Ladi Kwali
Laura Candiani
Caori Murata
Ladi era nata nel 1925 e morì il 12 agosto 1984 a Minna, in Nigeria. Il suo destino fu segnato dal luogo di nascita, infatti il villaggio di Kwali, situato nella regione di Gwari, tradizionalmente ha sempre assegnato alle donne la lavorazione della ceramica, quindi fin da bambina imparò a creare vasellame per uso domestico grazie alla tecnica antichissima dell'avvolgimento, diffusa sia in Africa sia in Grecia, in Cina e nel New Mexico, che non necessita del tornio, ma è interamente manuale. Si gira infatti una sottile striscia tubolare e si modella sbattendola dall'interno con una paletta di legno. Le piaceva poi abbellire ciotole, vasi, recipienti per l'acqua, pentole con disegni geometrici e figure stilizzate di animali, fra cui serpenti, scorpioni, coccodrilli, camaleonti, pesci. Il suo era uno stile personale e originale, perfettamente simmetrico, a dimostrazione di una mentalità logico-matematica. Secondo le testimonianze dei familiari e del fratello minore, eccelleva davvero in quest'arte tanto che talvolta i suoi lavori venivano venduti prima ancora di essere realizzati.
Gradualmente le opere vennero sempre più apprezzate e alcune furono acquistate dall'emiro della capitale Abuja, nella cui abitazione furono notate nel 1950 da Michael Ambrose Cardew, un inglese studioso di ceramica che visse in Africa una ventina di anni, incaricato dal suo Paese di occuparsi proprio del commercio e dell'industria del settore. Nella capitale, all'epoca chiamata ancora Suleja, aveva stabilito il centro della lavorazione della ceramica tradizionale e lì entrò nel 1954 Ladi, prima donna a venire ammessa. Con il tempo imparò a usare il tornio e tecniche per lei nuove come la smaltatura, la cottura in forno, la protezione dei pezzi fragili con l'utilizzo di appositi contenitori, avendo spesso ruoli di istruttrice per gli altri lavoranti (al momento tutti uomini). Cominciò pure a utilizzare inedite forme di "sgraffio" per decorare vasi, tingendo di rosso o di bianco la superficie per poi graffiarla per far emergere la tinta sottostante, utilizzando aculei di porcospino. Quando Cardew lasciò l'incarico, nel 1965, al centro affluirono altre quattro donne provenienti da Gwari: Halima Audu, Lami Toto, Assibi Iddo e Kande Ushafa. Il gruppo lavorò in una sorta di bottega artistica che chiamarono Dakin Gwari (la stanza di Gwari) per realizzare a mano grandi contenitori per l'acqua. Modellavano e raschiavano l'interno con un guscio di lumaca, o un baccello duro, oppure la buccia di una zucca. Utilizzavano i motivi decorativi tradizionali, che graffiavano e poi riempivano con minuscole striscioline bianche, e spesso rendevano lucida la superficie con il celadonio, mentre si servivano di contrasti fra colori come il verde chiaro e il verde scuro, oppure il rosso ferro applicato ad alta temperatura. Si può dire dunque che queste tecniche erano un connubio fra i metodi tradizionali del loro popolo e del luogo di origine e le moderne applicazioni provenienti dall'occidente europeo. Le opere risultanti agli occhi del pubblico inglese e continentale erano simbolo e metafora del continente africano.
Ladi continuava con la consueta originalità ornando i vasi sia con disegni verticali sia con fasce in orizzontale, sia con figure che con elementi geometrici, per i quali si serviva di legnetti dentellati o di rotolini di spago che faceva ruotare sulla superficie, seguendo metodi risalenti alla lontanissima età neolitica. Anche la cottura era eseguita in modi tradizionali, utilizzando un forno con legna secca.
