Rita Montagnana Togliatti

Torino, 06/01/1895 - Roma, 18/07/1979
Artigiana, Pubblicista

Mandati:

Assemblea Costituente
Senato I Legislatura

 

 

25/06/1946 - 31/01/1948

Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
08/05/1948 - 24/06/1953

17 /06/1948 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Senato)
Gruppo comunista 08/05/1948 - 24/06/1953
Membro XI Commissione permanente (Igiene e sanità)

«Attraverso la campagna per il voto, che l’Udi ha iniziato fin dal suo sorgere, si è realizzata l’unità completa di tutte le organizzazioni femminili italiane» (I° Congresso nazionale dell’Udi, Firenze 20/10/1945 - Intervento di Rita Montagnana).

Intelligente, preparata, disinvolta e battagliera, ma anche semplice e pragmatica, Rita Montagnana credeva nella necessità di rendere le italiane protagoniste della politica per uscire dalle macerie del fascismo e della guerra. Per questo il voto alle donne fu la sua prima preoccupazione nel dare vita al Comitato di iniziativa dell’Udi (Unione donne italiane), nato a Roma il 15 settembre del 1944 con rappresentanti comuniste, socialiste, del partito d’azione e del partito della sinistra cristiana. Anche se inutilmente aveva cercato di coinvolgere nella nuova associazione la democristiana Angelina Cingolani, era riuscita tuttavia quasi subito a stabilire relazioni unitarie con i movimenti femminili di tutti i partiti del Cln (compresi la DC e i liberali) e le vecchie associazioni femministe, come l’Alleanza femminile e la Fildis, per la costituzione il 25 ottobre del Comitato pro voto.
Intervenendo, il 10 febbraio 1945 nell’Aula Magna del liceo Visconti al Collegio romano, rivendicava con orgoglio la conquista del suffragio femminile adottato nel Consiglio dei ministri del 30 gennaio (Decreto luogo-tenenziale del 1° febbraio 1945, n. 23).
«Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani» (Rita Montagnana, "La donna nella lotta antifascista e nella ricostruzione", in L’Unità, 9 maggio 1945).
Il 2 giugno 1946 le italiane votarono in percentuale superiore a quella degli uomini per il Referendum istituzionale e l’Assemblea costituente. La massiccia partecipazione dell’elettorato femminile, che andava volontariamente e con entusiasmo al voto, ovunque, senza alcuna pressione, tagliava corto con tutti i dubbi sollevati dagli antisuffragisti sull’uso che le donne avrebbero fatto di questo diritto. Rita Montagnana, nel XIII Collegio (Bologna-Ferrara-Forlì-Ravenna), risultò prima fra gli eletti del Pci, con 68.722 voti di preferenza. Insieme ad altre 20 rappresentanti femminili avrebbe dato il suo contributo alla Carta fondamentale della Repubblica. A quell’epoca aveva quasi cinquant’anni e approdava a Montecitorio forte del prestigio accumulato sin da giovanissima nella lotta politica e sindacale, nella clandestinità , nel lungo esilio in URSS al fianco di Togliatti e nell’attività nei movimenti femminili.

Era nata a Torino nel 1895. A quattordici anni era andata a lavorare come sarta, aderendo subito ai famosi scioperi delle sarte torinesi (1909-1911). Particolarmente attiva nella sezione socialista di Borgo San Paolo, già segretaria del Circolo femminile "La Difesa", dopo aver partecipato all'occupazione delle fabbriche, nel 1921 era passata con il gruppo ordinovista di Antonio Gramsci nel Partito Comunista d'Italia, che l’aveva subito inviata alla II Conferenza femminile internazionale e al III Congresso del Komintern. Nel 1922 aveva iniziato a collaborare al periodico La compagna e quando, l’anno successivo, la redazione passò da Roma a Torino, Rita ne condivise la direzione con Camilla Ravera e Rina Picolato.
Nel 1924 si sposava con Palmiro Togliatti e l’anno seguente nasceva a Roma Aldo, il loro unico figlio. Con l'arresto di Gramsci, nel novembre del 1926, mentre la famiglia Togliatti era a Mosca, iniziava anche il suo esilio che l’avrebbe vista spostarsi in continuazione tra Svizzera, Francia e Unione Sovietica.
Alla ripresa dell’attività illegale, che caratterizza gli anni della “svolta”, Rita assunse i panni del “fenicottero”, compiendo diverse missioni in Italia. Prese parte alla guerra civile in Spagna e, finalmente, rientrò in Italia nel maggio 1944, cominciando una nuova intensa fase di impegno politico come leader dell’organizzazione femminile del partito. È in questo contesto che con Emilia Siracusa Cabrini, Maria Romita, Giuliana Nenni, Bastianina Musu Martini, Egle Gualdi, Luigia Cobau e Marisa Cinciari Rodano dette vita all’Udi, divenendone presidente nel congresso di Firenze del 1945, quando avvenne la fusione con i Gdd (Gruppi di Difesa della Donna), che avevano agito nell’Italia occupata. Tra le date simboliche la nuova organizzazione femminile scelse l'8 marzo e a Rita venne l’idea di abbinare la mimosa alla giornata internazionale della donna.

