Asia

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- Nezhat Nafisi: fu la prima donna ad essere eletta al Parlamento Iraniano. Fu la madre della scrittrice Azar Nafisi (autrice del bellissimo libro "Leggere Lolita a Teheran"). La vita, i ricordi e le foto di Nezhat si trovano nel libro "Le cose che non ho detto" pubblicato dalla figlia.

 

- Natalie Nakase: è stata la prima donna allenatrice, nel 2012, di una squadra maschile di basket in Giappone. E' americana ed ha 32 anni.

 

-Taslima Nasreen: è stata, nel 1994, la prima donna del Bangladesh a vincere il Premio Sakharov.

E' nata nel 1962. Dopo essersi laureata in Medicina iniziò a lavorare negli ospedali pubblici ed iniziò pure a scrivere sull'oppressione femminile nel suo Paese, criticando coraggiosamente religione, usi, costumi e tradizioni che discriminavano le donne. E' stata anche, nel 1992, la prima scrittrice del Bangladesh a vincere il premio indiano "Ananda". Dopo i suoi scritti di denuncia, i fondamentalisti islamici iniziarono a devastare le redazioni dei giornali in cui lavorava, citando in giudizio gli editori. La sua presenza venne rifiutata in tutti i luoghi pubblici e nel 1993 fu posta una taglia sulla sua testa, costringendola così a non potere uscire più.

Il governo le confiscò anche il passaporto. Il suo libro “Lajja” (Vergogna) è stato censurato in Bangladesh e nei Paesi vicini.

L’Organizzazione Internazionale degli Scrittori ed altre associazioni umanitarie riuscirono a farle lasciare il Paese. Talisma però, nel 1998, vi fece ritorno senza il permesso del Governo per assistere la madre gravemente ammalata. I fondamentalisti tornarono a chiedere la sua morte e quando la madre, di religione musulmana, morì nessuno officiò il suo funerale, perché era la madre di una infedele. Talisma fu così costretta a lasciare il Bangladesh ed a vivere in esilio in Europa.

 

Riportiamo alcuni brani del suo discorso al Women’s Forum del 2005 in Francia:

“Nel mio stato, la mia adolescenza non è stata molto differente da quella di molte altre ragazze della mia generazione. Come molte altre ragazze nate in una famiglia di classe media sono stata mandata a scuola. Le ragazze, frequentemente, lasciavano la scuola tra i 15 e i 16 anni, quando venivano promesse spose dai loro genitori. Poche ragazze avevano la possibilità di continuare gli studi, perché dopo un matrimonio combinato non era loro consentito di continuare a studiare in scuole o università così come non era loro consentito di lavorare. Queste ragazze diventavano totalmente dipendenti dal loro marito, in altre parole. Era usuale, per noi bambini, di prima mattina, leggere il corano in arabo, e, come tutti gli altri bambini del Bangladesh, anch’io feci così. Ma mi sorpresi a farmi delle domande. Volevo sapere cosa stavo leggendo, quali erano i significati dei versi del corano. La nostra lingua madre è il Bengali non l’arabo, e così non era possibile capire il significato dei versi che leggevamo. Noi leggevamo, soltanto. Quando chiesi a mia madre il significato di quanto stavo leggendo mi spiegò che il significato non è importante, che quello che era importante è che Allah sarebbe stato felice che io stavo leggendo il corano nella sua lingua originale.

A 13 o 14 anni, tuttavia, trovai un libro che traduceva il corano in Bengali. A mia sorpresa trovai che Allah diceva che i maschi erano superiori, che le donne erano inferiori. I maschi possono avere quattro mogli. I maschi possono divorziare dalle loro mogli quando vogliono. Ai mariti è concesso picchiare le mogli.

Ho trovato che per l’islam le donne non sono un essere umano. Il maschio è la creatura  e le donne sono state create dopo per il piacere del maschio. L’islam considera le donne come schiave o come oggetti sessuali, ma nulla di più. Il ruolo delle donne è stare a casa e ubbidire al marito, perché questo è il loro dovere religioso. Le donne sono considerate deboli, il loro corpo e la loro mente, i loro desideri e le loro speranze devono essere controllate dal marito.

L’islam considera le donne inferiori intellettualmente, moralmente e fisicamente. Nel matrimonio l’islam protegge i diritti dei mariti e dei mariti soltanto. Il corano dà totale libertà ai maschi dicendo <<le tue donne sono come i tuoi campi, usale a tua volontà>>.

