufragio de su alma, en la Capilla de la Congregación, en San Carlo ai Catinari». (Breve biografía de M.R. Coccia a cargo del sitio web de la Academia María Rosa Coccia). El trabajo de investigación de otras estudiosas y músicas como ella la ha rescatado del olvido, aunque aún permanece en la oscuridad un largo período de aproximadamente cincuenta años en el que se pierden las huellas de su vida y de sus obras.

Para profundizar:

Maria Teresa Agnesi Pinottini
Silvia de Maria




Giulia Canetto

 

Protagonista degli ambienti culturali milanesi del XVIII secolo, Maria Teresa Agnesi è stata un’artista versatile che orienta la sua creatività musicale sia verso il teatro sia verso altri generi musicali, privilegiando le composizioni per clavicembalo di cui è abile virtuosa.

Nata a Milano il 17 ottobre 1720, il suo nome è rimasto a lungo dimenticato, nonostante le sue musiche abbiano accompagnato momenti importanti della vita sociale delle corti dell’epoca. Nel secondo Settecento, durante l’assolutismo illuminato dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, la città ferve culturalmente sotto l’impulso di personaggi quali Verri, Beccaria, Parini. In questo contesto Maria Teresa riceve, assieme alla sorella Gaetana (celebre matematica), un’educazione straordinariamente liberale, approfondita e aperta, senza quelle remore che di solito distinguevano la formazione delle fanciulle. Grazie infatti all’apertura mentale del padre, ella può assecondare la propria passione per la musica ed ha subito l’occasione di mettersi in mostra negli incontri culturali organizzati nel salotto di famiglia, ai quali partecipano ospiti sia italiani che stranieri. Divenuta celebre come clavicembalista e come autrice di brani cameristici, a ventisette anni vede consacrata anche la propria abilità di compositrice: nel 1747 la sua cantata Il ristoro d’Arcadia è dedicata al delegato imperiale Gian Luca Pallavicini e l’opera Sofonisba viene destinata all’imperatore Francesco I per l’onomastico della consorte Maria Teresa.

Nel 1752 vita personale e vita artistica si incrociano: morto il padre, Teresa sposa Pietro Antonio Pinottini e lavora a un melodramma, Nitocri, su libretto di Apostolo Zeno, mentre nel 1753 la messa in scena di Ciro in Armenia, per Federico Augusto di Sassonia re di Polonia, viene allestita al Teatro Regio Ducale di Milano. Il 1753 vede il riconoscimento ufficiale della musicista nel giudizio di Giammaria Mazzuchelli che scrive di lei: «Maria Teresa si distingue in modo particolare nella cognizione della musica, nella quale è la meraviglia de’ più rinomati Professori di tal arte ch’ella non abbia pari in Europa. Essa compone con tale idea, gusto, intelligenza, ed espressione di parole, con tale novità di stile, e con tali motivi, per parlare co’ nomi dell’arte, da sorprenderne chicchessia».

Nel 1755-56 Agnesi scrive le musiche per Il Re Pastore adattando il famoso libretto di Pietro Metastasio, utilizzato poi in seguito anche da Mozart. Il celebre musicologo inglese Charles Burney, in visita a Milano in quegli anni, la ricorda protagonista di una serata culturale: «Mi hanno fatto entrare in un salone grande e bello dove c’erano trenta persone di tutte le nazioni d’Europa disposte in circolo, e la signora Agnesi seduta da sola. Dopo la conversazione suonò al clavicembalo, quasi fosse lo stesso Rameau, brani di Rameau e altri composti da lei stessa, e cantò accompagnandosi da sé». Negli anni che seguono non solo cresce il numero delle composizioni musicali di Maria Teresa, ma aumenta anche la considerazione che gli intellettuali hanno nei suoi confronti. Basti citare, a esempio, le Cinque cantate per musica in versi “da rappresentarsi nel Regio Ducal Palazzo” a lei dedicate nel 1756 da Pietro Domenico Soresi, come lei componente dell’Accademia dei Trasformati della quale fa parte anche Giuseppe Parini. Sono ancora prova del suo successo L'Insubria consolata, “componimento drammatico” del 1766 destinato alle feste di fidanzamento di Maria Ricciarda Beatrice d’Este con Ferdinando d’Austria, e Ulisse in Campania, serenata composta due anni dopo per il matrimonio di Ferdinando IV di Borbone con Maria Carolina d’Asburgo a Napoli.

Sappiamo infine, dalle cronache delle persone presenti alla serata, che nel 1770 fa parte della ristrettissima cerchia che a Palazzo Firmian accoglie il quattordicenne Mozart nel suo passaggio in città. Dopo quella data le notizie sull’arte di Teresa vanno tuttavia scomparendo: rimasta vedova e caduta in ristrettezze economiche, muore a Milano nel 1795. Artista per vocazione, professionista per preparazione e formazione, oltre che per l’esito delle sue composizioni, Maria Teresa resta a lungo considerata una ‘dilettante’ per il ruolo sociale che l’epoca assegnava alle donne. Oltre alle citate opere teatrali e da camera, ha lasciato un cospicuo corpus di composizioni destinate alla tastiera, compresi alcuni concerti con accompagnamento di archi. La scrittura solistica per tastiera è di notevole livello virtuosistico e rivela evidenti influenze di Domenico Scarlatti e soprattutto di Jean-Philippe Rameau; nel genere del concerto per clavicembalo, all'epoca poco diffuso in Italia, Agnesi si dimostra vicina alla sensibilità di Baldassarre Galuppi o di Tommaso Giordani. Il suo stile nella musica vocale si distingue per l'intensità espressiva e drammatica, la definizione dei caratteri e degli affetti trova corrispondenza sia nei libretti che Teresa scriveva da sé sia nella musica elaborata attraverso il sapiente uso dell’armonia, tanto apprezzato dal teorico Giordano Riccati.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Protagoniste des milieux culturels milanais du XVIIIe siècle, Maria Teresa Agnesi a été une artiste polyvalente qui oriente sa créativité musicale tant vers le théâtre que vers d’autres genres musicaux, privilégiant les compositions pour clavecin dont elle est une loyale.

