Milada Horakova

Paola Malacarne


Monica Fabbri

 

Nella piazza Pětikostelní a Praga c’è un monumento raffigurante un pulpito con un microfono e sul microfono un’allodola. Quell’uccello è Milada Horáková che vola verso la libertà, dice Josef Faltus, lo scultore autore dell'opera inaugurata il 16 novembre 2015 nel parco alla fine della via Sněmovní, proprio di fronte alla Camera dei deputati. Milada, divenuta emblema della lotta contro i regimi totalitari che hanno oppresso il suo Paese, simbolicamente ci parla dal microfono di quel leggìo del tribunale dietro il quale difendeva il suo operato durante il processo per presunto spionaggio e alto tradimento. Sono queste le sue ultime parole, scritte prima dell’esecuzione e che, tradotte in quattro lingue, sono state incise alla base del monumento a lei dedicato: «Sto cadendo, sto cadendo, ho perso questa lotta, me ne vado con onore. Amo questo paese, amo questo popolo, costruite il benessere. Me ne vado senza odiarvi. Ve lo auguro. Ve lo auguro...»

Milada Králová nacque nel 1901 in una famiglia della media borghesia di Praga caratterizzata da ideali liberali e progressisti. Il padre, che aveva osservato nella figlia uno spiccato desiderio di conoscenza, promosse la sua formazione introducendola alla vita culturale e politica del Paese. Entrambi si dedicarono allo studio delle opere di Tomas Masaryk- filosofo e politico cèco, primo presidente della Cecoslovacchia, fondatore dell'Università di Brno, difensore della lotta per l’emancipazione femminile- sostenendone l’operato. Fin dall’adolescenza Milada rivelò la forza e il coraggio che caratterizzeranno tutta la sua vita, manifestando apertamente le idee progressiste assimilate in famiglia nonostante le prevedibili conseguenze; al liceo fu infatti espulsa per aver partecipato ad una manifestazione contro la guerra, pur sapendo che siffatte manifestazioni erano vietate alla classe studentesca. Riuscì comunque a proseguire gli studi e nel 1926 si laureò in giurisprudenza alla Karlová Univerzita di Praga. Nello stesso periodo aderì al Partito nazionalsocialista cecoslovacco (forte oppositore del nazionalsocialismo tedesco, nonostante la somiglianza del nome) iniziando così la sua opera di attivista a sostegno dei diritti civili, in particolare di quelli delle donne. Nel 1927 sposò Bohuslav Horák, suo compagno di partito, con il quale ebbe l’unica figlia, Jana. In quegli anni prestò servizio presso il Dipartimento per le attività sociali del comune di Praga.

A seguito dell’occupazione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista, Milada entrò a far parte del movimento clandestino di resistenza Pvvz partecipando alla formulazione del programma e diventando una delle componenti più attive. Arrestata, insieme al marito, dalla Gestapo nel 1940, fu condannata a morte. La condanna fu successivamente commutata in detenzione che scontò inizialmente a Pankrác, poi nel campo di concentramento di Terezin, successivamente a Lipsia, a Dresda e infine ad Aichach vicino a Monaco, dove fu liberata dall’esercito americano. Le torture della Gestapo, testimoniate dalla compagna di prigionia a Pankrác, Zdena Mašínová, ebbero evidenti conseguenze sulla sua salute, procurandole forti dolori derivanti dal danneggiamento della colonna vertebrale. Dopo la liberazione riuscì a ricongiungersi alla famiglia a Praga e qui riprese a frequentare l’ambiente politico, partecipando alla riforma del suo partito. Eletta parlamentare, divenne una figura di notevole importanza nella difficile ricostituzione del Paese che si trovava ad affrontare questioni complesse come le decisioni da prendere nei confronti della popolazione di etnia tedesca ritenuta complice dell’occupazione nazista. Milada assunse una posizione contraria all’esilio forzato di questa minoranza tedesca. Promotrice delle prime forme previdenziali per lavoratori e reduci di guerra, svolse un ruolo fondamentale in seno alla Commissione per l'assistenza ai/lle rifugiati/e. Occupò una posizione centrale in svariate organizzazioni civili, prefiggendosi l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della cittadinanza; all’interno della Croce Rossa, tra le varie azioni, istituì centri di consulenza per le madri e case di accoglienza per giovani orfani/e. Nello stesso periodo rafforzò il suo impegno a favore dei diritti delle donne, un impegno che Horáková, come avvocata, aveva sostenuto sin all'inizio della sua carriera, rendendosi attiva nel garantirne l'uguaglianza davanti alla legge. Fondamentale, a questo proposito, fu il suo incontro, ancora studente, con Františka Plamínková, insegnante, giornalista, politica e una delle prime paladine ceche per i diritti femminili. "Plamka", o "piccola fiamma", come era conosciuta per l’arguzia, le spiccate capacità di dibattito e la passione con cui affrontava la questione, era stata la fondatrice del Consiglio Nazionale delle donne (Ženská národní rada, ovvero Žnr), organizzazione che raccoglieva circa cinquanta associazioni impegnate nel promuovere la parità dei diritti attraverso modifiche legislative del lavoro e della famiglia. Nonostante la differenza di età, le due donne furono profondamente vicine e come osserva la professoressa di storia della Rutgers University Melissa Feinberg: «Horáková è stata coinvolta nelle stesse organizzazioni di Plamínková, e come una delle prime donne avvocate cèche, è stata davvero preziosa per il movimento delle donne nelle loro battaglie per raggiungere la parità di diritti all'interno del diritto civile, del lavoro e della cittadinanza. Lei e Plamínková hanno sviluppato questa lunga collaborazione che va dagli anni '20 agli anni '30». Insieme lavorarono a una bozza di legge che mirava ad abolire le restrizioni per le femmine nel lavoro, inclusa la pratica nota come celibát che proibiva alle donne sposate di lavorare nel servizio civile. Gli argomenti a sostegno di questa tesi, provenienti da fonti sia religiose che secolari, affermavano che le donne devono poter partecipare alla vita pubblica per la vitalità stessa della democrazia ma la loro attività pubblica non deve mai essere a svantaggio della vita familiare. Plamínková e Horáková sostennero invece l'uguaglianza per le donne nel lavoro sulla base dell'articolo 106 della Costituzione cecoslovacca del 1920 appena redatta. L’articolo escludeva la discriminazione sessuale. La legge fu infine approvata e ha potuto godere anche del sostegno del presidente della Repubblica T.G. Masaryk. Alla morte di Plamínková, la presidenza del Consiglio passò a Milada. Il Consiglio, oltre a svolgere una funzione di controllo per il rispetto dei diritti femminili nella sfera pubblica, si adoperò per sviluppare sia nelle donne che nella cittadinanza la consapevolezza della parità di genere all’interno della famiglia. Infatti, nel codice dell'era asburgica ancora in vigore, al marito, in qualità di capofamiglia, era attribuito il potere decisionale e quindi il diritto di esercitare il controllo sulla propria moglie, inclusa la gestione delle sue proprietà e il permesso o il divieto di lavorare fuori casa. Oltre a sostenere il diritto al lavoro delle coniugate, Horáková stilò una serie di leggi per migliorare lo status giuridico e le condizioni delle madri non sposate e dei bambini nati fuori dal matrimonio. Così come si occupò dei problemi riguardanti la conciliazione della carriera lavorativa con la vita familiare, sottolineando la funzione della donna come madre, ma allo stesso tempo garantendola legalmente e socialmente. In qualità di esperta legislativa, oltre che come rappresentante dello Žnr, fu delegata in numerosi congressi stranieri. Nello svolgimento delle sue attività all’estero ebbe modo di conoscere e confrontarsi con molte donne impegnate sul fronte femminista, tra cui Eleanor Roosevelt, moglie del presidente degli Stati Uniti. Milada così si esprimeva:

