Calendaria 2022 - Federica Montseny

Federica Montseny
Daniela Fusari



Viola Gesmundo

 

Spagnola, o meglio catalana, anarchica, femminista (pur non volendosi definire tale), ministra, militante sempre. In queste parole è il senso della vita di Federica Montseny, una figura ancora non abbastanza conosciuta, ma la cui opera sulla scena politica europea è stata precorritrice di battaglie i cui obiettivi non sono compiutamente raggiunti oggi. Montseny nasce a Madrid il 12 febbraio 1905. «È nata morta! No, è viva» è il grido liberatorio che riempie la casa dove Teresa Mañé ha dato alla luce Federica, disperazione ed esultanza che ben si comprendono se si considera che tre precedenti gravidanze non avevano avuto lieto fine e che pure Blanquita, nata un anno dopo, non sopravviverà, destinando Federica a rimanere figlia unica. Teresa e il marito, Juan Montseny, sono entrambi militanti anarchici, catalani, impegnati in un’azione di divulgazione del credo libertario che si esprime sia con il pensiero sia con l’azione. Lei è una maestra che impronta la sua attività didattica ai principi libertari, lui un operaio capace di usare le parole per convincere e trascinare il suo pubblico, sia in comizi infuocati sia con articoli divulgativi e testi teatrali. In seguito a un attentato, opera di anarchici individualisti, cultori dell’azione, Juan è dapprima incarcerato e poi espulso dalla Spagna. Conosce così l’esilio. Londra, dove dopo qualche tempo lo raggiunge Teresa, e Parigi sono le tappe del loro peregrinare, ricco però di incontri e stimoli intellettuali. Nel 1898, dopo circa due anni, riescono a rientrare in Spagna e si stabiliscono a Madrid dove fondano un periodico, La Revista Blanca, che ospita articoli della migliore intellettualità spagnola e internazionale, da Miguel Unamuno a Lev Tolstoj e Piotr Kropotkin, fino a Teresa Claramont, ispiratrice delle lotte per l’emancipazione femminile in chiave anarchica. Anche marito e moglie scrivono sulla rivista, lei con lo pseudonimo di Gustavo Soledad e lui con il nome di battaglia di Federico Urales.

Più o meno negli stessi anni, nasce a Barcellona la “Escuela Moderna”, attraverso la quale Francisco Ferrer Guardia, il rivoluzionario catalano suo ideatore, si propone di condurre non solo una battaglia culturale e educativa, ma anche un’azione di lotta contro lo Stato capitalista e oppressore. L’anarchismo in Spagna, come in Italia, nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento, è molto diffuso e ha messo radici profonde soprattutto in Catalogna. Questo è il contesto culturale in cui prende avvio l’avventura di vita di Federica Montseny ed era importante darne conto per comprendere i principi e i valori di cui si è nutrita la sua formazione. Sia La Revista Blanca, sia la “Escuela Moderna” sono costrette a chiudere proprio nello stesso periodo in cui Federica Montseny viene alla luce, ma non per questo si spengono i principi che le hanno ispirate.

Figura dominante nell’educazione di Federica è la madre Teresa che modella la propria pratica pedagogica sulle idee di Rousseau: un’educazione antidogmatica, creativa, libera da condizionamenti imposti in nome della Patria e di Dio. La famiglia, dopo anni di lontananza dalla nativa Catalogna, può infine tornare a vivere nei dintorni di Barcellona dove si mantiene grazie all’allevamento di galline e conigli, ma anche con il lavoro intellettuale: le traduzioni di Teresa, le collaborazioni giornalistiche di Juan che scrive pure testi teatrali. Sulla scena del mondo, intanto, mentre Federica cresce, accadono eventi di portata epocale: la Grande Guerra e la Rivoluzione russa, nei confronti dei quali la galassia anarchica assume posizioni non sempre concordi. Così, mentre Kropotnik e Malatesta, padri storici dell’anarchismo, si schierano per l'interventismo, Angelo Pestana, nel 1920, di ritorno da un viaggio in Russia per vedere come funziona lo Stato nato dalla Rivoluzione bolscevica, scettico e deluso, proclama: «bisogna cambiare la rivoluzione per farla davvero». L’adolescenza di Federica trascorre tra le faccende domestiche, lo studio sotto la guida della madre, la lettura vorace di saggistica e narrativa e la frequentazione, insieme ai genitori, di circoli operai e caffè letterari dove si svolge il dibattito politico-culturale più avanzato e si respira indipendentismo catalano. Ha ereditato dal padre e dalla madre la facilità di scrittura e scrive bene. Le sue prime prove sono novelle a sfondo sociale venate di romanticismo. Nel 1923, in risposta alla svolta autoritaria imposta manu militari dal generale Miguel Primo de Riveira, con tacito assenso della Monarchia e della Chiesa, Juan Monteseny prende posizione dando forma a un progetto di resistenza al direttorio militare, non con le armi da fuoco ma con le armi della cultura. È la rinascita di La Revista Blanca. Il progetto editoriale vuole dare largo spazio ad argomenti di carattere filosofico-letterario, ai temi dell’emancipazione femminile e dell’educazione. Il periodico pubblica articoli di autori prestigiosi che già avevano scritto sulle pagine della precedente edizione, ma anche contributi di nuove firme e trova largo consenso e diffusione. Tutta la famiglia è impegnata nella redazione: Juan si occupa della divulgazione del pensiero di Kropotkin, la madre, Teresa, cura la sezione di storia, Federica scrive storie che sappiano al contempo far sognare ed educare le giovani generazioni. Clara, protagonista di La Victoria, racconta e rende esemplare la vicenda di una giovane donna emancipata dalla sudditanza al maschio, padre o marito, un’eroina che rivendica il diritto a vivere una sessualità libera, andando ben oltre la richiesta del voto alla donne, cavallo di battaglia delle suffragiste in quegli anni. E quella per il libero amore è una campagna che Montseny conduce con determinazione non solo a livello teorico, ma anche nella propria esperienza di vita. Lavorando in redazione, incontra un giovane anarchico, Germinal Esgleas, e con lui si sposa nel 1930. In quell’anno cambia il contesto politico spagnolo: il regime dittatoriale si estingue e prendono piede le istanze repubblicane sostenute da un fronte composito di cui fanno parte ideologie liberali, repubblicane e radicali. Le elezioni sanciscono il nuovo assetto istituzionale. Gli anarchici, pur lasciati liberi di votare, in gran parte si astengono ed è quello che fanno anche gli Urales, cioè i Montseny. Ma questa nuova realtà apre nel fronte anarchico un dibattito acceso tra l’anima “possibilista, riformatrice”, che vede nella repubblica una tappa verso l’emancipazione definitiva e l’affermarsi di una società senza Stato, e quella definita “nichilista, oltranzista” sintetizzata così nelle parole del vecchio anarchico Errico Malatesta: «Se si stabilizza in Spagna la repubblica non c’è da farsi illusioni. […] Il popolo perderà di vista l’impeto delle azioni rivoluzionarie e si adatterà per comodità e senza sforzo a uno status quo basato su riforme e collaborazione di classe». Federica Montseny condivide questa linea politica dura e pura e affianca all’attività di pubblicista e scrittrice sulle pagine di La Revista Blanca e di El Luchador quella di “aratora obrera”, in giro per la Spagna a promuovere e sostenere le lotte operaie e contadine “verso una nuova aurora sociale”.