Elle est née à Milan le 17 octobre 1720, son nom est longtemps resté oublié, malgré ses musiques qui ont accompagné des moments importants de la vie sociale des cours de l’époque. Au deuxième XVIIIe siècle, pendant l’absolutisme illuminé de l’impératrice d’Autriche Marie-Thérèse, la ville fervente culturellement sous l’impulsion de personnages tels que Verri, Beccaria, Parini. Dans ce contexte, Marie-Thérèse reçoit, avec sa sœur Gaetana (célèbre mathématicienne), une éducation extraordinairement libérale, approfondie et ouverte, sans les obstacles qui distinguaient habituellement la formation des jeunes filles. En effet, grâce à l’ouverture d’esprit de son père, elle peut seconder sa passion pour la musique et elle a immédiatement eu l’occasion de se montrer dans les rencontres culturelles organisées dans le salon familial, auxquelles participent des invités italiens et étrangers. Devenue célèbre en tant que claveciniste et auteure de pièces de chambre, à vingt-sept ans elle voit également consacrée son talent de compositrice : En 1747, sa chanson Il ristoro d’Arcadia est dédiée au délégué impérial Gian Luca Pallavicini et l’opéra Sofonisba est destiné à l’empereur François Ier pour la fête de sa femme Marie-Thérèse.

En 1752, la vie personnelle et la vie artistique se croisent : son père est mort, Teresa épouse Pietro Antonio Pinottini et travaille sur un mélodrame, Nitocri, sur un livret d’Apôtre Zénon, tandis qu’en 1753 la mise en scène de Cyrus en Arménie, pour Frédéric Auguste de Saxe, roi de Pologne, Elle est présentée au théâtre Regio Ducale de Milan. 1753 voit la reconnaissance officielle de la musicienne dans le jugement de Giammaria Mazzuchelli qui écrit sur elle : «Marie-Thérèse se distingue particulièrement dans la connaissance de la musique, dans laquelle elle est la merveille des professeurs les plus renommés de cet art qu’elle n’ait pas d’égal en Europe. Elle compose avec cette idée, goût, intelligence, et expression de mots, avec cette nouveauté de style, et avec ces motifs, pour parler avec les noms de l’art, à en surprendre qui que ce soit».

En 1755-56 Agnès écrit la musique pour Il Roi Pastore en adaptant le célèbre livret de Pietro Metastasio, utilisé ensuite par Mozart. Le célèbre musicologue anglais Charles Burney, en visite à Milan au cours de ces années, la rappelle comme le protagoniste d’une soirée culturelle : «Ils m’ont fait entrer dans un grand et beau salon où il y avait trente personnes de toutes les nations d’Europe disposées en cercle, et Mme Agnès assise seule. Après la conversation, elle joua au clavecin, comme si c’était Rameau lui-même, des morceaux de Rameau et d’autres composés par elle-même, et elle chanta en s’accompagnant elle-même». Dans les années qui suivent, non seulement le nombre des compositions musicales de Maria Teresa augmente, mais aussi la considération que les intellectuels ont pour elle. Il suffit de citer, à titre d’exemple, les Cinque cantate per musica in versi "à représenter dans le Palais Royal Ducal" qui lui ont été dédiées en 1756 par Pietro Domenico Soresi, comme membre de l’Académie des Transformés dont fait partie aussi Giuseppe Parini. L’Insubria consolata, "composition dramatique" de 1766 destinée aux fêtes de fiançailles de Maria Ricciarda Beatrice d’Este avec Ferdinand d’Autriche, et Ulysse en Campanie, Sérénade composée deux ans plus tard pour le mariage de Ferdinand IV de Bourbon avec Marie-Caroline de Habsbourg à Naples.

Nous savons enfin, d’après les chroniques des personnes présentes à la soirée, qu’en 1770, elle fait partie du cercle très restreint qui, au Palazzo Firmian, accueille Mozart, 14 ans, dans son passage en ville. Après cette date, les nouvelles sur l’art de Thérèse disparaissent cependant : devenue veuve et tombée dans des difficultés économiques, elle meurt à Milan en 1795. Artiste par vocation, professionnelle pour la préparation et la formation, ainsi que pour le résultat de ses compositions, Marie-Thérèse reste longtemps considérée comme une 'amatrice' pour le rôle social que l’époque assignait aux femmes. En plus de ces pièces de théâtre et de chambre, elle a laissé un important corpus de compositions destinées au clavier, y compris des concerts avec des arcs. L’écriture solistique pour clavier est d’un remarquable niveau virtuose et révèle des influences évidentes de Domenico Scarlatti et surtout de Jean-Philippe Rameau; dans le genre du concerto pour clavecin, peu répandu à l’époque en Italie, Agnès se montre proche de la sensibilité de Balthazar Galuppi ou de Thomas Giordani. Son style dans la musique vocale se distingue par son intensité expressive et dramatique, la définition des caractères et des affections trouve une correspondance aussi bien dans les livrets que Thérèse écrivait elle-même que dans la musique élaborée à travers l’usage savant de l’harmonie, tant apprécié par le théoricien Giordano Riccati.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

A leading figure in the 18th-century cultural circles in Milan, Maria Teresa Agnesi was a versatile artist who directed her musical creativity toward both theater and other musical genres, favoring compositions for harpsichord, of which she was a skilled virtuoso.

Born in Milan, Italy on October 17, 1720, her name was long forgotten, although her music accompanied important moments in the social life of the courts of the time. In the second half of the 18th century, during the enlightened absolutism of Empress Maria Theresa of Austria, the city fermented culturally under the impetus of such figures as Verri, Beccaria, and Parini. In this context Maria Theresa received, together with her sister Gaetana (a famous mathematician), an extraordinarily liberal, thorough and open education, without the qualms that usually distinguished the education of young girls. Indeed, thanks to her father's open-mindedness, she was able to indulge her passion for music and immediately had the opportunity to show off at cultural gatherings organized in the family salon, attended by both Italian and foreign guests. Having become famous as a harpsichordist and as a composer of chamber pieces, at the age of twenty-seven she also saw her skills as a composer consecrated - in 1747 her cantata Il ristoro d'Arcadia was dedicated to the imperial delegate Gian Luca Pallavicini, and the opera Sofonisba was destined for Emperor Francis I for the name-day of his consort Maria Theresa.

In 1752 personal life and artistic life intersected - after her father's death, Teresa married Pietro Antonio Pinottini and worked on a melodrama, Nitocri, to a libretto by Apostolo Zeno, while in 1753 the staging of Ciro in Armenia, for Federico Augusto of Saxony king of Poland, was presented at the Teatro Regio Ducale in Milan. The year 1753 saw official recognition of the musician in the judgment of Giammaria Mazzuchelli, who wrote of her, "Maria Teresa distinguishes herself in a special way in the cognition of music, in which she is the marvel of the most renowned Professors of that art that she has no equal in Europe. She composes with such creativity, taste, intelligence, and expression of words, with such novelty of style, and with such motifs, to speak with the names of art, as to surprise anyone."

