Susanna Horenbout
Sara Balzerano
Viola Gesmundo
Inghilterra, XVI secolo.
La corte di Enrico VIII è un ambiente, nell’Europa di questa nuova epoca moderna, tra i più folli e torbidi. La dinastia Tudor siede sul trono del regno da meno di venticinque anni, dalla fine della Guerra delle due Rose, e questa infanzia di potere ha creato, nella testa del re, un teatro di intrighi, congiure e tradimenti per cui, anche con il minimo sospetto, si finisce per conoscere la mano del boia. Le pretese avanzate dalle antiche famiglie nobiliari, che possono vantare un lignaggio risalente a Guglielmo il Conquistatore, fanno sentire Enrico sotto costante scacco. E dunque, nelle caselle bianche e nere che è egli stesso a comandare, cavalli, torri, alfieri, semplici pedoni, o regine, cadono inesorabilmente, insieme alle loro teste, anche per un semplice quanto infondato sospetto. Muoversi su una tale plancia richiede abilità e scaltrezza, intelligenza e spirito di adattamento. Chiunque può avanzare. Chiunque, con la stessa velocità, può venir fagocitato dalla scure capitale. Ed è in questo esatto ambiente che vive e opera Susanna Horenbout, destreggiandosi tra regine amate e cadute in disgrazia, riuscendo a rimanere comunque una delle artiste più apprezzate dal sovrano, una delle iniziatrici della tradizione dei ritratti miniati in Inghilterra.
Hans Holbein il Giovane, probabile ritratto di Susanna Horenbout. |
Nata nell’allora contea delle Fiandre, probabilmente in Belgio, nella cittadina di Gand, intorno al 1503, Horenbout è quella che si dice una figlia d’arte. Suo padre Gerard, infatti, non solo gestisce una bottega nella quale lei e il fratello Lucas apprendono il mestiere, ma è talmente abile nel proprio lavoro da ottenere il ruolo di artista di corte presso Margherita d’Austria. L’uomo, inoltre, lavora alle miniature del Libro d’Ore Sforza, un volume di preghiere commissionato in principio da Bona di Savoia, vedova del Signore di Milano, Galeazzo Maria Sforza, e poi proseguito per volontà della nobildonna asburgica. Com’era solito avvenire all’epoca, non si ha la certezza che tutte le miniature siano state eseguite da Gerard Horenbout: le opere realizzate all’interno di un laboratorio venivano attribuite al maestro, rendendo così difficili le future assegnazioni. Molto probabilmente, sia Lucas che Susanna lavorano in prima persona al Libro d’Ore Sforza.
Un esempio degli incipit dipinti da Horenbout nel Libro d’Ore Sforza. |
Certo è che Susanna è già un’artista di livello. Nel 1521, infatti, Albrecht Dürer acquista da lei, per un fiorino, un'immagine di Cristo Salvatore, scrivendo poi entusiasta del fatto che l’autrice sia una donna:«È davvero meraviglioso che il quadro di una donna sia così bello» (Ist ein gross Wunder, das ein Weibsbild also viel machen soll). Secondo Kathleen E. Kennedy, professora associata in Studi Medievali dell’Università di Bristol, lo stupore del grande autore fiammingo non è relativo al genere dell’artista quanto alla sua giovane età. Nella prima metà del Cinquecento, intorno agli anni Venti, l’intera famiglia Horenbout si trasferisce in Inghilterra, chiamata, presso la corte Tudor, dal cardinale Wolsey. Wolsey, figlio di un macellaio, è uno di quegli homines novi di cui Enrico VIII ama circondarsi e che rappresentano il tentativo di creare una legittimità posticcia, o comunque innovativa, che metta a tacere le voci e le critiche verso questa dinastia minore che è riuscita ad agguantare il potere. Il cardinale ha un profondo amore per l’arte, e lo stesso Enrico VIII ha tutto l’interesse a intraprendere un mecenatismo che funga da cassa di risonanza per la sua casata. Sarà quello che farà sua figlia, Elisabetta I, con William Shakespeare; è ciò che fa lui, ad esempio, con gli Horenbout, specializzati nella tecnica della miniatura, tecnica che, nell’idea del re, deve essere usata per «rappresentare l'approvazione dei Tudor da parte di Dio come famiglia sovrana dell'Inghilterra».