Alle donne è insegnato che devono seguire i mariti ovunque e sempre. E’ loro dovere. L’islam considera le donne psicologicamente inferiori. La testimonianza delle donne non è consentita in caso di matrimonio, divorzio o hudud. Hudud sono le punizioni secondo la legge islamica per casi di adulterio, apostasia, furto,

rapina e così via. Se una donna subisce violenza sessuale deve portare 4 testimoni maschi in un’aula di tribunale. Se non riesce non può esserci azione contro il violentatore. Secondo la legge islamica la testimonianza di due donne equivale a quella di un maschio.

Non vi è equità nella spartizione ereditaria tra maschi e femmine. In caso di eredità Allah dice <<un uomo deve ereditare il doppio di una donna>>.

E dopo tutti i diritti e le libertà, dopo aver ottenuto il piacere sessuale ed il piacere del comando, Allah ricompenserà gli uomini maschi, in paradiso, con vino, cibo e 72 vergini. Mi divenne quindi chiaro che il maschio aveva scritto il corano per il suo interesse e il suo divertimento. Quindi smisi di credere nell’islam. Quando studiai altrereligioni trovai che anch’esse opprimevano le donne. Mio padre, un medico, aveva un approccio scientifico ma era un dominatore. Non mi concedeva la libertà di giocare, di uscire ed incontrare gli amici, di andare al cinema o al teatro, o di leggere libri liberamente. Voleva che anch’io diventassi medico per poter dire che uno dei suoi figli aveva seguito il suo cammino. Da una parte voleva, per me, una certa indipendenza, dall’altra voleva trovarmi un marito che potesse andarmi bene. Crescendo ho continuato ad osservare la condizione della donna nella nostra società. Mia madre, ad esempio, era l’esempio perfetto di una donna oppressa. Era stata promessa sposa da bambina, era stata una buona scolara ma non le era stato permesso di continuare gli studi. Mio nonno e mio padre non volevano che continuasse a studiare perché quello che volevano per lei era che diventasse una brava donna di casa, una brava madre e una brava persona che si occupasse degli altri.

Mia madre non era l’unica donna ad essere oppressa, perché io vidi le mie zie, le mie vicine di casa, e tutte le donne che conoscevo, che erano oppresso nello stesso modo. Noi ci abituavamo alle tradizioni. Crescendo, ho capito che facevo parte della tradizione ma che ero oppressa così come tutte le altre donne.

 A causa della forte tradizione patriarcale della mia nazione, e del supporto della legge religiosa a questa tradizione, le donne soffrono insopportabili ingiustizie e disuguaglianze. Soffrono la malnutrizione e l’anemia così come soffrono il problema psicologico che deriva dal non essere curate. Le donne non vengono normalmente curate perché vengono portate in ospedale solo quando raggiungono lo stato terminale della malattia. Non è previsto che le donne si ammalino perché devono essere impegnate nell’accudire la casa, nel crescere i figli e nell’accertarsi che i membri maschili della famiglia stiano bene. Le donne sono condannate ad una vita di schiavitù.

Per una coppia sposata la cosa meno desiderata è una figlia femmina. Se nasce una bambina non è cosa strana che la moglie venga ripudiata per il crimine di aver dato la luce ad una figlia femmina o che debba spendere la parte rimanente della vita in disgrazia. Il destino di una donna è di essere comandata dal padre durante l’adolescenza, dal marito quando è giovane e dal figlio quando è vecchia.

 

Riportiamo una sua poesia:

 

Buon matrimonio

 

La mia vita, come sabbia,

in mano a un mostro d’uomo

che vuole il mio corpo sotto il suo controllo

cosicché, se vuole,

possa sputarmi in faccia,

schiaffeggiarmi le guance,

pizzicarmi il culo;

cosicché, se vuole,

possa razziarmi i vestiti,

prendere nella sua morsa la mia bellezza nuda;

cosicché, se vuole,

possa incatenarmi i piedi,

senza remore frustarmi,

segarmi le dita, le mani,

cospargere di sale le mie ferite,

lanciare grani di pepe nero nei miei occhi,

con uno stiletto recidere le mie cosce,

appendermi e impiccarmi.

Il suo obiettivo: controllare il mio cuore.

Cosicché io lo debba amare.

Nella mia casa sperduta di notte

Senza sonno, ansiosa,

graffiando le finestre,

lo aspetti singhiozzando;

scivolando le lacrime,

sfornando gustoso pane fatto in casa,

bevendo come ambrosia

i liquidi del suo corpo tignoso

cosicché, amandolo, mi sciolga come cera

non rivolgendo lo sguardo ad altri.

Darò prova della mia castità tutta la vita.

Così, amandolo,

in una notte di luna piena

m’ammazzerò

in un raptus estatico.