In 1755-56 Agnesi wrote the music for Il Re Pastore (The Shepherd King), adapting the famous libretto by Pietro Metastasio, later used by Mozart as well. The famous English musicologist Charles Burney, visiting Milan in those years, remembered her as the protagonist of a cultural evening. "I was shown into a large and beautiful salon where there were thirty people from all the nations of Europe arranged in a circle, and Mrs. Agnesi sitting alone. After the conversation she played on the harpsichord, as if it were Rameau himself, pieces by Rameau and others composed by herself, and sang accompanying herself." In the years that followed, not only did the number of Maria Theresa's musical compositions grow, but so did the intellectuals' regard for her. Suffice it to mention, for example, the Cinque cantate per musica in verse "to be presented in the royal Ducal palace" dedicated to her in 1756 by Pietro Domenico Soresi, like her a member of the Accademia dei Trasformati of which Giuseppe Parini was also a member. Still evidence of her success are L'Insubria consolata, a 1766 "dramatic composition" intended for the betrothal parties of Maria Ricciarda Beatrice d'Este to Ferdinand of Austria, and Ulisse in Campania, a serenade composed two years later for the wedding of Ferdinand IV of Bourbon to Maria Carolina of Habsburg in Naples.

Finally, we know from the chronicles of people present at the soiree that in 1770 she was part of the very small circle at Palazzo Firmian that welcomed the 14-year-old Mozart as he passed through town. After that date, however, news about Teresa's art disappears. Widowed and falling into financial straits, she died in Milan in 1795. An artist by vocation, professional by preparation and training, as well as by the success of her compositions, Maria Theresa long remained considered an 'amateur' because of the social role that the era assigned to women. In addition to the aforementioned theatrical and chamber works, she left a substantial body of compositions intended for the keyboard, including some concertos with string accompaniment. Her solo keyboard writing is of a remarkable virtuosic level and reveals clear influences of Domenico Scarlatti and especially Jean-Philippe Rameau. In the genre of the harpsichord concerto, which was not very popular in Italy at the time, Agnesi showed herself close to the sensibility of Baldassarre Galuppi or Tommaso Giordani. Her style in vocal music is distinguished by expressive and dramatic intensity, the definition of characters and affects finding correspondence both in the librettos that Teresa wrote herself and in the music elaborated through the skillful use of harmony, so appreciated by theorist Giordano Riccati.


Traduzione spagnola

Flavia Palumbo

Protagonista de los círculos culturales milaneses del siglo XVIII, María Teresa Agnesi fue una artista versátil que dirigió su creatividad musical tanto al teatro como a otros géneros musicales, dando preferencia a las composiciones para clavicémbalo, del que fue una hábil virtuosa.

Nació en Milán el 17 de octubre de 1720 y su nombre cayó en el olvido durante mucho tiempo, aunque su música acompañó momentos importantes de la vida social de las cortes de su época. En la segunda mitad del Setecientos, durante el absolutismo ilustrado de la emperatriz de Austria, María Teresa, la ciudad de Milán bullía culturalmente bajo el impulso de personajes como Verri, Beccaria y Parini. En ese contexto, María Teresa recibió, junto a su hermana Gaetana (una célebre matemática), una educación extraordinariamente liberal, profunda y abierta, sin las reticencias que solían caracterizar la formación de las jóvenes. En efecto, gracias a la mentalidad abierta de su padre, pudo seguir su pasión por la música y, en seguida, tuvo la oportunidad de destacar en los encuentros culturales organizados en el salón de la familia, a los que asistían tanto invitados italianos como extranjeros. De este modo, se hizo famosa como clavecinista y autora de obras camerísticas. A los veintisiete años, también se consagró su habilidad como compositora: en 1747, dedicó su cantata Il ristoro d'Arcadia al delegado imperial Gian Luca Pallavicini, y destinó su ópera Sofonisba al emperador Francisco I para el onomástico de su consorte María Teresa.

En 1752, la vida personal y artística de Teresa se entrelazaron: tras la muerte de su padre, se casó con Pietro Antonio Pinottini y trabajó en un melodrama, Nitocri, con libreto de Apostolo Zeno, y en 1753 se realizó la puesta en escena de su obra Ciro in Armenia, para Federico Augusto de Sajonia, rey de Polonia, en el Teatro Regio Ducale de Milán. En 1753, es oficialmente reconocida como música por Giammaria Mazzuchelli, quien escribe: «María Teresa destaca particularmente en el conocimiento de la música, en la que es la maravilla de los más renombrados Profesores de esta arte que no tiene igual en Europa. Compone con una idea, gusto, inteligencia y expresión de palabras tan novedosos en estilo y motivos, para hablar en términos del Arte, que sorprende a cualquiera».

En 1755-56, Agnesi escribe la música para Il Re Pastore, adaptando el famoso libreto de Pietro Metastasio, más tarde utilizado por Mozart. El destacado musicólogo inglés Charles Burney, de visita en Milán en aquellos años, la recuerda como protagonista de una velada cultural: «Me hicieron entrar en un salón grande y hermoso donde había treinta personas de todas las naciones de Europa dispuestas en círculo, y la señora Agnesi sentada sola. Después de la conversación, tocó el clavecín, casi como si fuera el propio Rameau, interpretando piezas de Rameau y otras compuestas por ella misma, y cantó acompañándose a sí misma». En los años siguientes, no solo aumentó el número de composiciones musicales de María Teresa, sino también la consideración que los intelectuales tenían hacia ella. Baste citar, por ejemplo, las Cinque cantate per musica in versi "para ser representadas en el Palacio Ducal Real" a ella dedicadas en 1756 por Pietro Domenico Soresi, quien, como ella, era miembro de la Academia de los Transformados, de la cual también formaba parte Giuseppe Parini. Otras pruebas de su éxito son L'Insubria consolata, un "componimento drammatico" de 1766 destinado a las celebraciones del compromiso entre María Beatriz de Este y Fernando de Austria, y Ulisse in Campania, una serenata compuesta dos años después para la boda de Fernando IV de Borbón con María Carolina de Austria en Nápoles.