Nemmeno in terra inglese si hanno notizie certe dell’operato di Susanna. Nel 1529, quando muore la madre Margaret, il suo è l’unico nome della famiglia ad apparire sul memoriale in ottone a lei dedicato. Oltre ad averlo commissionato, si pensa che l’artista ne abbia anche disegnato il modello. A parte questo episodio, le attestazioni di Horenbout non riguardano tanto la sua carriera di pittrice e miniaturista, quanto piuttosto il suo ruolo di dama di corte e segretaria della regina. Fatto questo, stando almeno alle parole della già citata Kathleen E. Kennedy, che si spiega con facilità: Susanna Horenbout è una donna e tanto basta affinché le sue opere, le sue eventuali attribuzioni, vengano fagocitate dal nome del padre prima e del fratello poi. Eppure di lei parla Giorgio Vasari nel capitolo Di diversi artefici fiamminghi, all’interno del trattato Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, del 1568: «Susanna sorella del detto Luca, che fu chiamata perciò ai servigii d’Enrico Ottavo re d’Inghilterra e vi stette onoratamente tutto il tempo di sua vita»; e di lei parla anche Lodovico Guicciardini, discendente del più famoso Francesco, che, nell’opera Descrittione di Lodovico Guicciardini patritio fiorentino di tutti i Paesi Bassi altrimenti detti Germania inferiore del 1566, afferma:
«Susanna sorella di Luca Hutembout prenominato: la quale fu eccellente nella pittura, massime nel fare opere minutissime oltre a ogni credere, et eccellentissima nell'alluminare, in tanto che il gran' Re Henrico ottavo con gran doni et gran provvisione, la tirò in Inghilterra, dove visse molti anni in gran favore, et gratia di tutta la Corte, et ivi finalmente si mori ricca, et honorata.»
Ciò che era dunque evidente alla contemporaneità è stato via via taciuto dal trascorrere del tempo, come se una balbuzie avesse colto la penna stessa della storia. E così, quello che sappiamo con certezza di Susanna Horenbout è che, poco dopo il suo arrivo in Inghilterra, si sposa con John Parker, custode del palazzo di Westminster, addetto al guardaroba e yeoman, coltivatore benestante con piena autonomia sul podere che lavorava. Alla coppia, riportano i documenti, il sovrano regala per il Capodanno 1532-1533 una coppa dorata con coperchio e cucchiai. Queste sue nozze con un uomo di corte sono forse ciò che la introduce nell’ambiente che ruota attorno alla famiglia reale. Sono, però, solo le sue capacità che le permettono di passare indenne attraverso la follia assoluta con la quale Enrico VIII gestisce i suoi matrimoni. Diventa gentildonna al seguito di Jane Seymor, terza moglie del sovrano Tudor. E quando la regina muore di setticemia, undici giorni dopo aver partorito l’unico figlio maschio di Enrico, a breve distanza peraltro dallo stesso Parker, Susanna Horenbout si trova in gravi ristrettezze economiche. Sposa in seconde nozze, il 22 settembre 1539 a Westminster, John Gilman (o Gylmyn), freeman di un'azienda vinicola che, di lì a breve, diventerà sergente del King's Woodyard. Quindici giorni dopo, la donna si reca a Cleves per scortare in Inghilterra la quarta moglie del re, Anna, della quale, forse per la conoscenza della lingua fiamminga, forse per la sua abilità nello svolgere in maniera eccellente anche il lavoro di segretaria, sarà «prima delle sue gentildonne», avendo anche un piccolo gruppo di servitori alle proprie dipendenze.
Intorno al 1540, i Gilman hanno il loro primo figlio, Henry, il cui padrino è lo stesso re. Oltre a Jane Seymor e Anna di Cleves, la vita di corte di Susanna prosegue tra le cerchie di Catherine Parr e, probabilmente, della regina Maria — dalla quale pare abbia ricevuto in dono due iarde di raso nero — fino alla sua morte, avvenuta intorno al 1550. La data precisa non è conosciuta: si sa solo che nel 1554 il marito si risposa. L’afasia del racconto si accontenta di tramandare questo. Non un accenno alla sua tecnica, alla sua bravura, alla sua innovazione. Niente che parli della sua arte. Nessuna opera che porti il suo nome e il suo cognome. Tutto sembra sparito nel nulla. La vita e l’agire di Susanna Horenbout paiono limitarsi al ruolo di dama di corte; al suo essere figlia e sorella di. Eppure i diversi ruoli sanno convivere e potrebbero alimentarsi l’un l’altro. Ne è un esempio la vicenda di Levina Teerlinc. Figlia d’arte anche lei (suo padre, Simon Bening, è un pittore fiammingo di estremo valore), come Susanna impara il mestiere nella bottega paterna. Giunta in Inghilterra, diviene dama di corte sia di Maria I che di Elisabetta I. Pur non avendo sue sicure attribuzioni, abbiamo però notizie di ritratti in miniatura, doni più che commissioni, realizzati per entrambe le sovrane. E nella ricerca, il suo nome è annoverato con chiarezza tra coloro che innovano la tecnica della miniatura inglese.
