Nadia Gallico Spano

Tunisi, 02/06/1916 - Roma, 19/01/2006
Funzionaria di Partito, giornalista

Mandati:

Assemblea Costituente
Camera I Legislatura
Camera II Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Interventi:
Incarichi parlamentari:

26
3
60
1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
08/05/1948 - 24/06/1953

15/06/1948 - 17/11/1949
17/11/1949 - 11/07/1952
16/03/1951 - 24/06/1953



11/07/1952 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 01/05/1948 - 24/06/1953
Membro IX Commissione (Agricoltura e alimentazione)
Membro VIII Commissione (Trasporti)
Segretario Commissione speciale per l’esame della proposta di legge di Fadda ed altri n. 1513 ”Sistemazione in Sardegna della sovrappopolazione di altre regioni mediante valorizzazione delle risorse agricole ed industriali dell’isola. Istituzione dell’opera per la valorizzazione della Sardegna”
Membro III Commissione(Giustizia)
25/06/1953 - 11/06/1958

01/07/1953 - 30/06/1955
01/06/1955 - 11/06/1958
II Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 02/07/1953 - 11/06/1958
Membro X Commissione (Industria e commercio)
Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

Nadia Gallico è nata a Tunisi nel 1916 in una famiglia laica di ebrei italiani residente nel Paese dalla prima metà dell’Ottocento e appartenente alla dinamica borghesia attiva nel campo delle professioni e dell’intellettualità. Alla vigilia della seconda guerra mondiale sposa il comunista, rivoluzionario di professione, Velio Spano, esule sardo originario del centro minerario di Guspini, ricercato dalle polizie di tutta Europa e circondato dal mito di eroe imprendibile.
Italiani e francesi, maltesi, ebrei e musulmani, reduci della guerra civile spagnola, comunisti e gollisti, suore e liberi pensatori convivono nella Tunisi multietnica, dove Nadia e Velio cominciano la loro vita in comune che non si arrende all’avanzata del nazismo; resistono e combattono nella clandestinità, subiscono, con i loro compagni, tra i quali i fratelli e la sorella di Nadia, Loris, Ruggero e Diana, processi e condanne dai tribunali di Vichy; trovano nella solidarietà offerta a tutti i perseguitati politici dalla famiglia Gallico, che da subito si è schierata nelle file dell’antifascismo, un rifugio sicuro.

Nel gennaio del 1944 Nadia raggiunge a Napoli Velio, che vi si trova dall’ottobre del ’43. La città liberata, con i suoi mille volti della sofferenza umana, laboratorio politico dell’Italia democratica, è la tappa iniziale di una nuova vita.
Dopo la liberazione della capitale lavora per la federazione comunista romana e si occupa in particolare dei problemi delle donne, resi drammatici dalla difficile situazione post-bellica, nelle borgate e nei quartieri. Nel 1945, ancora in guerra, viene inviata dal partito a fondare in Sardegna le strutture femminili e percorrerà, paese per paese, un’isola famosa per il suo arcaismo in un paesaggio che le ricorda e continua quello tunisino: Cagliari dalla bianca spiaggia del Poetto, Guspini luogo di antichi affetti e Carbonia, la città delle miniere occupate per mesi dagli operai.
La Sardegna diventa una seconda patria, una seconda casa.

Il referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente sono la prima grande prova politica per le donne italiane: il 2 giugno 1946, Nadia, che quel giorno compie trent’anni, vi viene eletta nelle liste del Partito Comunista, nel quale continua a militare attivamente. La sua iniziativa più notevole in questo periodo è l’organizzazione, in collaborazione con il Comune di Roma e della Croce Rossa Italiana, di quelli che saranno chiamati “treni della felicità”: convogli che trasportarono 70.000 bambini meridionali, dalle zone più colpite dalla guerra nelle province del Nord, dove famiglie generose li accolgono, nutrono ed educano ai valori della solidarietà come figli propri.

Nadia e Velio, entrambi costituenti, dal 1948 saranno parlamentari eletti in Sardegna: si incontrano, allevano ed educano le loro tre figlie, che vivono stabilmente sull’isola, tra un aereo e l’altro, tra una riunione politica e un comizio, tra l’occupazione delle terre e il viaggio in Cina che Velio compie inviato del giornale “L’Unità” in occasione della proclamazione della Repubblica popolare.

