Bianca Bianchi

BIANCA BIANCHI

Di Fiorenza Taricone

Bianca Bianchi nasce a Vicchio di Mugello (Firenze) nel luglio del 1914, alla vigilia della Grande Guerra, da Adolfo e Amante Capaggi. Laureata in Pedagogia e Filosofia, insegna in diversi istituti superiori di Firenze, Mantova, Cremona, Genova.

Entrata nella Resistenza con il ruolo di staffetta, è una partigiana coraggiosa e combattente in prima persona, rifornendo i compagni di armi e munizioni e salvando numerosi soldati alleati caduti nelle zone controllate dai tedeschi.

In piena guerra soggiorna in Bulgaria e in seguito racconta questa esperienza in Milinkata, pubblicato a Firenze nel 1973.

È eletta all’Assemblea Costituente nel Collegio elettorale di Firenze-Pistoia, per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Assieme a Teresa Mattei ricopre la carica di Segretaria di Presidenza dell’Assemblea. Lei stessa ricorda, in una testimonianza personale rilasciata nel 1996, i giorni dell’insediamento: trova alloggio in una pensione vicino a Porta Pinciana e la confidenza con Montecitorio si rivela per lei ancora più difficile della confidenza con una città come Roma, che le sembra enorme rispetto a Firenze. «Me ne vado su e giù per il Transatlantico, rispondo alle domande dei giornalisti curiosi, [...] mi dà l’impressione di trovarmi in un labirinto e mi sento di nuovo una ragazza di campagna. Sono molto tesa quando entro per la prima volta nell’Aula. Lentamente entrano i deputati, li guardo attraverso l’emiciclo prendere posto secondo una geografia politica molto rigida. All’estrema sinistra si dispongono i comunisti, accanto, i socialisti, [...] i compagni mi hanno avvertito di non sbagliare per non trovarmi mescolata a reazionari politici...»

(Alle origini della Repubblica. Donne e Costituente, a cura di Marina Addis Saba, Mimma De Leo, Fiorenza Taricone, Presidenza del Consiglio dei ministri, Commissione Nazionale Parità, 1996).

Nel novembre del 1946 è eletta al Consiglio comunale di Firenze con il maggior numero di preferenze.

L’anno successivo segue Saragat e aderisce al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, nato con la scissione del Psiup, assumendo la direzione del settimanale regionale Il Socialismo toscano.

Eletta nel ‘48 alla Camera dei Deputati nella prima legislatura repubblicana per la lista Unità Socialista, Bianca Bianchi presenta numerose proposte di legge: i suoi interventi riguardano principalmente i temi della scuola, delle pensioni, dell’occupazione. Contraria alle sovvenzioni statali alla scuola privata, sospettata di concedere con troppa facilità diplomi e titoli, con una gestione “mercantile”, propone di sostituire la parificazione con l’istituzione prefascista del pareggiamento, che offre migliori garanzie attraverso regolari concorsi per il reclutamento degli insegnanti.

Altri interventi riguardano la tutela giuridica dei figli naturali, l’obbligatorietà del riconoscimento materno, la ricerca di paternità, senza la quale era assicurata agli uomini l’impunità, e l’unificazione dei servizi assistenziali dei figli illegittimi.

Ancora sul tema dei figli illegittimi, parla al Congresso Internazionale delle Donne ad Amsterdam: lei stessa ricorda, nel suo toccante libro di memorie, Il colore delle nuvole, dedicato ai suoi nonni Angiolo e Assunta, che al Congresso ognuna doveva parlare della condizione dei figli illegittimi

nel proprio paese; quando parla lei e denuncia che in Italia sui documenti del figlio naturale, perfino sulla pagella scolastica, veniva riportata, per indicare il padre e la madre, la dizione “di NN e di NN”, segue uno sdegno generale. Incaricata al ritorno di presentare un progetto di legge, si mette al lavoro studiando in Biblioteca. Ritenendosi pronta, interviene alla Direzione del Partito chiedendo di prendere la parola su “un problema”, mentre nasconde le mani sotto al tavolo per la paura.

«Presentare una proposta di legge per la ricerca della paternità e della maternità dei figli nati fuori dal matrimonio». «Si scatenò un putiferio. Un deputato di Milano bestemmiò; altri mi oltraggiarono, gridando parole ingiuriose. Raccolsi il materiale storico e giuridico. Lavorai

per otto mesi, visitai brefotrofi, centri di assistenza, provai vergogna, dolore e umiliazione, [...] ricevetti incoraggiamenti e delusioni soprattutto da uomini del partito, che mi rimproverarono la superbia di volermi occupare di un problema giuridico senza aver studiato legge [...] e arrivai a formulare la proposta di legge».

Dal ‘53 al ‘55 diventa l’esperta di problemi educativi per il quotidiano fiorentino La Nazione, dove cura la rubrica “Occhio di ragazzi”, mettendo a fuoco i disagi della scuola italiana. Negli stessi anni fonda la “Scuola d’Europa”, centro educativo di sperimentazione didattica, strutturato secondo il metodo Pestalozzi, che accoglie ragazzi delle scuole elementari e medie provenienti da tutta l’Italia centro-settentrionale.

Dal 1970 al 1975 è vice sindaca di Firenze e Assessora alle questioni legali e affari generali. Alla fine del suo mandato non si ricandida, ma si dedica agli studi e alla passione per la scrittura.

Muore nel luglio del 2000.