Strade per un cambiamento

Strade per un cambiamento

 

Lettera aperta al Sindaco di Bari

“ALLA DONNA D’ACQUA
SIMBOLO DELLA DONNA UNIVERSALE
CHE DONA LA LUCE ALL'UOMO...”

Caro Sindaco Michele Emiliano,
questa non è la prima volta che ti scrivo; altre volte è stato per offrirti il punto di vista di un probabile turista che affacciandosi nella città attraversa il Borgo antico, nostro biglietto da visita, per dirigersi verso il quartiere murattiano. E attraverso gli occhi sconosciuti ma attenti di un viaggiatore inesistente, ho provato a riferirti quello che non andava e si sarebbe potuto migliorare.
Questa volta però ti scrivo non a titolo personale, ma come referente territoriale del gruppo Toponomastica Femminile che oggi riunisce oltre 4000 iscritti, gruppo di cui sono sicura avrai sentito parlare in questi mesi (la stampa nazionale si è occupata di noi con crescente interesse e all’estero persino la BBC e il Times!).
Dunque, dicevo, il gruppo è nato grazie all'insolita intuizione di Maria Pia Ercolini insegnante romana di geografia che dalla rilevazione di una assenza macroscopica, quella del genere femminile sulle targhe delle strade, ha dato vita a una ricerca che riguarda i comuni di tutto il territorio nazionale, con il preciso scopo di quantificare la disparità di genere attraverso il censimento delle strade e cercare di indirizzare la toponomastica verso scelte di parità.

Così qualche mese fa, stradario di Bari alla mano, ho cominciato a contare le strade intitolate alle donne. Il risultato è stato molto deludente: su 2.263 strade totali, 1.220 sono quelle intitolate agli uomini, una mappatura per metà al maschile.
Solo 87 sono dedicate alle donne, appena il 3,8 % dello stradario! Ma non è tutto: se togliamo madonne, sante e beate, ne restano appena 39 e di queste ben 20 sono intitolate a regine e principesse, una categoria che difficilmente può dirsi rappresentativa dell’universo femminile. L’immagine della corona è viva nella fantasia simbolica dei sudditi di un monarca, ma in una repubblica democratica dove la sovranità appartiene al popolo, le intitolazioni monarchiche sono simboli morti che lasciano tracce ormai vuote di senso. Eppure a Bari, gli odonimi celebrativi di casa Savoia si susseguono tra i quartieri Carrassi, Loseto, Carbonara, Ceglie e ancora Palese e Santo Spirito con monotona incredibile ripetitività, dalle strade principali alle traverse che incrociano.
Cosa resta caro Sindaco, delle donne a Bari? Un numero assolutamente irrilevante, diciamolo pure, uno sprezzo al genere femminile. Pochissime strade rievocano donne storiche e politiche, sei per la precisione e tutte situate in quartieri periferici. Sono l’eroina Anita Garibaldi alla quale è dedicata una via, contro ben 23 tra strade e vicoli distribuiti su tutti quartieri intitolati al compagno di vita e di lotte Giuseppe Garibaldi, nonostante gli ideali politici e le battaglie condivise. Renata Fonte, assessora leccese uccisa a trentatré anni dalla mafia per aver contrastato la lottizzazione e la speculazione edilizia del Parco naturale di Porto Selvaggio, è menzionata in un breve tratto di strada chiusa e sconosciuta a chiunque, ignorata pure dalla tecnologia satellitare che non riesce a rilevare. A Palese sono ricordate Maria Chieco Bianchi prima sindaca pugliese, la sindacalista Ada del Vecchio Guelfi impegnata nella lotta per la parità e i diritti delle donne, che si occupò della condizione di salute della operaie alla Manifattura dei tabacchi e Luigia de Marinis prima donna ad entrare nel consiglio comunale a Bari. Giustina Rocca di Trani, passata alla storia come prima avvocata al mondo, anche lei in una strada quasi ai margini della città. Una sola strada ricorda una scienziata, Maria Curie e solo sei, donne nel campo della letteratura: sono Via Wanda Bruschi-Gorjux, Largo Ave e Candida Stella, Via Grazia Deledda, Largo Maria Montessori, Via Matilde Serao, Via Ada Negri.

I dati di Bari parlano chiaro: le donne sono invisibili o hanno lasciato tracce impercettibili nella storia di questa città, almeno questo è ciò che rivela l’indagine toponomastica. C’è uno squilibrio talmente assordante tra le intitolazioni con nomi maschili e quelle con nomi femminili, che impone urgente una riflessione. Anche le intitolazioni delle strade contribuiscono a creare la cultura di un popolo: ma quali modelli offre oggi la nostra città alle giovani generazioni? Con quali protagoniste della storia, quali vite di donne di spessore, letterate, artiste, eroine, scienziate, filosofe, possono rispecchiarsi le ragazze di Bari se la toponomastica barese ne ignora l’esistenza? Quali esempi di vita si svelano agli occhi non solo femminili, se la memoria storica di una città dimentica le capacità, i contributi, l’impegno profusi dalle donne nella costruzione di una civiltà?

Come Amministratore di Bari conosci benissimo l’importanza dell’esperienza simbolica e del significato dei valori. Quando nel 2006 hai annunciato la demolizione di Punta Perotti, la collettività raccolta in silenzio davanti all'ecomostro simbolo dell’arroganza del potere e della lottizzazione abusiva ha vissuto un’esperienza etica intensa e irripetibile. Dalle macerie e dalla polvere di migliaia di tonnellate di cemento armato, sono ri-nati i valori calpestati della legalità e insieme a loro la rinnovata fiducia e nuova consapevolezza dei cittadini che è possibile creare una società migliore. L’abbattimento di Punta Perotti è un evento della storia della nostra città che può considerarsi a pieno titolo come creazione di un simbolo datore di valore. E con i simboli datori di valore abbiamo bisogno, oggi più che mai, di identificarci.

La strade, le piazze, i monumenti sono simboli importanti che diventano parte della comunità, con i simboli noi diamo valore a noi stessi come soggetti.
La toponomastica, caro Sindaco, può contribuire alla costruzione di una società rispettosa della parità di genere e per questo migliore, ma a condizione di non dimenticare più le donne.

Questo il tema cruciale del I Convegno Nazionale di Toponomastica femminile tenuto a Roma il 6 e 7 ottobre scorso, con il patrocinio del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’ANCI, dell’ANPI, del CNR, del Comune di Roma, del Laboratorio Internazionale di Onomastica.