Alla conclusione del suo impegno in Parlamento, Nadia continua la sua militanza di comunista assumendo, di nuovo a Roma, diversi incarichi –culturali, politici e sociali– sempre prodigandosi con grande generosità e competenza. Dirige per vari anni l’associazione Italia-Cecoslovacchia: organizza un’importante mostra itinerante dei disegni dei bambini della città-ghetto di Terezin e segue le vicende della Primavera di Praga attraverso rapporti istituzionali e di amicizia con intellettuali e politici di quel Paese, prima e dopo la repressione sovietica.
In seguito, per incarico della Sezione Esteri, si occupa delle relazioni del Pci con Paesi e movimenti del terzo mondo: Vietnam, Sud Africa, Africa subsahariana e Paesi arabi. Resta però forte il legame con la Sardegna, dove campagne elettorali, riunioni, impegni diversi di partito la riconducono di continuo, rafforzando e arricchendo i rapporti di amicizia e di militanza comune che Nadia coltiverà fino alla fine.
Nel 1964 muore il suo compagno, ma il grandissimo dolore non impedisce a Nadia di proseguire nell’opera che con lui aveva intrapreso quasi tre decenni prima.
Il suo inguaribile ottimismo, la volontà e la fiducia nel prossimo trovano, verso la fine della sua vita, un altro forte stimolo per una nuova attività: il 60° anno della Costituzione repubblicana la trova impegnata a percorrere il Paese per entrare nelle scuole e parlare ai giovani con chiarezza e con simpatia della genesi politica di quel documento che oggi garantisce, con il suo linguaggio semplice e lo stile conciso, il carattere della democrazia italiana, e dell’ambiente culturale e sociale in cui esso trovò forma.
Nadia Gallico Spano è morta il 19 gennaio del 2006, lasciando un libro di ricordi Mabruk, ricordi di un’inguaribile ottimista pubblicato alla fine del 2005 dalla casa editrice sarda AM&D.

Sonia Gallico

teresa-mattei-

Genova, 01/02/1921 - Lari (PI), 12/03/2013
Laurea in Filosofia; Insegnante

Mandati:

Assemblea Costituente

Interventi:
Incarichi parlamentari:

1
1

25/06/1946 - 31/01/1948

25/06/1946 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
Segretario Ufficio di Presidenza

Teresa Mattei è la testimonianza vivente degli anni italiani del cambiamento più autentico. Donna di semi, donna di sassi, giunge ad una età oggi densa e robusta, custodendo preziosa la tenacia di una lotta imponente.

Nata a Genova il 1° febbraio 1921, abbraccia la militanza antifascista già nella precocità famigliare, tanto da partire, ad appena 16 anni, alla volta della Costa Azzurra per far giungere un sostegno economico ai fratelli Rosselli, Carlo e Nello. Il viaggio ha come epilogo imprevisto l’arresto a Bozzolo, nella canonica di Don Primo Mazzolari, ma allo stato di detenzione segue un immediato rilascio dovuto alla falsa ammissione di Teresa di trovarsi in quel luogo per esigenze spirituali. L’episodio non comporta alcuna intimidazione interiore e quell’anima battagliera diviene piuttosto un fuoco ardente e alimenta ancor di più la linfa vitale di una rabbia già degna e orgogliosa.
Nel 1938, nel pieno di un’attività autonoma e clandestina che prevede la distribuzione di volantini “casalinghi” inneggianti alla urgente libertà, Teresa viene radiata da tutte le scuole italiane in seguito al suo netto rifiuto di rimanere nell’aula scolastica durante le aberranti lezioni sui princìpi della razza. Calamandrei e La Pira, fedeli amici del padre, ne diventano così i precettori personali, aiutando questa donna, giovane e coraggiosa, a dare la continuità dovuta al percorso della sua conoscenza, facendola approdare, da privatista, alla maturità. Il privilegio avuto sarà sempre custodito con dovizia nello scrigno delle relazioni più inestimabili, che si palesano fin da subito non solo come magnifiche affinità elettive, ma anche come incommensurabili laboratori umani di pensiero critico e organizzazione della lotta.
Ad appena 22 anni, Teresa partecipa con il fratello Gianfranco, allievo e pupillo del Prof. Natta, ad un incontro milanese animato dai più distinti intellettuali del tempo, riunitisi presso il Politecnico meneghino al fine di dare analisi e forma all’impegno assunto contro la dittatura. Mentre Gianfranco abbandona la carriera accademica per riservare energia infinita alla costituzione dei gruppi armati, Teresa, ribattezzata Chicchi, agisce impavida in operazioni rischiose e complesse, come quella che mira a far saltare dei vagoni di dinamite nascosti in un tunnel, azione riuscita, durante la quale però muore il compagno Dante. La bicicletta sarà la sua salvezza, insieme al suo acuto ingegno: inseguita dai tedeschi, irrompe in un’aula universitaria convincendo il Prof.Garin, di cui era tesista, a far finta che fosse in svolgimento una seduta di laurea. Il giorno dopo, con piena convalida, le sarà riconosciuta quella laurea ottenuta nell’escamotage di un atto salvifico. Quando le affidano il compito delicatissimo di recarsi da Firenze a Roma, per consegnare le matrici di stampa alla redazione capitolina dell’Unità, Teresa conosce l’insostenibile ferita, intima e anche politica, dello stupro di gruppo: bloccata dalla polizia tedesca e portata a forza in un casale, in cinque abusano del suo corpo, di un corpo paradossalmente resistente, che si immola al martirio della violenza più insopportabile pur di non rimettere agli aguzzini quei preziosi materiali. In fuga, si nasconde per poche ore in un monastero e raggiunge la Capitale.