Ben presto si capì che questi oggetti non erano solo utili e belli, ma erano vere e proprie opere d'arte che vennero esposte nella capitale in varie mostre, quelle del 1958, 1959, 1962, organizzate da Cardew. Nel 1961 Kwali fu invitata in Gran Bretagna e dette dimostrazione pratica del suo metodo al Royal College, a Farnham, e a Wenford Bridge; si spostò poi in Francia e in Germania dove realizzò pubblicamente alcune opere. Una mostra dei suoi lavori, che riscosse grandi apprezzamenti, fu organizzata a Londra, alle Gallerie Berkeley, all'interno del British Museum. Nel 1963 ebbe l'onore di venire nominata Membro dell'Ordine dell'Impero Britannico. Nel 1972 andò con Cardew negli Usa dove venne riconosciuta la sua straordinaria capacità creativa. Nel 1977 ricevette la laurea ad honorem dall'Università di Zaria, in Nigeria. Tre anni dopo il governo del suo Paese le attribuì l'Ordine al merito (Nnom) e, nel 1981, divenne anche Ufficiale al merito del Niger (Oon). La sua immagine compare su una banconota nigeriana da 20 naira e la via principale della capitale le è stata intitolata. All'interno dell'Hotel Sheraton il centro congressi, dotato di dieci sale per convegni e cinque sale da ballo, ha preso il suo nome e lì vengono organizzati eventi di grande rilievo e conferenze. A partire dagli anni Ottanta per definire le ceramiche di Abuja si dice semplicemente "Ladi Kwali Pottery".
Il 16 marzo 2022 Google le ha dedicato il doodle del giorno. Quello stesso anno, a Londra, si tenne una importante mostra al Two Temple Place (detto anche Astor House) consistente in lavori realizzati da ceramiste di colore per fare il punto sull'arte femminile degli ultimi 70 anni; il titolo era: Body Vessel Clay, Black Women, Ceramics and Contemporary Art; fra queste naturalmente era presente la produzione di Ladi Kwali. Oggi alcuni suoi pezzi unici si trovano presso importanti musei: il Victoria and Albert Museum, a Londra, lo Smithsonian National Museum of African Art, a Washington, la galleria dell'Università di Aberystwyth, in Gran Bretagna.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
Ladi était née en 1925 et elle est morte le 12 août 1984 à Minna, au Nigeria. Son destin a été marqué par son lieu de naissance : en effet, le village de Kwali, situé dans la région de Gwari, a toujours attribué aux femmes la tâche de travailler la céramique. Ainsi, dès son enfance, elle a appris à créer de la vaisselle pour un usage domestique grâce à l’ancienne technique de l’enroulement, répandue en Afrique, mais aussi en Grèce, en Chine et au Nouveau-Mexique. Cette technique ne nécessite pas l’usage du tour de potier, car elle est entièrement manuelle. On forme en effet une fine bande tubulaire que l’on modèle en la frappant de l’intérieur à l’aide d’une palette en bois. Elle aimait ensuite décorer bols, vases, récipients pour l’eau et casseroles avec des motifs géométriques et des figures stylisées d’animaux, tels que des serpents, des scorpions, des crocodiles, des caméléons ou encore des poissons. Son style était personnel et original, parfaitement symétrique, ce qui témoignait d’un esprit logique et mathématique. Selon les témoignages de sa famille et de son frère cadet, elle excellait vraiment dans cet art, à tel point que parfois ses œuvres étaient vendues avant même d’être réalisées.
Peu à peu, ses pièces ont été de plus en plus appréciées, et certaines ont été achetées par l’émir de la capitale Abuja. C’est dans sa résidence qu’elles ont été remarquées, en 1950, par Michael Ambrose Cardew, un céramiste britannique qui a vécu en Afrique pendant une vingtaine d’années. Il avait été chargé par son pays de s’occuper du commerce et de l’industrie liés à la céramique. Dans la capitale, appelée encore Suleja à l’époque, il avait fondé un centre de production de céramique traditionnelle. C’est là que Ladi a été admise en 1954, devenant la première femme à intégrer le centre. Avec le temps, elle a appris à utiliser le tour et à découvrir des techniques nouvelles pour elle, telles que l’émaillage, la cuisson au four, ou encore la protection des pièces fragiles grâce à des contenants spécifiques. Elle a souvent occupé des rôles d’instructrice pour les autres artisans, qui étaient alors tous des hommes. Elle a aussi commencé à utiliser des formes inédites de sgraffito pour décorer les vases, en teignant la surface en rouge ou en blanc, puis en la grattant pour faire ressortir la couleur inférieure, à l’aide de piquants de porc-épic. Lorsque Cardew a quitté ses fonctions en 1965, quatre autres femmes originaires de Gwari sont arrivées au centre : Halima Audu, Lami Toto, Assibi Iddo et Kande Ushafa. Le groupe a travaillé dans une sorte d’atelier artistique qu’elles ont appelé Dakin Gwari (la chambre de Gwari), pour fabriquer à la main de grands récipients à eau. Elles modelaient et grattaient l’intérieur à l’aide d’une coquille d’escargot, d’une gousse dure ou de la peau d’une calebasse. Elles utilisaient les motifs décoratifs traditionnels, qu’elles gravaient avant de les remplir de minuscules bandes blanches, et elles rendaient souvent la surface brillante avec du céladon, en jouant sur des contrastes de couleurs comme le vert clair et le vert foncé, ou bien le rouge ferrique appliqué à haute température. On peut donc dire que ces techniques représentaient un mélange entre les méthodes traditionnelles de leur peuple et de leur région d’origine, et les apports modernes venus d’Europe occidentale. Aux yeux du public anglais et européen, les œuvres produites étaient perçues comme un symbole et une métaphore du continent africain
Ladi poursuivait son travail avec son originalité habituelle, en décorant les vases aussi bien avec des motifs verticaux qu’avec des bandes horizontales, des figures ou des éléments géométriques. Pour cela, elle utilisait de petits bâtons dentelés ou des rouleaux de ficelle qu’elle faisait tourner sur la surface, en suivant des techniques remontant à l’époque néolithique. La cuisson se faisait également selon des méthodes traditionnelles, à l’aide d’un four alimenté avec du bois sec.