Finalmente, sabemos, por las crónicas de las personas presentes en aquella velada, que en 1770 formó parte del selecto círculo que, en el Palacio Firmian, recibió al adolescente Mozart en su paso por la ciudad. Después de esa fecha, las noticias sobre el arte de Teresa comienzan a desvanecerse: viuda y enfrentando dificultades económicas, murió en Milán en 1795. A pesar de ser una artista por vocación, una profesional en cuanto a preparación y formación, y a pesar del éxito de sus composiciones, durante mucho tiempo María Teresa fue considerada una "aficionada" debido al papel social que en aquella época se asignaba a las mujeres. Además de las obras teatrales y de cámara mencionadas, dejó un considerable corpus de composiciones para teclado, incluyendo algunos conciertos con acompañamiento de cuerdas. La escritura solista para teclado muestra un notable nivel virtuosístico y revela evidentes influencias de Domenico Scarlatti y, sobre todo, de Jean-Philippe Rameau. En el género del concierto para clavecín, poco difundido en Italia en aquella época, Agnesi demuestra afinidad con la sensibilidad de Baldassarre Galuppi o de Tommaso Giordani. Su estilo en la música vocal se distingue por la intensidad expresiva y dramática; la definición de los caracteres y afectos encuentra correspondencia tanto en los libretos que Teresa escribía como en la música elaborada a través del hábil uso de la armonía, algo muy apreciado por el teórico Giordano Riccati.

 

Barbara Strozzi
Mauro Zennaro




Giulia Canetto

 

 Di lei sappiamo poco, ma quel poco è prezioso perché delle altre sappiamo ancora meno. Abbiamo l’anno di nascita, il 1619, e il giorno del battesimo nella chiesa di Santa Sofia, il 6 agosto. Abbiamo anche la data della morte, l’11 novembre 1677, a Padova. Il suo ritratto, a opera del prete genovese Bernardo Strozzi (che non era suo parente) ricorda l’autoritratto coevo di Artemisia Gentileschi (che però è infinitamente più bello). Barbara ha tra i sedici e i vent’anni, ha in mano la viola da gamba e l’archetto, ci guarda con aria assorta, sembra più grande della sua età, è vestita in modo succinto; Artemisia, invece, si rappresenta come Allegoria della pittura, non guarda noi ma la sua opera, l’inquadratura è audace e moderna. Le due donne non sembrano assomigliarsi, ma hanno una cosa in comune: l’affermazione della propria professione attraverso l’esibizione degli strumenti del mestiere. Il genovese ha dipinto una Barbara discinta, confermando le dicerie sulla giovane musicista che, non sposata e per di più artista, era ipso facto condannata a una fama di cortigiana. Benché nel 1636 Nicolò Fontei, musicista di qualche fama, dedicasse la sua seconda raccolta di Bizzarrie poetiche poste in musica alla «gentilissima e virtuosissima donzella la Signora Barbara», e il poeta genovese Gian Vincenzo Imperiale, sentitala cantare, la definisse «una delle Muse di Parnaso», per il resto la reputazione della giovane Strozzi non era al livello della sua riconosciuta maestria musicale. Altrove non le si risparmiano i lazzi, come nell’anonimo testo satirico in cui, nonostante la si veda «castissima», «come femina» poteva «in libertà passarvi il tempo con qualche amore». D’altro canto, la definizione di «virtuosissima cantatrice» datale da Fontei è di parte, essendo il musicista intimo di Giulio Strozzi, padre – benché ufficialmente adottivo – di Barbara.

 Ma tutto questo è ormai ovvio. La stessa Artemisia si era vista dare, nell’elegante e fiorita rima secentesca, della poco di buono solo perché artista e indipendente. E d’altro canto la prostituzione poteva essere un destino inevitabile: si pensi per esempio a Fillide Melandroni, la modella che Caravaggio immortalò nel 1599 come Giuditta, che, perso il padre ed emigrata a Roma, fu spinta alla prostituzione dalla madre, fu definita «cortigiana scandalosa» dalla Chiesa, fu amante di Giulio Strozzi nel periodo romano di lui, fu cacciata da Roma in seguito alle pressioni della famiglia dello stesso, non ottenne sepoltura in terra consacrata quando morì trentasettenne. Quel poco che la storiografia ci tramanda delle donne che ricercano alternative alla vita ristretta loro destinata è noto e rimasticato, ma è difficile evitarlo, come è difficile capire se la fama che accompagnava artiste e modelle fosse reale o frutto di becero sessismo; e oggi non sembra nemmeno utile stabilirlo. A nove anni Barbara Caterina fu adottata dal presumibile padre Giulio Strozzi, poeta e avvocato; la madre era Isabella Garzoni, che lavorava in casa Strozzi. Nel testamento, Giulio nominò Barbara sua unica erede perché a Venezia, diversamente che altrove, le donne potevano ereditare e perché presumibilmente non c’erano altri figli. Giulio stesso era stato adottato e apparteneva a una famiglia in vista di Firenze. Giudice, appassionato di musica, poeta e famoso librettista, aveva lavorato alla corte papale e si era poi trasferito a Venezia, dove aveva aderito all’Accademia degli Incogniti e poi, in pieno stile secentesco, ne aveva fondata una, l’Accademia degli Unisoni, di cui la figlia divenne protagonista. Barbara aveva studiato musica con l’insigne Pier Francesco Cavalli, cantava e suonava magnificamente, componeva arie e madrigali. Soprattutto metteva in musica le opere letterarie del padre per la propria voce.

Tra il 1644 e il 1664 riuscì a pubblicare ben otto volumi delle proprie composizioni: un numero enorme rispetto a quello di tante musiciste rimaste sconosciute. Ma Venezia era una città meno ostile verso le donne e l’ambiente culturale in cui viveva Barbara decisamente favorevole. Ed era all’avanguardia: il cremonese Claudio Monteverdi, grande innovatore, inventore del melodramma, viveva a Venezia ed era famosissimo. Era molto più anziano di Barbara e nessuna fonte riporta una loro qualche conoscenza, ma sembra impossibile che lei, il padre e l’Accademia tutta non lo frequentassero: il più famoso ritratto di Monteverdi è a opera dello stesso Bernardo Strozzi che aveva dipinto lei (naturalmente in abiti e abbigliamento molto più austeri). È noto anche che a Venezia il cremonese produsse moltissimo e non finì il suo capolavoro L’incoronazione di Poppea, il cui duetto finale, di rara bellezza, fu composto da qualcun altro: probabilmente Francesco Sacrati, nella cui opera La finta pazza (su libretto di Giulio Strozzi) si è rinvenuta forte somiglianza con l’opera monteverdiana. Ma non è certo…Nonostante la mole impressionante delle pubblicazioni – in tutto centoventicinque brani – e la fama che l’accompagnava, Barbara non ebbe mai un committente fisso, il che significa che per pubblicare e guadagnare doveva trovare mecenati. La cosa divenne problematica soprattutto dopo la morte di Giulio e Barbara decise di proseguire nella professione di musicista anche da sola.