Divenuta partigiana e nominata Comandante di Compagnia nel Fronte della Gioventù, deve affrontare un’altra sofferenza straziante: il suicidio dell’amatissimo fratello, che preferì immolare se stesso nella caserma di via Tasso anziché tradire i propri compagni sotto tortura. Il dolore non scalfisce gli intenti e Teresa è parte attiva nell’attentato al filosofo repubblichino Gentile.
Fondatrice dei Gruppi di Difesa della Donna, iscritta all’UDI e al PCI, nella fase post-bellica e finalmente democratica verrà ripagata delle lacrime e del sangue: ad appena 25 anni è eletta nell’Assemblea Costituente, della cui Presidenza è Segretaria fino al 1948. In dissenso ostile con Togliatti, rifiuta la candidatura alla Camera: all’atto fiero e dignitoso conseguirà l’espulsione dal partito, che comprometterà la prosecuzione politica del suo operato, ma non certo la continuità civile.
Negli anni ’60 esprime l’altezza del suo impegno sociale fondando a Milano un Centro per la progettazione di servizi per l’infanzia, a cui affiancherà negli anni successivi la costituzione della Lega per il diritto dei bambini alla comunicazione.
Sulla scia della missione intrapresa, nel 1998 propone che l’art. 3 della Costituzione relativo alla “pari dignità dei cittadini” contempli, tra le varie declinazioni dell’uguaglianza, anche l’età.

Signora della mimosa, è stata l’artefice del simbolo dell’8 marzo: quando Longo le suggerisce di tradurre anche in Italia l’usanza francese di animare la Giornata della Donna con i fiori, scarta i mughetti perché rari e le orchidee perché costose, optando per l’accessibilità di queste pagliuzze fragili e accese, e per la potenza della loro levità.

Si è spenta nella sua casa di Lari, in provincia di Pisa, il 12 marzo del 2013, all'età di 92 anni.

Stefania Ricchiuto

Elettra Pollastrini

Rieti, 15/07/1908 - 02/02/1990
Licenza media superiore, funzionaria di partito

Mandati:

Consulta Nazionale
Assemblea Costituente
Camera I e II Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Divenuti legge:
Interventi:

26
3
2
13

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale
25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
08/05/1948 - 24/06/1953

15/06/1948 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)
25/06/1953 - 11/06/1958

22/07/1953 - 11/06/1958
II Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958
Membro VII Commissione (Lavori pubblici)

Elettra Pollastrini nacque a Rieti il 15 luglio del 1908 da una famiglia antifascista, e, proprio per questa ragione, qualche anno più tardi fu costretta ad espatriare in Francia, per sottrarsi alle persecuzioni del regime. Qui la giovane, che aveva aderito al partito comunista, trovò lavoro come operaia presso la Renault, sostenendo le lotte dei lavoratori all’interno dell’azienda ed impegnandosi politicamente col Fronte Popolare che sviluppò un ampio movimento di giustizia, di libertà e di progresso.
Fece poi parte della “Lega Internazionale delle donne per la pace e la libertà” partecipando al Congresso mondiale femminile contro il fascismo e la guerra. Questo congresso, al quale parteciparono delegazioni di tutti i paesi del mondo, riservò un’accoglienza particolarmente affettuosa e solidale alla delegazione italiana composta non solo da emigrate politiche, ma anche da delegate giunte direttamente dall’Italia attraverso avventure piuttosto rocambolesche. Poco dopo, su incarico della rivista “Noi Donne”, allo scoppio della guerra civile nella penisola iberica si recò in Spagna. Al suo rientro la Francia provvedeva ad internare tutti gli antifascisti in un campo di concentramento. Elettra fu arrestata e rinchiusa nel campo di Riùcros insieme ad altre donne. Fu qui che conobbe Teresa Noce, Baldina Di Vittorio Berti, Angiolina Fibbi ed altre donne che erano già attive politicamente.

Nel 1941 la Pollastrini riuscì a raggiungere Rieti, dove portò avanti l’attività antifascista clandestina e, all’annuncio dell’armistizio, entrò nella Resistenza romana. Fu di nuovo arrestata, stavolta dai tedeschi che la condussero in Germania e la tennero prigioniera venti mesi nel carcere di Aichach. Lì incontrò altre italiane antifasciste e mantenne il suo atteggiamento di opposizione che la portò a subire dure punizioni. Dopo la sua liberazione, tornò in Italia e fu una delle cinque donne comuniste che entrarono a far parte della Consulta Nazionale Italiana, l'assemblea legislativa provvisoria, istituita dopo la fine della seconda guerra mondiale con lo scopo di sostituire il regolare parlamento fino a quando non fosse stato possibile indire regolari elezioni politiche. La Consulta si riunì la prima volta il 25 settembre 1945 e fu sciolta il 2 giugno 1946: si preparava la legge elettorale per la Costituente, e le donne avevano poca voce in capitolo, in quanto non si potevano occupare né dei problemi del paese né di quelli delle donne.

