Calendaria 2022 - Josephine Ettel Kablick

Josephine Ettel Kablick
Francesca Vitale



Giulia Canetto

 

Perché il ruolo delle piante, che rende il mondo un posto vivibile, viene dato sempre più per scontato? Eppure, a scuola, ci hanno insegnato come esse siano essenziali per la vita dell’essere umano: sono in grado sia di produrre l’ossigeno che trasformare l’energia solare in energia chimica e tutto questo grazie a un processo che da piccoli/e avevamo difficoltà a pronunciare o a ricordare (era forse la fotosintesi clorofilliana?). Imparare a conoscere le piante significa poter applicare tali informazioni ai diversi aspetti della vita umana, come la scienza e la medicina, e, per tale ragione, la Botanica – ossia lo studio delle forme di vita del mondo vegetale – e la Paleontologia, che si occupa invece di analizzare i fossili di tali esseri viventi, hanno un’importanza fondamentale per conoscere l’identità e l’evoluzione del nostro pianeta. Tutto questo Josephine Ettel l’aveva capito già all’età di dodici anni quando iniziò a provare un amore sconfinato per i fiori, la flora locale, per le montagne e per i boschi in cui andava a passeggiare da piccola. Questo suo interesse si trasformò ben presto in un lavoro, rivelatosi fondamentale, di analisi e collezione che la resero, già all’epoca, una botanica e paleontologa di grandissimo rilievo per la ricerca scientifica.

Josephine nasce il 9 marzo del 1787 a Vrchlabí (chiamata anche con il nome tedesco Hohenelbe), città della Repubblica Ceca, dove cresce insieme ai suoi sette fratelli in una delle famiglie tra le più rispettabili del luogo grazie al lavoro che svolgeva il padre, David Ettel, noto produttore di carta. Visse nella città natale fino all’età di dodici anni quando venne mandata al convento delle Suore Orsoline di Praga per studiare le consuete “attività femminili” in grado di prepararla per il suo unico futuro possibile: la casalinga (imposizione a cui però non si piegherà mai). Tornata a Vrchlabí a diciannove anni incontra e sposa il farmacista Vojtěch Kablík, anch’egli affascinato dalla scienza e dallo studio della botanica, che darà grande supporto al lavoro svolto negli anni da Josephine. Dopo il matrimonio, si farà chiamare anche con il nome di Kablíkovà. Nonostante le difficoltà che all’epoca avevano le donne di uscire dai propri “doveri” e “compiti” prestabiliti per farsi strada in un mondo ostile, Josephine decide di dedicare tutta la sua vita alla natura ricongiungendosi ad essa grazie alla ricerca, allo studio e alla collezione di migliaia di campioni che è riuscita a recuperare durante il suo percorso. La sua storia, oltre a mostrare il coraggio di una donna che, spinta dalla passione, si avventurava per le montagne in qualunque condizione metereologica senza tirarsi mai indietro, fornisce anche informazioni fondamentali per comprendere quali erano le condizioni sociali delle donne e soprattutto quale fu l’importanza, troppe volte sminuita, del loro contributo per la ricerca scientifica. Nel 1825 Josephine entrò a far parte dell’Istituto di Scambio, per lo scambio di campioni da erbario, fondato da Filip Maxmilian Opiz nel 1819 a Praga, (dove, nel frattempo, si era trasferita con il marito), riuscendo a fornire, nell’arco di vent’anni, quasi 50.000 campioni con una media di 2.600 esemplari all’anno.