Il governo repubblicano è esitante nel varare le riforme e le proteste popolari si moltiplicano. Scioperi, manifestazioni, violente repressioni si susseguono. Federica non risparmia le energie che investe nella lotta, se non per il periodo della sua maternità. E, nel 1933, nasce una bambina, Vida, il cui nome è lo stesso della protagonista della novella La Indomabile. «Per legge naturale i figli appartengono alla madre», aveva affermato in un testo del 1927, rivendicando la necessità di sottrarre l’educazione della prole al volere/potere dei padri. Certo è che la maternità “emancipata”, così come Federica la intende, le impone la costante ricerca di un difficile equilibrio tra le necessità di cura e accudimento della bambina e la volontà indomabile di essere parte attiva nel processo politico in atto in Spagna. Le elezioni politiche del 1934 regalano il governo del Paese a una coalizione di nazionalisti e monarchici, il cui successo, ancora una volta, è dovuto all’astensionismo delle migliaia di iscritti alle organizzazioni anarchiche Cnt (Confederación Nacional del Trabajo) e Fai (Federación Anarquista Ibérica). A questa deriva reazionaria reagiscono i sindacati con scioperi e insorgenze violente in Aragona, nelle Asturie e in Catalogna, tutte represse nel sangue.

Federica Montseny è parte attiva nel dibattito seguìto alla sconfitta del movimento e si pone domande sull’efficacia dell’alleanza con i comunisti e i socialisti, compagni di lotta nelle insurrezioni appena fallite. Il suo ruolo politico all’interno dell’anarchismo spagnolo è in continua ascesa: a cavallo tra il 1934 e il ’35, la direzione di La Revista Blanca passa nelle sue mani, non senza attriti con il padre, che non accetta di buon grado di essere sostituito. Giorgio Cosmacini che ha recentemente pubblicato una biografia di Montseny, fonte preziosa di informazioni per la stesura di queste brevi note, così afferma: «Il vero significato della diatriba non è quello, banale, di una lite in famiglia, […]; è invece quello epocale, di una competizione generazionale e di genere, per cui una voce femminile si contrappone con pari vigoria argomentativa a una voce maschile e, al tempo stesso, una generazione di donne emancipate si affianca sempre più numerosa a una generazione di uomini nella lotta per il conseguimento dei comuni ideali». Le elezioni del 1936 vedono la vittoria del Fronte popolare di cui fanno parte i partiti Repubblicano, Socialista, Comunista, il Poum (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista) e il Partido Sindacalista, la Ugt, ma non la Cnt. Questa volta, però, la maggioranza degli anarchici ha votato, contribuendo così al successo. Lo scarto è stato di soli quattrocentomila voti su otto milioni di votanti. Così Cosmacini descrive la situazione creatasi: «La Spagna è sul punto di spaccarsi in due: una è la Spagna che ha fede nella repubblica e che vuole rinnovarsi, con le riforme o con la rivoluzione; l’altra è la Spagna che alla repubblica democratica vuole sostituire la nazione autoritaria, ancorata alle istituzioni tradizionali – esercito e Chiesa…». Il 17 luglio 1936 la spaccatura si palesa nel colpo di Stato dei quattro generali, il cosiddetto alzamiento. Federica Montseny è tra coloro che ritengono indispensabile una immediata azione armata di popolo per superare i tentennamenti del governo, che pensa ancora di poter contare sulle forze dell’esercito rimaste fedeli alla Repubblica. Finalmente, il 19 luglio, Radio Barcellona trasmette il proclama che dà il via libera alla lotta armata. George Orwell, accorso in Spagna come osservatore e combattente, nel suo Omaggio alla Catalogna analizza e così descrive la situazione delle forze che si oppongono ai nemici della Repubblica: «… in Catalogna solo tre partiti contano veramente: il Psuc, il Poum e la Cnt insieme alla Fai». Il Partido Socialista Unificado de Cataluna rappresenta lo schieramento socialcomunista che aderisce alla Terza Internazionale; la Cnt e la Fai sono le organizzazioni del sindacalismo anarchico; il Poum è costituito da dissidenti antistalinisti di ispirazione trotzkista. Alla fine di luglio si conclude la parabola di La Revista Blanca. Federica Montseny depone la penna, ma continua a mettere la sua voce al servizio della difesa della Repubblica e per la causa rivoluzionaria: è infatti una delle voci più ascoltate della Emisora Cnt-Fai, l’emittente anarchica che affianca e spesso supera a sinistra Radio Barcellona. Nel 1936 prende anche avvio l’esperienza delle Mujeres Libres, un’associazione di donne anarchiche che danno vita dapprima alla rivista omonima e poco dopo a una rete di circoli radicati in diversi territori della penisola iberica. In Catalogna le Mujeres Libres arrivano ad avere 40 gruppi, a Madrid 13, 15 nel Centro, 28 nel Levante, 14 in Aragona, per un totale di 147 gruppi che affiliano circa 20.000 donne, per lo più appartenenti alla classe operaia. Il Casal de la Dona Treballadora e l'Instituto de Mujeres Libres a Barcellona organizzano corsi scolastici gratuiti, con un migliaio di iscritte nell'arco di pochi mesi. Tre i punti basilari dell’organizzazione: l’affermazione dell’esistenza di uno specifico problema femminile; l’adesione formale all’anarchismo come ideale rivoluzionario ugualitario per la costruzione del comunismo libertario; la denuncia di una palese contraddizione fra teoria e pratica in seno al movimento anarchico spagnolo. Federica Montseny tuttavia non aderisce alle Mujeres Libres, negando anzi la necessità di una simile organizzazione specifica femminile. La posizione viene più volte ribadita da Montseny, che scrive infatti: «Non siamo state, non siamo, non saremo femministe. Riteniamo che l’emancipazione della donna sia intimamente legata a quella dell’uomo. Per questo ci basta chiamarci anarchiche. Ma ci è sembrato che, sopratutto in Spagna, il nostro movimento soffriva di un eccesso di mascolinità; in generale all’uomo non piace che la donna lo rappresenti». E Montseny, a maggior ragione, respinge il femminismo borghese suffragista e individualista: pensa che non miri all’uguaglianza ma ad allineare la condizione delle donne a quella degli uomini, soprattutto negli aspetti negativi e senza farsi carico delle esigenze di una radicale trasformazione delle strutture sociali ed economiche. Intanto la Guerra civile esplode. A difesa della Repubblica si organizzano le Brigate internazionali, cui partecipano militanti e intellettuali antifascisti provenienti da diversi Paesi europei, visto che Francia e Inghilterra scelgono la linea del non intervento, mentre scende in campo l’Unione Sovietica inviando armi. Le forze ribelli hanno invece il pesante appoggio, in uomini e mezzi, dei regimi totalitari al potere in Italia e Germania. Il 4 settembre 1936 si insedia il Governo di unità nazionale, sostenuto da socialisti, comunisti e repubblicani, con a capo Largo Caballero. A Barcellona, il 26 settembre, entrano a far parte della Generalitat de Catalunya tre esponenti della Cnt. È la prima volta che degli anarchici partecipano a un’istituzione statale ed è il precedente che induce Caballero a rivolgere un analogo invito perché gli anarchici si prestino anche a condividere le responsabilità del governo centrale. Gli/le anarchici/che hanno piena consapevolezza del rischio di tradire l’Ideale, rinnegando l’assunto secondo cui lo Stato, qualunque forma assuma, non può che essere oppressivo e liberticida. Ma la situazione è drammatica, c’è in gioco la sopravvivenza della Repubblica. Quindi gli esponenti della Cnt-Fai accettano l’offerta di Caballero. Dei cinque ministeri richiesti ne ottengono quattro: il Ministero della Giustizia, quello del Commercio, quello dell’Industria e quello della Sanità. Proprio quest’ultimo, di nuova istituzione e di importanza cruciale, viene assegnato a Federica Montseny che diventa così la prima donna in Europa a ricoprire la carica di ministra.