Chiusa la fase della Costituente, s’impegnò nella campagna elettorale del 1948 e sebbene risultasse eletta Senatrice non mancò di lanciare l’allarme sulla sottorappresentazione delle donne, poche candidate e poche elette, un errore e un’indicazione sbagliata per l’elettorato e per il partito, come testimonia questa analisi: «Vi è stato anche da parte dei compagni dirigenti, salvo eccezioni, una enorme incomprensione verso il lavoro femminile. Si sono tagliate le ali, si sono demoralizzate, umiliate anche le compagne migliori, più qualificate, con un ottimo passato di partito» (Lettera di R.M. alla Segreteria del Pci di Roma, marzo 1951).

Dopo la separazione da Togliatti, Rita abbandonò progressivamente l’attività politica e dal 1958 si ritirò a vita privata con il figlio Aldo, gravemente malato.
Morì a Roma nel 1979.

Fabrizia Gurreri

Maria Nicotra Fiorini

Catania, 06/07/1913 - Padova, 15/07/2007
Crocerossina, Dirigente ACLI

Mandati:

Assemblea Costituente
Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Divenuti legge:
Interventi:

6
1
1
17

25/06/1946 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948
08/05/1948 - 24/06/1953

11/06/1948 - 01/07/1949
26/01/1949 - 24/06/1953

01/07/1949 - 24/06/1953
12/05/1952 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo democratico cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro III Commissione (Giustizia)
Membro Commissione parlamentare di vigilanza sulle condizioni dei detenuti negli stabilimenti carcerari
Membro VIII Commissione (Trasporti)
Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla

Parlare di una delle donne “madri” della Costituente proveniente dalla Sicilia sembrerebbe facile poiché nell’immaginario collettivo sono donne austere e, diciamolo, anche un po’ noiose. Ma leggendo le biografie di alcune di loro sorgono, come vapore di un profumo indefinito, caratteri e conflitti che creano stima e un pizzico d’invidia da parte di noi donne di oggi. Erano madri, laureate, casalinghe. Donne eleganti, donne con una vita sentimentale che avrebbe dato scandalo, donne che, con i propri ideali, avrebbero cambiato per sempre le sorti italiane.

Maria Nicotra Fiorini, conosciuta anche come Nicotra Verzotto, nasce a Catania il 6 luglio 1913 da una famiglia aristocratica e durante la guerra ottiene la medaglia d’oro per essere stata volontaria della Croce Rossa; sarà Dirigente dell’Azione Cattolica, della Acli e si iscriverà alla Democrazia Cristiana diventando, nel 1954, Vice Delegata del movimento femminile.
Ma facciamo un passo indietro, torniamo a quell’Italia da rifare dopo una triste e sconvolgente guerra: troviamo il nome della giovane Maria tra le 21 donne dell’Assemblea Costituente e tra i deputati eletti nella I Legislatura; fa parte della commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e di vigilanza sulle condizioni dei detenuti. La sua lotta è rivolta anche alla tutela fisica e delle condizioni economiche delle lavoratrici madri e al controllo della stampa destinata all’infanzia e all’adolescenza.