Con il suo lavoro, che si spinse anche verso l’Austria, l’Italia e la Germania, Josephine riuscì a raccogliere campioni di fiori, uova, pesci, insetti, uccelli della Boemia, conchiglie e minerali che annualmente inviava all’Istituto di Scambio di piante Opiz e all’Associazione di Scambio Botanico a Vienna, fino a raggiungere la somma incredibile di 250.000 esemplari. A seguito dei suoi contribuiti essenziali, nel 1841 venne accettata nell’Associazione di Storia Naturale di Praga e nella Società Botanica di Ratisbona, riuscendo a scardinare e abbattere le critiche e l’opposizione, di stampo conservatrice, dell’ex presidente Martius, contrario all’ammissione delle donne all’interno dell’istituto. In una lettera, che Josephine scrive proprio in quell’anno, ringrazia la società per il diploma che le è stato inviato come membro corrispondente, ribadendo il suo impegno nel continuare il lavoro di collezione di piante dei Monti dei Giganti. Nel 1853 Josephine era l’unica donna facente parte della Società di Botanica e Zoologica di Vienna, mentre l’adesione alla Società Geologica a Dresda le venne concessa dal 1860.


 

 


La sua ricerca più completa e importante (e allo stesso tempo unica nel suo genere) venne effettuata sui Monti dei Giganti, una delle montagne più alte e celebri dell’Europa centrale e meta imprescindibile per botanici e botaniche, scienziati e scienziate. Su di essi Josephine si arrampicò ancora una volta all’età di 74 anni quando le venne attribuito il soprannome di “sacerdotessa della flora dei Monti Sudeti”. I numerosi campioni raccolti, moltissimi dei quali appartenenti a specie ancora sconosciute, furono destinati a musei, scuole, università e società scientifiche sparse in tutta l’Europa, con lo scopo di diffondere informazioni utili e condividere la bellezza della natura che alimenta il nostro pianeta. Una grande quantità di questi campioni porta oggi il suo nome come la pianta Rhizolithes Kablikae o il pesce fossile Palaeoniscus Kablikae. Fu inoltre la prima a scoprire la “Primula Minima”. Quando Josephine morì il 21 luglio 1863 riuscì ancora una volta a dimostrare grande altruismo e sostegno per scopi e iniziative sociali. Aveva deciso infatti di lasciare in eredità il suo erbario e la sua collezione personale alla Scuola superiore Imperiale e Reale di Gitschim e alla Scuola secondaria di Trautenau, e di realizzare un fondo a proprio nome il cui reddito sarebbe stato destinato agli/alle studenti di farmacia di Hohenelber, agli/alle alunni indigenti della scuola di Hohenelber, alle persone malate, disoccupate e più bisognose della sua città natale. Donna coraggiosa, intelligente e ambiziosa, ma pure altruista e generosa, Josephine, il cui riconoscimento scientifico si è diffuso in tutto il mondo, è senza dubbio una figura eccezionale e imprescindibile per la storia della botanica ma anche e soprattutto un incoraggiamento per la lotta alla parità di genere sul lavoro e nella ricerca.

 

Traduzione francese
Valentina Simi

Pourquoi le rôle des plantes, qui font du monde un lieu vivable, est-il de plus en plus tenu pour acquis ? Pourtant, à l'école, ils nous ont appris à quel point elles sont indispensables à la vie de l'être humain : elles sont capables à la fois de produire de l'oxygène et de transformer l'énergie solaire en énergie chimique, et tout cela grâce à un processus que, enfant, nous avions du mal à prononcer ou à retenir (était-ce peut-être la photosynthèse de la chlorophylle ?). Connaître les plantes signifie être capable d'appliquer ces informations à différents aspects de la vie humaine, tels que la science et la médecine, et, pour cette raison, la botanique - c'est-à-dire l'étude des formes de vie du monde végétal - et la paléontologie, qui s’occupe d'analyser les fossiles de ces êtres vivants, sont d'une importance fondamentale pour connaître l'identité et l'évolution de notre planète. Joséphine Ettel avait déjà compris tout cela à l'âge de douze ans, lorsqu'elle commença à éprouver un amour sans bornes pour les fleurs, la flore locale, pour la montagne et pour les bois où elle se promenait enfant. Cet intérêt s'est rapidement transformé en un travail, qui s'est avéré fondamental, d'analyse et de collecte qui a fait d'elle, déjà à l'époque, une botaniste et paléontologue de grande importance pour la recherche scientifique.