Fa chi le chiede conto della scelta del movimento di farsi Stato, Montseny risponde che la mutevole realtà spagnola ha richiesto e richiede via via un adeguamento politico sociale dell’"anarchismo militante". Per combattere il fascismo e per vincerlo è necessario che sia il proletariato a porsi alla guida della lotta contro il nemico ed è altrettanto necessaria l’unità di tutte le forze, persino con i comunisti statalisti/stalinisti e con gli esponenti della borghesia rappresentati nel Governo di unità nazionale. «Il nostro ingresso nel Governo ebbe per noi il significato di un passaggio sofferto, ma che si imponeva perché indispensabile» dice Montseny nel Consuntivo Sanitario che redige a conclusione del suo mandato. E ancora: «al di sopra dei nostri stessi ideali, s’è pensato di porre una nuova ragione, una ragione di carattere generale, tale da non compromettere l’unità del fronte di lotta, da non rinunciare a dirigere la rivoluzione spagnola e con essa i destini della Spagna. Dovevamo stare sia nel mezzo del guado, sia al comando sul ponte». Le cose da fare sono molte. Innanzi tutto Montseny organizza il Ministero in due Consigli distinti, uno di Sanità e l’altro di Assistenza sociale e sceglie di svolgere la sua funzione in modo collegiale, nominando delle sottosegretarie competenti che sono donne e mediche: una è Mercedes Maestre per la Sanità, con il compito di organizzare il servizio emotrasfusionale per il pronto soccorso sia sui fronti di guerra che in ambito civile; l’altra è Amparo Poch Gascón, una delle fondatrici di Mujeres Libres, direttrice del già menzionato Casal de la Dona Treballadora, esperta di contraccezione e puericultura, cui affida il settore Assistenza sociale. Il Ministero di nuova istituzione deve far fronte a un gran numero di servizi assistenziali che sappiano dare risposte alle esigenze di mutilati e feriti, di malati e sfollati, di vecchi, donne e bambini/e. La Società delle Nazioni, cui Montseny si rivolge per ricevere aiuti, allineandosi con la politica internazionale del “non intervento”, non riconosce lo stato di estrema necessità sanitaria e sociale della Spagna e non concede l’aiuto richiesto. Intanto, nel governo si sta palesando in modo sempre più evidente l’egemonia comunista. Il peso delle armi inviate dall’Urss sposta l’asse verso le direttive inviate dal Comintern e dalla III Internazionale. Il malcontento popolare cresce a causa dell’inflazione, del rincaro dei prezzi dei generi di prima necessità, della forte presenza di immigrati e sfollati e le manifestazioni di piazza si susseguono. Il clima diventa incandescente. Le forze governative reprimono le rivolte, il Poum e gli anarchici, fedeli all’ideale rivoluzionario per il quale hanno accettato il compromesso dell’istituzionalizzazione, attaccano l’esercito e accusano il governo di tradimento. Ormai l’unità antifascista non c’è più e alla guerra contro il comune nemico si è sovrapposta quella interna al fronte repubblicano in cui gli stalinisti avranno il sopravvento, a costo dell’annientamento fisico di anarchici e trotzkisti.

Dopo otto mesi e mezzo, per le forti tensioni interne tra le diverse componenti, il governo di Caballero cade e finisce l’esperienza di Federica Montseny nel ruolo di ministra. Ciò che accade dopo in Spagna è noto. Anche se per tutto il 1937 le speranze di vittoria del fronte repubblicano sono ancora vive, nell’anno successivo l’arretramento e la perdita di posizioni, a tutto vantaggio delle forze italo-spagnole al servizio di Franco, è palese. La resa definitiva avviene nei primi mesi del 1939. Il regime franchista finirà solo nel 1977 con la morte del dittatore. E cosa ne è di Federica Montseny? I due anni che precedono la disfatta repubblicana la vedono prima impegnata nel ruolo di Secretaria de Propaganda della Cnt e poi occupata a prendersi cura della madre malata. Contemporaneamente affronta la seconda gravidanza e, seppur presa da queste incombenze, torna a dedicarsi alla scrittura con la stesura della biografia di Anselmo Lorenzo, padre dell’anarchismo iberico. Agli inizi del 1939, quando ormai le forze di Franco hanno vinto, comincia l’esodo di massa delle/dei combattenti che hanno difeso, fino all’ultimo, la Repubblica, per sottrarsi alla repressione del regime fascista. La famiglia di Federica Montseny, seppur separata e dispersa, riesce a mettersi in salvo in Francia. La madre, tanto importante nella sua formazione e presente anche nella sua vita adulta, muore poco dopo. In esilio Montseny conoscerà pure il carcere, ma la sua vita continuerà a scorrere dividendo il proprio tempo tra la dimensione domestica e quella pubblica, fatta di militanza, viaggi e scrittura.

Ritorna in Spagna nel 1977, dopo la morte di Franco, e partecipa da protagonista alla storica riunione della Cnt a Barcellona. Ma non va a vivere nella sua Catalogna. Muore infatti a Tolosa, a quasi novant’anni, il 14 gennaio del 1994. . «Il nostro mondo è diverso e migliore» aveva scritto allora Montseny. Noi diciamo oggi:«Un altro mondo è possibile», ma quanta strada c’è ancora da fare per renderlo reale.