O Intemerata, possibile opera di Susanna | Salve Regina, possibile opera di Susanna |
Cosa è dunque accaduto a Susanna Horenbout nel percorso della memoria che l’ha quasi fatta cadere nell’oblio? Cosa le è mancato? Cosa, è forse più giusto chiedersi, le è stato tolto?
Domande, queste, ovviamente tendenziose.
A ben vedere, il proprio posto Susanna Horenbout se l’è costruito e guadagnato. Ce lo dicono, tra gli altri, Vasari e Guicciardini, Dürer e lo stesso Enrico VIII. Sta quindi a noi, donne e uomini dell’oggi, guardare oltre funzioni e relazioni precostituite per iniziare finalmente a conoscere l’altra parte della Storia. Una parte bellissima, che aspetta solo di essere scoperta, ricordata e raccontata.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
Angleterre, XVIe siècle.
La cour d’Henri VIII était, dans l’Europe de cette nouvelle époque moderne, l’un des environnements les plus fous et troublés. La dynastie Tudor occupait le trône du royaume depuis moins de vingt-cinq ans, depuis la fin de la guerre des Deux-Roses, et cette jeunesse du pouvoir avait créé, dans l’esprit du roi, un théâtre d’intrigues, de conspirations et de trahisons où, même avec le moindre soupçon, on finissait par connaître la main du bourreau. Les prétentions des anciennes familles nobles, qui pouvaient se targuer d’une lignée remontant à Guillaume le Conquérant, mettaient Henri sous une pression constante. Et ainsi, sur l’échiquier qu’il commandait lui-même, cavaliers, tours, fous, simples pions ou reines tombaient inexorablement, avec leurs têtes, parfois pour un simple soupçon infondé. Évoluer sur un tel échiquier demandait habileté et ruse, intelligence et esprit d’adaptation. N’importe qui pouvait progresser. N’importe qui, avec la même rapidité, pouvait être dévoré par la hache capitale. C’était dans cet environnement exact que vivait et œuvrait Susanna Horenbout, naviguant entre des reines adulées et tombées en disgrâce, tout en restant l’une des artistes les plus appréciées du souverain, et une des pionnières de la tradition des portraits miniatures en Angleterre.
Hans Holbein le Jeune, portrait probable de Susanna Horenbout. |
Née dans l’ancienne province de Flandre, probablement en Belgique, dans la ville de Gand, vers 1503, Horenbout était ce qu’on appelait une fille d’art. Son père, Gérard, non seulement dirigeait un atelier où elle et son frère Lucas apprenaient le métier, mais il était si talentueux qu’il avait obtenu le rôle d’artiste de cour auprès de Marguerite d’Autriche. L’homme travaillait aussi sur les miniatures du Livre d’heures Sforza, un recueil de prières commandé initialement par Bona de Savoie, veuve du seigneur de Milan, Galeazzo Maria Sforza, et poursuivi par la noble autrichienne. Comme c’était souvent le cas à l’époque, il n’y avait aucune certitude que toutes les miniatures aient été réalisées par Gérard Horenbout : les œuvres produites dans un atelier étaient attribuées au maître, rendant ainsi les attributions futures difficiles. Très probablement, Lucas et Susanna travaillaient eux-mêmes sur le Livre d’heures Sforza.
Un exemple des incipit peints par Horenbout dans le Livre d'Heures Sforza. |
Ce qui était certain, c’est que Susanna était déjà une artiste de haut niveau. En 1521, Albrecht Dürer avait acheté à Susanna, pour un florin, une image du Christ Sauveur, écrivant ensuite avec enthousiasme que l’auteur était une femme : «C’est vraiment merveilleux qu’une femme puisse réaliser une œuvre aussi belle» (Ist ein gross Wunder, das ein Weibsbild also viel machen soll). Selon Kathleen E. Kennedy, professeure associée en études médiévales à l’Université de Bristol, l’étonnement du grand artiste flamand n’était pas lié au genre de l’artiste, mais plutôt à son jeune âge. Dans la première moitié du XVIe siècle, autour des années 1520, toute la famille Horenbout s’était transférée en Angleterre, appelée à la cour des Tudor par le cardinal Wolsey. Wolsey, fils d’un boucher, était l’un de ces homines novi dont Henri VIII aimait s’entourer, et qui représentaient une tentative de créer une légitimité artificielle, ou du moins novatrice, pour faire taire les critiques envers cette dynastie mineure qui avait réussi à s’emparer du pouvoir. Le cardinal avait un profond amour pour l’art, et Henri VIII lui-même avait tout intérêt à entreprendre un mécénat qui servirait de caisse de résonance pour sa maison royale. Ce serait ce que ferait sa fille, Élisabeth Ire, avec William Shakespeare ; c’était ce qu’il faisait, par exemple, avec les Horenbout, spécialisés dans la technique de la miniature, une technique qui, dans l’idée du roi, devait être utilisée pour «représenter l’approbation divine des Tudor comme famille souveraine d’Angleterre».
