Toponomastica femminile, non è impossibile

foto: Flickr/airSnapshooter

 Ridisegnare le città in una prospettiva di genere non è un'impresa impossibile, a partire dai nomi di strade e piazze. Lo raccontano le attività e la passione del gruppo Toponomastica femminile.

"Casa e villaggio, e in un secondo tempo la città, sono in gran parte opera femminile. […] Secondo i geroglifici 'casa' o 'città' possono essere anche essere simboli di 'madre', come per confermare la similarità fra funzione individuale e collettiva".[1]

Nel tempo le donne, dedite alla cura, alle attività domestiche, all’educazione, hanno tenacemente intrecciato trame sottili, ma consistenti, di relazioni e dimensioni storiche a carattere “orizzontale” che, nei secoli, hanno determinato la sopravvivenza del tessuto umano, e quindi anche urbano, delle comunità. Presenzecontinue e resistenti, eppure rese invisibili dal prevalere del carattere “verticale” della storia, segno tangibile tipicamente maschile del potere e delle gerarchie dominanti.  

Ancora adesso lo spazio della città, il suo territorio, la sua organizzazione sono "in prevalenza campo d’azione degli uomini che hanno il potere, politico come pure professionale, essendo molto bassa la presenza femminile in entrambi gli ambiti, di decidere come debbano svilupparsi e in che direzione orientarsi nell’immediato e nel domani […]"[2].

Le donne questa organizzazione, spesso disordinata e distorta, la vivono e la subiscono allo stesso tempo, a partire dalla qualità dell’ambiente, dalla programmazione e distribuzione dei servizi, dall’accessibilità degli spazi e dei luoghi fino alla pianificazione di orari e tempi.

Allo spazio fisico della città si sovrappone un altro spazio, simbolico e immateriale ma altrettanto significativo, quello del disequilibrio fra genere maschile e genere femminile, quello dell’odonomasticae della toponomastica. Le intitolazioni delle strade e delle piazze, ma anche di aree verdi e spazi pubblici, riflettono una cultura e una dimensione sociale e storico-culturale ancora molto misogine: lo sbilanciamento in favore dei personaggi maschili è l’espressione del potere degli uomini che hanno scritto la storia e che continuano a perpetuarla nei percorsi di vita urbana. 

Sono forme d’espressione non neutrali le targhe delle strade in cui abitiamo, lavoriamo, ci incontriamo. Parlano di celebrità e memorie maschili gli itinerari culturali dei nostri viaggi, i musei, i monumenti e le opere che si affiancano lungo le vie e le piazze delle città d’arte. Delle storie femminili rimangono poche tracce e poche testimonianze, oscurate da eventi quasi tutti raccontati al maschile. Al contrario le numerose immagini pubblicitarie che ci circondano proseguono nel voler riproporre quasi esclusivamente volti e corpi di donne, rinnovando in ogni istante distorte percezioni del mondo femminile. 

Riequilibrare la nostra storia e la nostra cultura partendo dagli spazi urbani è l’intento delle guide edite da Toponomastica femminile, gruppo indipendente di ricerca e di azione nato nel 2012 su Facebook e da poco più di un anno trasformatosi in associazione. 

Questa collana di itinerari culturali vuole riscoprire le tracce delle storie femminili, come scrive Mary Nocentini nel primo volume pubblicato e dedicato alla cittadina di Albano Laziale, per “colmare un vuoto a cui siamo tanto abituati che ormai non ci facciamo più caso”.  Le guide propongono percorsi urbani che raccontano le donne cercando di interpretarle senza gli stereotipi con cui si è letto, e ancora si legge, il mondo femminile.

La riflessione sulle molte “assenze” femminili nell’odonomastica cittadina è stato il primo passo del cammino di Toponomastica femminile. Dopo l’iniziale constatazione che la maggior parte delle intitolazioni degli spazi urbani è riservata agli uomini, si è sentita la necessità di dare una dimensione più articolata e sostanziosa alla ricerca del gruppo, effettuando un monitoraggio sull’intero territorio nazionale, cercando e contando le intitolazioni con nomi femminili. I dati parlano da soli e in modo inequivocabile mostrano come la costruzione e la celebrazione della memoria passi in primo luogo attraverso figure maschili. 

Possono valere come esempio i censimenti di alcune grandi città italiane

Roma esistono 16.140 strade o piazze, 7.600 delle quali dedicate a personaggi maschili e 630 a nomi femminili; a Milano più della metà delle strade censite sono maschili (2535 su 4241) e solo 135 vie hanno odonimi femminili. Così anche a Torino (1054 intitolazioni maschili e 65 femminili su un totale di 2235 strade), a Napoli (3801 totali, 1726 maschili e 279 femminili), a Bari (2263 totali, 1220 maschili e 90 femminili), a Palermo (4925 totali, 2406 maschili e 239 femminili). È questo lo scenario nazionale.

L’assenza di intitolazioni alle donne non è dovuta, però, alla mancanza di figure di riferimento, ma alla cancellazione della loro presenza nella storia, nella cultura, nella scienza, nella politica. 