 

Traduzione francese
Daniela Fusari

Espagnole, ou plutôt catalane, anarchiste, féministe (bien que ne voulant pas se définir ainsi), ministre, militante toujours. Ce sont les mots qui résument la vie de Federica Montseny, une figure encore trop peu connue, mais dont le travail sur la scène politique européenne a été précurseur de batailles dont les objectifs ne sont pas encore totalement atteints aujourd'hui. Montseny naît à Madrid le 12 février 1905. "'Elle est née morte ! Non, elle est vivante", c'est le cri de libération qui remplit la maison où Teresa Mañé a donné naissance à Federica, un désespoir et une exultation compréhensibles quand on sait que trois grossesses précédentes n'avaient pas connu de fin heureuse et que Blanquita, née un an plus tard, ne survivra pas, condamnant Federica à rester une enfant unique. Teresa et son mari, Juan Montseny, sont tous deux des anarchistes militants, catalans, engagés dans une action de diffusion des convictions libertaires qui s'expriment tant en pensée qu'en action. Elle est une enseignante qui imprime ses activités pédagogiques aux principes libertaires, il est un travailleur capable d'utiliser les mots pour convaincre et entraîner son auditoire, tant dans des rassemblements enflammés qu'avec des articles populaires et des textes théâtraux. Suite à une tentative d'assassinat par des anarchistes individualistes, amateurs d'action, Juan est d'abord emprisonné puis expulsé d'Espagne. Il a ainsi connu l'exil. Londres, où Teresa le rejoint peu après, et Paris sont les étapes de leurs pérégrinations, mais elles sont riches en rencontres et en stimulations intellectuelles. En 1898, après environ deux ans, ils parviennent à rentrer en Espagne et s'installent à Madrid où ils fondent un périodique, La Revista Blanca, qui publie des articles des meilleurs intellectuels espagnols et internationaux, de Miguel Unamuno à Lev Tolstoï et Piotr Kropotkine, et de Teresa Claramont, qui inspire la lutte pour l'émancipation des femmes d'un point de vue anarchiste. Le mari et la femme écrivent également dans le magazine, elle sous le pseudonyme de Gustavo Soledad et lui sous le nom de guerre Federico Urales.

Plus ou moins dans les mêmes années, l'"Escuela Moderna" est née à Barcelone, à travers laquelle Francisco Ferrer Guardia, le révolutionnaire catalan qui l'a créée, se proposait de mener non seulement une bataille culturelle et éducative, mais aussi une action de lutte contre l'État capitaliste et oppresseur. L'anarchisme en Espagne, comme en Italie, dans les décennies entre le XIXe et le XXe siècle, est très répandu et s'est profondément enraciné surtout en Catalogne. C'est dans ce contexte culturel que commence l'aventure de vie de Federica Montseny, et il était important d'en rendre compte pour comprendre les principes et les valeurs qui ont nourri sa formation. La Revista Blanca et l'"Escuela Moderna" ont dû fermer leurs portes au moment où Federica Montseny est née, mais les principes qui les inspiraient ne se sont pas éteints.

La figure dominante de l'éducation de Federica est sa mère Teresa, qui a modelé sa propre pratique pédagogique sur les idées de Rousseau : une éducation anti-dogmatique, créative, libre de tout conditionnement imposé au nom de la patrie et de Dieu. Après des années passées loin de leur Catalogne natale, la famille a finalement pu revenir vivre dans la banlieue de Barcelone, où elle subvient à ses besoins en élevant des poulets et des lapins, mais aussi par le travail intellectuel : les traductions de Teresa, les collaborations journalistiques de Juan et l'écriture de pièces de théâtre. Pendant ce temps, sur la scène mondiale, alors que Federica grandit, des événements d'une importance capitale se produisent : la Grande Guerre et la Révolution russe, vis-à-vis desquelles la galaxie anarchiste prend des positions pas toujours en accord. Ainsi, alors que Kropotnik et Malatesta, pères historiques de l'anarchisme, se rangent du côté de l'interventionnisme, Angelo Pestana, en 1920, de retour d'un voyage en Russie pour voir comment fonctionne l'État né de la révolution bolchevique, sceptique et déçu, proclame : "il faut changer la révolution pour vraiment la faire.” L'adolescence de Federica se passe entre les tâches ménagères, les études sous la direction de sa mère, la lecture vorace d'ouvrages de fiction et de non-fiction et la fréquentation, avec ses parents, des clubs ouvriers et des cafés littéraires où se déroulent les débats politiques et culturels les plus pointus et où l'indépendance de la Catalogne est dans l'air. Elle a hérité des talents d'écrivain de son père et de sa mère et elle écrit bien. Ses premières œuvres sont des romans à caractère social, teintés de romantisme. En 1923, en réponse au tournant autoritaire imposé manu militari par le général Miguel Primo de Riveira, avec le consentement tacite de la monarchie et de l'Église, Juan Monteseny prend position en élaborant un projet de résistance au directoire militaire, non pas avec des armes à feu mais avec les armes de la culture. C'est la renaissance de La Revista Blanca. Le projet éditorial vise à donner une large place aux sujets philosophiques et littéraires, à l'émancipation féminine et à l'éducation. Le périodique publie des articles d'auteurs prestigieux qui avaient déjà écrit dans les pages de l'édition précédente, ainsi que des contributions de nouvelles signatures, et trouve une large approbation et diffusion. Toute la famille est impliquée dans la rédaction : Juan se charge de diffuser la pensée de Kropotkine, sa mère, Teresa, s'occupe de la section historique, et Federica écrit des histoires qui peuvent à la fois faire rêver et éduquer les jeunes générations. Clara, la protagoniste de La Victoria, raconte et illustre l'histoire d'une jeune femme émancipée de la sujétion au mâle, père ou mari, une héroïne qui revendique le droit de vivre une sexualité libre, allant bien au-delà de la revendication du vote des femmes, cheval de bataille des suffragettes de ces années-là. Et la campagne pour l'amour libre est une campagne que Montseny mène avec détermination non seulement sur le plan théorique, mais aussi dans sa propre expérience de vie. Alors qu'elle travaille à la rédaction, elle rencontre un jeune anarchiste, Germinal Esgleas, qu'elle épouse en 1930. Cette année-là, le contexte politique espagnol change : le régime dictatorial prend fin et les revendications républicaines s'imposent, soutenues par un front composite d'idéologies libérales, républicaines et radicales. Les élections ont sanctionné le nouveau dispositif institutionnel. Les anarchistes, bien que laissés libres de voter, s'abstinrent pour la plupart, de même que les Urales, c'est-à-dire les Montseny. Mais cette nouvelle réalité ouvre sur le front anarchiste un débat passionné entre l'âme "possibiliste, réformiste", qui voit dans la république un pas vers l'émancipation finale et l'instauration d'une société sans État, et celle définie comme "nihiliste, extrémiste" résumée dans les mots du vieil anarchiste Errico Malatesta : "Si on stabilise la république en Espagne, il n'y a pas d'illusion. [...] Le peuple perdra de vue l'élan des actions révolutionnaires et s'adaptera confortablement et sans effort à un statu quo basé sur les réformes et la collaboration de classe". Federica Montseny partage cette ligne politique dure et pure et combine son activité de publiciste et d'écrivain dans les pages de La Revista Blanca et El Luchador avec celle d'"aratora obrera", parcourant l'Espagne pour promouvoir et soutenir les luttes ouvrières et paysannes "vers une nouvelle aube sociale”.