Nel 1953 si conclude la sua attività parlamentare essendo la prima delle non elette alla Camera. Decide quindi di tornare a Catania e nel ’55 conosce il dirigente della DC, Graziano Verzotto, un ragazzo più giovane di dieci anni, padovano, mandato a Catania da Fanfani per riorganizzare il partito siciliano. I due si sposano e Maria resterà accanto al marito appoggiandolo nella sua ascesa politica. Otterrà l’incarico di Presidentessa dell’Istituto Case popolari di Catania nel ’60 (incarico che terrà sino al 1965).
Adesso le due vite si legano vicendevolmente e, come destino di tante donne, Maria passa in secondo piano per assecondare il lavoro del marito. Ecco perché per parlare di lei, si deve fare una cronistoria della figura di Verzotto in Sicilia. Per trovare tracce di Maria, donna in una società purtroppo maschilista per molti versi, dobbiamo indagare sugli eventi della Sicilia del dopoguerra, la politica, la mafia e gli scandali che la caratterizzarono.
Il marito fu uno dei personaggi più misteriosi di quel periodo. Il suo nome fu spesso legato a molti degli avvenimenti dell’isola. Segretario del partito a Siracusa dal 1955 al 1975, divenne presidente dell’EMS; acquistò anche la squadra del Siracusa divenendone presidente. Tra le cose più ambigue ricordiamo che fu testimone di nozze del mafioso riesino Giuseppe Di Cristina, implicato nella scomparsa di Enrico Mattei e del giornalista Mauro De Mauro. Fu, infatti, l’ultimo a salire sull’aereo del presidente dell’Eni, il giorno prima dell’esplosione, così come fu uno degli ultimi a parlare con il giornalista (che stava seguendo una pista sull’incidente aereo) il cui corpo non si trovò mai (una leggenda vuole che si trovi in uno dei piloni dell’A19 che era in costruzione in quel periodo).
Il 1975 fu l’anno nero di Verzotto. Dc e Psi si accordarono col Pci al vertice della Regione, si parlò allora di "compromesso storico" e, come affermò lo stesso Verzotto in un’intervista: «mi costrinsero alle dimissioni». Dopo solo quattro giorni dalle dimissioni, scampò a un tentativo di sequestro. Ma i guai per Verzotto non finirono poiché fu coinvolto nello scandalo finanziario dei “fondi neri” della banca di Michele Sindona. Molti enti pubblici e privati avevano depositato capitali nelle sue banche, poiché il banchiere garantiva interessi in nero. Quei fondi servivano a finanziare i partiti politici. Per non farsi arrestare Verzotto pensò quindi di lasciare l’Italia e nascondersi a Parigi (fonti: Graziano Verzotto, l’"uomo dei misteri", di Marco Nese, 13 maggio 2008, corrieredellasera.it).
Maria non lo seguì, restò in Sicilia prendendo le redini di ciò che il marito aveva lasciato. Si rimboccò le maniche facendo riemergere il carattere combattivo e determinato che aveva avuto da crocerossina durante la guerra, tornò a essere protagonista con il coraggio e la bravura di una dirigente. E fu così che i giornali scrissero «il Siracusa ha l’onore di avere il primo presidente di una squadra di calcio a livello professionistico “donna” che ha guidato la squadra alla conquista della Coppa Italia dilettanti». Quindi, una delle madri della Costituente si è poi interessata a una squadra di calcio negli anni settanta. Ancora una volta una donna entra nel mondo maschile con classe, femminilità e successo.

Verzotto ritornò dalla Francia solo nel 1991 e decise di tornare assieme alla moglie a Padova.
Maria Nicotra morì il 14 luglio del 2007 lontana dalla sua Sicilia, portando con sé molti segreti e il sapore di un mondo che non c’è più.

Samanta Giambarresi

Teresa Noce

Torino, 29/07/1900 - Bologna, 22/01/1980
Sindacalista, Pubblicista

Mandati:

Consulta Nazionale
Assemblea Costituente
Camera I e II Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Divenuti legge:
Interventi:

31
8
4
42

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale
25/06/1946 - 31/01/1948

19/07/1946 - 31/01/1948
19/07/1946 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
Membro Commissione per la Costituzione
Membro Terza sottocommissione
08/05/1948 - 24/06/1953

15/06/1948 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)
25/06/1953 - 11/06/1958

01/07/1953 - 11/06/1958
02/03/1954 - 11/06/1958

II Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958
Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)
Membro Commissione speciale esame disegno di legge n. 568: “Ordinamento ed attribuzioni de consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”

«Per l'8 marzo non potevamo organizzare una festa perché eravamo troppo deboli e affamate, quindi decidemmo di tenere una conferenza» ricorda nella sua autobiografia Teresa Noce (Rivoluzionaria professionale, Milano, 1974), la cui vita attraversa come un filo conduttore i più importanti eventi del secolo dentro il quale ha lasciato un’impronta indelebile.
Estella (questo era il suo nome di battaglia) improvvisò allora un discorso sulle donne che nella storia avevano lottato per la libertà, per i loro ideali e per la fine dello sfruttamento. Parlò, finché ebbe fiato, per infondere coraggio alle compagne del campo di concentramento.