Même en Angleterre, on ne disposait pas de certitudes sur l’œuvre de Susanna. En 1529, lorsque sa mère Margaret était morte, son nom était le seul de la famille à apparaître sur le mémorial en laiton qui lui était dédié. En plus de l’avoir commandé, on pensait que l’artiste en avait également dessiné le modèle. À part cet épisode, les attestations concernant Horenbout ne portaient pas tant sur sa carrière de peintre et miniaturiste que sur son rôle de dame de cour et secrétaire de la reine. Selon Kathleen E. Kennedy, cela s’expliquait facilement : Susanna Horenbout était une femme, et cela suffisait pour que ses œuvres et ses éventuelles attributions soient absorbées d’abord par le nom de son père, puis par celui de son frère. Et pourtant, Giorgio Vasari parlait d’elle dans le chapitre Di diversi artefici fiamminghi, dans son traité Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, de 1568 : «Susanna, sœur dudit Lucas, qui fut appelée au service d’Henri VIII, roi d’Angleterre, et y resta honorablement toute sa vie». Et elle est également mentionnée par Lodovico Guicciardini, descendant du plus célèbre Francesco, qui, dans son ouvrage Descrittione di Lodovico Guicciardini patritio fiorentino di tutti i Paesi Bassi altrimenti detti Germania inferiore de 1566, affirme:
«Susanna, sœur de Luca Hutembout susmentionné, qui a été excellente dans la peinture, surtout dans la réalisation d’œuvres minutieuses au-delà de toute croyance, et extrêmement talentueuse dans l’art de l’enluminure, à tel point que le grand roi Henri VIII, avec de grands dons et une généreuse provision, l’a attiré en Angleterre, où elle a vécu de nombreuses années en grande faveur et grâce auprès de toute la cour, et où elle est morte finalement riche et honorée».
Ce qui était donc évident pour ses contemporains a été progressivement effacé par le passage du temps, comme si une hésitation avait saisi la plume même de l’histoire. Et ainsi, ce que nous savons avec certitude de Susanna Horenbout, c’est que, peu après son arrivée en Angleterre, elle a épousé John Parker, gardien du palais de Westminster, responsable de la garde-robe et yeoman, un riche cultivateur jouissant d’une pleine autonomie sur les terres qu’il travaillait. Selon les documents, le souverain a offert au couple, pour le Nouvel An 1532-1533, une coupe dorée avec un couvercle et des cuillères. Ce mariage avec un homme de cour est peut-être ce qui a introduit Susanna dans l’environnement proche de la famille royale. Cependant, ce sont uniquement ses compétences qui lui ont permis de survivre à la folie absolue avec laquelle Henri VIII gérait ses mariages. Elle devient dame de compagnie auprès de Jane Seymour, troisième épouse du roi Tudor. Et lorsque la reine meurt de septicémie, onze jours après avoir donné naissance au seul fils d’Henri, et peu de temps après Parker lui-même, Susanna Horenbout se retrouve dans de graves difficultés financières. Le 22 septembre 1539, elle épouse en secondes noces John Gilman (ou Gylmyn), un freeman d’une entreprise vinicole qui devient peu après sergent du King’s Woodyard. Quinze jours plus tard, elle se rende à Clèves pour accompagner en Angleterre la quatrième épouse du roi, Anne, dont elle devient, peut-être grâce à sa connaissance du flamand ou à ses compétences en tant que secrétaire, la « première des dames de compagnie », avec un petit groupe de serviteurs à sa charge.
Vers 1540, les Gilman ont leur premier fils, Henry, dont le parrain était le roi lui-même. Outre Jane Seymour et Anne de Clèves, la vie de cour de Susanna se poursuit auprès de Catherine Parr et, probablement, de la reine Marie — qui, semble-t-il, lui offre deux yards de satin noir — jusqu’à sa mort, survenue vers 1550. La date précise n’est pas connue ; on sait seulement qu’en 1554, son mari se remarie. L’aphasie du récit se contente de transmettre cela. Pas une mention de sa technique, de son talent, de son innovation. Rien qui parle de son art. Aucune œuvre ne porte son nom et son prénom. Tout semble avoir disparu. La vie et les actions de Susanna Horenbout semblent se limiter à son rôle de dame de cour, à son statut de fille et de sœur de. Pourtant, ces différents rôles peuvent coexister et s’enrichir mutuellement. L’exemple de Levina Teerlinc en témoigne. Elle aussi fille d’art (son père, Simon Bening, étant un peintre flamand de grand talent), Levina apprend le métier dans l’atelier paternel. Arrivée en Angleterre, elle devient dame de compagnie auprès de Marie Ire et d’Élisabeth Ire. Bien qu’aucune attribution certaine ne lui soit connue, on a des témoignages de portraits en miniature, des cadeaux plus que des commandes, réalisés pour les deux souveraines. Et dans les recherches, son nom est clairement mentionné parmi ceux qui ont innové la technique de la miniature anglaise.
