Tracciati femminili nella toponomastica patavina

Tracciati femminili nella toponomastica patavina

 

La provincia di Padova con i suoi 104 comuni è stata completamente censita dalle volontarie del gruppo di Toponomastica femminile, generato dalla prof.ssa Maria Pia Ercolini in fb ad inizio anno come occhio curioso per indagare la presenza femminile nella toponomastica italiana.
Attualmente ha 4.281 aderenti. Segno che riscuote interesse e partecipazione.

Lo studio, partendo dai censimenti degli stradari dei singoli comuni, si propone di delineare in generale che tipo di donna venga considerata meritevole di intitolazioni di strade da parte degli amministratori dei comuni.
La Commissione toponomastica del Comune di Padova, cui spetta la valutazione delle proposte di intitolazione delle strade del proprio comune è composta a vario titolo da cultori della storia come lo fu a suo tempo la prof.ssa Cesira Gasparotto cui è intitolata una piazzetta, ma anche del sapere e della vita locale, come giornalisti, professori, consiglieri comunali. È presente anche un Monsignore in rappresentanza del mondo Cattolico cui Padova è molto legata.
Dei nove componenti otto sono uomini. La Presidente donna ha, con sensibilità e tenacia, accolto le sollecitazioni proposte dal gruppo di Toponomastica femminile tanto che delle ultime tre intitolazioni di strade avvenute durante l’estate due sono a donne: la giornalista Ilaria Alpi e la manager Marisa Bellisario.

Ma quali sono state nel tempo le figure femminili degne di intitolazione di una pubblica area in Padova?
Quale ritratto di donna o di essere femminile si va componendo attraverso la lettura dei nomi delle vie, strade, piazze, piazzette, larghi, corsi, passaggi, ponti, gallerie?
E quali sono le donne ricordate per “propri meriti” come Giulia Bigolina, scrittrice padovana morta nel 1560 a cui le è dedicata una via, sottolinea nel suo racconto Urania, il primo romanzo che sia mai stato scritto da una donna nella storia della letteratura italiana, tra il 1556 e il 1558, dove parla di uguaglianza tra uomini e donne a tutti i livelli come per l'accesso al sapere e che molti problemi sociali derivano dalla scarsa moralità maschile?
Il Comune di Padova, su 2.144 strade, 1.420 le ha intitolate a uomini (66,23%) e 61 (2,85%) a donne.
Circa la metà delle intitolazioni al femminile appartengono a quelle donne accolte dalla Chiesa e diventate strumento di dedizione verso vite altrui e per questo premiate.

Tra queste emblematica è la storia della Beata Eustochio, l’unico esempio che si conosca di una fedele arrivata alla santità anche se per tutta la vita fu posseduta dal demonio.
Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444 da una relazione illegittima tra Bartolomeo Bellini, uomo maritato e la monaca del monastero benedettino Maddalena Cavalcabò ad opera della monaca Majorina. La bimba rimase prima con la nutrice e poi visse nella casa paterna con la matrigna. Dopo alcuni anni di maltrattamenti da parte sia della matrigna sia dal padre che la temeva perché convinto fosse posseduta, venne riportata nel convento dov'era nata nonostante la condotta della comunità delle monache di San Prosdocimo non era proprio esemplare, tanto che il Barozzi definì il monastero un “Lupanar”.
Nel 1460 al monastero rimase solo Lucrezia Bellini a cui si aggiunsero le Benedettine provenienti dal convento di Santa Maria della Misericordia. Lucrezia ormai diciottenne, chiese di entrare nel loro Ordine con il nome di Eustochio; il demonio si riaffacciò nel suo corpo costringendola a fare atti contrari alla Regola, tanto che le consorelle dovettero legarla per molti giorni ad una colonna. Dopo che Eustochio fu liberata, la badessa si ammalò di una strana malattia, fu incolpata lei che fu chiusa in una prigione per tre mesi a pane ed acqua. Tutte queste tribolazioni per Lucrezia rappresentavano l'espiazione della colpa da cui era nata, proprio là dov'era stata commessa. Sopportava flagellazioni sanguinose e malattie tanto che le consorelle si convinsero delle sue virtù e fu ammessa alla professione solenne poco tempo prima che morisse a soli 25 anni per i patimenti sofferti. A lei è intitolata una via.

