Una targa che guarda oltre

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Si terrà giorno 12 maggio la celebrazione della dedica di un tratto del nostro lungomare a Mia Martini.

E... “Perché?” mi chiedo... Be’... Perché “Mimì” era di Bagnara... Dirimpettaia, insomma... Ma solo per questo? Ma no... ha tenuto proprio a Messina anche un importante concerto nel ’92... la città può vantare la presenza dell’unico fan club autorizzato...

E, paradossalmente, mi verrebbe da chiedermi... E quindi?

In effetti, detta così, questa celebrazione appare superficiale, automatica. Il problema è che ci si abitua alle cose e un gesto profondo come dedicare una piazza, una via, un lungomare vive di mera ritualità, risultando banale. E noi, cinici e borghesi cittadini, abituati nella quotidianità a che ogni piazza, via e lungomare sia dedicato a personaggi storici, santi, artisti... assorbiamo più il lustro e la mondanità di tale evento. E allora la domanda che devo farmi non è più “perché”, ma devo recuperare uno sguardo innocente e chiedermi “che valore ha dedicare un piccolissimo spazio geografico alla memoria di qualcuno”?

Adesso sì che la risposta mi appare bellissima. Perché già mi immagino mentre passeggio sulla pista ciclabile (già... contraddizioni che a Messina vivono) e leggo il nome di Mia Martini; e allora ,comandata dagli stessi riflessi del cane di Pavlov, inizio a canticchiare nella mia testa Minuetto o Gli uomini non cambiano, ad attivare insomma quel misterioso e potente meccanismo che è la “memoria”, una vera e propria dimensione dello spirito.

E: se domani io mi svegliassi senza memoria, non saprei più chi sono. Ugualmente una città, una nazione, un Paese. E credo che in questo momento io, la mia città, la mia nazione e il mio Paese, abbiamo bisogno di ricordarci – perché lo stiamo dimenticando e ci stiamo, così, abbrutendo – la ricchezza e l’esistenza dei “nobili di spirito”, nel cui albero genealogico troviamo di certo Mia Martini. Anime elevate, profonde, molto più vicine a Dio, anche quando atee, di tre quarti dei cristiani che vanno in chiesa. Anime alte, martiri di una società che le reputa e deride come “diverse”, fino a quando non si tratta di commemorarle. Mi piace pensare, allora, al mondo come un reticolato di nomi che trovano in una targhetta il riscatto per tutte le volte in cui non sono stati capiti, in cui si sono sacrificati, in cui hanno creduto “nonostante tutto”...

E adesso, mi è venuta voglia di prendere la bicicletta domenica sera e pedalare leggera sulla pista ciclabile e sul tempo, sollevata per pochi metri verso il cielo dalla memoria di un’artista, un’anima nobile.