Le gouvernement républicain hésite à adopter des réformes et les protestations populaires se multiplient. Grèves, manifestations et répressions violentes se succèdent. Federica ne ménage pas l'énergie qu'elle investit dans la lutte, sauf pendant la période de son congé de maternité. Et en 1933, une petite fille naît, Vida, dont le nom est le même que celui de la protagoniste du roman La Indomabile. "Par droit naturel, les enfants appartiennent à leur mère", affirme-t-elle dans un texte de 1927, revendiquant la nécessité de soustraire l'éducation de la progéniture à la volonté/au pouvoir des pères. Il est certain que la maternité "émancipée", telle que Federica la conçoit, lui impose la recherche constante d'un équilibre difficile entre la nécessité de s'occuper de l'enfant et de le soigner et le désir indomptable de prendre une part active au processus politique en cours en Espagne. Les élections générales de 1934 donnent le gouvernement du pays à une coalition de nationalistes et de monarchistes, dont le succès, une fois encore, est dû à l'abstentionnisme de milliers de membres des organisations anarchistes Cnt (Confederación Nacional del Trabajo) et Fai (Federación Anarquista Ibérica). Les syndicats réagissent à cette dérive réactionnaire par des grèves et des soulèvements violents en Aragon, dans les Asturies et en Catalogne, qui sont tous réprimés dans le sang.

Federica Montseny prend une part active au débat qui suit la défaite du mouvement et remet en question l'efficacité de l'alliance avec les communistes et les socialistes, qui ont lutté à leurs côtés lors des soulèvements qui venaient d’échouer. Son rôle politique au sein de l'anarchisme espagnol est en constante augmentation : entre 1934 et 35, la direction de La Revista Blanca passe entre ses mains, non sans friction avec son père, qui n'accepte pas volontiers d'être remplacé. Giorgio Cosmacini, qui a récemment publié une biographie de Montseny, une source d'information précieuse pour la rédaction de ces brèves notes, affirme : "Le véritable sens de la diatribe n'est pas celui, trivial, d'une querelle de famille, [...] ; c'est au contraire celui, d'époque, d'une compétition de génération et de genre, par laquelle une voix féminine s'oppose à une voix masculine avec une égale vigueur argumentative et, en même temps, une génération de femmes émancipées rejoint une génération d'hommes de plus en plus nombreuse dans la lutte pour la réalisation d'idéaux communs ". Les élections de 1936 voient la victoire du Front populaire, qui regroupe les partis républicain, socialiste et communiste, le Poum (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista) et le Partido Sindacalista, l'UGT, mais pas la CNT. Cette fois, cependant, la majorité des anarchistes votent, contribuant ainsi au succès. La différence n'est que de quatre cent mille voix sur huit millions d'électeurs. Cosmacini décrit la situation comme suit : "L'Espagne est sur le point de se diviser en deux : l'une est l'Espagne qui a foi en la république et veut se renouveler, par des réformes ou une révolution ; l'autre est l'Espagne qui veut remplacer la république démocratique par la nation autoritaire, ancrée dans les institutions traditionnelles - armée et église...". Le 17 juillet 1936, la scission se manifeste par le coup d'État des quatre généraux, le fameux alzamiento. Federica Montseny est de ceux qui pensent qu'une action armée immédiate du peuple est indispensable pour vaincre les hésitations du gouvernement, qui pense encore pouvoir compter sur les forces armées restées fidèles à la République. Enfin, le 19 juillet, Radio Barcelona diffuse la proclamation donnant le feu vert à la lutte armée. George Orwell, venu en Espagne en tant qu'observateur et combattant, analyse et décrit la situation des forces opposées aux ennemis de la République dans son Hommage à la Catalogne : "... en Catalogne, seuls trois partis comptent vraiment : le Psuc, le Poum et le Cnt avec le Fai". Le Partido Socialista Unificado de Cataluna représente le camp social-communiste qui adhère à la Troisième Internationale ; la CNT et la Fai sont des organisations syndicales anarchistes ; le Poum est composé de dissidents anti-staliniens d'inspiration trotskiste. A la fin du mois de juillet, la parabole de La Revista Blanca se termine. Federica Montseny pose sa plume, mais continue à mettre sa voix au service de la défense de la République et de la cause révolutionnaire : elle est en effet l'une des voix les plus écoutées d'Emisora Cnt-Fai, la station anarchiste qui soutient et souvent dépasse Radio Barcelona sur la gauche. En 1936 commence également l'expérience des Mujeres Libres, une association de femmes anarchistes qui donne d'abord vie à la revue du même nom et peu après à un réseau de cercles enracinés dans différents territoires de la péninsule ibérique. En Catalogne, les Mujeres Libres comptent 40 groupes, à Madrid 13, 15 dans le Centre, 28 dans le Levante, 14 en Aragon, pour un total de 147 groupes qui affilient quelque 20 000 femmes, principalement de la classe ouvrière. Le Casal de la Dona Treballadora et l'Instituto de Mujeres Libres de Barcelone organisent des cours gratuits, avec un millier d'inscrits en l'espace de quelques mois. L'organisation repose sur trois points fondamentaux : l'affirmation de l'existence d'un problème féminin spécifique ; l'adhésion formelle à l'anarchisme en tant qu'idéal égalitaire révolutionnaire pour la construction du communisme libertaire ; la dénonciation d'une contradiction évidente entre la théorie et la pratique au sein du mouvement anarchiste espagnol. Federica Montseny, en revanche, n'adhère pas aux Mujeres Libres, niant même la nécessité d'une organisation féminine aussi spécifique. Cette position est réitérée à plusieurs reprises par Montseny, qui écrit : "Nous n'avons pas été, nous ne sommes pas, nous ne serons pas des féministes. Nous pensons que l'émancipation des femmes est intimement liée à celle des hommes. C'est pourquoi il nous suffit de nous appeler anarchistes. Mais il nous a semblé que, surtout en Espagne, notre mouvement souffrait d'un excès de masculinité ; en général, l'homme n'aime pas que la femme le représente". Et Montseny, à plus forte raison, rejette le féminisme bourgeois suffragiste et individualiste : elle pense qu'il ne vise pas l'égalité mais l'alignement de la condition des femmes sur celle des hommes, surtout dans ses aspects négatifs et sans prendre en compte les exigences d'une transformation radicale des structures sociales et économiques. Pendant ce temps, la guerre civile explose. Pour défendre la République, les Brigades internationales s’organisent, avec la participation de militants et d'intellectuels antifascistes de différents pays européens, étant donné que la France et l'Angleterre ont choisi la ligne de non-intervention, tandis que l'Union soviétique entre en scène en envoyant des armes. Les forces rebelles bénéficient du soutien massif, en hommes et en moyens, des régimes totalitaires au pouvoir en Italie et en Allemagne. Le 4 septembre 1936, le gouvernement d'unité nationale, soutenu par les socialistes, les communistes et les républicains, entre en fonction, avec à sa tête Largo Caballero. A Barcelone, le 26 septembre, trois exposants de la CNT rejoignent la Generalitat de Catalunya. C'est la première fois que des anarchistes participent à une institution étatique et c'est le précédent qui conduit Caballero à faire une invitation similaire pour que les anarchistes partagent les responsabilités du gouvernement central. Les anarchistes sont pleinement conscients du risque de trahir l'Idéal, en niant le postulat selon lequel l'État, quelle que soit sa forme, ne peut être qu'oppressif et liberticide. Mais la situation est dramatique, la survie de la République est en jeu. Par conséquent, les exposants du Cnt-Fai acceptent l'offre de Caballero. Sur les cinq ministères demandés, ils en obtiennent quatre : le ministère de la justice, le ministère du commerce, le ministère de l'industrie et le ministère de la santé. Ce dernier, nouvellement créé et d'une importance cruciale, est confié à Federica Montseny, qui devient ainsi la première femme en Europe à occuper le poste de ministre.