Nata a Torino nel 1900, poverissima, Teresa cominciò a lavorare a sei anni consegnando il pane, poi come stiratrice, sarta e tornitrice alla Fiat. Nel suo romanzo autobiografico, Gioventù senza sole, pubblicato a Parigi nel 1937, racconta la sua giovinezza torinese, e la perdita del fratello maggiore. «Fu terribile. Non mi rassegnai alla morte di mio fratello. Non potevo e non era giusto. Non avevo che lui. Il dolore, fin da allora, mi si trasformò in furore e in desiderio di lotta».
Autodidatta, militante nella sinistra rivoluzionaria torinese, incontrò l’amore in uno studente comunista d’ingegneria, Luigi Longo. Quando nacque il loro primo figlio, Luigi Libero, Teresa lo portava in braccio proseguendo l’attività politica. Madre braccata nella clandestinità fu costretta a dolorose separazioni, come quando il marito nel 1926 partì per Mosca portando con sé il figlioletto di tre anni. «Il giorno della partenza li accompagnai fino al ponte [...] e io vidi il berrettino verde di Gigi scomparire. Quando non lo vidi più, mi sentii male, tanto che dovetti entrare in una farmacia e prendere qualcosa. Era la prima volta che mi capitava un fatto del genere».
Espatriata prima a Mosca poi a Parigi, per anni è un andirivieni di Teresa tra le due città, con frequenti puntate clandestine in Italia, come nel 1931 alla testa della rivolta delle operaie tessili biellesi. In Francia, nel 1934 fondava "Noi Donne”, mensile diretto da Xenia Sereni e, nel 1936, in Spagna “Il Volontario della Libertà”, destinato agli italiani combattenti nelle Brigate Internazionali. «Bisognava aiutare specialmente quelli che arrivavano dall’Italia: ex-carcerati, confinati, sorvegliati speciali. Alla vita senza libertà in Italia e alla precaria esistenza dell’emigrato politico in Francia preferivamo quella di combattente in Spagna».
Bloccata in Francia dall’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, mentre i figli erano a Mosca e Luigi Longo, arrestato, veniva consegnato alla polizia italiana, Teresa dirigeva tra il '41 e il '43 le azioni dei Francs-tireurs-et-partisans. Catturata, fu internata nel lager di Ravensbruck, e poi destinata ai lavori forzati a Holleischen (Cecoslovacchia).
In Italia dopo la Liberazione riprese l’attività di dirigente comunista. Per alleviare la drammatica situazione di bisogno dei bambini, con i Gdd (Gruppi di difesa della donna) poi confluiti nell’Udi (Unione donne italiane), avviò la grandiosa operazione dei “treni della felicità”, con cui si dette ospitalità invernale ad oltre centomila bimbi tra il ‘45 e il ’52.

Membro della Consulta nazionale, eletta il 2 giugno 1946 alla Costituente con 47.219 preferenze nella circoscrizione di Parma, diventa una delle 21 “madri” della Repubblica ed è nominata con altre quattro nella Commissione dei 75. Al suo straordinario contributo si devono le parole dell’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini [...] sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso", base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna.
Nella Commissione 'Diritti e doveri nel campo economico sociale' propose una stesura dell'articolo 40 analoga a quella francese, che protegge costituzionalmente il diritto di sciopero. Sua la mediazione tra opinioni contrapposte che affida il diritto di sciopero “alle leggi che lo regolano”. In dissenso con Togliatti sull’articolo 7, votò contro la ratifica dei Patti Lateranensi.
Eletta il 18 aprile 1948 alla Camera, confermata anche nella seconda legislatura, promosse la parità e il riconoscimento della differenza femminile. Alla guida del sindacato dei tessili, la Fiot, nel 1947 era stata la prima firmataria del progetto di legge in difesa delle lavoratrici madri. La sua battaglia si coronò in Parlamento con l’approvazione delle leggi (L. 860/1950 e L. 1668/1950) che introducevano per “motivi etici, giuridici ed umani” il tassativo divieto di licenziamento delle madri, gestanti o puerpere, il riposo retribuito per maternità e allattamento, l’assistenza al parto, nidi d'infanzia e sale per l'allattamento nei luoghi di lavoro. Nel febbraio 1952, richiamandosi all’articolo 37 della Costituzione e alla 'Convenzione sull’uguaglianza delle remunerazioni' approvata a Ginevra nel 1951 dall’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), presentò una proposta di legge sulla parità di retribuzione per le lavoratici, approvata in Parlamento nel 1956 (L. 741).

Dopo l’annullamento del matrimonio, si allontanò progressivamente dalla vita politica iniziando a scrivere le sue memorie. Morì a Bologna nel 1980.

Fabrizia Gurreri

* Tutte le citazioni sono tratte da Rivoluzionaria professionale.