«Femminista per me significa: una donna che possiede tutte le specificità della natura femminile, contro le quali non cerca di combattere, ma tra queste sceglie e coltiva consapevolmente e con responsabilità soprattutto quelle in cui individua un reale e oggettivo contributo alla collettività più ampia possibile della società umana. È una donna che realizza se stessa, i suoi obiettivi, le sue capacità e che rimane a loro fedele in ogni momento della sua vita privata e della sua vita pubblica. La sua caratteristica principale è che non agisce mai solo per sé stessa» (Come sono diventata una femminista, intervista con M. Horáková di P. Boumová)

Particolarmente significativi, ai fini della comunicazione, il suo discorso nel 1932 sulla solidarietà femminile e sulla cooperazione tra donne (la cui registrazione è conservata negli archivi della radio nazionale cèca) e la fondazione della rivista “Vlasta” nel gennaio 1947, che ancora oggi risulta il periodico femminile cèco più venduto. Horáková, dunque, autrice di svariate proposte di legge, fu una leader nella più grande organizzazione nazionale per i diritti delle donne, ma anche un membro influente sia all'interno del Čsns, sia come deputata. Tuttavia, Milada si dimise dal parlamento, come atto di protesta, pochi giorni dopo la misteriosa morte del ministro degli Esteri Jan Masaryk. L’episodio, denominato la quarta defenestrazione di Praga, si colloca nel periodo immediatamente successivo al colpo di stato nel febbraio del 1948, organizzato da Klement Gottawald, leader del Partito comunista che di fatto segnava l’inizio del controllo sovietico sul Paese e l’instaurazione di un nuovo regime totalitario. Il colpo di stato, definito quasi incruento, in realtà significò l’arresto e la fuga di centinaia di oppositori e la donna, che aveva protestato violentemente per l’assorbimento del proprio partito nel Partito comunista, conservò i contatti con quanti/e scelsero l’esilio, stabilendo con loro una rete di comunicazione e mantenendo così in vita l’ala clandestina del partito. Come già aveva fatto durante la dominazione nazista, Milada si erse a difesa della libertà cèca, rifiutando platealmente gli inviti del regime comunista a collaborare e manifestando apertamente le sue critiche. Preoccupati per le conseguenze delle sue manifeste posizioni nei confronti del regime, amici e familiari la sollecitarono a lasciare la Cecoslovacchia, ma la donna scelse di rimanere continuando a fare opposizione politica. Il 27 settembre 1949 venne arrestata con l'accusa di spionaggio e cospirazione.

Nei due anni di prigionia, prima del processo, fu sottoposta a interrogatori intensivi da parte del StB, l'organo di sicurezza statale cecoslovacco che adoperava strumenti di tortura sia fisici che psicologici. Il trattamento aveva lo scopo di annientare la volontà dei/lle dissidenti convincendoli/e della loro colpevolezza in vista dei processi farsa istituiti dal regime. Horáková, consapevole fin dal suo arresto di quello che le sarebbe capitato, riuscì a mantenersi lucida e coerente nonostante tutto ciò che dovette subire, compresa la falsa notizia della morte del marito e del suocero. Il 31 maggio 1950 iniziò il processo a lei e ad altri dodici suoi compagni, colleghi e collaboratori: ella si difese con dignità rivendicando di fronte ai giudici, senza cedimento alcuno, i suoi incrollabili princìpi: «Mentirei dicendo che sono cambiata, che le mie convinzioni siano mutate. Non sarebbe né vero, né onesto», ben sapendo che questo atteggiamento avrebbe influito negativamente sulla condanna. Molti stralci del processo, per volontà del presidente Klement Gottwald, su modello delle purghe staliniane degli anni Trenta, furono trasmessi per radio e addirittura ripresi dalle telecamere, una rarità per l’epoca, ed usati come forma di propaganda ed intimidazione verso la popolazione. In questo clima di esaltazione collettiva promossa dal regime, istigati dalla propaganda, più di seimila consigli di fabbrica e comitati di strada sommersero i giudici di lettere denigratorie e infamanti nei confronti degli imputati, chiedendo punizioni durissime ed esemplari. In particolare, Milada venne dipinta come una cospiratrice, una donna arrogante che non sapeva stare al suo posto e che trascurava la famiglia, quindi non in linea con i valori tradizionali. Con la condanna a morte già scritta, disse nella sua dichiarazione finale: «Quello che ho fatto, l’ho fatto consapevolmente. Mi prendo tutta la responsabilità delle mie azioni ed è per questo che accetterò la punizione che mi verrà data. Continuo a sostenere le mie convinzioni». La donna, che aveva dedicato tutta la sua esistenza alla lotta contro la morte dell’anima, contro le intimidazioni, le menzogne e le violenze mantenne saldo il coraggio di difendere le sue idee, i suoi sogni, i suoi valori di libertà, di uguaglianza e di fratellanza, pagando, per questo, con la vita. L'8 giugno 1950 Milada fu condannata a morte per spionaggio e alto tradimento, insieme a tre dei coimputati. L’opinione pubblica mondiale fu colpita dalla gravità della condanna; da ogni parte giunsero appelli e petizioni perché la sua vita fosse risparmiata. Personalità note come Albert Einstein, Winston Churchill, Eleanor Roosevelt e altri intellettuali, tra cui Jean-Paul Sartre, Albert Camus e Simone de Beauvoir, si spesero perché venissero accolti sia il ricorso in appello sia la domanda di grazia, presentata dalla figlia e dall’avvocato al presidente cecoslovacco Gottwald.