Joséphine est née le 9 mars 1787 à Vrchlabí (également appelée par le nom allemand Hohenelbe), une ville de la République tchèque, où elle grandit avec ses sept frères dans l'une des familles les plus respectables de la région, grâce au travail effectué par son père, David Ettel, un fabricant de papier bien connu. Elle vit dans sa ville natale jusqu'à l'âge de douze ans lorsqu'elle est envoyée au couvent des Sœurs Ursulines à Prague pour y étudier les « activités féminines » habituelles, susceptibles de la préparer à son seul avenir possible : la femme au foyer (une imposition à laquelle cependant , elle ne s'inclinera jamais). De retour à Vrchlabí, à l'âge de dix-neuf ans, elle rencontre et épouse le pharmacien Vojtěch Kablík, aussi passionné par la science et l'étude de la botanique, qui apportera un grand soutien au travail accompli au fil des ans par Joséphine. Après le mariage, elle sera également appelée par le nom de Kablíkovà. Malgré les difficultés qu'avaient à l'époque les femmes à sortir de leurs "devoirs" et "tâches" préétablis pour se frayer un chemin dans un monde hostile, Joséphine décide de consacrer toute sa vie à la nature, la retrouvant grâce à la recherche, l’étude et à la collecte de milliers d'échantillons qu'elle a réussi à récupérer au cours de son parcours. Son histoire, en plus de montrer le courage d'une femme qui, poussée par la passion, s'aventurait dans les montagnes par tous les temps sans jamais reculer, apporte pareillement des informations fondamentales pour comprendre quelles étaient les conditions sociales des femmes et surtout quelle était l'importance, trop souvent dévalorisée, de leur contribution à la recherche scientifique. En 1825, Joséphine rejoint l'Institut d'échange, pour l'échange d'échantillons d'herbier, fondé par Filip Maxmilian Opiz en 1819 à Prague, (où, entre-temps, elle s'était installée avec son mari), réussissant à fournir, en l'espace de vingt années, près de 50 000 échantillons avec une moyenne de 2 600 spécimens par an.

Grâce à son travail, qui s'est également étendu à l'Autriche, l'Italie et l'Allemagne, Joséphine a pu recueillir des échantillons de fleurs, d'œufs, de poissons, d'insectes, d'oiseaux de Bohême, de coquillages et de minéraux, qu'elle envoyait annuellement à l'Institut d'échange des plantes d'Opiz et au Botanical Exchange Association à Vienne, jusqu'à la somme incroyable de 250 000 spécimens. Suite à ses contributions essentielles, en 1841, elle est acceptée à l'Association d'histoire naturelle de Prague et à la Société botanique de Ratisbonne, réussissant à saper et à briser les critiques et l'opposition conservatrice de l'ancien président Martius, contre l'admission des femmes à l'institut. Dans une lettre, que Joséphine a écrite cette année-là, elle remercie l’association pour le diplôme qui lui a été envoyé en tant que membre correspondant, réaffirmant son engagement à poursuivre le travail de collecte de plantes dans les Monts des Géants. En 1853, Joséphine était la seule femme de la Société de botanique et de zoologie de Vienne, tandis que l'adhésion à la Société géologique de Dresde lui fut accordée en 1860.