O Intemerata, possible œuvre de Susanna | Salve Regina, possible œuvre de Susanna |
Qu’est-il donc arrivé à Susanna Horenbout dans le parcours de la mémoire qui l’a presque fait sombrer dans l’oubli ? Que lui a-t-il manqué ? Ou plutôt, que lui a-t-on ôté ?
Ces questions sont, bien sûr, tendancieuses.
Mais en y regardant de plus près, Susanna Horenbout a su construire et gagner sa place. Cela nous est confirmé, entre autres, par Vasari, Guicciardini, Dürer et Henri VIII lui-même. Il nous revient donc, à nous, femmes et hommes d’aujourd’hui, de regarder au-delà des fonctions et des relations préétablies pour enfin découvrir l’autre partie de l’Histoire. Une partie magnifique, qui attend seulement d’être découverte, rappelée et racontée.
Traduzione spagnola
Alexandra Paternò
Inglaterra, siglo XVI.
En la Europa de esta nueva época moderna, la corte de Enrique VIII es un ambiente entre los más descabellados y turbios. La dinastía de los Tudor lleva menos de veinticincos años sentada en el trono del reino, desde el final de la Guerra de las dos Rosas, y esta infancia de poder ha creado, en la mente del rey, un teatro de intrigas, conjuras y traiciones, de manera que, aun con una mínima sospecha, se acaba por conocer las manos del verdugo. Las pretensiones de las antiguas familias nobles, que pueden hacer alarde de un linaje que se remonta a Guillermo el Conquistador, hacen que Enrique se sienta constantemente en jaque. Y así, en las casillas blancas y negras que él mismo dirige, caballos, torres, alfiles, simples peones o reinas, caen de manera inexorable, junto a sus cabezas, incluso por una simple e infundada sospecha. Moverse en este tablero requiere astucia y sagacidad, inteligencia y capacidad de adaptación. Cualquiera puede avanzar. Con la misma velocidad, cualquiera puede recibir la pena capital. Es precisamente en este entorno donde vive y trabaja Susanna Horenbout, haciendo malabares entre reinas amadas y caídas en desgracia, logrando no dejar de ser una de las artistas más apreciadas por el rey, una de las iniciadoras de la tradición de los retratos miniados en Inglaterra.
Hans Holbein el Joven, probable retrato de Susanna Horenbout. |
Nacida en lo que era el condado de Flandes, probablemente en la ciudad de Gand, actualmente Bélgica, alrededor de 1503, Horenbout es descendiente de artistas. De hecho, su padre Gerard, no solo administra un taller donde ella y su hermano Lucas aprenden el oficio, sino que es tan hábil en su trabajo que obtiene el cargo de artista real en la corte de Margarita de Austria. Además, trabaja en las miniaturas del Libro d’Ore Sforza, un volumen de oraciones comisionado en un primer momento por Bona de Saboya, viuda del Señor de Milán, Galeazzo Maria Sforza, que se terminó por voluntad de la dama Habsburgo. Como solía pasar en aquella época, no hay certidumbre de que todas las miniaturas fueran realizadas por Gerard Horenbout: las obras realizadas en un taller se atribuían al maestro, haciendo complicadas futuras asignaciones. Es más que probable que tanto Lucas como Susanna también trabajaran en el Libro d’Ore Sforza.