Fu poi eletta all’Assemblea Costituente, che si riunì dal 2 giugno 1946 al 12 maggio 1948 e qui la Pollastrini lavorò nel territorio a contatto con la gente, con i problemi quotidiani, con problematiche riguardanti i Comuni. Nel 1948 fu eletta poi deputata del PCI alla Camera dove rimase per due Legislature. Nel 1953 avanzò con Matteucci la proposta di legge affinché lo Stato si facesse carico delle spese per la costruzione e l’arredamento del nuovo palazzo di giustizia di Rieti. Durante la II Legislatura la Pollastrini pose all’attenzione della Camera diverse questioni: la prima nel gennaio 1954, per la provvidenza a favore delle popolazioni della provincia di Rieti danneggiate dalle pesanti alluvioni del 1952 e per l’esecuzione di un piano organico di opere idraulico – forestali e montane atte ad evitare altre calamità nelle zone disastrate. Anche se la situazione non era drammatica come quella del Polesine e della Calabria, le zone dell’alto Velino, che già erano catalogate come le zone più depresse del paese, avevano subito infatti enormi danni a persone e cose. La Pollastrini chiese quindi l’aiuto e l’intervento delle autorità per permettere il risollevamento dell’economia agraria che in quell’occasione aveva subito un grave danno, considerando anche che quelle zone per la loro collocazione poco agevole erano prive di industrie; nel 1955 denunciò alla Camera l’atteggiamento brutale della pubblica sicurezza di Rieti durante lo svolgimento del funerale di un membro del partito comunista. Mentre la salma veniva condotta al cimitero, gli amici lo accompagnavano sventolando la bandiera del partito, richiesta esplicitamente dai familiari del defunto. Ma la bandiera fu tolta con violenza da agenti di polizia fascisti che, nonostante il loro gesto ignobile ebbero anche il coraggio di denunciare il vicesegretario del partito comunista, solo per aver difeso la bandiera del suo partito. Dunque lei denunciò l’accaduto, protestando contro un indirizzo politico sbagliato, contro un sistema che mostrava segni evidenti di un regime totalitario di tipo fascista che non poteva più essere tollerato a lungo; nell’ottobre del 1956 presentò richiesta per l’estensione dei benefici della L. 10 agosto 1950 n. 646 all’interno del territorio della provincia di Rieti, e lo stanziamento di 2.000.000.000 di lire per l’esecuzione di opere stradali; nel giugno del 1957 chiese l’autorizzazione di 150 milioni per la sistemazione e l’ampliamento della scuola nazionale allievi sottoufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato.

Dopo queste esperienze, nel 1958 andò in Ungheria e lavorò presso Radio Budapest per 5 anni. Ritornata in Italia, si stabilì a Rieti e qui si spense il 2 febbraio del 1990.

Noemi Mattana

Maria De Unterrichter Jervolino

Ossana (TN), 20/08/1902 - 27/12/1975
Laurea in Lettere; Insegnante

Mandati:

Assemblea Costituente
Camera I, II e III Legislatura

Progetti di legge presentati:
Divenuti legge:
Interventi:
Incarichi di governo:

30
3
104
3

25/06/1946 - 31/01/1948

19/07/1946 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948
Membro Commissione per i trattati internazionali
08/05/1948 - 24/06/1953

11 /06/1948 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro II Commissione (Affari esteri)
25/06/1953 - 11/06/1958

01/07/1953 - 11/02/1954
11/02/1954 - 06/07/1955
09/07/1955 - 19/05/1957
23/05/1957 - 01/07/1958
II Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo democratico-cristiano 21/07/1953 - 11/06/1958
Membro II Commissione (Affari esteri)
I Governo Scelba: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione
I Governo Segni: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione
I Governo Zoli: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione
12/06/1958 - 15/05/1963

12/06/1958 - 15/05/1963
29/07/1958 - 15/05/1963
III Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo democratico-cristiano 18/06/1958 - 15/05/1963
Membro III Commissione (Esteri)
Membro Commissione parlamentare per la vigilanza sulle radiodiffusioni

Grande studiosa e protagonista della vita politica italiana del secondo dopoguerra, Maria De Unterrichter, il cui cognome originale era von Rechtentahl prima che i fascisti ne imponessero il cambiamento, nacque il 20 agosto del 1902 a Fucine nel piccolissimo comune di Ossana, tra le montagne trentine, dove il padre Guido, Commissario superiore della Guardia di Finanza dell’Austria, era stato trasferito per motivi di lavoro. Allo scoppio della prima guerra mondiale, i de Unterrichter dovettero spostarsi ad Innsbruck e qui Maria, insieme al fratello Guido di un anno più piccolo, presso l’imperiale regio ginnasio intraprese gli studi classici che poi portò a termine al liceo classico Prati di Trento quando, a guerra terminata, era potuta rientrata in Italia con la famiglia.

Si iscrisse alla facoltà di Lettere a Roma e durante gli anni universitari curò la sua formazione cattolica nutrendosi degli stimoli derivanti dalle associazioni operanti nella capitale e dalla frequentazione con giovani laici di altri orientamenti politici. Il suo fu un cattolicesimo vivo, aperto; per lei la laicità non consisteva nel non credere, ma nella capacità di lasciare l’altro nella libertà di credere in modo diverso.

Iniziò presto ad interessarsi di politica, diventando Presidentessa della FUCI femminile prima e di quella nazionale poi; come delegata per l'Italia dell’associazione internazionale “Pax Romana”, da poco fondata, nel 1924 prese parte al Congresso di Budapest.