Ses recherches les plus complètes et les plus importantes (et en même temps uniques) ont été menées dans les Monts des Géants, l'une des montagnes les plus hautes et les plus célèbres d'Europe centrale et une destination essentielle pour les botanistes et les scientifiques. Joséphine y est montée à nouveau à l'âge de 74 ans, lorsqu'elle a reçu le surnom de "prêtresse de la flore des Sudètes". Les nombreux échantillons collectés, dont beaucoup appartenant à des espèces encore inconnues, étaient destinés à des musées, des écoles, des universités et des sociétés scientifiques disséminés dans toute l'Europe, dans le but de diffuser des informations utiles et de partager la beauté de la nature qui nourrit notre planète. Un grand nombre de ces spécimens portent aujourd'hui son nom, comme le nom de plante Rhizolithes Kablikae ou le poisson fossile Palaeoniscus Kablikae. Elle fut aussi la première à découvrir la Primula Minima. À la mort de Joséphine, le 21 juillet 1863, elle a su à nouveau faire preuve d'un grand altruisme et d'un soutien à des fins et initiatives sociales. Elle a en effet décidé de léguer son herbier et sa collection personnelle au Lycée Impérial et Royal de Gitschim et au Lycée de Trautenau, et de créer un fonds en son nom, dont les revenus seraient destinés aux étudiants en pharmacie de Hohenelber, aux élèves démunis de l'école Hohenelber, aux malades, aux chômeurs et aux personnes les plus nécessiteuses de sa ville natale. Femme courageuse, intelligente et ambitieuse, mais aussi altruiste et généreuse, Joséphine, dont la reconnaissance scientifique s'est répandue dans le monde entier, est sans aucun doute une figure exceptionnelle et essentielle pour l'histoire de la botanique, mais aussi et surtout un symbole de la lutte pour la parité et l'égalité au travail et dans la recherche.

 

Traduzione inglese

Why is the role of plants, which make the world a livable place, increasingly taken for granted? Yet, at school, they taught us how they are essential for the life of the human being: they are able to both produce oxygen and transform solar energy into chemical energy and all this thanks to a process that as children we had difficulty pronouncing or remembering (was it perhaps chlorophyll photosynthesis?). Learning about plants means being able to apply this information to different aspects of human life, such as science and medicine. For this reason, botany, that is, the study of life forms of the plant world, and paleontology, which deals with analyzing the fossils of these living beings, are of fundamental importance for understanding the identity and evolution of our planet. Josephine Ettel had already understood all this at the age of twelve, when she began to feel a boundless love for flowers, local flora, for the mountains and for the woods where she went for walks as a child. This interest of hers soon turned into a profession, which proved to be fundamental to her life, of analysis and collection that made her, during her time, a botanist and paleontologist of great importance for scientific research.

Josephine was born on March 9, 1787 in Vrchlabí (also called by its German name, Hohenelbe), a city in the Czech Republic, where she grew up with her seven brothers in one of the most respectable families in the area thanks to the work carried out by her father, David Ettel, a well-known paper manufacturer. She lived in her hometown until the age of twelve, when she was sent to the convent of the Ursuline Sisters in Prague to study the usual "female activities" to prepare her for her only possible future - a housewife (an imposition to which, however, she will never bow). She returned to Vrchlabí and at nineteen she met and married the pharmacist Vojtěch Kablík, also fascinated by science and the study of botany, who gave great support to the work done by Josephine over the years. After the wedding, she came to be called by the surname Kablíkovà. Despite the difficulties that women had at the time to get out of their pre-established "duties" and "tasks" to make their way in a hostile world, Josephine decided to dedicate her entire life to nature, uniting with it thanks to research, study and to the collection of the thousands of specimens that she managed to discover during her journeys. Her story, showing the courage of a woman who, driven by passion, ventured into the mountains in any weather conditions without ever pulling back, also provides fundamental information to understand what the social conditions of women were, and, above all the importance, too often diminished, of their contribution to scientific research. In 1825 Josephine joined the Interchangeable Institute, for the exchange of herbarium samples, founded by Filip Maxmilian Opiz in 1819 in Prague, (where, in the meantime, she had moved with her husband), managing to supply, in the span of twenty years, some 50,000 samples with an average of 2,600 new specimens per year.