Inutilmente: alle 05.35 del 27 giugno 1950 Milada Horáková, all'età di 48 anni, ultima dei quattro condannati, fu impiccata tramite una forma primitiva di strangolamento, nel cortile del carcere di Pankrác a Praga. Ci mise dieci minuti a morire soffocata. La sua esecuzione non fu comunicata a nessuno e il suo corpo, come quello di tanti altri dissidenti cecoslovacchi, non venne mai consegnato ai parenti. Fu cremato e le ceneri disperse in campagna, lungo la strada che collega Praga e Melnik. Nel cimitero di Vysehrad, dove riposano le grandi personalità della storia cèca, sulla lapide è scritto: «giustiziata e non seppellita». Il verdetto che sanciva la sua colpevolezza venne annullato nel 1968, diciotto anni dopo la sua morte, durante il periodo della Primavera di Praga. Tuttavia, a causa dell'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe dei Paesi appartenenti al Patto di Varsavia e della successiva restaurazione, questo fu reso noto soltanto nel 1990, dopo la fine del regime comunista. Solo allora il suo nome venne pienamente riabilitato e le sue lettere consegnate ai familiari. Dal 2004, il 27 giugno — giorno della sua esecuzione — è stato assunto come simbolo della Giornata delle vittime del regime comunista. Nel 2005 furono ritrovati i verbali originali del processo, dai quali emerge in maniera evidente la manipolazione delle fasi processuali ai fini propagandistici e la prefabbricazione dei verdetti. Ludmila Brožová-Polednová, ultima procuratrice al processo di Milada che, dopo la condanna, aveva chiesto che l'impiccagione avvenisse con lentezza, per soffocamento, è stata condannata dall'Alta Corte a sei anni di carcere per il suo coinvolgimento in omicidio giudiziario. Milada Horáková è stata invece riconosciuta come una martire della resistenza al nazismo ed al regime comunista. Il coraggio, la coerenza e la serena consapevolezza con cui affrontò la morte ne hanno fatto un simbolo della dignità umana. Una delle principali arterie della capitale cèca, che unisce il castello alla zona di Holešovice, è stata ribattezzata con il suo nome. Nel 1991, il presidente Václav Havel ha concesso a JUDr. Milada Horáková in memoriam l’Order of Tomáš Garrigue Masaryk - 1° classe. Il 2 gennaio 2020 la presidente slovacca Zuzana Čaputová ha insignito dell'Ordine della Doppia Croce Bianca di 1° classe Milada Horáková in memoriam per i servizi straordinari alla Repubblica slovacca, lo sviluppo e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà.

Possiamo considerare come testamento morale di Milada Horáková la lettera che lasciò alla figlia Jana:

«Mia unica piccola ragazza Jana,

Dio ha benedetto la mia vita di donna dandomi te. Come tuo padre scrisse in una poesia da una prigione tedesca, Dio ti ha data a noi perché ci amava. Escludendo il magico, straordinario amore di tuo padre, tu sei stata il più grande dono che ho ricevuto dal fato. Ad ogni modo, la Provvidenza ha pianificato la mia vita in un modo che non mi consentirà di darti tutto quello che la mia mente e il mio cuore avevano preparato per te. Il motivo non è che ti ho amata poco; ti ho amata altrettanto puramente e con lo stesso fervore con cui le altre madri amano i loro figli. Ma ho compreso che il mio compito in questo mondo era fare il tuo bene mostrandoti che la vita migliora, e che tutti i bambini possono vivere bene. E pertanto abbiamo dovuto essere spesso separate a lungo. Questa è già la seconda volta che il fato ci divide. Non essere spaventata e triste per il fatto che non tornerò più. Impara, mia bimba, a guardare da presto alla vita come a una questione importante. La vita è dura, non coccola nessuno, e ogni volta in cui ti colpisce ti assesta dieci colpi. Abituatici presto, ma non lasciare che ti sconfigga. Decidi di combattere. Abbi coraggio e obiettivi chiari e vincerai sulla vita. Molto è ancora nascosto alla tua giovane mente, e non mi è rimasto tempo per spiegarti cose che a te piacerebbe ancora chiedermi. Un giorno, quando sarai cresciuta, ti chiederai e richiederai perché tua madre, che ti ha amata e di cui eri il dono più grande, ha condotto la sua vita in maniera così strana. Forse allora troverai la giusta soluzione a questo problema, forse una migliore di quella che io oggi posso dare a me stessa. Certo, riuscirai a risolverlo correttamente e in maniera affidabile solo conoscendo molto. Non solo dai libri, ma dalle persone; impara da tutti, anche da quelli che non contano! Gira il mondo con occhi aperti, e ascolta non solo i tuoi dolori ed interessi, ma anche i dolori, gli interessi e i desideri degli altri. Non pensare mai che qualcosa non ti riguardi. No, tutto ti deve interessare, e tu dovresti riflettere su tutto, confrontare, comporre fenomeni individuali. L’uomo non vive nel mondo da solo; in questo c’è una grande felicità, ma anche una tremenda responsabilità. Questo obbligo consiste prima di tutto nel non essere e non agire in maniera esclusiva, ma piuttosto fondendosi con i bisogni e gli obiettivi degli altri. Questo non significa perdersi nella moltitudine, ma sapere che si è parte del tutto, e per portare il meglio che uno può dare alla comunità. Se farai questo, riuscirai a contribuire agli obiettivi comuni della società umana. Sii più conscia di quanto non sia stata io di un principio: avvicinati a tutto nella vita in maniera costruttiva e diffida di chi dice no senza necessità (non sto parlando di tutti i no, perché credo che si dovrebbe dir no al male). Ma per essere una persona veramente positiva in tutte le circostanze, si deve imparare come distinguere il vero oro dalla bigiotteria. È difficile, perché la bigiotteria a volte brilla in maniera abbagliante. Confesso, figlia mia, che spesso nella mia vita sono stata abbagliata dalla bigiotteria. E qualche volta brilla in maniera così falsa che si lascia cader di mano l’oro puro e si corre dietro al falso oro. Sai che organizzare bene la propria scala di valori significa non solo conoscersi bene, essere fermi nell’analisi del proprio carattere, ma principalmente conoscere gli altri, conoscere il più possibile del mondo, il suo passato, presente e futuro sviluppo. Ebbene, in breve: conoscere, capire. Non chiudere le orecchie davanti a nulla e per nessun motivo, nemmeno zittire i pensieri e le opinioni di qualcuno che mi ha pestato i piedi o che mi ha ferito profondamente. Esamina, pensa, critica, sì, principalmente critica te stessa, non aver paura di ammettere una verità che hai compreso, anche se avevi proclamato l’opposto fino a un attimo prima; non diventare ostinata sulle tue opinioni, ma quando arrivi a considerare giusta una cosa, allora sii così determinata da combattere e morire per essa. Come ha detto Wolker, la morte non è male. Solo bisogna evitare la morte graduale, che è ciò che accade quando uno si scopre staccato dalla vera vita degli altri. Devi mettere radici dove il fato ha stabilito di farti vivere. Devi trovare la tua strada. Cercala da sola, non lasciare che nessuno ti distragga da essa, nemmeno la memoria di tua madre e di tuo padre. Se davvero li ami, non farli soffrire guardandoli con occhio critico; solo non andare per una strada che è sbagliata, disonesta e non si armonizza con la tua vita. Ho cambiato idea molte volte, riclassificato molti valori, ma, quel che resta come valore essenziale, senza il quale non potrei immaginare la mia vita, è la libertà di coscienza. Vorrei che tu, mia piccola ragazza, pensassi se ho avuto ragione oppure no.»

 

Traduzione francese
Valentina Simi, Patricia Aubry, Michel Bedui

Sur la place Pětikostelní à Prague, il y a un monument représentant une chaire avec un micro et sur le micro une alouette. Cet oiseau, c’est Milada Horáková, qui vole vers la liberté, comme l’explique Josef Faltus, le sculpteur qui a créé l’opéra inauguré le 16 novembre 2015 dans le parc au bout de la rue Sněmovní, juste en face de la Chambre des députés.

Milada, devenue un emblème de la lutte contre les régimes totalitaires qui ont opprimé son pays, nous parle symboliquement du micro de ce tribunal, derrière lequel elle a défendu ses actions lors du procès pour espionnage présumé et haute trahison. Ce sont ses derniers mots, écrits avant l’exécution et qui, traduits en quatre langues, ont été gravés au pied du monument qui lui est dédié : « Je tombe, je tombe, j’ai perdu ce combat, je pars avec honneur. J’aime ce pays, j’aime ce peuple, construisez votre bien-être. Je pars sans vous haïr. Je vous le souhaite. Je vous le souhaite… »

Milada Králová naquit en 1901 dans une famille de la moyenne bourgeoisie de Prague caractérisée par des idéaux libéraux et progressistes. Le père, qui avait observé chez sa fille un fort désir de savoir, promut son éducation en l’initiant à la vie culturelle et politique du pays. Tous les deux se consacrèrent à l’étude des œuvres de Tomas Masaryk, philosophe et homme politique tchèque, premier président de la Tchécoslovaquie, fondateur de l’Université de Brno, défenseur de la lutte pour l’émancipation des femmes, soutenant son travail. Depuis l’adolescence, Milada montra la force et le courage qui caractériseront toute sa vie, manifestant ouvertement les idées progressistes assimilées dans la famille, malgré les conséquences prévisibles ; au lycée elle fut en effet expulsée pour avoir participé à une manifestation contre la guerre, sachant même que de telles manifestations étaient interdites à la classe étudiante. Cependant, elle réussit à poursuivre ses études, et en 1926 elle obtint son diplôme en droit à l’Université Charles de Prague. Dans la même période, elle rejoignit le Parti national-socialiste tchécoslovaque de centre gauche (fort opposant au national-socialisme allemand, malgré la similitude du nom), commençant ainsi son travail de militante en faveur des droits civils, en particulier ceux des femmes. En 1927, elle épousa Bohuslav Horák, membre du même parti, avec lequel elle eut sa fille unique, Jana. Au cours de ces années, elle travailla au Département des activités sociales de la municipalité de Prague.