Conseguita la laurea, a Trento si dedicò all’insegnamento ed ottenne la direzione dell’Istituto femminile Notre Dame de Sion che lascerà nel 1930 per seguire a Napoli il marito Angelo Raffaele Iervolino, avvocato partenopeo, antifascista, rifugiatosi in Vaticano con la complicità di Papa Pio XII e ministro nel governo Badoglio.
Pur nelle difficoltà del periodo bellico, Maria trovò il capoluogo campano in pieno fermento sociale e culturale e da subito si avvicinò agli ambienti impegnati in opere sociali e di carità cristiana a favore delle donne e dei più bisognosi.
A Napoli forte era anche il fervore politico e si andavano ponendo le basi per la nascita della Democrazia Cristiana, il partito cattolico nel quale approdò insieme al marito. Furono entrambi eletti all’Assemblea Costituente nel 1946; Maria fu al fianco di De Gasperi nella Commissione per i Trattati Internazionali e per l’elaborazione dell’Accordo De Gasperi-Gruber con l’Austria sull’Alto-Agide, e prese parte anche alla Sottocommissione di inchiesta per la riforma della scuola.

Eletta deputata nel 1948 e poi nelle due legislature successive nella circoscrizione di Avellino-Benevento-Salerno, fu membro della Commissione Rapporti con l'Estero, compresi gli economici e Colonie; sottosegretario alla Pubblica Istruzione nei governi Scelba, Segni I e Zoli e presidentessa della Commissione ministeriale per l'elaborazione degli orientamenti delle attività educative nelle scuole materne statali.

Nel frattempo anche all’interno del partito otteneva importanti nomine come Responsabile dell'Ufficio problemi assistenziali della Democrazia cristiana, membro del comitato permanente per il Mezzogiorno e della Direzione Nazionale.

La sua attenzione ai problemi della scuola e dell’impegno sociale continuò anche dopo la sua attività parlamentare. Rifiutato l’invito del partito a ripresentarsi alle politiche del 1963, si dedicò da quel momento in poi allo studio e alle attività pedagogiche nelle libere organizzazioni, nell’UNESCO e soprattutto nell’OMEP, Organizzazione Mondiale Educazione Prescolastica, della quale presenziò dapprima il comitato italiano per poi venir eletta per 3 mandati vicepresidente mondiale, tra il 1968 ed il 1973.

Da sempre in prima linea anche nelle politiche di tutela della donna e della famiglia, entrò a far parte dell’Unione donne cattoliche e fondò insieme alle colleghe alla Costituente, Maria Agamben, Angela Guidi e Lina Merlin, il CIDD, Comitato Italiano Difesa Morale e Sociale della Donna per l’assistenza alle donne che riuscivano a lasciare la prostituzione, aiutandole nel reinserimento in società.

Appassionata sostenitrice del metodo educativo di Maria Montessori, fu proprio lei a riceverla all’Assemblea Costituente quando nel maggio del 1947 fece rientro in Italia dopo che ne era stata allontanata dal fascismo nel 1934, invitando tutte le donne italiane a vedere in lei “una geniale guida nei nostri nuovi compiti politici”. Da quel momento in poi le sue energie maggiori le spese nelle associazioni per la diffusione del metodo, l’AMI, Associazione Internazionale Montessori, e l’OMN di cui fu presidentessa per circa un trentennio.

Alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta il 27 dicembre 1975, l’Opera Montessori istituì un premio in suo onore per le migliori tesi di laurea sul pensiero e l’opera della scienziata italiana.

Rita Ambrosino

Maria Agamben Federici

L’Aquila, 19/09/1899 - 28/07/1984
Laurea in Lettere, insegnante, giornalista

Mandati:

Assemblea Costituente
Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Interventi:
Contributi nella bibliografia dei Parlamento:

18
7
31

1

25/06/1946 - 31/01/1948

19/07/1946 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948
Membro Commissione per la Costituzione
Membro Terza Sottocommissione
08/05/1948 - 24/06/1953

15/06/1948 - 24/06/1953
12/05/1951 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo democratico cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)
Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione

Maria Agamben nacque a L’Aquila il 19 settembre del 1899 da Alfredo e Nicolina Auriti. Laureata in Lettere, insegnò Italiano e Storia nelle scuole medie superiori e svolse attività giornalistica.
A Roma, dove si era trasferita per motivi di studio, conobbe Mario Federici, autore di testi teatrali e critico già noto. Si sposarono nel 1926, in pieno fascismo. Durante il regime, si trasferì con il marito all’estero, e continuò a insegnare presso gli Istituti italiani di cultura, prima a Sofia, poi in Egitto e poi a Parigi. Fece ritorno a Roma nel 1939 e s’impegnò nella Resistenza. Nello stesso periodo, come delegata dell’Unione donne dell’Azione Cattolica (Udaci), organizzò un piano di assistenza per le impiegate dello Stato, rimaste disoccupate.
Nel 1944, in occasione del congresso costitutivo delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani), venne eletta prima Delegata femminile e in questa veste l’anno successivo organizzò il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, che costituì un importante momento di confronto delle donne cattoliche. Come rappresentante del settore femminile delle Acli, partecipò nell’inverno tra il ‘44 e il ‘45 ai lavori preparatori di fondazione del Centro Italiano Femminile (Cif), assieme a Mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, futuro Paolo VI, grande sostenitore del Cif, e Maria Rimoldi, presidente delle Donne Cattoliche. Maria Federici ricoprì la carica di Presidente del Centro Italiano Femminile dal 1944 al 1950, ma il radicalismo di alcune sue posizioni non piacque ai vertici del Cif, dove ebbe non pochi contrasti (Fiorenza Taricone, Il Centro Italiano Femminile dalle origini agli anni Settanta, Milano, F. Angeli, 2001). La sua preoccupazione maggiore era quella di educare le masse femminili alla vita pubblica, evento del tutto insolito per le donne cattoliche, che quasi all’improvviso si trovavano a votare prive di una cultura politica che potesse definirsi tale. Maria Federici fu molto attenta alle condizioni materiali della vita quotidiana delle donne, la cui durezza impediva spesso di distrarsi dai bisogni familiari. Lavorò anche per assistere adeguatamente l’infanzia e l’adolescenza attraverso la costruzione di asili, scuole, refettori, aiuti agli emigranti, agli sfollati e ai reduci, ricoprendo la carica di vice presidente della Commissione nazionale Onu a favore dell’infanzia.

Nel 1946 venne eletta all’Assemblea Costituente nel collegio unico nazionale per la Democrazia Cristiana. Ebbe il privilegio, condiviso con poche altre sue colleghe, di far parte della Commissione dei 75, incaricata di redigere il progetto di Carta Costituzionale, e così chiamata per il numero dei suoi componenti, scelti su designazione dei vari gruppi parlamentari in modo da rispecchiarne la proporzione. Ne fecero parte, oltre a Maria Federici, Leonilde Iotti (Gruppo Comunista), Lina Merlin (Gruppo Socialista), Teresa Noce (Gruppo Comunista), Ottavia Penna (Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque), che diede le dimissioni dalla Commissione pochi giorni dopo la nomina e fu sostituita da un uomo. Infine, Angela Gotelli, democristiana, fu nominata nella Commissione sette mesi dopo, in sostituzione del deputato Caristia.
Durante il dibattito sull’accesso delle donne alla magistratura, Mari Federici affermò che l’unico elemento discriminatorio per l’accesso doveva essere il merito e non le attitudini. Come componente della Terza Sottocommissione che si occupava del diritti e doveri economico-sociali, presentò una relazione sulle garanzie economiche e sociali per la famiglia, in cui sosteneva che lo Stato doveva intervenire per tutelare le lavoratrici madri ed eliminare tutti gli ostacoli di natura economica che impedivano ai cittadini di formare una famiglia. Nella discussione sul diritto di proprietà e d’intrapresa economica, sostenne la necessità di una riforma agraria, per l’elevazione morale e materiale dei contadini. Nella discussione del Titolo IV, caldeggiò l’eliminazione di ogni ostacolo che relegasse la donna in settori limitati e che fosse d’impedimento per gli uffici pubblici e le cariche elettive.

Dopo la sua uscita dal Cif, diede vita all’Associazione nazionale famiglie emigranti (Anfe), di cui fu presidente fino al 1981. Nel ‘48 fu eletta Deputata per la Democrazia Cristiana. Fu relatrice del disegno di legge sulla Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri divenuta legge nel 1950, n.860.
Fu socia fondatrice del Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna (1950), insieme alla senatrice Merlin e alle onorevoli Angela Guidi Cingolani e Maria De Unterrichter Jervolino, madre dell’on. Rosa Russo Jervolino. Il Cidd operò dapprima per ottenere l’approvazione della proposta di legge Merlin sull’abolizione delle case chiuse, e successivamente, per assistere praticamente le donne che lasciavano la prostituzione, allo scopo di reinserirle nella vita sociale.

Nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò esclusivamente all’impegno assistenziale e culturale, soprattutto in difesa degli emigranti.
È morta a L’Aquila nel 1984.

Fiorenza Taricone

Leonilde (Nilde) Iotti

Reggio nell’Emilia, 10/04/1920 - Poli (RM), 04/12/1999
Laurea in Lettere, insegnante

Mandati:

Assemblea Costituente
Camera I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e XIII Legislatura

Progetti di legge presentati:
Prima firmataria:
Divenuti legge:
Interventi:
Incarichi parlamentari:
Atti di indirizzo e controllo:
Contributi nella Bibliografia del Parlamento:

166
11
14
1.237
13
105

18

Presidente della Camera:

VIII, IX e X Legislatura

25/06/1946 - 31/01/1948


25/06/1946 - 31/01/1948
19/07/1946 - 31/01/1948

25/09/1947 - 31/01/1948
Membro Assemblea Costituente
Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948
(Segretario dal 11/02/1947 al 31/01/1948)

Segretario Giunta delle Elezioni
Membro Commissione per la Costituzione
Membro I Sottocommissione
Membro I Commissione per l’esame dei disegni di legge
(subentra a Pietro Secchia)
08/05/1948 - 24/06/1953