Molti artisti vivevano di commesse private, ma trovavano spesso lavoro come maestri di cappella o insegnanti presso nobili e istituzioni pubbliche. Anche la citata Artemisia Gentileschi cercò tutta la vita un incarico pubblico e lo trovò solo a Napoli poco prima di morire. Per le artiste, dunque, la strada era molto più impervia che per i loro colleghi. Nel 1644, un anno dopo la morte di Monteverdi, la venticinquenne Barbara pubblicò un primo libro di madrigali a più voci, su testi del padre, che dedicò alla granduchessa di Toscana Vittoria della Rovere, anche perché Giulio aveva mantenuto stretti rapporti con il ramo fiorentino della famiglia (sul presunto bigottismo oscurantista di Vittoria molta critica moderna ha espresso dubbi); nel 1651 un volume di cantate dedicato alle nozze di Ferdinando III d’Asburgo e a Eleonora Gonzaga-Nevers; l’anno seguente un terzo; poi un quarto andato perduto; quindi il quinto con musiche sacre dedicato ad Anna de’ Medici, arciduchessa d’Austria; il sesto, il settimo e l’ottavo contengono arie a una voce sola: la sua. A queste opere vanno aggiunte numerose altre comprese in miscellanee pubblicate in tutto il Seicento. Le composizioni sono spesso di alto virtuosismo, ovvero adatte alla sua finissima tecnica vocale. Non sappiamo quanto le dediche ai nobili personaggi abbiano fruttato all’autrice, ma lei tenne duro.

Barbara Strozzi non si sposò mai e si mantenne da sola. Ebbe una lunga relazione con Giovanni Paolo Vidman (o Widmann), patrizio ammogliato e amico di famiglia (a lui sono dedicate le Bizzarie poetiche di quel Fontei che elogiavano la «gentilissima» e «virtuosissima» Barbara) da cui ebbe tre dei suoi figli, o forse tutti e quattro. Ma, ad onta delle malelingue, non dovette essere un rapporto d’interesse, perché in un’occasione fu lei a prestare dei soldi a lui, così come pagava l’affitto della casa del padre. Riuscì a dare una dote alle due figlie e a un figlio per permettere loro di entrare in convento, e l’altro figlio ricevette un’eredità. Si sa poco degli ultimi dieci anni. Probabilmente pubblicò ancora, ma non è certo, come possibile è una sua attività didattica. Conservò una certa notorietà in ambito specialistico, soprattutto britannico, ma i moderni studi di musicologia e sulla cultura delle donne l’hanno riportata alla fama che merita. La sua musica è forte, innovativa, eloquente, al punto che non mancano rivisitazioni in chiave moderna accanto alle moltissime interpretazioni degli originali. Non sappiamo perché Barbara si recasse a Padova nel maggio del 1677, ma lì si ammalò e morì dopo tre mesi. Si dice fosse in condizioni economiche precarie, ma la sua vita è tutta un «si dice». E nel frattempo le sue opere si spargevano per tutta Europa.


Traduzione francese

Guenoah Mroue

Nous en savons peu sur elle, mais ce peu est précieux car nous en savons encore moins sur les autres. Nous avons l’année de naissance, le 1619, et le jour du baptême dans l’église de Sainte-Sophie, le 6 août. Nous avons aussi la date de la mort, le 11 novembre 1677, à Padoue. Son portrait, réalisé par le prêtre génois Bernardo Strozzi (qui n’était pas un parent) rappelle l’autoportrait contemporain d’Artemisia Gentileschi (qui est mille fois plus beau). Barbara a entre seize et vingt ans, elle tient la viole de jambe et l’archet, elle nous regarde avec un air captivant, elle semble plus âgée, elle est habillée succinctement; Artemisia, par contre, se représente comme Allégorie de la peinture, elle ne nous regarde pas mais son œuvre, le cadrage est audacieux et moderne. Les deux femmes ne semblent pas se ressembler, mais elles ont une chose en commun : l’affirmation de leur profession à travers l’exhibition des instruments du métier. Le génois a peint une Barbara discinta, confirmant les rumeurs sur la jeune musicienne qui, célibataire et de plus artiste, était ipso facto condamnée à une réputation de courtisane. Bien qu’en 1636 Nicolò Fontei, musicien de renom, dédia son deuxième recueil de Bizarreries poétiques mises en musique à la « très gentille et virtuose dame Barbara », et le poète génois Gian Vincenzo Imperiale, l’entendit chanter, la définissa « une des Muses de Parnasse », pour le reste, la réputation de la jeune Strozzi n’était pas au niveau de sa maîtrise musicale reconnue. Ailleurs, on ne lui épargne pas le lazzi, comme dans le texte satirique anonyme où, bien qu’on la voie « chaste », « comme une femme » pouvait « en liberté y passer du temps avec un peu d’amour ». D’autre part, la définition de « virtuosissima cantatrice » donnée par Fontei est partiale, étant le musicien intime de Giulio Strozzi, père - bien qu’officiellement adoptif - de Barbara.

Mais tout cela est devenu évident. Artemisia elle-même s’était vue donner, dans l’élégante et fleurie rime du XVIIe siècle, de la mauvaise qualité uniquement parce qu’artiste et indépendante. Et d’autre part la prostitution pouvait être un destin inévitable : on pense par exemple à Fillide Melandroni, le modèle que Caravaggio a immortalisé en 1599 comme Judith, qui, ayant perdu son père et émigré à Rome, fut poussé à la prostitution par sa mère, fut définie «courtisane scandaleuse» de l’Église, fut l’amante de Giulio Strozzi dans la période romaine de lui, fut chassée de Rome à la suite des pressions de la famille du même, n’obtint pas enterrement consacrée quand elle mourut trente-sept ans. Le peu que l’historiographie nous transmet des femmes qui cherchent des alternatives à la vie restreinte qui leur est destinée est connu et remanié, mais il est difficile de l’éviter, comme il est difficile de comprendre si la renommée qui accompagnait artistes et mannequins était réelle ou le fruit d’un faux sexisme; aujourd’hui, il ne semble même pas utile de le déterminer. À neuf ans, Barbara Caterina a été adoptée par le père présumé Giulio Strozzi, poète et avocat; sa mère était Isabella Garzoni, qui travaillait à la maison Strozzi. Dans son testament, Jules nomma Barbara comme seule héritière car à Venise, contrairement à d’autres, les femmes pouvaient hériter et parce qu’il n’y avait probablement pas d’autres enfants. Jules lui-même avait été adopté et appartenait à une famille en vue de Florence. Juge, passionné de musique, poète et célèbre librettiste, il avait travaillé à la cour pontificale et s’était ensuite installé à Venise, où il avait adhéré à l’Académie des Incogniti et, en plein style du XVIIe siècle, il en avait fondé une, l’Académie des Unisons, dont la fille est devenue le protagoniste. Barbara avait étudié la musique avec l’éminent Pier Francesco Cavalli, chantait et jouait magnifiquement bien, composait des arias et des madrigaux. Surtout, elle mettait en musique les œuvres littéraires de son père pour sa propre voix.