Padova è anche la città delle due gatte di pietra: la Gatta di Sant'Andrea posta su una colonna nel punto più alto del centro cittadino. Originariamente era un Leone di San Marco abbattuto all'indomani della caduta della Serenissima. L'altra si trova in un bastione detto della Gatta a ricordo dell'assedio di Padova da parte degli imperiali di Massimiliano I d’Asburgo, avvenuto nel 1509. Questi si giovavano di una macchina d'assedio denominata gatto ed erano quasi riusciti a penetrare nella cinta delle mura, ma furono arrestati dall'ingegno di un capitano di ventura. Per dileggio, i difensori issarono una gatta su una picca, sfidando i nemici a venirsela a prendere.
In questo periodo moriva Isabella Ravignana, a cui è intitolata una strada, contadina che per sottrarsi alla soldatesca straniera di Massimiliano che “insidiava il di lei onore, gittossi nel fiume e volentieri annega vasi ”. Tratta cadavere, dice lo Scardeone che sine funebri officio sepelitur, non le fu officiato il funerale in quanto suicida.
L’illustre Elena Lucrezia Corner Piscopia (1646-1684) ci guarda da dietro la porta della scala nel cortile antico del Bò, l’Università di Padova dove è riposta una bella statua voluta da Caterina Dolfin che la raffigura. Prima donna laureata al mondo, il 25 giugno 1678 conseguì il Dottorato in filosofia. A lei è dedicato un passaggio. Sigillò la sua consacrazione agli studi e a una vita aliena dalla mondanità, dedita al sapere e alle opere di carità, divenendo oblata benedettina: fece voto di castità, aggiunse ai suoi nomi quello di Scolastica poiché solo in questo modo poteva sottrarsi dal matrimonio e dedicarsi alla conoscenza.

Una via periferica è dedicata alla filantropa De Cetto Sibilla, fondatrice nel 1414 dell'Ospedale di San Francesco Grande la quale, non solo mise a disposizione il proprio patrimonio, ma progettò ed organizzò tutta l’opera, dando anche direttive per il futuro dell'Ospedale nel suo testamento. Importanti furono tra il ’500 e il ’700 i rapporti tra l'Ospedale di San Francesco e l'Università di Padova; in particolare, fatto unico al mondo per quell'epoca, l'Ospedale divenne la prima sede d’insegnamento clinico.
A Gaspara Stampa (1523-1554) è dedicata una via vicino alle riviere. Poetessa, cantante e suonatrice di liuto era molto ammirata. Di origini padovane, visse a Venezia dove la sua casa divenne un salotto letterario tra i più frequentati dai maggiori musicisti, pittori e letterati. Tutte le opere, le Rime, i sonetti, le canzoni e le sestine, da lei composte furono pubblicate postume e dedicate a Giovanni della Casa. Riscoperta in epoca romantica viene definita “la voce più autentica e spontanea della poesia erotica italiana del sedicesimo secolo” . Un suo versetto venne molto diffuso ai primi del ‘900: vivere ardendo e non sentire il male, tratto dal sonetto Amor m'ha fatto ch'io vivo in foco.
Si ricordano altre poetesse e letterate quali Aganoor Vittoria, Grazia Deledda, Ada Negri, Matilde Serao, Usuelli Ruzza Enrichetta, Vivanti Annie, le scienziate Agnesi Maria Gaetana (1718-1799) soprannominata oracolo settelingue per la conoscenza delle lingue, nonché illustre matematica, studiosa di logica, filosofia, fisica e metafisica, scrisse un trattato di analisi algebrica e calcolo infinitesimale che all'età di 34 anni rese la sua casa un rifugio per le donne inferme da lei stessa accudite, e Maria Curie, le filantrope Fornasari Filomena, Omboni Stefania, Elena Valmarana, Cristina Moschini.
Si aggiungono Andreini Isabella, letterata, scrittrice, sceneggiatrice e le rappresentanti del mondo dello spettacolo quali Malibran Maria (1808–1836), Marchionni Carlotta (1796–1861), attrice, Pasta Giuditta (1798–1865), cantante, Ristori Adelaide (1822–1906), grande attrice tragica. Lucia Valentini Terrani (1946–1998), cantante e le pittrici Benato Elisa (1812–1888) e Carriera Rosalba (1673–1757).
In zona periferica, nel quartiere 6 ovest, si trova la via intitolata alla giornalista protagonista della nascita del movimento emancipazionista italiano Gualberta Alaide Beccari (1842–1906), mentre Bianchi Lidia (1919–1945), partigiana dal nome di battaglia Franca medaglia d’oro al Valor Militare è collocata nel quartiere 3 est.
Nel quartiere 2 nord troviamo Solera Mantegazza Laura (1813–1873), patriota fondatrice di istituti di beneficienza.