Through her work, which also extended to Austria, Italy and Germany, Josephine was able to collect samples of flowers, eggs, fish, insects, Bohemian birds, shells and minerals that she annually sent to the Institute of Opiz and to the Botanical Exchange Association in Vienna, up to the incredible sum of 250,000 specimens. Following her essential contributions, in 1841 she was accepted into the Natural History Association of Prague and the Botanical Society of Regensburg, managing to undermine and break down the criticisms and the conservative opposition of the former president Martius to the admission of women to the institute. In a letter, which Josephine wrote in that year, she thanked the Society for the diploma that was sent to her as a corresponding member, reaffirming her commitment to continue the work of collecting plants in the Giant Mountains. In 1853 Josephine became the only woman admitted to the Vienna Society of Botany and Zoology, while membership in the Geological Society in Dresden was granted to her in 1860.

Her most complete and important research (and at the same time, unique) was carried out in the Giant Mountains, one of the highest and most famous mountain ranges in Central Europe and an essential destination for botanists and scientists. Josephine climbed them once again at the age of 74 when she was given the nickname "priestess of the flora of the Sudeten Mountains." The numerous samples collected, many of which belonging to still unknown species, were destined for museums, schools, universities and scientific societies scattered throughout Europe, with the aim of disseminating useful information and sharing the beauty of the nature that feeds our planet. A large number of these specimens bear her name today, such as the plant Rhizolithes Kablikae or the fossil fish Palaeoniscus Kablikae. She was also the first to discover the Primula Minima (Dwarf Primrose). After Josephine’s death, on July 21, 1863, her great selflessness and support for social causes and initiatives was once again demonstrated. She had decided to bequeath her herbarium and her personal collection to the Imperial and Royal Superior School of Gitschim and to the Trautenau Secondary School, and to create a fund in her own name, the income of which would be destined for pharmacy students of Vrchlabí/Hohenelbe, to the destitute pupils of the Hohenelbe school, and to the sick, unemployed and most needy people of her hometown.

 

Traduzione spagnola
Arianna Calabretta

¿Por qué el papel de las plantas, que hacen del mundo un lugar habitable, se da cada vez más por descontado? Sin embargo, en la escuela, nos enseñaron lo esenciales que son para la vida del ser humano: pueden tanto producir oxígeno como convertir la energía solar en energía química y todo eso gracias a un proceso que desde pequeños/as nos costaba pronunciar o recordar (¿era tal vez la fotosíntesis clorofílica?). Aprender a conocer las plantas significa aplicar estas informaciones en los diferentes aspectos de la vida humana, como la ciencia y la medicina, y, por esa razón, la botánica –es decir, el estudio de las formas de vida en el mundo vegetal– y la paleontología, que en cambio se ocupa de analizar los fósiles de esos seres vivos, tienen mucha importancia para conocer la identidad y la evolución de nuestro planeta. De eso, Josephine Ettel se había dado cuenta ya a los 12 años cuando empezó a sentir un amor desbordante por las flores, la flora local, las montañas y los bosques donde iba a pasear desde pequeña. Este interés se convirtió pronto en un trabajo fundamental de análisis y recolección que la hicieron, ya en su época, una botánica y paleontóloga de gran relevancia para la investigación científica.