Très rapidement, on a compris que ces objets n’étaient pas seulement utiles et esthétiques, mais qu’ils constituaient de véritables œuvres d’art. Ils ont été exposés dans la capitale lors de plusieurs expositions, en 1958, 1959 et 1962, organisées par Cardew. En 1961, Kwali a été invitée au Royaume-Uni, où elle a fait une démonstration pratique de sa méthode au Royal College, à Farnham, ainsi qu’à Wenford Bridge. Elle s’est ensuite rendue en France et en Allemagne, où elle a réalisé certaines œuvres en public. Une exposition de ses œuvres, qui a rencontré un grand succès, a été organisée à Londres, aux galeries Berkeley, au sein du British Museum. En 1963, elle a eu l’honneur d’être nommée Membre de l’Ordre de l’Empire britannique. En 1972, elle est partie avec Cardew aux États-Unis, où son talent créatif exceptionnel a été reconnu. En 1977, elle a reçu un doctorat honorifique de l’Université de Zaria, au Nigeria. Trois ans plus tard, le gouvernement nigérian lui a décerné l’Ordre du Mérite national (NNOM), et en 1981, elle est devenue également Officière de l’Ordre du Niger (OON). Son portrait figure sur un billet nigérian de 20 nairas, et l’avenue principale de la capitale porte désormais son nom. À l’intérieur de l’hôtel Sheraton, le centre de conférences – doté de dix salles de réunion et de cinq salles de bal – a été baptisé en son honneur ; il accueille régulièrement des événements majeurs et des conférences de haut niveau. Depuis les années 1980, lorsqu’on parle de la céramique d’Abuja, on utilise simplement l’expression «Ladi Kwali Pottery».
Le 16 mars 2022, Google lui a consacré le Doodle du jour. La même année, une grande exposition s’est tenue à Londres, au Two Temple Place (aussi appelé Astor House). Elle présentait des œuvres réalisées par des céramistes noires, dans le but de faire le point sur l’art féminin des soixante-dix dernières années. L’exposition s’intitulait Body Vessel Clay, Black Women, Ceramics and Contemporary Art. Parmi les artistes représentées, la production de Ladi Kwali occupait naturellement une place importante. Aujourd’hui, certaines de ses pièces uniques sont conservées dans des musées prestigieux : le Victoria and Albert Museum à Londres, le Smithsonian National Museum of African Art à Washington, et la galerie de l’Université d’Aberystwyth au Royaume-Uni.
Traduzione spagnola
Laura Cavallaro
Ladi nació en 1925 y falleció el 12 de agosto de 1984 en Minna, Nigeria. Su destino estuvo marcado por su lugar de nacimiento, ya que el pueblo de Kwali, situado en la región de Gwari, ha asignado tradicionalmente a las mujeres la elaboración de la cerámica. Por ello, desde niña aprendió a crear vajilla para uso doméstico mediante la antiquísima técnica del enrollado, difundida tanto en África como en Grecia, China y Nuevo México, que no requiere torno, sino que es completamente manual. Consiste en formar una tira tubular delgada que se moldea golpeándola desde el interior con una paleta de madera. Le gustaba embellecer cuencos, jarras, recipientes para agua y ollas con diseños geométricos y figuras estilizadas de animales como serpientes, escorpiones, cocodrilos, camaleones y peces. Su estilo era personal y original, perfectamente simétrico, reflejo de una mentalidad lógico-matemática. Según testimonios de familiares y de su hermano menor, destacaba verdaderamente en este arte, tanto que a veces sus obras se vendían antes incluso de estar acabadas.