Suite à l’occupation de la Tchécoslovaquie par l’Allemagne nazie, Milada rejoignit le mouvement de résistance clandestin Pvvz, participant à la formulation du programme et devenant l’une des composantes les plus actives. Arrêtée avec son mari par la Gestapo en 1940, elle fut condamnée à mort. La peine fut ensuite commuée en détention, qu’elle purgea d’abord à Pankrác, puis dans le camp de concentration de Terezin, ensuite à Leipzig, Dresde et enfin à Aichach près de Munich, où elle fut libérée par l’armée américaine. Les tortures de la Gestapo, dont sa codétenue à Pankrác, Zdena Mašínová, fut témoin, eurent des conséquences évidentes sur sa santé, lui causant de graves douleurs résultant de lésions de la colonne vertébrale. Après sa libération, elle put rejoindre sa famille à Prague et y elle reprît ses activités dans le milieu politique, participant à la réforme de son parti. Elue parlementaire, elle devint une figure d’une importance considérable dans la difficile reconstitution du pays, confronté à des questions complexes, telles que les décisions à prendre à l’égard de la population de souche allemande jugée complice de l’occupation nazie. Milada prit position contre l’exil forcé de cette minorité allemande. Promotrice des premières formes de Sécurité sociale pour les travailleurs et les anciens combattants, elle joua un rôle fondamental au sein de la Commission d’assistance aux réfugié.e.s. Elle occupa une position centrale dans diverses organisations civiles, dans le but d’améliorer les conditions de vie des citoyens ; au sein de la Croix-Rouge, entre autres actions, elle mit en place des centres de conseil pour les mères et des foyers pour jeunes orphelin.e.s. Au cours de la même période, elle renforça son engagement en faveur des droits des femmes, engagement que Horáková, en tant qu’avocate, avait soutenu depuis le début de sa carrière, travaillant activement afin de garantir l’égalité homme-femme devant la loi. Fondamentale à cet égard, fut sa rencontre, alors qu’elle était encore étudiante, sa rencontre avec Frantiska Plamínková, enseignante, journaliste, politicienne et l’une des premières championnes tchèques des droits des femmes fut à cet égard fondamental « Plamka », ou « petite flamme », comme elle était connue pour son esprit, ses solides compétences en matière de débat, et la passion avec laquelle elle traitait la question, avait été la fondatrice du Conseil national des femmes (Zenská národní rada, ou Znr), une organisation qui a réuni une cinquantaine d’associations engagées à promouvoir l’égalité des droits par des modifications législatives du travail et de la famille. Malgré la différence d’âge, les deux femmes furent très proches et, comme le fait remarquer Melissa Feinberg, professeure d’histoire à l’Université Rutgers : « Horáková était impliquée dans les mêmes organisations que Plamínková, et en tant que l’une des premières avocates tchèques, elle était vraiment inestimable pour le mouvement des femmes dans leurs luttes pour obtenir l’égalité des droits dans le droit civil, du travail et de la citoyenneté. Elle et Plamínková ont développé cette longue collaboration qui va des années 1920 aux années 1930 ». Ensemble, elles travaillèrent sur un projet de loi visant à abolir les restrictions à l’emploi des femmes, y compris la pratique connue sous le nom de célibat qui interdisait aux femmes mariées de travailler dans la fonction publique. Les arguments à l’appui de cette thèse, provenant à la fois de sources religieuses et laïques, affirmaient que les femmes devraient pouvoir participer à la vie publique pour la vitalité même de la démocratie, mais que leur activité publique ne devait jamais se faire au détriment de la vie de famille. Plamínková et Horáková ont plutôt plaidé pour l’égalité des femmes au travail sur la base de l’article 106 de la nouvelle Constitution tchécoslovaque de 1920. L’article excluait la discrimination sexuelle. La loi fut enfin approuvée et bénéficia du soutien du président de la République T.G. Masaryk. À la mort de Plamínková, la présidence du Conseil passa à Milada.

Le Conseil, en plus d’exercer une fonction de contrôle du respect des droits des femmes dans la sphère publique, s’efforça de sensibiliser à l’égalité entre les femmes et les hommes au sein de la famille. En fait, dans le code de l’époque des Habsbourg toujours en vigueur, le mari, en tant que chef de famille, recevait le pouvoir de décision et donc le droit d’exercer un contrôle sur sa femme, y compris la gestion de ses biens et l’autorisation ou l’interdiction de travailler à l’extérieur de la maison. En plus de soutenir le droit au travail des femmes mariées, Horáková rédigea une série de lois visant à améliorer le statut juridique et les conditions des mères célibataires et des enfants nés hors mariage. Elle s’occupa aussi des problèmes de conciliation entre carrière professionnelle et vie de famille, en mettant l’accent sur le rôle de la femme en tant que mère, ainsi qu’en la protégeant juridiquement et socialement. En tant qu’experte législative et représentante du Žnr, elle fut déléguée à de nombreux congrès étrangers. Dans le cadre de ses activités à l’étranger, elle rencontra et interagit avec de nombreuses femmes impliquées sur le front féministe, dont Eleanor Roosevelt, épouse du président des États-Unis. Milada a affirmé :

«Féministe pour moi signifie : une femme qui possède toutes les spécificités de la nature féminine, contre lesquelles elle n’essaye pas de lutter, mais elle choisit et cultive consciemment et de manière responsable surtout celles dans lesquelles elle identifie une contribution réelle et objective à la plus large communauté possible de la société humaine. C’est une femme qui s’épanouit, réalise ses objectifs, prend conscience de ses capacités et qui leur reste fidèle à chaque instant de sa vie privée et publique. Sa principale caractéristique est qu’elle n’agit jamais seulement pour elle-même. » (Comment je suis devenue féministe, entretien avec M. Horáková par P. Boumová).

