TOTALE STRADE / VIE / PIAZZE / ETC.: 303
INTITOLATE A UOMINI: 129
INTITOLATE A DONNE: 2
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE STRADE INTITOLATE A DONNE
Madonne (Immacolata, Beata Vergine, Santa Maria etc.): 1
Madonnetta
Sante, beate, martiri: --
Suore e benefattrici religiose, benemerite, fondatrici ordini religiosi e/o enti assistenziali-caritatevoli:

--

Benefattrici laiche, fondatrici enti assistenziali-caritatevoli: --
Letterate / umaniste (scrittrici, poete, letterate, critiche, giornaliste, educatrici, pedagoghe, archeologhe, papirologhe...): --
Scienziate (matematiche, fisiche, astronome, geografe, naturaliste, biologhe, mediche, botaniche, zoologhe...): --
Donne dello spettacolo (attrici, cantanti, musiciste, ballerine, registe, scenografe...): --
Artiste (pittrici, scultrici, miniaturiste, fotografe, fumettiste...): --
Figure storiche e politiche (matrone romane, nobildonne, principesse, regine, patriote, combattenti della Resistenza, vittime della lotta politica / guerra / nazismo, politiche, sindacaliste, femministe...): 1
Via Maria Erminia Gecchele
Lavoratrici / imprenditrici / artigiane: --
Figure mitologiche o leggendarie, personaggi letterari: --
Atlete e sportive: --
Altro (nomi femminili non identificati; toponimi legati a tradizioni locali, ad es. via delle Convertite, via delle Canterine, via della Moretta, via delle Zoccolette; madri di personaggi illustri...): --

  Censimento a cura di: Nadia Cario.  

Fonte: Agenzia del Territorio 2010.

Maria Erminia Gecchele di Ilario e Maria Sola, nasce a Zanè il 28 marzo 1904. Operaia tessile al Lanificio Rossi di Torrebelvicino, prima della seconda guerra mondiale, ebbe la possibilità di frequentare la cellula comunista di fabbrica e di forgiarsi nell’ambito dell’antifascismo militante. Non le fu difficile, quindi, abbracciare con entusiasmo e dedizione assoluti la causa della resistenza civile e armata ai nazifascisti, dopo l’8 settembre del 1943. Erminia Gecchele, “Lena”, ebbe modo di farsi apprezzare come staffetta di eccezionali capacità e, in breve, di diventare l’elemento di punta, all’interno della brigata “Garemi”, sul piano dei collegamenti, dell’organizzazione delle staffette ed in genere del servizio informazioni. Col crescere della “Garemi”, crebbero le responsabilità di” Lena”. La troviamo così al comando del servizio informazioni della divisione e, quindi, del gruppo di divisioni “Garemi”. L’area coperta dall’attività della partigiana andava dal Pasubio alla vallata dell’ Agno, da Vicenza ad Asiago. Collegava partigiani di pianura a quelli di montagna, reparti garibaldini a quelli di altra estrazione politica, CLN e PCI di Vicenza a CLN locali e a comitati dirigenti di zona del partito. Un’attività vitale e pericolosissima. Il 13 dicembre del 1944, mentre stava portando a termine una missione, venne catturata da due militi fascisti nei pressi di Alte di Montecchio. Tradotta alle carceri di Vicenza, resse così bene i pesanti interrogatori che, dopo qualche giorno, si pensò di trasportarla a Palazzo Giusti a Padova, dove operavano gli aguzzini dell’UPI e gli uomini della “Banda Carità”. Dal dicembre 1944 all’aprile 1945 la partigiana fu sottoposta a sevizie inenarrabili. La torturarono come peggio non si sarebbe potuto, ma non riuscirono a tirar fuori dalle labbra dell’eroica staffetta né un nome, né un luogo, né un fatto. Uno dei torturatori di “Lena”, Umberto Usai, ebbe a dichiarare nella sua confessione che “in (sua) presenza per ordine di Bacoccoli (fu) spogliata ed elettrizzata molto”. Se “Lena” avesse parlato, probabilmente, per il gruppo di divisioni “Garemi” sarebbe stata una vera catastrofe. Lei sapeva praticamente tutto: organigramma di ogni singolo reparto partigiano operante nell’alto vicentino, la sua dislocazione, i suoi spostamenti, le sue basi principali e di ripiego, i nomi di decine e decine di patrioti operanti nei paesi, la rete delle staffette e, quel che più conta, la composizione e la base del comando generale del gruppo divisioni “Garemi”. Nello Boscagli ed i suoi compagni non avrebbero avuto scampo e, con essi, sarebbero scomparse decine e decine di partigiani. Erminia Gecchele venne liberata il 27 aprile 1945. Era ridotta in condizioni pietose. Visitata, le vennero riscontrate ferite da arma da taglio sulle braccia, la frattura della mandibola sinistra, fratture costali ecc. La corrente elettrica non lascia tracce immediatamente visibili. Le venne riconosciuta l’invalidità per cause di guerra ed assegnata una modesta pensione. Nel 1968 le vennero conferite due croci di guerra. In precedenza la Presidenza del consiglio dei ministri, con decisione del 30 marzo 1949, aveva riconosciuto alla partigiana il grado di “tenente” per il periodo marzo-maggio1944 e quello di capitano per il periodo giugno 1944- aprile 1945. L’eccezionale fibra della partigiana resse alla barbarie e alle inumane sofferenze inflittele ma, nel dopoguerra, si dovette purtroppo constatare che le lesioni patite avevano lasciato pesanti e perpetue eredità. Maria Erminia Gecchele è deceduta il 7 maggio 1975.
Testo tratto integralmente dal pieghevole presentato il 3 dicembre 2006 dal comune di Montecchio Maggiore in occasione dell’intitolazione di una via a Maria Erminia Gecchele.