Un ejemplo de los incipits pintados por Horenbout en el Libro de Horas Sforza. |
Lo que es cierto es que Susanna es ya una artista de alto nivel. En efecto, en 1521, Alberto Durero le compra, por un florín, una imagen de Cristo Salvador, y después escribe entusiasmado de que la autora sea una mujer: «Es de verdad maravilloso que el cuadro de una mujer sea tan precioso» (Ist ein gross Wunder, das ein Weibsbild also viel machen soll). Según Kathleen E. Kennedy, profesora agregada en Estudios Medievales en la Universidad de Bristol, el asombro del importante autor flamenco no tiene nada que ver con el sexo de la artista, sino con su joven edad. En la primera mitad del siglo XVI, alrededor de los años veinte, toda la familia Horenbout se traslada a Inglaterra, convocada a la corte de los Tudor por el cardenal Wolsey. Wolsey, hijo de un matarife, es uno de esos homines novi de los que le gusta rodearse a Enrique VIII y que representan el intento de crear una legitimidad artificial, o al menos innovadora, que reduzca al silencio las voces y las críticas contra esta dinastía menor que logró apropiarse del poder. El cardenal siente un profundo amor por el arte, y el mismo Enrique VIII está interesado en emprender un mecenazgo que sirva como caja de resonancia para su estirpe. Es lo que hará su hija, Isabel I, con William Shakespeare; es lo que hace él, por ejemplo, con los Horenbout, especializados en la técnica de las miniaturas, técnica que, en la visión del rey, se debe usar para «representar la aprobación divina de los Tudor como familia soberana de Inglaterra».
Tampoco en tierra inglesa tenemos noticias ciertas sobre la obra de Susanna. En 1529, cuando muere su madre Margaret, el suyo es el único nombre de la familia que aparece en el memorial en latón dedicado a ella. Además de comisionarlo, se cree que la artista también dibujó el modelo. A parte de este episodio, los testimonios de Horenbout no se refieren tanto a su carrera como pintora o miniaturista, sino más bien a su empleo como dama de corte y secretaria de la reina. Este hecho, al menos según las palabras de la ya citada Kathleen E. Kennedy, se explica fácilmente: Susanna es una mujer y esto es suficiente para que sus obras, y sus posibles atribuciones, sean englobados por el nombre de su padre antes y de su hermano después. No obstante, Giorgio Vasari habla de ella en el capítulo De varios artistas flamencos, de su tratado Vidas de los más excelentes pintores, escultores y arquitectos de 1568: «Susanna, hermana de dicho Luca, la cual fue llamada al servicio de Enrique VIII, soberano de Inglaterra y allí sirvió durante toda su vida»; de ella habla también Lodovico Guicciardini, descendiente del más famoso Francesco, quien, en la obra Descrittione di Lodovico Guicciardini patritio fiorentino di tutti i Paesi Bassi altrimenti detti Germania Inferiore de 1566, afirma:
«Susanna hermana de Luca Hutembout arriba nombrado: la cual se distinguió en la pintura, sobre todo en realizar obras minuciosas más allá de lo creíble, y muy excelente en miniar, tanto que el gran rey Enrique VIII, con grandes dones y gran corretaje, la llevó a Inglaterra, donde vivió muchos años con gran favor y gracia de toda la Corte, y donde murió muy rica y honorada».
Lo que era evidente para sus contemporáneos ha sido reducido al silencio por el paso del tiempo, como si una tartamudez hubiera sujetado la pluma de la Historia. Así, lo que sabemos con certeza sobre Susanna Horenbout es que, poco después de su llegada a Inglaterra, se casó con John Parker, guardián del palacio de Westminster, encargado del guardarropa real y yeoman, cultivador acomodado que cultivaba su hacienda en completa autonomía. Como dicen algunos documentos, en Año Nuevo de 1533, el soberano regala a la pareja una copa dorada con tapa y chucharas. Esta boda con un hombre perteneciente a la Corte es quizás lo que la introduce en el ambiente que se mueve alrededor de la familia real. Sin embargo, solamente sus capacidades le permiten salir ilesa de la absoluta locura con que Enrique VIII maneja sus matrimonios. Se convierte en dama del séquito de Juana Seymour, tercera esposa del rey Tudor. Y cuando la reina muere por septicemia, once días después de dar a luz al único hijo de Enrique, y poco después que el mismo Parker, Susanna Horenbout se encuentra en graves apuros económicos. Se casa en segundas nupcias, el 22 de septiembre de 1539 en Westminster, con John Gilman (o Gylmyn), freeman de una empresa vinícola y quien, muy pronto, se convertirá en sargento del King’s Woodyard. Quince días después, la dama viaja a Cleves para escoltar en Inglaterra a la cuarta esposa del rey, Ana, de la cual, será «la primera de sus damas», tal vez por su conocimiento de la lengua flamenca, tal vez por su habilidad en el trabajo como secretaria, de modo que contará con un pequeño grupo de criadas a su servicio.