Particulièrement significatifs à des fins communicatives sont son discours de 1932 sur la solidarité féminine et la coopération entre les femmes (dont l’enregistrement est conservé dans les archives de la radio nationale tchèque) et la fondation du magazine "Vlasta" en janvier 1947, qui est encore aujourd’hui le magazine féminin tchèque le plus vendu. Horáková a été, donc, l’auteure de plusieurs projets de loi, un chef de file de la plus grande organisation nationale de défense des droits des femmes, mais aussi un membre influent aussi bien au sein de Čsns et qu’en tant que député. Toutefois, Milada démissionna du parlement, en signe de protestation, quelques jours après la mort mystérieuse du ministre des Affaires étrangères Jan Masaryk. L’épisode, appelé la quatrième défenestration de Prague, se déroula dans la période qui suivit le coup d’État de février 1948, organisé par Klement Gottawald, chef du Parti communiste, qui a, en fait, marqué le début du contrôle soviétique sur le pays et la mise en place d’un nouveau régime totalitaire. Le coup d’État, censé avoir eu lieu sans effusion de sang, impliqua en réalité l’arrestation et la fuite de centaines d’opposants, et la femme, qui avait violemment protesté contre la confluence de son parti dans le Parti communiste, maintint les contacts avec ceux qui avaient choisi l’exil, établissant ainsi un réseau de communication avec eux et entretenant ainsi l’aile clandestine du parti. Comme elle l’avait déjà fait pendant la domination nazie, Milada se leva pour défendre la liberté tchèque, refusant ostensiblement les invitations du régime communiste à collaborer et exprimant ouvertement ses critiques. Inquiets pour les conséquences de ses positions ouvertes envers le régime, ses amis et sa famille l’exhortèrent à quitter la Tchécoslovaquie, mais elle choisit de rester, tout en continuant à s’opposer politiquement. Le 27 septembre 1949, elle fut arrêtée pour espionnage et conspiration.

Pendant les deux années de son emprisonnement, avant le procès, elle fut soumise à des interrogatoires intensifs menés par le StB, l’organe de sécurité de l’État tchécoslovaque qui utilisait des instruments de torture à la fois physiques et psychologiques. Le traitement visait à anéantir la volonté des dissidents en les convaincant de leur culpabilité en vue des simulacres de procès institués par le régime. Horáková, consciente depuis son arrestation de ce qui allait lui arriver, réussit à rester lucide et cohérente malgré tout ce qu’elle dut subir, y compris la fausse nouvelle de la mort de son mari et de son beau-père. Le 31 mai 1950, son procès et celui de douze autres collègues et collaborateurs commença : elle se défendit dignement en revendiquant ses principes inébranlables devant les juges, sans céder : « Je mentirais en disant que j’ai changé, que mes convictions ont changé. Ce ne serait ni vrai ni honnête », sachant très bien que cette attitude aurait une influence négative sur son jugement. De nombreux extraits du procès, à la demande du président Klement Gottwald, comme pendant les purges staliniennes des années 1930, furent diffusés à la radio et même filmés par des caméras, une rareté à l’époque, et utilisés comme une forme de propagande et d’intimidation envers la population. Dans ce climat d’exaltation collective promu par le régime, poussés par la propagande, plus de six mille comités syndicaux d’entreprise et comités de rue submergèrent les juges de lettres dénigrantes et diffamatoires contre les accusés, exigeant des peines sévères et exemplaires. En particulier, Milada fut dépeinte comme une conspiratrice, une femme arrogante qui ne savait pas rester à sa place et qui négligeait sa famille, donc non conforme aux valeurs traditionnelles. La condamnation à mort étant déjà écrite, elle dit dans sa déclaration finale : « Ce que j’ai fait, je l’ai fait consciemment. J’assume l’entière responsabilité de mes actes et c’est pourquoi j’accepterai la punition qui me sera infligée. Je continue à soutenir mes convictions ». La femme, qui avait consacré toute sa vie à lutter contre la mort de l’âme, contre l’intimidation, le mensonge et la violence, a gardé le courage de défendre ses idées, ses rêves, ses valeurs de liberté, d’égalité et de fraternité, payant pour cela de sa vie. Le 8 juin 1950, Milada fut condamnée à mort pour espionnage et haute trahison, avec trois des coaccusés. L’opinion publique mondiale fut frappée par la gravité de la sentence ; des appels et des pétitions vinrent de partout pour que sa vie soit épargnée. Des personnalités bien connues telles qu’Albert Einstein, Winston Churchill, Eleanor Roosevelt et d’autres intellectuels, dont Jean-Paul Sartre, Albert Camus et Simone de Beauvoir, se donnèrent beaucoup de mal pour que l’appel et la demande de pardon au président tchécoslovaque Gottwald, présentés par sa fille et son avocat, soient accordés.

En vain : à 05h35, le 27 juin 1950, Milada Horáková, à l’âge de 48 ans, la dernière des quatre condamnés, fut pendue par une forme primitive d’étranglement, dans la cour de la prison Pankrác à Prague. Il lui a fallu dix minutes pour suffoquer. Son exécution n’a été communiquée à personne et son corps, comme celui de nombreux autres dissidents tchécoslovaques, n’a jamais été remis à des proches. Il a été incinéré et les cendres dispersées dans la campagne, le long de la route reliant Prague et Melnik. Dans le cimetière de Vysehrad, où reposent les grandes personnalités de l’histoire tchèque, sur la pierre tombale il est écrit : "exécuté et non enterré". Le verdict qui sanctionnait sa culpabilité a été annulé en 1968, dix-huit ans après sa mort, pendant la période du Printemps de Prague. Cependant, en raison de l’invasion de la Tchécoslovaquie par les troupes des pays membres du Pacte de Varsovie et de la restauration qui a suivi, cela n’a été révélé qu’en 1990, après la fin du régime communiste. Ce n’est qu’alors que son nom a été entièrement réhabilité et ses lettres ont été transmises aux membres de sa famille. Depuis 2004, le 27 juin, jour de son exécution, est considéré comme un symbole de la Journée des victimes du régime communiste. En 2005, le procès-verbal original du procès a été retrouvé, d’où émergent clairement la manipulation des phases du procès à des fins de propagande et la préfabrication des verdicts. Ludmila Brožová-Polednová, la dernière procureure du procès de Milada qui, après sa condamnation, avait demandé que la pendaison se fasse lentement, par suffocation, a été condamnée par la Haute Cour à six ans de prison pour son implication dans un meurtre judiciaire. Milada Horáková a été, en revanche, reconnue comme une martyre de la résistance au nazisme et au régime communiste. Le courage, la constance et la conscience sereine avec lesquels elle a affronté la mort en ont fait un symbole de la dignité humaine. L’une des principales artères de la capitale tchèque, qui relie le château à la région de Holešovice, a été rebaptisée de son nom. Le 2 janvier 2020, la Présidente slovaque Zuzana Čaputová lui a conféré l’Ordre de la double croix blanche de 1ère classe à la mémoire, pour des services extraordinaires à la République slovaque, le développement et la protection de la démocratie, des droits de l’homme et des libertés.