08/05/1948 - 24/06/1953
15/06/1948 - 24/06/1953
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista, Segretario 01/06/1948 - 24/06/1953
Membro e Segretario della Giunta delle elezioni
Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti)
25/06/1953 - 11/06/1958

01/07/1953 - 11/06/1958
II Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958
Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti)
12/06/1958 - 15/05/1963

12/06/1958 - 15/05/1963
III Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963
Membro II Commissione (Affari della Presidenza del Consiglio,
Affari interni e di culto, Enti pubblici)
16/05/1963 - 04/06/1968

01/07/1963 - 10/01/1967

02/01/1966 - 04/06/1968
IV Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 01/07/1963 - 04/06/1968
Membro I Commissione (Affari costituzionali, Organizzazione dello Stato,
Regioni, Disciplina generale del rapporto di pubblico impiego)
Membro IV Commissione (Giustizia)
05/06/1968 - 24/05/1972

05/06/1968 - 24/05/1972
10/07/1968 - 02/09/1969

21/01/1969 - 24/05/1972
02/09/1969 - 24/05/1972
23/02/1971 - 24/05/1972
V Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista, Membro e Vicepresidente 09/07/1968 - 24/05/1972
Membro Giunta per il regolamento
Membro I Commissione (Affari costituzionali, Organizzazione dello Stato,
Regioni, Disciplina generale del rapporto di pubblico impiego)
Membro Rappresentanza della Camera nel Parlamento europeo
Membro III Commissione (Affari esteri,Emigrazione)
Membro Commissione parlamentare per il parere al Governo sui decreti da emanare in esecuzione dei trattati di Lussemburgo del 21 e 22/04/1970 (Bilancio, in sostituzione dei contributi finanziari degli stati membri con risorse proprie della comunità, regolamento dei finanziamenti della politica agricola comune)
25/05/1972 - 04/07/1976

25/05/1972 - 04/07/1976
25/05/1972 - 04/07/1976
01/08/1972 - 04/07/1976




26/10/1972 - 04/07/1976
VI Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 25/05/1972 - 04/07/1976
Vicepresidente della Camera dei Deputati
Membro III Commissione (Affari esteri, emigrazione)
Membro Commissione parlamentare per il parere al governo sui decreti da emanare in esecuzione dei trattati di Lussemburgo del 21 e 22/04/1970 (Bilancio, in sostituzione dei contributi finanziari degli stati membri con risorse proprie della comunità, regolamento dei finanziamenti della politica agricola comune)
Membro Rappresetanza italiana al Parlamento europeo
05/05/1976 - 19/06/1979

15/07/1976 - 19/06/1979
27/07/1976 - 19/06/1979
06/10/1976 - 19/06/1979
VII Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 05/07/1976 - 19/06/1979
Membro Giunta per il regolamento
Presidente I Commissione (Affari costituzionali)
Membro Rappresentanza italiana al Parlamento europeo
20/06/1979 - 11/07/1983

20/06/1979 - 11/07/1983
05/07/1979 - 11/07/1983
VIII Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 20/06/1979 - 11/07/1983
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente della Camera dei Deputati
12/07/1983 - 01/07/1987

12/07/1983 - 01/07/1987
09/08/1983 - 01/07/1987
IX Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 12/07/1983 - 01/07/1987
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente Giunta per il regolamento
02/07/1987 - 22/04/1992


02/07/1987 - 22/04/1992
16/07/1987 - 22/04/1992
X Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista 09/07/1987 - 13/02/1991
Gruppo comunista - PDS 13/02/1991 - 22/04/1992
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente Giunta per il regolamento
23/04/1992 - 14/04/1994


09/06/1992 - 14/04/1994
24/06/1992 - 09/10/1992
30/06/1992 - 14/04/1994
03/08/1992 - 14/04/1994
10/03/1993 - 14/04/1994
XI Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo comunista - PDS 30/04/1992 - 12/05/1992
Gruppo Partito Democratico della Sinistra 12/05/1992 - 14/04/1994
Membro III Commissione (Affari esteri e comunitari)
Membro Commissione speciale per le politiche comunitarie
Presidente Delegazione parlamentare italiana all'Assemblea della CSCE
Membro Commissione parlamentare per le riforme istituzionali
Membro Commissione parlamentare per le riforme istituzionali
15/04/1994 - 08/05/1996

25/05/1994 - 03/05/1995
28/06/1994 - 30/06/1995
03/05/1995 - 08/05/1996
01/07/1995 - 08/05/1996
XII Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo progressisti-federativo 21/04/1994 - 08/05/1996
Membro I Commissione(Affari costituzionali)
Membro Delegazione parlamentare italiana all’Assemblea della CSCE
Membro III Commissione (Affari esteri)
Membro Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE)
09/05/1996 - 29/05/2001

04/06/1996 - 18/11/1999
17/10/1996 - 18/11/1999
17/10/1996 - 18/11/1999



XIII Legislatura della Repubblica italiana (Camera)
Gruppo Democratici di Sinistra / L’ulivo 15/05/1996 - 24/02/98
Membro III Commissione (Affari esteri)
Membro Delegazione italiana all’Assemblea dell’Unione Europa occidentale
Membro Delegazione italiana all’Assemblea del Consiglio d’Europa
(Presidente dal 06/01/1999 al 18/11/1999)