Entre 1644 et 1664, elle réussit à publier huit volumes de ses compositions : un nombre énorme par rapport à celui de nombreuses musiciennes restées inconnues. Mais Venise était une ville moins hostile envers les femmes et l’environnement culturel dans lequel vivait Barbara résolument favorable. Et elle était à l’avant-garde : le Crémonais Claudio Monteverdi, grand innovateur, inventeur du mélodrame, vivait à Venise et était très célèbre. Elle était beaucoup plus âgé que Barbara et aucune source ne rapporte une quelconque connaissance d’elle, mais il semble impossible qu’elle, son père et toute l’Académie ne le fréquentent pas : le portrait le plus célèbre de Monteverdi est l’œuvre du même Bernardo Strozzi qui avait peint (bien sûr dans des vêtements et des vêtements beaucoup plus austères). On sait aussi qu’à Venise le Crémone produisit beaucoup et ne termina pas son chef-d’œuvre Le couronnement de Poppea, dont le duo final, d’une rare beauté, fut composé par quelqu’un d’autre : probablement Francesco Sacrati, dans l’opéra La finta pazza (sur un livret de Giulio Strozzi) on a trouvé une forte ressemblance avec l’œuvre de Monteverdi. Mais ce n’est pas certains... Malgré la masse impressionnante des publications - au total cent vingt-cinq titres - et la renommée qui l’accompagnait, Barbara n’eut jamais de commanditaire fixe, ce qui signifie que pour publier et gagner, elle devait trouver des mécènes. Cela devient problématique surtout après la mort de Giulio et Barbara décide de poursuivre seule la profession de musicien.

De nombreux artistes vivaient de commandes privées, mais trouvaient souvent du travail en tant que maîtres de chapelle ou enseignants auprès de nobles et d’institutions publiques. Même Artemisia Gentileschi, citée plus haut, chercha toute sa vie une charge publique et ne le trouva qu’à Naples peu avant sa mort. Pour les artistes, la route était donc beaucoup plus rude que pour leurs collègues. En 1644, un an après la mort de Monteverdi, Barbara, 25 ans, publia un premier livre de madrigaux à plusieurs voix, sur des textes de son père, qu’elle dédia à la grande-duchesse de Toscane Vittoria della Rovere, aussi parce que Jules avait maintenu des relations étroites avec la branche florentine de la famille (sur le présumé bigoterisme obscurantiste de Victoria beaucoup de critique moderne a exprimé des doutes); en 1651 un volume de cantates dédié aux noces de Ferdinand III de Habsbourg et à Eleonora GonzagueNevers ; l’année suivante un troisième, puis un quatrième perdu ; puis le cinquième avec des musiques sacrées dédié à Anne de Médicis, archiduchesse d’Autriche ; les sixième, septième et huitième contiennent des arias à une seule voix : la sienne. À ces œuvres s’ajoutent de nombreuses autres incluses dans des recueils publiés au XVIIe siècle. Les compositions sont souvent de haute virtuosité, c’est-à-dire adaptées à sa technique vocale très fine. Nous ne savons pas à quel point les dédicaces aux nobles personnages ont profité à l’auteur, mais elle a tenu bon.

Barbara Strozzi ne s’est jamais mariée et est restée seule. Elle eut une longue relation avec Jean-Paul Vidman (ou Widmann), patricien marié et ami de famille (lui sont dédiées les Bizarreries poétiques de ce Fontei qui louaient la « très gentille » et « très vertueuse » Barbara) dont elle eut trois de ses enfants, ou peut-être tous les quatre. Mais, en dépit des mauvaises langues, ce n’était pas une relation d’intérêt, parce qu’à une occasion, elle lui a prêté de l’argent, comme elle payait le loyer de la maison de son père. Elle réussit à donner une dot aux deux filles et à un fils pour leur permettre d’entrer au couvent, et l’autre fils reçut un héritage. On en sait peu sur les dix dernières années. Elle a probablement encore publié, mais ce n’est pas certain, comme c’est possible une activité didactique. Elle conserve une certaine notoriété dans le milieu spécialisé, notamment britannique, mais les études modernes de musicologie et de culture des femmes l’ont ramenée à la renommée qu’elle mérite. Sa musique est forte, innovante, éloquente, au point que les interprétations des originaux ne manquent pas. Nous ne savons pas pourquoi Barbara se rendit à Padoue en mai 1677, mais là, elle tomba malade et mourut après trois mois. On dit qu’elle était dans une situation économique précaire, mais sa vie est toute une «on dit». Et pendant ce temps, ses œuvres se répandaient dans toute l’Europe.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

We know little of her, but that little is precious because of the rest we know even less. We have the year of her birth, 1619, and the day of her baptism in the church of Santa Sofia, August 6. We also have the date of her death, November 11, 1677, in Padua. Her portrait, by the Genoese priest Bernardo Strozzi (who was not her relative) is reminiscent of Artemisia Gentileschi's contemporary self-portrait (which is infinitely more beautiful, however). Barbara is between sixteen and twenty years old, she is holding a viola da gamba and bow, she looks at us blankly, she seems older than her age, and she is dressed skimpily. Artemisia, on the other hand, represents herself as an Allegory of Painting, she is not looking at us but at her work, the setting is bold and modern. The two women do not seem to resemble each other, but they have one thing in common: the affirmation of their profession through the display of the tools of the trade. The Genoese painted a discreet Barbara, confirming the rumors about the young musician who, unmarried and an artist to boot, was ipso facto condemned to a reputation as a courtesan. Although in 1636 Nicolò Fontei, a musician of some renown, dedicated his second collection of Bizzarrie poetiche poste in musica to the "most gracious and virtuous maiden, the Signora Barbara," and the Genoese poet Gian Vincenzo Imperiale, upon hearing her sing, called her "one of the Muses of Parnassus." Otherwise, the young Strozzi's reputation was not on the level of her acknowledged musical mastery. Elsewhere, she was not spared laughter, as in the anonymous satirical text in which, although she is seen to be "most chaste," "as a woman" she could "at liberty pass the time with some lover." On the other hand, the definition of "very virtuous maiden" given to her by Fontei is biased, him being a musician intimate with Giulio Strozzi, Barbara's father - though officially adoptive.