Nous pouvons considérer la lettre que Milada Horáková a laissée à sa fille Jana comme son testament moral :

«Ma petite, unique fille Jana,

Dieu a béni ma vie de femme en te donnant à moi. Comme ton père l’a écrit dans un poème dans une prison allemande, Dieu nous t’a donné parce qu’il nous aimait. Excepté l’amour magique et extraordinaire de ton père, tu as été le plus beau cadeau que j’ai reçu du destin. Quoi qu’il en soit, la Providence a planifié ma vie d’une manière qui ne me permettra pas de te donner tout ce que mon esprit et mon cœur avaient préparé pour toi. La raison n’est pas que je t’ai aimé peu ; Je t’ai aimée aussi purement et avec la même ferveur avec laquelle les autres mères aiment leurs enfants. Mais j’ai compris que mon travail dans ce monde était de faire ton bien en te montrant que la vie s’améliore et que tous les enfants peuvent bien vivre. Et par conséquent, nous avons souvent dû être séparés pendant longtemps. C’est déjà la deuxième fois que le destin nous divise. N’aie pas peur et ne sois pas triste à cause du fait que je ne vais plus revenir. Apprends, mon enfant, à considérer la vie comme une question importante dès le début. La vie est dure, elle ne chouchoute personne, et chaque fois qu’elle te frappe, elle va te frapper dix fois. Habitue-toi vite, mais ne la laisse pas te vaincre. Décide de te battre. Aie du courage et des objectifs clairs et tu vas gagner sur la vie. Beaucoup de choses sont encore cachées à ton jeune esprit, et je n’ai plus le temps de t’expliquer les choses que tu aimerais encore me demander. Un jour, quand tu seras adulte, tu te demanderas plusieurs fois pourquoi ta mère, qui t’aimait et dont tu étais le plus beau cadeau, a mené sa vie d’une manière si étrange. Sans doute tu trouveras alors la bonne solution à ce problème, peut-être meilleure que celle que je peux trouver aujourd’hui. Bien sûr, tu ne pourras le résoudre correctement et de manière fiable qu’en apprenant beaucoup de choses. Pas seulement des livres, mais des gens ; apprends de tout le monde, même de ceux qui ne comptent pas ! Parcours le monde avec les yeux ouverts et écoute non seulement tes douleurs et tes intérêts, mais aussi les douleurs, les intérêts et les désirs des autres. Ne pense jamais que quelque chose ne te concerne pas. Non, tout doit t’intéresser et tu dois réfléchir à tout, comparer, composer des phénomènes individuels. L’homme ne vit pas seul dans le monde ; il y a là un grand bonheur, mais aussi une énorme responsabilité. Cette obligation consiste d’abord à ne pas être et à ne pas agir de façon exclusive, mais plutôt à se confondre avec les besoins et les objectifs d’autrui. Cela ne veut pas dire se perdre dans la multitude, mais savoir que l’on fait partie du tout, et apporter le meilleur que l’on peut donner à la communauté. Si tu fais cela, tu seras en mesure de contribuer aux objectifs communs de la société humaine. Sois plus consciente que moi d’un principe : aborde tout dans la vie de manière constructive et méfie-toi de ceux qui disent non sans qu’il soit nécessaire (je ne parle pas de tout non, car je crois qu’il faut dire non au mal). Mais pour être une personne vraiment positive en toutes circonstances, il faut apprendre à distinguer l’or véritable des bijoux factices. C’est difficile, car les bijoux factices brillent parfois de façon éblouissante. J’avoue, ma fille, que souvent dans ma vie j’ai été éblouie par les bijoux factices. Et parfois, ils brillent si faussement qu’on peut laisser de l’or pur tomber de sa main et courir après le faux or. Tu sais que bien organiser son échelle de valeurs, c’est non seulement bien se connaître, être ferme dans l’analyse de son caractère, mais surtout connaître les autres, connaître le plus possible le monde, son développement passé, présent et futur. Enfin, en bref : savoir, comprendre. Ne ferme tes oreilles à rien et pour quelque raison que ce soit, ne fais même pas taire les pensées et les opinions de quelqu’un qui t’a marché sur les pieds ou qui t’a profondément blessé. Examine, pense, critique, oui, critique-toi surtout, n’aie pas peur d’admettre une vérité que tu as comprise, même si tu avais proclamé le contraire jusqu’à un moment auparavant ; ne sois pas têtue à propos de tes opinions, mais lorsque tu vois quelque chose de bien, sois suffisamment déterminée pour te battre et mourir pour cela. Comme l’a dit Wolker, la mort n’est pas mauvaise. Seule la mort progressive doit être évitée, ce qui arrive quand on se trouve détaché de la vraie vie des autres. Tu dois prendre racine là où le destin t’a fait vivre. Tu dois trouver ton chemin. Cherche-le seule, ne laisse personne t’en distraire, pas même le souvenir de ta mère et de ton père. Si tu les aimes vraiment, ne les fais pas souffrir en les regardant d’un œil critique ; ne t’engage pas sur un chemin qui est faux, malhonnête et qui ne correspond pas à ta vie. J’ai changé d’avis à plusieurs reprises, reclassé de nombreuses valeurs, mais ce qui reste comme une valeur essentielle, sans laquelle je ne pourrais pas imaginer ma vie, c’est la liberté de conscience. Je te souhaite, ma petite fille, de te demander si j’avais raison ou pas.»

