La toponomastica femminile, new entry nei salotti culturali

MARIGLIANO

 

L’espressione “fare rete”, sembra sia entrata prepotentemente nell’uso quotidiano e nel linguaggio comune. Se provo a spostarla in un ambito prettamente femminil-femminista, mi accorgo di quanto sia facile metterla in pratica con successo. Sarà che sono ottimista e sarà, soprattutto, che sono stanca di sentire sempre critiche sulle donne che non sono solidali e sulle adulte che ostacolano le giovani, ma ci tengo a riportarvi questa breve cronaca di un pomeriggio di maggio. Toponomastico, ovviamente!

Dopo il mio intervento al convegno di Napoli del 18 gennaio 2013 presso il Maschio Angioino, sono stata avvicinata da tante donne (e uomini) presenti tra il pubblico: molti richiedevano i dati della mia ricerca per utilizzarli, altri si complimentavano, altri ancora erano curiosi per un argomento che non avevano mai avuto modo di approcciare.

Le insegnanti hanno accolto favorevolmente il bando di concorso per le scuole superiori e, qualche settimana fa, sono state premiate le classi vincitrici e le loro scelte faranno parte della rosa dei nomi femminili proposte per le nuove intitolazioni cittadine.

Sempre in questa occasione, ho conosciuto una brillante signora che mi ha chiesto di tenere una “lezione” nel suo Salotto culturale. Mi sono incuriosita, lo ammetto. Ancor di più quando, a pochi giorni di distanza dall’evento, mi ha telefonato, inserendomi nel loro programma d’incontri per il 2 maggio.

Questo gruppo di donne si riunisce da circa dodici anni: ne fanno parte professoresse, professioniste, donne impegnate in politica che, con cadenza regolare, di giovedì, si incontrano in una sala di un noto hotel di Nola (NA) per ricevere una relatrice (o un relatore) che parli loro di argomenti al femminile e poi dia vita a un dibattito successivo.

Giovedì scorso sono arrivata in questo hotel, subito accolta dalle signore presenti (sono quattordici iscritte) che si sono presentate. Solo la presidente conosceva l’argomento del mio intervento e le altre erano visibilmente curiose. Ho sistemato il mio pc, atteso l’orario di inizio e ascoltato la presentazione che mi è stata dedicata. Tantissime le domande già solo sugli argomenti dei miei studi e dei miei interessi tuttavia, come sempre, la Toponomastica femminile è stata capace di calamitare l’attenzione di tutte. Ho iniziato con una presentazione del nostro progetto, con i racconti di quanto abbiamo realizzato, delle nostre iniziative in giro per l’Italia, delle nostre mostre itineranti, le biografie che raccogliamo e scriviamo, le storie di vita di Partigiane e Costituenti che abbiamo ridonato alla memoria collettiva. Ho spiegato la passione che ci guida nel censire i comuni italiani, non solo quelli di appartenenza; ho letto uno stralcio della innovativa delibera del Comune di Napoli in materia di Toponomastica, raccogliendo i pareri di una signora che era stata membro della commissione toponomastica del proprio paese d’origine e di un’altra che ne faceva parte adesso: entrambe lamentavano la scarsissima (nulla) presenza di nomi femminili nelle proposte, in passato, come ai giorni nostri. Di più: trovavano disdicevole che le rose proposte prevedessero solo nomi di uomini politici locali, omaggiati di una propria strada ogni volta che la loro parte politica saliva al potere.

La lezione è entrata nel vivo con l’analisi dei dati statistici sull’intera Regione Campania: avevo ricontrollato il mio intervento di gennaio, inserendo anche dei censimenti che avevo fatto qualche giorno prima. Qui è stata forte l’interazione e anche il piacere di avere a che fare con un uditorio proveniente da ambiti professionali differenti: ci sono stati approcci letterari, altri artistici, altri veramente scientifici e matematici. Ognuna delle presenti ha commentato le slide e i grafici, ha fatto continue domande sui nomi di donne che proponevo alla loro attenzione. Hanno preso tanti appunti, per fare anche ricerche biografiche su figure femminili di cui ho parlato e delle quali non conoscevano molto. La seconda parte della serata è stata dedicata alla città di Napoli, con la selezione di alcune storie che la nostra Livia Capasso aveva narrato al convegno: ho parlato anche di artiste e di quelle donne che ero certa non fossero note, introducendo pure le tre figure selezionate al concorso “Tre strade, tre donne per l’otto marzo” e l’accoglienza è stata delle migliori. Per omaggiare la presidente, ho presentato, in un intervento a parte, il censimento di Marigliano, sua città d’origine, (ma anche le altre mi hanno richiesto i dati delle proprie: l’entusiasmo era tanto) e mostrato la presenza di dieci strade intitolate a donne. Tra di esse: la Madonna Annunziata, Santa Barbara, Santa Rita, Santa Lucia e una benefattrice, Suor Felice Vincenza Mautone.

Ho subito ammesso di aver invano cercato notizie certe su di lei, ma di non averne trovate in rete. Dal fondo della sala si è alzata una signora, dicendomi di portare lo stesso cognome e di essere la nipote della suora. Questo sì che è stato un momento di scambio costruttivo e di ricerca sul campo! Sono venuta a conoscenza di dati che non avrei potuto avere in altro modo: la suora viveva in Tanzania, è morta negli anni Sessanta dopo aver contratto la malaria, veniva regolarmente a Marigliano per raccogliere fondi per i suoi bambini poveri, aiutava le donne africane con progetti basati sulla tessitura e il cucito, teneva in maniera inusuale al suo nome “Felice” (e non Felicia, che era il modo in cui in tanti lo storpiavano) perché voleva che fosse una testimonianza viva del suo modo di vivere e di essere. La strada le era stata dedicata proprio perché aveva chiesto e ottenuto di essere sepolta presso il cimitero di Marigliano. In chiusura, prima del dibattito, ho presentato alcuni “falsi” dei quali ero venuta a conoscenza analizzando i censimenti campani. A Napoli, la “Rua Francesca”, non è una strada dedicata ad una donna bensì la traduzione maccheronica di Rue Francese; sempre a Napoli, il largo e il vicolo delle “Paparelle” non sono intitolati ai volatici acquatici quanto alle ragazze orfane di cui si occupavano Gennaro Paparo e le figlie; a San Sebastiano al Vesuvio, le strade dedicate a “Figliola” non ricordano una fanciulla, ma una famiglia nobile del posto.

Conto di scoprirne altre durante le revisioni di cui mi sto occupando. Torte e stuzzichini hanno allietato la parte finale dell’incontro, perché, si sa, le donne amano curare i particolari e creare spazi in cui stare bene, anche quando si fa cultura.