Alrededor de 1540, los Gilman tienen su primer hijo, Henry, cuyo padrino es el mismo rey. Además de con Juana Seymour y Ana de Cleves, la vida cortesana de Susanna prosigue en los círculos de Catalina Parr y, probablemente, de la reina María –de la cual parece que recibió dos yardas de raso negro como regalo– hasta su muerte, entorno a 1550. No se conoce la fecha exacta: solo se sabe que su esposo se casa otra vez en 1554. La afasia del relato se contenta con transmitir esto. Nada sobre su técnica, sobre su habilidad, su innovación. Nada que hable de su arte. Ninguna obra que lleve su nombre y su apellido. Todo parece haber desaparecido. La vida y las acciones de Susanna Horenbout parecen limitarse a su rol de dama de corte; a su ser hija y hermana de alguien. No obstante, los diferentes papeles pueden coexistir y podrían alimentarse recíprocamente. Es un ejemplo el caso de Levina Teerlinc. También hija de artista (su padre, Simón Bining, fue un pintor flamenco de gran valor), como Susanna aprende el oficio en el taller de su padre. Una vez en Inglaterra, se convierte en dama de Corte de María I y de Isabel I. Aunque no existen atribuciones ciertas, disponemos de retratos en miniatura, regalos más que encargos, realizados para las dos reinas. Y en la investigación, su nombre se encuentra con claridad entre los que reforman la técnica de las miniaturas inglesas.
O Intemerata, posible obra de Susanna | Salve Regina, posible obra de Susanna |
¿Qué pasó, entonces, con Susanna Horenbout durante el trayecto de la memoria, que casi la hizo caer en el olvido? ¿Qué le faltó? Quizás habría que preguntar ¿Qué se le quitó?
Preguntas, estas, obviamente tendenciosas.
Bien mirado, Susanna Horenbout seconstruyó y se ganó su lugar. Nos lo dicen, entre otros, Vasari y Gucciardini, Durero y el mismo Enrique VIII. Depende de nosotros, mujeres y hombres de hoy, mirar trás las funciones y relaciones preconstruidas para empezar finalmente a conocer la otra parte de la Historia. Una parte bellísima, que espera ser descubierta, recordada y contada.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
England, 16th century.
The court of Henry VIII is an environment among the most maddening and murky, in the Europe of this new modern age. The Tudor dynasty had been sitting on the throne of the kingdom for less than twenty-five years, since the end of the War of the Roses, and this infancy of power has created, in the king's mind, a theater of intrigue, conspiracy, and treachery whereby, even with the slightest suspicion, one ends up knowing the hand of the executioner. The claims made by the ancient noble families, who can boast lineage dating back to William the Conqueror, make Henry feel under constant checkmate. And so, in the black and white squares that he himself commands, horses, rooks, bishops, mere pawns, or queens, fall inexorably, along with their heads, even on unfounded suspicion. Moving on such a chessboard requires skill and cunning, intelligence and a spirit of adaptation. Anyone can advance. Anyone, with equal speed, can fall under the capital axe. And it is in this environment that Susanna Horenbout lived and worked, juggling beloved and disgraced queens, while still managing to remain one of the ruler's most prized artists, one of the initiators of the tradition of illuminated portraits in England.
Hans Holbein the Younger, probable portrait of Susanna Horenbout. |
Born in the then region of Flanders, probably in Belgium, in the town of Ghent, around 1503, Horenbout was what is known as a child of art. Her father Gerard not only ran a workshop in which she and her brother Lucas learned the trade, but was so skilled in his own work that he obtained the position of court artist to Margaret of Austria. The man also worked on the miniatures for the Sforza Book of Hours, a volume of prayers commissioned in the beginning by Bona di Savoia, widow of the Lord of Milan, Galeazzo Maria Sforza, and then continued at the behest of the Hapsburg noblewoman. As was usual at the time, there is no certainty that all the miniatures were executed by Gerard Horenbout. Works made within a workshop were attributed to the master, thus making future assignments difficult. Most likely, both Lucas and Susanna worked on the Sforza Book of Hours themselves.
An example of the initials painted by Horenbout in the Sforza Book of Hours. |
What is certain is that Susanna was already a level-headed artist. In 1521 Albrecht Dürer bought an image of Christ the Savior from her for one florin, later writing enthusiastically that the creator was a woman: "It is really wonderful that a woman's picture is so beautiful" (Ist ein gross Wunder, das ein Weibsbild also viel machen soll). According to Kathleen E. Kennedy, associate professor in Medieval Studies at the University of Bristol, the astonishment of the great Flemish author is not related to the artist's gender as much as to her young age. In the first half of the sixteenth century, around the 1920s, the entire Horenbout family moved to England, called to the Tudor court by Cardinal Wolsey. Wolsey, the son of a butcher, is one of those homines novi whom Henry VIII liked to surround himself with and who represented an attempt to create a posturing, or at least innovative, legitimacy that would silence the voices and criticism of this minor dynasty that had managed to grab power. The cardinal had a deep love of art, and Henry VIII himself had every interest in engaging in patronage that would serve as a sounding board for his household. It would be what his daughter, Elizabeth I, would do with William Shakespeare - it is what he did, for example, with the Horenbouts, who specialized in the technique of miniature painting, a technique which, in the king's idea, was to be used to "represent God's approval of the Tudors as the sovereign family of England."