À ceux qui lui demandent de rendre compte du choix du mouvement de se transformer en État, Montseny répond que l'évolution de la réalité espagnole a exigé et exige une adaptation politique et sociale de "l'anarchisme militant". Afin de combattre le fascisme et de le vaincre, il est nécessaire que le prolétariat mène la lutte contre l'ennemi et il est également nécessaire d'avoir l'unité de toutes les forces, même avec les communistes étatiques/stalinistes et avec les représentants de la bourgeoisie représentés dans le gouvernement d'unité nationale. "Notre entrée au gouvernement a été pour nous une étape douloureuse mais nécessaire", déclare Montseny dans le rapport sur la santé qu'elle rédige à la fin de son mandat. Et encore : "au-dessus de nos propres idéaux, on a pensé placer une nouvelle raison, une raison d'ordre général, comme celle de ne pas compromettre l'unité du front de combat, de ne pas renoncer directement à la révolution espagnole et avec elle au destin de l'Espagne. Nous devions être à la fois au milieu du gué et aux commandes sur le pont". Il y avait beaucoup de choses à faire. Tout d'abord, Montseny organise le ministère en deux conseils distincts, l'un pour la santé et l'autre pour l'assistance sociale, et choisit d'exercer sa fonction de manière collégiale, en nommant des sous-secrétaires compétents qui sont des femmes et des médecins : L'une est Mercedes Maestre pour la Santé, chargée d'organiser le service d'hémotransfusion pour les premiers secours tant sur les fronts de guerre que dans la sphère civile ; l'autre est Amparo Poch Gascón, l'une des fondatrices de Mujeres Libres, directrice du déjà mentionné Casal de la Dona Treballadora, experte en contraception et en puériculture, à qui elle confie le secteur de l'Assistance sociale. Le ministère nouvellement créé devait fournir un grand nombre de services sociaux pour répondre aux besoins des mutilés et des blessés, des malades et des personnes évacuées, des personnes âgées, des femmes et des enfants. La Société des Nations, à laquelle Montseny s'adresse pour obtenir de l'aide, conformément à la politique internationale de "non-intervention", ne reconnaît pas l'état d'extrême nécessité sanitaire et sociale de l'Espagne et n'accorde pas l'aide demandée. Pendant ce temps, l'hégémonie communiste devient de plus en plus évidente au sein du gouvernement. Le poids des armes envoyées par l'URSS déplace l'axe vers les directives envoyées par le Comintern et la Troisième Internationale. Le mécontentement populaire s'accroît en raison de l'inflation, de la hausse des prix des produits de première nécessité, du grand nombre d'immigrants et de personnes déplacées, et les manifestations de rue se succèdent. Le climat devient incandescent. Les forces gouvernementales répriment les révoltes, le Poum et les anarchistes, fidèles à l'idéal révolutionnaire pour lequel ils avaient accepté le compromis de l'institutionnalisation, attaquent l'armée et accusent le gouvernement de trahison. A présent, l'unité antifasciste n'existe plus et à la guerre contre l'ennemi commun s'est superposée la guerre au sein du front républicain dans laquelle les staliniens auront le dessus, au prix de l'anéantissement physique des anarchistes et des trotskistes.

Après huit mois et demi, en raison des fortes tensions internes entre les différentes composantes, le gouvernement de Caballero tombe et l'expérience de Federica Montseny comme ministre prend fin. Ce qui se passe ensuite en Espagne est bien connu. Si, tout au long de l'année 1937, les espoirs de victoire du front républicain sont toujours présents, l'année suivante, le recul et la perte de positions, au profit des forces italo-espagnoles au service de Franco, sont évidents. La capitulation définitive a lieu dans les premiers mois de 1939. Le régime franquiste ne prendra fin qu'en 1977 avec la mort du dictateur. Et que dire de Federica Montseny ? Au cours des deux années précédant la défaite républicaine, elle a d'abord été employée à la Secretaria de Propaganda de la CTN, puis s'est occupée de sa mère malade. Dans le même temps, elle doit faire face à sa deuxième grossesse et, bien qu'elle soit occupée par ces tâches, elle revient à l'écriture avec la biographie d'Anselmo Lorenzo, père de l'anarchisme ibérique. Au début de 1939, lorsque les forces de Franco sont victorieuses, commence l'exode massif des combattants qui ont défendu la République jusqu'au bout, afin d'échapper à la répression du régime fasciste. La famille de Federica Montseny, bien que séparée et dispersée, réussit à trouver la sécurité en France. Sa mère, qui a été si importante dans son éducation et également présente dans sa vie d’adulte, décède peu après. Pendant son exil, Montseny connaîtra même la prison, mais sa vie continue de se dérouler, partageant son temps entre sa vie domestique et sa vie publique, faite de militantisme, de voyages et d'écriture.

Elle retourne en Espagne en 1977, après la mort de Franco, et joue un rôle de premier plan dans la réunion historique du CNT à Barcelone. Mais elle ne va pas vivre dans sa Catalogne natale. Elle meurt à Toulouse, à presque 90 ans, le 14 janvier 1994. "Notre monde est différent et meilleur", écrivait Montseny à l'époque. Nous disons aujourd'hui : "Un autre monde est possible", mais combien de chemin il nous reste à parcourir pour le rendre réel.

 

Traduzione inglese
Daniela Fusari

Spanish, or rather Catalan, anarchist, feminist (although she didn’t want to define herself as such), minister, always militant. These words convey the core of the life of Federica Montseny, a figure still not sufficiently known, but whose work on the European political scene was a precursor to battles whose objectives are not fully achieved today. Montseny was born in Madrid on February 12, 1905. “She was born dead! No, she is alive!” was the liberating cry that filled the house where Teresa Mañé gave birth to Federica, desperation and exultation that are well understood if we consider that three previous pregnancies had not had a happy ending and that Blanquita too, born a year later, will not survive, destining Federica to remain an only child. Teresa and her husband, Juan Montseny, both anarchist militants and Catalans, engaged to spread the libertarian creed, expressed in both thought and action. She was a teacher who grounded her teaching in libertarian principles. He was a worker capable of using words to convince and motivate his audience, both in fiery speeches and with popular articles and theatrical texts. Following an attack launched by individualistic anarchists, lovers of action, Juan was first imprisoned and then expelled from Spain. He became an exile in London, where Teresa joined him after some time, and also in Paris, during the stages of their wanderings, full of encounters and intellectual stimuli. In 1898, after about two years, they managed to return to Spain and settle in Madrid. There they founded a periodical, La Revista Blanca, which hosted articles reflecting the best of Spanish and international intellectual life, from Miguel Unamuno to Leo Tolstoy and Piotr Kropotkin, to Teresa Claramont, an inspirer of struggles for women's emancipation in an anarchic key. Teresa and Juan also wrote in the magazine, she with the pseudonym of Gustavo Soledad and he with the nom de guerre of Federico Urales.