But all this is now obvious. Artemisia herself had been given, in the elegant and flowery seventeenth-century speech, as little good just because she was an artist and independent. And on the other hand, prostitution might have been an inevitable fate. Think, for example, of Fillide Melandroni, the model whom Caravaggio immortalized in 1599 as Judith, who, having lost her father and emigrated to Rome, was driven to prostitution by her mother, was called a "scandalous courtesan" by the Church, was Giulio Strozzi's mistress during his Roman period, was driven out of Rome after pressure from his family, and did not get burial in consecrated ground when she died at the age of thirty-seven. What little historiography has handed down to us about women seeking alternatives to the restricted life destined for them is well known and rehashed, but it is difficult to avoid it, just as it is difficult to understand whether the reputation that accompanied female artists and models was real or the result of boorish sexism. And today it does not even seem useful to try to establish it. At the age of nine, Barbara Caterina was adopted by her apparent father Giulio Strozzi, a poet and lawyer. Her mother was Isabella Garzoni, who worked in the Strozzi household. In his will, Giulio named Barbara his sole heir because in Venice, unlike elsewhere, women could inherit and because presumably there were no other children. Giulio himself had been adopted and belonged to a prominent family in Florence. A judge, music lover, poet, and famous librettist, he had worked at the papal court and then moved to Venice, where he had joined the Accademia degli Incogniti and then, in full seventeenth-century style, founded one, the Accademia degli Unisoni, in which his daughter became a leading figure. Barbara had studied music with the distinguished Pier Francesco Cavalli, sang and played beautifully, composed arias and madrigals. Above all, she set her father's literary works to music for her own voice.

Between 1644 and 1664 she managed to publish as many as eight volumes of her own compositions - a huge number compared to that of so many female musicians who remained unknown. But Venice was a city less hostile toward women, and the cultural environment in which Barbara lived was decidedly favorable. And it was avant-garde. The Cremonese Claudio Monteverdi, the great innovator, inventor of melodrama, lived in Venice and was very famous. He was much older than Barbara, and no source reports any acquaintance of theirs, but it seems impossible that she, her father and the whole Accademia did not frequent him. The most famous portrait of Monteverdi is by the same Bernardo Strozzi who had painted her (of course in much more austere dress and attitude). It is also known that in Venice the Cremonese produced a great deal and did not finish his masterpiece L'incoronazione di Poppea, the final duet of which, of rare beauty, was composed by someone else - probably Francesco Sacrati, in whose opera La finta pazza (with libretto by Giulio Strozzi) strong resemblance to Monteverdi's opera has been found. But it is not certain...Despite the impressive volume of publications - a hundred and twenty-five pieces in all - and the accompanying fame, Barbara never had a regular patron, meaning that in order to publish and earn money she had to find patrons. This became especially problematic after Giulio died, and Barbara decided to pursue the profession of music on her own.

Barbara Strozzi never married, and supported herself. She had a long relationship with Giovanni Paolo Vidman (or Widmann), a married patrician and family friend (to him are dedicated Fontei’s Bizzarrie poetiche poste in musica praising the "gentilissima" and "virtuosissima" Barbara). By Vidman she had three of her children, or perhaps all four. But, malicious tongues notwithstanding, it did not have to be a relationship of financial interest, for on one occasion it was she who lent him money, just as she paid the rent on her father's house. She managed to give a dowry to her two daughters and one son to enable them to enter the convent, and the other son received an inheritance. Little is known about her last ten years. She probably still published, but it is not certain, as possible is a teaching activity by her. She retained some reputation in specialist circles, especially British, but modern studies in musicology and women's culture have restored her to the fame she deserves. Her music is strong, innovative, and eloquent, to the point that there is no shortage of modern reinterpretations alongside the many interpretations of the originals. We do not know why Barbara went to Padua in May 1677, but it was there that she fell ill and died after three months. It is said that she was in a precarious financial condition, but her life is all "rumor." And in the meantime, her works were spreading all over Europe.


Traduzione spagnola

Claudio Ardita

Sabemos poco sobre ella, pero ese poco es muy valioso porque de las otras artistas sabemos aún menos. Sabemos el año de nacimiento, 1619, y el día del bautismo en la iglesia de Santa Sofía, el 6 de agosto. También sabemos la fecha de su muerte, el 11 de noviembre de 1677, en Padua. Su retrato, obra del «Fraile genovés» Bernardo Strozzi (que no era pariente suyo), recuerda el autorretrato coetáneo de Artemisia Gentileschi (que, sin embargo, es infinitamente más bello). Barbara tiene entre dieciséis y veinte años, sujeta con una mano la viola de gamba y el arco, nos mira con aire ensimismado, parece mayor de lo que es y viste de modo sucinto; Artemisia, en cambio, se representa como la Alegoría de la Pintura, no nos mira a nosotros sino a su obra, el encuadre es audaz y moderno. No parece que las dos mujeres se asemejen, pero tienen una cosa en común: la afirmación de su profesión a través de la exhibición de las herramientas del oficio. El genovés, al pintar a una Barbara desaliñada, confirmó las habladurías sobre la joven música que, al no estar casada y al ser una artista, se veía ipso facto condenada a una fama de cortesana. Si bien en 1636 Nicolò Fontei, músico de cierta fama, dedicó su segunda colección de Bizzarrie poetiche poste in musica a la «gentilissima e virtuosissima donzella la Signora Barbara», y el poeta genovés Gian Vincenzo Imperiale, al escucharla cantar, la definió como «una delle Muse di Parnaso», por lo demás, la reputación de la joven Strozzi no correspondía a su reconocida maestría musical. En otras obras no se le escatiman las burlas, como en el texto satírico anónimo en el que, aunque es «castissima», «come femina» podía «in libertà passarvi il tempo con qualche amore». Por otro lado, la definición de "virtuosissima cantante" atribuida por Fontei era subjetiva, al ser este músico amigo íntimo de Giulio Strozzi, padre –oficialmente adoptivo– de Barbara.