A volte le amministrazioni locali avviano pratiche virtuose che mettono in moto meccanismi politici capaci di esprimere nuove forme di cultura. 

È il caso di Napoli in cui, nel 2012, il comune ha ripensato il regolamento toponomastico della città modificando alcuni punti nell'ottica di un riequilibrio di genere. L’episodio è stato il primo tentativo di superare il concetto di intitolazione a figure femminili come fatto isolato elevandolo a sistema per la definizione degli spazi urbani secondo principi di parità. 

Anche l’iniziativa del comune di Ravenna indica nella toponomastica un importante strumento di valorizzazione della città dal punto di vista culturale. Oltre a evitare le abbreviazioni dei nomi, che spesso rendono difficile l’individuazione biografica, l’amministrazione ravennate ha deciso di accompagnare le targhe stradali con pannelli esplicativi sulla figura celebrata, superando il rischio di anonimato che il trascorrere del tempo procura.

Riscoprire i nomi delle donne che non hanno trovato un posto nelle targhe delle vie e delle piazze è apparso un atto dovuto, una forma di risarcimento morale e culturale che il gruppo di Toponomastica femminile, dove il numero delle insegnanti è significativo, ha indirizzato in modo naturale verso la scuola.  

Le aule scolastiche sono diventate il laboratorio “vivo” di queste ricerche, una pratica della vera “buona” scuola che rende le città luoghi di nuove e non scontate opportunità: opportunità per conoscere la storia e la cultura delle donne, per sviluppare pensieri non stereotipati sui modelli maschili e femminili, per promuovere il rispetto delle differenze, per costruire sane identità di uomini e donne. Opportunità anche per modificare la cultura dei/delle giovani e prevenire la violenza contro le donne. 

L’attività didattica, dunque, come motore del cambiamento. 

Le prime esperienze sono state condotte in alcune scuole di Lazio, Sicilia, Campania, Lombardia, Toscana, Veneto. Dalle ricerche in classe, si è passati alla realizzazione di concorsi volti a promuovere figure femminili di valore escluse dalla commemorazione, avviando così rapporti di scambio e confronto con le istituzioni locali. Alunne e alunni hanno proposto scelte odonomastiche rispettose della storia e della cultura delle donne, spingendo le amministrazioni locali ad avviare pratiche virtuose che valorizzassero la memoria delle imprese e delle biografie femminili. Con le stesse finalità, spesso lavorando in accordo con gruppi e associazioni femminili e commissioni per le pari opportunità, sono stati organizzati referendum cittadini, come per esempio a Pistoia e Montecatini, per scegliere nomi di donne da attribuire ad aree pubbliche: in questo modo migliaia di persone hanno messo in atto forme di cittadinanza attiva e di partecipazione democratica. 

Da questo nuovo approccio alle tematiche di genere è nato, nel 2014, il concorso nazionale Sulle vie della parità, giunto quest’anno alla sua terza edizione, che ha coinvolto nel tempo un numero sempre crescente di docenti e studenti di scuole di ogni ordine e grado, di atenei e di centri di formazione. 

Ridisegnare le città secondo prospettive di genere è complesso ma non impossibile. 

Si muove in questa direzione un progetto che ha coinvolto lo scorso anno Toponomastica femminile, Legambiente, il comune di Roma e alcune scuole superiori della capitale, con l’intento di promuovere la ricerca storica e l’analisi del patrimonio culturale, ambientale e civico valorizzando ruoli e saperi femminili caduti nell’oblio. L’iniziativa ha portato all’intitolazione delle piste ciclabili lungo il Tevere e a Monte Mario, a sette partigiane, attive nella lotta per la resistenza della capitale e ad altrettante madri costituenti. 

È di queste settimane invece il progetto Un giardino delle giuste e dei giusti in ogni scuola, patrocinato dai comuni di Catania e dell’isola di Lampedusa. Il 9 aprile Toponomastica femminile, Federazione nazionale insegnanti (FNISM) e Legambiente, in collaborazione con gli scout, hanno inaugurato nella città siciliana il progetto, una nuova espressione del bisogno civico di altra e nuova cultura che può costituire una chiave di lettura e di ripensamento del contributo che donne e uomini hanno dato, e sono ancora chiamati a dare, al mondo e alla città. 

Leggi tutto il dossier "Che genere di città" a cura di inGenere.it

NOTE

[1] Le frasi, del sociologo e urbanista Lewis Mumford, sono estrapolate dall’intervento di Rosanna Pirajno Il senso della donna per la polis presentato durante il III Convegno Nazionale di Toponomastica femminile svolto a Torino nel 2014. 

[1] Rosanna Pirajno Il senso della donna per la polis, in "Le strade maestre. Un cammino di parità", a cura di Maria Pia Ercolini e Loretta Junk, Atti del II e III Convegno di Toponomastica femminile, Roma, Universitalia, 2015, pp. 127-130