Josephine nació el 9 marzo de 1787 en Vrchlabí (también llamada con el nombre alemán Hohenelbe), ciudad de República Checa, donde creció juntos con sus 7 hermanos en una de las familias más respetables de la zona gracias al trabajo del padre, David Ettel, un conocido fabricante de papel. Vivió en su ciudad natal hasta los 12 años cuando la enviaron al convento de las Hermanas Ursulinas de Praga para estudiar las habituales “actividades femeninas” y prepararla para su único futuro posible: ser ama de casa (una imposición a la que nunca se sometería). Después de haber regresado a Vrchlabí a los 19 años conoce al farmacéutico Vojtěch Kablík, que también estaba fascinado por la ciencia y el estudio de la botánica, y se casa con él, quien daría un gran apoyo al trabajo de Jospehine a lo largo de los años. Además, después de la boda, se hizo llamar Kablíkovà. A pesar de las dificultades que tenían las mujeres en su época para escapar de sus “deberes” y “tareas” preestablecidas y hacerse camino en un mundo hostil, Josephine decidió dedicar toda su vida a la naturaleza, reconectándose con ella gracias a la investigación, al estudio y a la recolección de miles de especímenes que pudo encontrar en su camino. Su historia no solo muestra la valentía de una mujer que, empujada por la pasión, se aventuraba por las montañas en cualquier condición meteorológica sin arrepentirse, sino que también aporta las informaciones fundamentales para comprender las condiciones sociales de las mujeres y, sobre todo cuál fue la importancia, muchas veces subestimada, de su contribución a la investigación científica. En 1825 Josephine entró a formar parte del Instituto de Intercambio, para el intercambio de especímenes de herbario, fundado por Filip Maxmilian Opiz en 1819 en Praga (donde, entretanto, se había mudado con su marido), y en un periodo de 20 años pudo proporcionar casi 50.000 especímenes a un ritmo de 2.600 al año.

Con su trabajo, que también llegó a Austria, Italia y Alemania, Josephine pudo recoger muestras de flores, huevos, peces, insectos, pájaros de Bohemia, conchas y minerales, que enviaba anualmente al Instituto de Intercambio de Plantas de Opiz y a la Asociación de Intercambio Botánico de Viena, hasta alcanzar la increíble cifra de 250.000 ejemplares. Como resultado de sus esenciales contribuciones, en 1841 fue aceptada en la Asociación de Historia Natural de Praga y en la Sociedad Botánica de Ratisbona, logrando destruir y superar las críticas y la objeción conservadoras del ex presidente Martius, contrario a la admisión de mujeres en el instituto. En una carta, que Josephine escribió ese mismo año, agradecía a la sociedad por el diploma que le habían enviado como miembra correspondiente, reiterando su compromiso de seguir con el trabajo de recolección de plantas de los Montes Gigantes. En 1853 Josephine fue la única mujer que formó parte de la Sociedad Botánica y Zoológica de Viena mientras y a partir de 1860 le concedieron que la pertenencia a la Sociedad Geológica de Dresde.

Su investigación más completa e importante (y a la vez única en su ámbito) se realizó en los Montes Gigantes, una de las montañas más altas y famosas de Europa Central y una meta ineludible para botánicos y botánicas, científicos y científicas. Josephine volvió a escalarlos a los 74 años, cuando recibió el apodo de “sacerdotisa de la flora de los Montes Sudetes”. Los numerosos ejemplares recogidos, muchísimos de esos pertenecientes a especies aún desconocidas, se destinaron a museos, escuelas, universidades y empresas científicas de toda Europa, con el objetivo de difundir informaciones útiles y compartir la belleza de la naturaleza que nutre nuestro planeta. Un gran número de estos especímenes lleva hoy su nombre como la planta Rhizolithes Kablikae o el pez fósil Palaeoniscus Kablikae. Además, fue la primera en descubrir la “Prímula Mínima”. Cuando Josephine murió el 21 de julio de 1863, pudo demostrar nuevamente un gran altruismo y apoyo para una serie de objetivos e iniciativas sociales. Efectivamente, había decidido dejar en herencia su herbario y su colección personal al Instituto Imperial y Real de Gitschim y a la Escuela Secundaria de Trautenau y, crear un fondo a su nombre cuya renta se destinaría a los estudiantes de farmacia de Hohenelber, a personas necesitadas del Instituto de Hohenelber, a la gente enferma, parada y a la más necesitada de su ciudad natal. Josephine, mujer valiente, inteligente y ambiciosa, pero también altruista y generosa, cuyo reconocimiento científico se ha extendido por todo el mundo, sin duda alguna es una figura excepcional e indispensable en la historia de la botánica y sobre todo también un estímulo para la lucha por la igualdad de género en el trabajo y en la investigación.