More or less in the same years, the "Escuela Moderna" was born in Barcelona, ​​through which its creator, the Catalan revolutionary Francisco Ferrer Guardia, intended to wage not only a cultural and educational battle, but also an action to fight against the capitalist and oppressor state. Anarchism in Spain, as in Italy, in the decades at the end of the nineteenth and beginning of the twentieth centuries, was very widespread, and it had especially deep roots in Catalonia. This was the cultural context in which Federica Montseny's life adventure began and it is important to take this into account in order to understand the principles and values ​​that nurtured her education. Both La Revista Blanca and the “Escuela Moderna” were forced to close just at the time Federica Montseny came into the world, but the principles that inspired them continued.

The dominant figure in Federica's education was her mother, Teresa, who modeled her pedagogical practice on Rousseau's ideas: an anti-dogmatic, creative education, free from conditioning imposed in the name of the Fatherland and of God. The family, after years of being away from their native Catalonia, finally was able to return to live in the surroundings of Barcelona. They supported themselves by the breeding of hens and rabbits, but also with intellectual work: the translations of Teresa and the journalistic work of Juan, who also wrote theatrical texts. Meanwhile, as Federica grew up, epochal events took place on the world stage. Among these were the World War I and the Russian Revolution, with regard to which the anarchist galaxy didn’t always agree on positions. Thus, while Kropotnik and Malatesta, historical fathers of anarchism, came out for interventionism, Angelo Pestana, returning, skeptical and disappointed, from 1920 a trip to Russia to see how the state born of the Bolshevik Revolution worked, proclaimed, "The revolution will have to change to become a true revolution.” Federica's adolescence was spent between household chores, studying under the guidance of her mother, voracious reading of non-fiction and fiction and frequenting, together with her parents, workers' circles and literary cafes where the most advanced political-cultural debates took place, and breathed in the spirit of Catalan independence. She inherited an ease of writing from her father and mother and wrote well. Her first efforts were stories with a social context, tinged with romance. In 1923, in response to the authoritarian regime imposed by General Miguel Primo de Riveira, with the tacit consent of the Monarchy and the Church, Juan Monteseny took a stand giving shape to a project of resistance to the military directorate, not with firearms but with the weapons of culture. It was the rebirth of La Revista Blanca. The editorial project intended to give ample space to philosophical-literary topics, to the themes of female emancipation and education. The periodical published articles by prestigious authors who had already written in the pages of the previous edition, but also contributions from new writers, and it was widely accepted and disseminated. The whole family was involved in the editing. Juan took care of the dissemination of Kropotkin's thought, and Federica’s mother, Teresa, took care of the history section. Federica herself wrote stories that knew how to make the younger generation dream while educating them at the same time. Clara, the protagonist of Federica Monteseny’s novel, La Victoria, tells and exemplifies the story of a young woman emancipated from subjection by males, father or husband, a heroine who claims the right to live a free sexuality, going well beyond the request for women’s right to vote, the workhorse demand of the suffragists in those years. And that campaign for free love was one that Montseny conducted with determination not only on a theoretical level, but also in her own life experience. Working in the editorial office, she met a young anarchist, Germinal Esgleas, and married him in 1930. That year saw a major change in Spanish political life. The dictatorial regime of Primo de Riveira was defeated by a republican composite front made up of supporters of liberal, republican and radical ideologies. The elections confirmed a new institutional structure. But the anarchists, even though free to vote, largely abstained and that’s what the Urales, that is, the Montseny, also did. But this new reality provoked a heated debate in the anarchist front, between the "possibilist, reformer" current, which saw in the new republic a step towards definitive emancipation and the affirmation of a society without a state, and another current, defined as "nihilist, extremist". The view of this latter group was summarized in the words of the old anarchist Errico Malatesta, “If the republic is stabilized in Spain, there is no need to have any illusions. [...] The people will lose sight of the impetus of revolutionary actions and will adapt comfortably and effortlessly to a status quo based on reforms and class collaboration." Federica Montseny shared this hard and pure political line, which became reflected in her activity as a publicist and writer on the pages of La Revista Blanca and El Luchador, and her work as an "aratora obrera" (workers’ knight), who traveled around Spain to promote and support workers' and peasant struggles "towards a new social dawn”.

The Republican government was hesitant to pass reforms and popular protests multiplied. Strikes, demonstrations, and violent repressions followed one after another. Federica poured great energy into this fight, despite her pregnancy. And, in 1933, she delivered a little girl, Vida, whose name is the same as the protagonist of her novel La Indomabile. "By natural law the children belong to the mother,” she had asserted in a text in 1927, claiming the need to remove the education of offspring from the power of their fathers. What is certain is that "emancipated" motherhood, as Federica understood it, required her to constantly search for the difficult balance between the needs of the child and the unquenchable desire to be an active part of the political process underway in Spain. The Spanish elections of 1934 won the government of the country for a coalition of nationalists and monarchists, whose success, once again, was at least partly due to the abstention of the thousands of members of the anarchist organizations, the CNT (Confederación Nacional del Trabajo) and the FAI (Federación Anarquista Ibérica). The trade unions reacted to this reactionary shift of power with strikes and violent insurgencies in Aragon, Asturias and Catalonia, all repressed in blood.