Poco a poco, sus piezas fueron cada vez más valoradas y algunas fueron adquiridas por el emir de la capital, Abuya. En su residencia las vio, en 1950, Michael Ambrose Cardew, un británico experto en cerámica que vivió unos veinte años en África, encargado por su país de supervisar el comercio y la industria del sector. En la capital, que entonces aún se llamaba Suleja, había establecido un centro de trabajo de cerámica tradicional, al cual ingresó Ladi en 1954, convirtiéndose en la primera mujer admitida. Con el tiempo, aprendió a usar el torno y técnicas nuevas para ella, como el esmaltado, la cocción en horno o la protección de piezas frágiles mediante recipientes especiales y a menudo desempeñaba el papel de instructora para los demás trabajadores (que en ese momento eran todos hombres). También comenzó a aplicar técnicas inéditas de “esgrafiado” para decorar jarras, tiñendo la superficie de rojo o blanco y luego rascándola para revelar el color de fondo, utilizando púas de puercoespín. Cuando Cardew dejó su cargo en 1965, llegaron al centro otras cuatro mujeres procedentes de Gwari: Halima Audu, Lami Toto, Assibi Iddo y Kande Ushafa. El grupo trabajó en una especie de taller artístico que llamaron Dakin Gwari (la habitación de Gwari) para realizar a mano grandes recipientes para agua. Modelaban y raspaban el interior con una concha de caracol, una vaina dura o la cáscara de una calabaza. Utilizaban motivos decorativos tradicionales, que grababan y luego rellenaban con finísimas tiras blancas, y a menudo pulían la superficie con calcedonia y también hacían uso de contrastes entre colores como el verde claro y el verde oscuro, o el rojo hierro aplicado a alta temperatura. Se puede decir, por tanto, que estas técnicas eran una fusión entre los métodos tradicionales de su pueblo y lugar de origen, y las aplicaciones modernas procedentes de Europa occidental. Las obras resultantes, a ojos del público británico y europeo continental, eran símbolo y metáfora del continente africano.
Ladi continuaba con su habitual originalidad decorando los jarrones tanto con dibujos verticales como con franjas horizontales, utilizando tanto figuras como elementos geométricos y, para estos últimos, se servía de pequeños palos dentados o de rollitos de cuerda que hacía rodar sobre la superficie, siguiendo métodos que se remontan a la lejana era neolítica. También la cocción se realizaba con métodos tradicionales, usando un horno alimentado con leña seca.
Muy pronto se comprendió que estos objetos no solo eran útiles y bellos, sino verdaderas obras de arte, que fueron expuestas en la capital en varias exposiciones, las de 1958, 1959 y 1962, organizadas por Cardew. En 1961, Kwali fue invitada al Reino Unido, donde ofreció demostraciones prácticas de su método en el Royal College, en Farnham, y en el estudio de Wenford Bridge; posteriormente viajó a Francia y Alemania, donde también realizó obras en público. Una exposición de sus trabajos, que recibió gran reconocimiento, fue organizada en Londres, en las Galerías Berkeley, dentro del Museo Británico. En 1963 tuvo el honor de ser nombrada Miembro de la Orden del Imperio Británico. En 1972 viajó con Cardew a Estados Unidos, donde se reconoció su extraordinaria capacidad creativa. En 1977 recibió el título honoris causa por parte de la Universidad de Zaria, en Nigeria. Tres años después, el gobierno de su país le concedió la Orden al Mérito (Nnom) y, en 1981, también fue nombrada Oficial al Mérito de Níger (Oon). Su imagen aparece en un billete nigeriano de 20 nairas, y la calle principal de la capital lleva su nombre. Dentro del Hotel Sheraton, el centro de congresos, dotado de diez salas de reuniones y cinco salones de baile, ha sido nombrado en su honor, y allí se organizan eventos importantes y conferencias. Desde los años ochenta, para referirse a la cerámica de Abuja, simplemente se dice “Ladi Kwali Pottery”.