Even in English lands there is no definite record of Susanna's work. In 1529, when her mother Margaret died, hers was the only family name to appear on the brass memorial dedicated to her. In addition to commissioning it, the artist is also thought to have designed the model. Apart from this episode, Horenbout's attestations are less about her career as a painter and miniaturist than about her role as court lady and secretary to the queen. This fact, according at least to the words of the aforementioned Kathleen E. Kennedy, is easily explained. Susanna Horenbout was a woman, and that was enough for her works, her eventual attributions, to be swallowed up by the name of her father first and her brother later. Yet Giorgio Vasari spoke of her in the chapter Di diversi artefici fiamminghi, within the 1568 treatise Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori: "Susanna sister of the said Luca, who was therefore called to the servants of Henry the Eighth King of England and stayed there honorably all the time of her life." And Lodovico Guicciardini, a descendant of the more famous Francesco, also speaks of her, who, in the work Descrittione di Lodovico Guicciardini patritio fiorentino di tutti i Paesi Bassi altrimenti detti Germania inferiore, otherwise called Lower Germany in 1566, states:
«Susanna sister of Luca Hutembout prenominated: who was excellent in painting, especially in making very minute works beyond all belief, and very excellent in illuminating, so much so that the great King Henry the eighth with great gifts and great provision, took her to England, where she lived for many years in great favor and grace of the whole Court, and there she finally died rich and honored».
What was thus evident to contemporaries has been gradually silenced by the passage of time, as if a stutter had seized the very pen of history. And so, what we know with certainty about Susanna Horenbout is that, shortly after her arrival in England, she married John Parker, keeper of the Palace of Westminster, checkroom attendant and yeoman, a well-to-do farmer with full autonomy over the farm he worked. To the couple, the documents report, the sovereign gave them for New Year's Eve 1532-1533 a golden cup with a lid and spoons. These nuptials of hers to a man of the court were perhaps what introduced her to the environment revolving around the royal family. It was, however, only her skills that allowed her to pass unscathed through the absolute madness with which Henry VIII handled his marriages. She became a gentlewoman in the retinue of Jane Seymor, third wife of the Tudor ruler. And when the queen died of septicaemia, eleven days after giving birth to Henry's only son, a short distance moreover from Parker himself, Susanna Horenbout found herself in dire financial straits. She married a second time, on September 22, 1539, at Westminster, to John Gilman (or Gylmyn), a freeman of a winery who would shortly thereafter become a sergeant at King's Woodyard. Fifteen days later, she traveled to Cleves to escort the king's fourth wife, Anne, to England, of whom, perhaps because of her knowledge of the Flemish language, perhaps because of her ability to do excellently even the work of a secretary, she would be "first among her gentlewomen," also having a small group of servants in her employ.
Around 1540, the Gilmans had their first child, Henry, whose godfather was the king himself. In addition to Jane Seymor and Anne of Cleves, Susanna's court life continued among the circles of Catherine Parr and, probably, Queen Mary-from whom she apparently received a gift of two yards of black satin - until her death around 1550. The precise date is not known: all that is known is that in 1554 her husband remarried. The aphasia of the narrative is content to pass on this. Not a hint of her technique, her skill, her innovation. Nothing that speaks of her art. No work bearing her name and surname. Everything seems to have disappeared into thin air. Susanna Horenbout's life and actions seem to be limited to the role of court lady - to her being the daughter and sister of…. Yet the different roles knew how to coexist and could feed off each other. An example of this is the story of Levina Teerlinc. A daughter of art herself (her father, Simon Bening, was a highly valued Flemish painter), like Susanna she learned her trade in her father's workshop. Arriving in England, she became lady-in-waiting to both Mary I and Elizabeth I. While her attributions are not certain, we do, however, have reports of miniature portraits, gifts rather than commissions, made for both sovereigns. And in research, her name is clearly counted among those who innovated the technique of English miniature painting.
O Intemerata, possible work by Susanna | Salve Regina, possible work by Susanna |
What, then, has happened to Susanna Horenbout in the journey of memory that has almost caused her to fall into oblivion? What did she miss? What, it is perhaps more fair to ask, was taken from her?
Questions, these, that are obviously tendentious.
On closer inspection, Susanna Horenbout has built and earned her own place. We are told this by, among others, Vasari and Guicciardini, Dürer and Henry VIII himself. So it is up to us, women and men of today, to look beyond pre-established functions and relationships to finally begin to know the other side of History. A beautiful part, just waiting to be discovered, remembered and told.