Federica Montseny was an active part in the debate following the defeats suffered by the movement and wondered about the effectiveness of the alliance with the Communists and Socialists, comrades in the recently failed uprisings. Her political role within Spanish anarchism was constantly growing - between 1934 and 1935, the direction of La Revista Blanca passed into her hands, not without friction with her father, who did not gracefully accept his replacement. Giorgio Cosmacini, who recently published a biography of Montseny, a precious source of information for the drafting of these brief notes, states, regarding the difficulty between father and daughter, “The true meaning of this conflict is not that of a banal family quarrel […]; it is, instead, an epochal one, of a generational and gender competition, whereby a female voice is counterposed, with equal argumentative force, to a male voice and, at the same time, a generation of emancipated women joins an increasingly numerous generation of men in the struggle for the achievement of common ideals.” The elections of 1936 saw the victory of the Popular Front which included the Republican, Socialist, Communist parties, the POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista) and the Partido Sindacalista, and the UGT, but not the CNT. This time, however, the majority of anarchists voted, thus contributing to the success. The difference was only four hundred thousand votes out of eight million voters. This is how Cosmacini describes the situation that arose: “Spain is on the point of splitting in two: one is a Spain which has faith in the republic and which wants to renew itself, with reforms or with the revolution; the other is a Spain which wants to replace the democratic republic with the authoritarian nation, anchored to traditional institutions – the army and Church ..." On July 17, 1936, the split was revealed in the coup d'état of four generals, the so-called alzamiento. Federica Montseny was among those who believed that immediate armed action by the people was essential to overcome the hesitations of the government, which she thinks could still count on the loyalty of the armed forces to the Republic. Finally, on July 19, Radio Barcelona broadcast the proclamation that gave the green light to an armed struggle. George Orwell, who rushed to Spain as an observer and fighter, in his Homage to Catalonia analyzes and describes the situation of the forces opposing the enemies of the Republic: "... in Catalonia only three parties really matter: the PSUC, the POUM and the CNT together with FAI.” The Partido Socialista Unificado de Cataluna represented the socialist-communist alignment that adheres to the Stalinist Third International, the CNT and the FAI were the organizations of anarcho-syndicalism, and the POUM was made up of Trotsky-inspired anti-Stalinist dissidents. The arc of La Revista Blanca comes to an end in late July. Federica Montseny lays down her pen, but continues to put her voice at the service of the defense of the Republic and for the revolutionary cause. She does this as one of the most listened-to voices of the Emisora ​​CNT-FAI, the anarchist radio transmitter that paralleled and often surpassed the leftwing Radio Barcelona. 1936 saw the rise of the organization Mujeres Libres, an association of anarchist women who first gave life to a magazine of the same name, and shortly after to a network of clubs rooted in different territories of the Iberian peninsula. In Catalonia the Mujeres Libres came to have 40 groups, in Madrid 13, 15 in the Center, 28 in the East, 14 in Aragon, for a total of 147 groups that included about 20,000 women, mostly belonging to the working class. The Casal de la Dona Treballadora and the Instituto de Mujeres Libres in Barcelona organized free school courses, with a thousand enrolled within a few months. There were three key points to the organization’s program: affirmation of the existence of women as a specific segment of society with specific needs; formal adherence to anarchism as an egalitarian revolutionary ideal for the construction of libertarian communism; the denunciation of a clear contradiction between theory and practice within the Spanish anarchist movement. Federica Montseny, however, did not support the Mujeres Libres. To the contrary, she denied the need for such a specific female organization. This position is repeatedly reiterated by Montseny, who wrote, “We were not, we are not, we will not be feminists. We believe that the emancipation of women is intimately linked to that of men. For this we just need to call ourselves anarchists. But, it seemed to us that, especially in Spain, our movement suffered from an excess of masculinity. In general, men don't like women to represent them.” Montseny clearly rejected suffragist and individualist bourgeois feminism. She thought that it did not aim for real equality but for aligning the condition of women with that of men, especially in the negative aspects, and without taking on the demands for a radical transformation of social and economic structures. Meanwhile, the Civil War exploded. In defense of the Republic, the International Brigades were organized, in which anti-fascist militants and intellectuals from various European countries participated. The governments of France and England chose the line of non-intervention, while the Soviet Union took to the field by sending weapons. The rebel (Franco/fascist) forces, on the other hand, have the heavy support, in men and means, of the totalitarian regimes in power in Italy and Germany. On September 4, 1936 the Government of National Unity took office, supported by Socialists, Communists and Republicans, headed by Largo Caballero. In Barcelona, ​​on September 26, three exponents of the CNT join the Generalitat de Catalunya. It is the first time that anarchists have participated in a state institution and it is the precedent that induces Caballero to issue a similar invitation for anarchists to also lend themselves to sharing the responsibilities of the central government. The anarchists (men and women) are fully aware of the risk of betraying their ideals - the assumption that the state, whatever form it takes, can only be oppressive and an enemy of liberty. But the situation is dramatic, the survival of the Republic is at stake. So, the members of the CNT-FAI accept Caballero's offer. Of the five ministries requested, they get four: the Ministry of Justice, that of Commerce, that of Industry and that of Health. The latter, newly established and of crucial importance, is assigned to Federica Montseny who thus becomes the first woman in Europe to hold the office of minister.

To those who asked her for an account of the movement's choice to join in a government, Montseny replied that the changing Spanish reality required and was gradually demanding a social and political adjustment of "militant anarchism". To fight fascism and to overcome it, the proletariat must lead the fight against the enemy, and the unity of all forces is utterly necessary, even with the statist/Stalinist communists and with the representatives of the bourgeoisie who were part of the government of national unity. "Our entry into the Government meant for us a painful transition, but one that was essential because it was indispensable," says Montseny in the Health Report that she drew up at the end of her mandate. And again, "above our own ideals, it was decided to place a new reason, a reason of a general nature, such as to not compromise the unity of the fighting front, to not renounce directing the Spanish revolution and with it the destinies of Spain. We had to be both in the middle of the river and in command on the bridge.” There were many things to do. First of all, Montseny organized the Ministry into two distinct Councils, one of Health and the other of Social Assistance, and chose to carry out its functions in a collegial way, appointing competent undersecretaries who were women and doctors. One is Mercedes Maestre for Health, with the task of organizing the blood transfusion service for first aid both on the war fronts and in the civil field. The other is Amparo Poch Gascón, one of the founders of Mujeres Libres, director of the aforementioned Casal de la Dona Treballadora, experts in contraception and childcare, to which she entrusted the Social Assistance sector. The newly established Ministry had to deal with a large number of welfare services, essential to respond to the needs of the mutilated and injured, the sick and displaced, the elderly, women and children. The League of Nations, to which Montseny turned to receive aid, aligned itself with the international policy of "non-intervention", did not recognize the state of extreme health and social need in Spain and did not grant the requested aid. Meanwhile, Communist hegemony was becoming more and more evident in the government. The weight of the weapons sent by the USSR shifted the axis towards the directives sent by the Comintern and the Third International. Popular discontent grew due to inflation, the rise in the prices of basic necessities, the strong presence of immigrants and displaced persons, and street demonstrations followed one another. The climate became incandescent. Government forces repressed the revolts, the POUM and the anarchists, faithful to the revolutionary ideal for which they accepted the compromise of institutionalization, attacked the army and accused the government of treason. By now anti-fascist unity was no longer there and the war against the common enemy was subordinated to the internal one on the republican front in which the Stalinists will have the upper hand, at the cost of the physical annihilation of anarchists and Trotskyists.

After eight and a half months, due to strong internal tensions between the various components of the coalition, Caballero's government falls and Federica Montseny's experience in the role of minister ends. What happened next in Spain is well known. Although the Republican front's hopes of victory were still alive throughout 1937, in the following year the retreat and loss of positions, to the benefit of the Italian-Spanish forces in Franco's service, is clear. The definitive surrender took place in the first months of 1939. The Franco regime would end only in 1977 with the death of the dictator. And what about Federica Montseny? The two years preceding the republican defeat saw her, first, engaged in the role of Secretaria de Propaganda of the CNT, and then busy taking care of her sick mother. At the same time, she faced a second pregnancy and, although taken up by these duties, she returned to devote herself to writing with the drafting of the biography of Anselmo Lorenzo, father of Iberian anarchism. At the beginning of 1939, when Franco's forces had already won, the mass exodus of the fighters who defended the Republic to the last began, to escape the brutal repression of the fascist regime. Federica Montseny's family, although separated and dispersed, managed to escape to safety in France. Her mother, so important in her education and also present in her adult life, died shortly after. In exile, Montseny also knew prison, but her life continued to flow, as she divided her time between domestic and public demands including militancy, travel and writing.

She returned to Spain in 1977, after Franco's death, and she participated as a protagonist in the historic reunion of the CNT in Barcelona. But she was not fated to live in her native Catalonia. She died instead in Toulouse, almost ninety years old, on January 14, 1994. "Our world is different and better," Montseny wrote then. These days we say, "Another world is possible," but there is still a long way to go to make it true.