Nei comuni più lontani dalla città dove prevale la campagna aumentano i toponimi che rimandano ai nomi dei luoghi: Piovega, Fiumicello, Bosco, Stroppari, Conche, Capitello, Ronchi, Argine, Giare pur mantenendo la presenza di vie dedicate a esponenti religiose che talvolta rappresentano l’unica intitolazione al femminile.
Sono 29 i comuni totalmente privi di intitolazioni al femminile: né sante né laiche.

Due levatrici di paese sono state onorate dell'intitolazione di una via: Maria Artusi a Sant'Angelo di Piove di Sacco e Onorina Scanferla a Bagnoli di Sopra. Sono stati riconosciuti i loro meriti per aver fatto nascere tante bambine e bambini per lungo tempo.
Altre personaggie meritevoli le troviamo concentrate a Cadoneghe dove, pur appartenendo a epoche diverse, convivono Elsa Morante, Margherita Zoebeli, pedagogista ed educatrice che lottò per l'integrazione dei bambini handicappati, medaglia d'oro per l'opera zelante ed efficace a favore dell'istruzione elementare e dell'educazione infantile, Elena Lucrezia Corner Piscopia e Ilaria Alpi con Suor Isabella De Rosis, fondatrice dell'Istituto Suore Riparatrici del Sacro Cuore.
Mentre a Grantorto sono state privilegiate le intitolazioni alle componenti di famiglie reali come le Principesse Jolanda e Mafalda, e alle Regine Elena e Margherita, il non lontano comune di Galliera Veneta dedica l'unica via al femminile a Marianna di Savoia chiamata la Principessa scoiattolo. Benvoluta Regina Italiana del Regno Lombardo Veneto per la sua capacità di calarsi tra la gente, non fu felice della vita matrimoniale ma con la segreta approvazione del Re, suo padre Vittorio Emanuele I, ritrovò la felicità con Bernardino Pio, suo giovanissimo precettore amato, diventando la nobildonna più patriottica d’Italia.
San Martino di Lupari è l'esempio di come persistano due stereotipi di donna: accanto a Santa Rita, Santa Chiara e Santa Caterina c’è via delle Streghe. Nessuna via di mezzo.
Berengaria, principessa di Navarra e regina consorte di Riccardo Cuor di Leone, è circondata da quattro Sante, una Beata e una Madonna a Vigonza.
Le copiose intitolazioni a figure religiose sono anche espressione di un mondo cattolico che in questa regione è molto radicato perché intersecato con la solidarietà e l'associazionismo di sostegno come quello della “cassa peota” (piccoli prestiti), gestita dai parroci che si sviluppò maggiormente quando, durante l’800, si avvertì la forte crisi agraria dovuta alle massicce importazioni di cereali dalle pianure americane. Scarse intitolazioni a figure femminili non religiose sono anche dovute all'effettiva scarsità di possibilità di manifestazione del genio femminile dovuto in particolar modo al ruolo assegnato socialmente alla donna e alla preclusione allo studio. Nel '500 era comune pensare che le donne fossero inferiori agli uomini create per servirli. E per le dotte quali Elena Lucrezia Corner Piscopia prima e Maria Gaetana Agnesi poi, che hanno potuto accedere allo studio perché i relativi padri si interessarono volutamente, direttamente e non senza biasimo sociale. Salvo poi risplendere di luce riflessa emanata dalle illustri figlie.

Concludendo Grazia Deledda, Maria Montessori, Vittoria Aganoor, Elena Lucrezia Corner Piscopia, Ilaria Alpi, Gaspara Stampa e Ada Negri sono le intitolazioni presenti in più comuni della provincia di Padova.
Si può tentare a questo punto di tracciare il profilo di donna che emerge dalla ricerca: letterata da premio Nobel, pedagoga, scienziata, incline alla creazione poetica, filosofa e giornalista.
Una donna che dialoga con il mondo attraverso la parola in ogni sua forma amata.