El 16 de marzo de 2022, Google le dedicó el doodle del día. Ese mismo año, en Londres, se celebró una importante exposición en el Two Temple Place (también conocido como Astor House), que consistía en obras realizadas por ceramistas negras con el objetivo de reflexionar sobre el arte femenino de los últimos 70 años. El título era: Body Vessel Clay, Black Women, Ceramics and Contemporary Art; entre las artistas representadas, naturalmente, se encontraba Ladi Kwali. Hoy en día, algunas de sus piezas únicas se encuentran en importantes museos: el Victoria and Albert Museum, en Londres; el Smithsonian National Museum of African Art, en Washington; y la galería de la Universidad de Aberystwyth, en el Reino Unido.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
Ladi was born in 1925 and died on August 12, 1984, in Minna, Nigeria. Her destiny was marked by her birthplace. The village of Kwali, located in the Gwari region, has traditionally assigned pottery making to women, so from an early age she learned to create pottery for domestic use, using the very ancient technique of coiling, widespread in Africa as well as in Greece, China and New Mexico, which does not require a potter's wheel but is entirely manual. A thin tubular strip is turned and shaped by pressing on it from the inside with a wooden paddle. She then liked to embellish bowls, vases, water vessels, and pots with geometric designs and stylized figures of animals, including snakes, scorpions, crocodiles, chameleons, and fish. This was a personal and original style, perfectly symmetrical, demonstrating a logical/mathematical mindset. According to the accounts of family members and her younger brother, she excelled in this art, so much so that sometimes her works were sold before they were even made.
Gradually her works became more and more appreciated, and some were purchased by the Emir of the capital Abuja, in whose home they were noticed in 1950 by Michael Ambrose Cardew, an English pottery scholar who lived in Africa some 20 years, and who was commissioned by his country to deal with the trade and industry in the field. In the capital, then still called Suleja, he had established a center for traditional pottery making, and there Ladi entered in 1954, the first woman to be admitted. Over time she learned to use the potter's wheel and techniques new to her such as glazing, firing in the kiln, and protecting fragile pieces using special containers, often having roles as an instructor for the other workers (at the time all men). She also began to use novel forms of "scoring" to decorate vases, dyeing the surface red or white and then scratching it to bring out the underlying color, using porcupine quills. When Cardew left his position in 1965, four other women from Gwari joined the center: Halima Audu, Lami Toto, Assibi Iddo and Kande Ushafa. The group worked in a kind of art workshop they called Dakin Gwari (Gwari's room) to make large water containers by hand. They shaped and scraped the inside with a snail shell, or a hard pod, or the skin of a gourd. They used traditional decorative motifs, which they scratched and then filled with tiny white strips, and often made the surface shiny with celadonium, while using contrasts between colors such as light and dark green, or iron red applied at high temperature. Thus, it can be said that these techniques were a combination of the traditional methods of their people and place of origin and modern applications from Western Europe. The resulting works, in the eyes of English and continental audiences, were a symbol and metaphor for the African continent.
Ladi continued with her usual originality by ornamenting the vessels with both vertical designs and horizontally banded figures and geometric elements, for which she made use of notched timbers or rolls of twine that she rotated over the surface, following methods dating back to the very distant Neolithic age. Firing was also done in traditional ways, using a kiln with dry wood.
It was soon realized that these objects were not only useful and beautiful, but were true works of art, displayed in the capital in various exhibitions, including those of 1958, 1959, 1962, organized by Cardew. In 1961 Kwali was invited to Britain and gave practical demonstrations of her method at the Royal College, Farnham, and Wenford Bridge. She then moved on to France and Germany where she publicly produced a number of works. An exhibition of her work, which was highly praised, was organized in London, at the Berkeley Galleries, inside the British Museum. In 1963 she had the honor of being made a Member of the Order of the British Empire. In 1972 she went with Cardew to the U.S. where her extraordinary creative ability was recognized. In 1977 she received an honorary degree from the University of Zaria, Nigeria. Three years later her country's government awarded her the Order of Merit (Nnom) and, in 1981, she also became an Officer of Merit of Niger (Oon). Her image appears on a 20 naira Nigerian banknote and the capital's main street was named after her. Inside the Sheraton Hotel, a convention center, equipped with ten conference rooms and five ballrooms, was named after her, and major events and conferences are held there. Since the 1980s, the term for Abuja pottery has simply been "Ladi Kwali Pottery."
On March 16, 2022, Google dedicated the doodle of the day to her. That same year, in London, a major exhibition was held at Two Temple Place (also known as Astor House) consisting of works made by Black women potters to take stock of women's art of the past 70 years. The title was Body Vessel Clay, Black Women, Ceramics and Contemporary Art. Among the works, of course, was Ladi Kwali's production. Today some of her unique pieces can be found at major museums: the Victoria and Albert Museum, London; the Smithsonian National Museum of African Art, Washington; and the gallery at Aberystwyth University, Britain.