Pero todo esto ya es obvio. Artemisia había sido calificada como persona poco recomendable sólo por el hecho de ser artista e independiente en el periodo más próspero del siglo XVII. Y, por otra parte, la prostitución podía ser un destino inevitable: piénsese, por ejemplo, en Fillide Melandroni, la modelo que Caravaggio inmortalizó en 1599 como Judit, quien, huérfana de padre y emigrada a Roma, fue empujada a la prostitución por su madre; fue calificada de «corteggiana scandalosa» por la Iglesia, fue amante de Giulio Strozzi durante la estancia romana de este último, fue expulsada de Roma por presiones de su familia y no recibió sepultura en tierra consagrada cuando murió a los treinta y siete años. Es bien sabido lo poco que la historiografía nos ha dejado de las mujeres que buscaron alternativas a la vida rígida que se les había destinado, pero es difícil evitarlo, como también es difícil entender si la fama que acompañó a las artistas y modelos femeninas fue real o fruto del machismo grosero; y hoy ni siquiera parece útil establecerlo. Giulio Strozzi, poeta, abogado y supuesto padre de Barbara Caterina, la adoptó cuando tenía nueve años; su madre era Isabella Garzoni, quien trabajaba en casa de Strozzi. En su testamento, Giulio nombró a Barbara su única heredera porque en Venecia, a diferencia de otros lugares, las mujeres podían heredar y porque se presumía que no hubiera otros hijos. El propio Giulio había sido adoptado y pertenecía a pertenecía a una importante familia de Florencia. Juez, melómano, poeta y célebre libretista, trabajó en la corte papal y luego se trasladó a Venecia, donde ingresó en la Accademia degli Incogniti y luego, según el estilo del siglo XVII, fundó su Academia, la Accademia degli Unisoni, en la que su hija fue protagonista. Barbara estudió música con el célebre maestro Pietro Francesco Cavalli, cantaba y tocaba maravillosamente y compuso arias y madrigales. Sobre todo, musicó para su propia voz las obras literarias de su padre.

Entre 1644 y 1664, consiguió publicar nada menos que ocho volúmenes de sus propias composiciones: un número enorme comparado con el de muchas músicas que siguen siendo desconocidas. Pero Venecia era una ciudad menos hostil hacia las mujeres y el ambiente cultural en el que vivía Barbara era decididamente favorable y vanguardista: el cremonés Claudio Monteverdi, gran innovador e inventor del melodrama, vivía en Venecia y era muy famoso. Era mucho mayor que Barbara y ningún documento informa de que se conocieran, pero parece imposible que ella, su padre y toda la Academia no lo frecuentaran. El retrato más famoso de Monteverdi es de Bernardo Strozzi que la había pintado a ella (naturalmente con ropas y trajes mucho más austeros). También se sabe que en Venecia el compositor cremonés produjo mucho y no terminó su obra maestra La coronación de Popea, cuyo dúo final, de singular belleza, se supone que había sido compuesto por otra persona, es decir, Francesco Sacrati. De hecho, su ópera La finta pazza (el libreto es de Giulio Strozzi) tiene un gran parecido con la ópera de Monteverdi. Pero no es seguro…A pesar del impresionante volumen de publicaciones –ciento veinticinco piezas en total– y de la fama que la acompañaba, Barbara nunca tuvo un comisionista fijo, lo que significaba que, para publicar y ganar dinero, tenía que encontrar mecenas. Esto se hizo especialmente problemático tras la muerte de Giulio, y Barbara decidió seguir en la profesión de música por su cuenta.

Muchos artistas vivían de encargos privados, pero a menudo encontraban trabajo como maestros de capilla o profesores con nobles e instituciones públicas. Como la ya mencionada Artemisia Gentileschi, quien buscó un puesto público durante toda su vida y sólo lo encontró en Nápoles poco antes de su muerte. Para las mujeres artistas, por tanto, el camino era mucho más empinado que para sus colegas varones. En 1644, un año después de la muerte de Monteverdi, Barbara, a los 25 años, publicó un primer libro de madrigales a varias voces, usando los textos de su padre, que dedicó a la Gran Duquesa de la Toscana Vittoria della Rovere, porque Giulio había mantenido estrechas relaciones con la rama florentina de la familia (muchos críticos modernos han expresado dudas sobre el supuesto fanatismo oscurantista de Vittoria); en 1651 un volumen de cantatas dedicadas a la boda de Fernando III de Habsburgo y Leonor Gonzaga-Nevers; al año siguiente un tercer volumen; luego un cuarto que se ha perdido; después el quinto con música sacra dedicado a Ana de Médici, archiduquesa de Austria; el sexto, el séptimo y el octavo contienen arias para una sola voz: la suya. A estas obras hay que añadir otras muchas incluidas en misceláneas publicadas a lo largo del siglo XVII. Las composiciones suelen ser de gran virtuosismo, adaptadas a su técnica vocal. No sabemos cuánto ganaba la autora con las dedicatorias a personajes nobles, pero se ganaba la vida.

Barbara Strozzi nunca se casó y se mantenía a sí misma. Tuvo una larga relación con Giovanni Paolo Vidman (o Widmann), un patricio casado y amigo de la familia (a él están dedicadas las Bizzarie poetiche del ya mencionado Fontei, donde se elogiaba a la "gentilissima" y "virtuosissima" Barbara) con el que tuvo tres de sus hijos, o quizá los cuatro. Pero, a pesar de las habladurías, no tenía por qué ser una relación de interés, ya que en una ocasión fue ella quien le prestó dinero, al igual que pagaba el alquiler de la casa de su padre. Consiguió dar una dote a sus dos hijas y a un hijo para que pudieran entrar en el convento, y el otro hijo cobró una herencia. Poco se sabe de los últimos diez años. Probablemente seguía publicando, pero no es seguro, como es posible su actividad como docente. Mantuvo cierta notoriedad en los círculos especializados, principalmente británicos, pero los estudios modernos de musicología y de cultura de las mujeres le han devuelto la fama que merece. Su música es fuerte, innovadora, elocuente, hasta el punto de que no faltan interpretaciones modernas junto a las numerosas interpretaciones de los originales. No sabemos por qué Barbara fue a Padua en mayo de 1677, pero allí cayó enferma y murió al cabo de tres meses. Se dice que su situación económica era precaria, pero toda su vida es un ‘se dice que’. Mientras tanto, sus obras se difundían por toda Europa.

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