Dimissioni dal Mandato parlamentare accettate il 18 novembre 1999

Leonilde Iotti nacque a Reggio Emilia nel 1920 da una famiglia di condizioni non agiate; il padre era un ferroviere, perseguitato dal regime fascista per le sue idee socialiste, e dovette fare molti sacrifici per consentire alla figlia di terminare gli studi presso la facoltà di Lettere dell'Università Cattolica di Milano.
All'inizio del secondo conflitto mondiale Nilde si iscrisse al PCI e il suo impegno fra i partigiani della città natale le consentì di essere designata responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD), struttura fondamentale nella guerra di Liberazione. Tali gruppi operativi femminili si proponevano di creare una rete di solidarietà e aiuto ai combattenti della Resistenza raccogliendo alimenti, medicinali e vestiti, garantendo attraverso le numerose staffette il mantenimento dei contatti tra un gruppo e l'altro, organizzando le evasioni dei partigiani dalle carceri, preparando le case-rifugio e trasportando volantini e armi. Nilde Iotti ricoprì, dal 1943, il ruolo più rischioso: quello di porta-ordini. Da responsabile del GDD di Reggio Emilia, Nilde si fece interprete di quella coscienza civile e politica, che le donne iniziarono a manifestare durante il periodo bellico, dopo secoli di esclusione dalla vita pubblica e dopo vent'anni di dittatura fascista.

A 26 anni, dopo il Referendum del 2 giugno 1946 e una breve esperienza nel Consiglio comunale di Reggio Emilia, Nilde fu eletta membro dell'Assemblea Costituente tra le fila del PCI, riuscendo a raccogliere quasi sedicimila preferenze. Lì, in quella che ella stessa definì come “la più grande scuola politica a cui abbia mai avuto occasione di partecipare anche nel prosieguo della mia vita politica”, prese parte attivamente alla Commissione dei 75, che ebbe il compito di redigere la bozza della futura Costituzione repubblicana da sottoporre all'intera Assemblea. In questa sede si occupò proprio della parte riguardante la famiglia e con forza ribadì la necessità di emancipare le donne in ogni campo socio-politico e garantire loro la piena dignità di cittadine.
Nell'ambito dei lavori della I Sottocommissione si batté per l'affermazione del principio della parità tra i coniugi, del riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto. Si dichiarò, inoltre, nettamente contraria all'introduzione del principio dell'indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale.

Per tutta la sua carriera politica Nilde Iotti prese sempre le difese delle categorie più penalizzate, in primo luogo delle donne, e sempre dai banchi del PCI, partito dove fu pienamente accettata dopo la morte nel 1964 del suo compagno di vita, Palmiro Togliatti, che per lei aveva lasciato la moglie e un figlio creando un enorme scandalo sia dentro che fuori dal partito.
Dai GDD nacque un'importante associazione che dal 1944 in poi si occupò di creare un nuovo laboratorio politico e sociale femminile: l'Unione Donne Italiane (dal 2003 Unione Donne in Italia), della cui sezione di Reggio Emilia Nilde divenne segretaria nel primissimo dopoguerra. Le strade dell'UDI e della “Signora della Politica” resteranno estremamente affini: insieme si batteranno per la pensione alle casalinghe, per la riforma del diritto di famiglia del 1975, per il diritto al divorzio e all'aborto e per eliminare tutte le possibili forme di discriminazione nei riguardi delle donne.

Nilde Iotti ricoprì la carica di Presidente della Camera dal 1979 al 1992, un arco di tempo che copre ben tre legislature: è un primato che nessun altro riuscì ad eguagliare né prima né dopo di lei. In questo ruolo si segnalò per grande capacità di equilibrio, di mediazione e per la sua saggezza.
Nel 1993 ottenne la Presidenza della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali. Nel 1997 venne eletta Vicepresidente del Consiglio d'Europa, dove già dall'anno precedente rivestiva anche l'incarico di presidente della delegazione italiana.
Tra i numerosi riconoscimenti della sua abilità politica ne vanno anche ricordati due, anche se non coronati da successo: nel 1987 ottenne un incarico di governo con mandato esplorativo da parte del Presidente della Repubblica Cossiga che si concluse senza esiti, è la prima donna e la prima esponente comunista ad arrivare così vicina alla Presidenza del Consiglio; nel 1992 fu la candidata di sinistra alla Presidenza della Repubblica.
Nel 1999 diede le dimissioni da tutti gli incarichi pubblici e si ritirò a vita privata per gravi motivi di salute; alla sua uscita dall'aula di Montecitorio le fu tributato un lunghissimo applauso. Morì poco dopo, il 4 dicembre 1999, nella clinica Villa Luana di Poli (Roma) per un arresto cardiaco.

Nel 2006, divenuto Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso pronunciato alle Camere durante il giuramento, la ricordò con questa frase: «E ancora, abbiamo da contare –mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti– sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l'enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili».

Giulia Salomoni