 

Traduzione inglese
Giovanna Ceccarelli

In the Pětikostelní square in Prague there is a monument depicting a pulpit with a microphone and a lark on the microphone. That bird is Milada Horáková flying to freedom, says Josef Faltus, the sculptor who created the work inaugurated on November 16, 2015 in the park at the end of Sněmovní street, right in front of the Chamber of Deputies. Milada, who has become an emblem of the struggle against the totalitarian regimes that oppressed her country, symbolically speaks to us from the microphone of that courtroom behind which she defended her actions during the trial for alleged espionage and high treason. These are her last words, written before the execution and which, translated into four languages, were engraved at the base of the monument dedicated to her: “I'm falling, I'm falling, I lost this fight, I'm leaving with honor. I love this country, I love this people, build wealth. I'm leaving without hating you. I wish you so. I wish you ... "

Milada Králová was born in 1901 into a middle-class Prague family characterized by liberal and progressive ideals. The father, who had observed in his daughter a strong desire for knowledge, promoted her education by introducing her to the cultural and political life of the country. Both dedicated themselves for the studying the works of Tomas Masaryk - Czech philosopher and politician, first president of Czechoslovakia, founder of the Brno’s University, defender of the struggle for women's emancipation - supporting his work. Since adolescence, Milada revealed the strength and courage that will characterize her entire life, manifesting openly the progressive ideas assimilated into the family despite the foreseeable consequences; in high school she was expelled for taking part in an anti-war demonstration, even knowing that such demonstrations were forbidden to the student class. However, she managed to continue her studies and in 1926 she graduated in law at the Karlová’s Univerzita Prague. In the same period she joined the Czechoslovakian National Socialist Party (strong opponent (?) of German National Socialism, despite the similarity of the name) thus starting her work as an activist in support of civil rights, especially those of women. In 1927 she married Bohuslav Horák, her party’s mate, and she had only daughter, Jana. In those years she served in the Department for Social Activities of the Municipality of Prague.

Following the occupation of Czechoslovakia by Nazi Germany, Milada became part of the underground resistance movement Pvvz, participating in the formulation of the program and becoming one of the most active components. In 1940 the husband and herself both arrested by the Gestapo and se was sentenced to death. The sentence was subsequently commuted to detention which she served initially in Pankrác, then in the Terezin concentration camp, then in Leipzig, Dresden and finally in Aichach near Munich, where she was liberated by the American army. The tortures of the Gestapo, witnessed by her prisoner in Pankrác, Zdena Mašínová, had evident consequences on her health, causing her severe pain resulting from damage to the spinal column Her after liberation she was able to rejoin her family in Prague and here she resumed attending the political milieu, participating in the reform of her party. Elected parliamentarian, she became a figure of considerable importance in the difficult reconstitution of the country which was faced with complex issues such as the decisions to be taken with regard to the ethnic German population deemed complicit in the Nazi occupation. Milada took a position against the forced exile of this German minority. Promoter of the first forms of social security for workers and war veterans, she played a fundamental role in the Commission for assistance to refugees. She occupied a central position in various civil organizations, with the aim of improving the living conditions of citizens; within the Red Cross, among other actions, he set up counseling centers for mothers and shelters for young orphans. In the same period she strengthened her commitment for women's rights, a commitment that Horáková, as a lawyer, had supported since the beginning of her career, becoming active in guaranteeing their equality before the law. Fundamental in this regard was her meeting, while still a student, with Františka Plamínková, teacher, journalist, politician and one of the first Czech champions for women's rights. "Plamka", or "little flame", as she was known for her wit, keen ability to debate and the passion with which she dealt with the issue, had been the founder of the National Council of Women (Ženská národní rada, or Žnr), an organization that brought together about fifty associations committed for promoting equal rights through legislative changes for the work and family. In spite of the difference age, the two women were very close and as Rutgers University history professor Melissa Feinberg observes: «Horáková was involved in the same organizations as Plamínková, and as one of the first Czech female lawyers, she was truly invaluable to the women's movement in their struggles to achieve equal rights within civil, labor and citizenship law. She and Plamínková have developed this long collaboration that goes from the 1920s to the 1930s ». Together they worked on a draft law that aimed to abolish restrictions for females in employment, including the practice known as celibacy which prohibited married women from working in the civil service. The arguments in support of this thesis, coming from both religious and secular sources, stated that women must be able to participate in public life for the very vitality of democracy but their public activity must never be to the detriment of family life. Plamínková and Horáková instead advocated equality for women at work on the basis of Article 106 of the newly drafted 1920 Czechoslovakian Constitution. The article excluded sexual discrimination. The law was finally approved and also enjoyed the support of the President of the Republic T.G. Masaryk. Upon Plamínková's death, the presidency of the Council passed to Milada.

The Council, in addition to carrying out a control function for the respect of women's rights in the public sphere, endeavored to develop awareness of gender equality within the family both in women and in citizens. In fact, in the Habsburg-era code still in force, the husband, as head of the family, was given the decision-making power and therefore the right to exercise control over his wife, including the management of her property and the permission or prohibition of work outside the home. In addition to supporting the right to work of married women, Horáková drafted a series of laws to improve the legal status and conditions of unmarried mothers and children born out of wedlock. Just as she dealt with problems concerning the reconciliation of a working career with family life, emphasizing the role of the woman as a mother, but at the same time guaranteeing it legally and socially. As a legislative expert, as well as a representative of the Žnr, she was delegated to numerous foreign congresses. In carrying out her activities abroad she had the opportunity to meet and interact with many women involved on the feminist front, including Eleanor Roosevelt, wife of the president of the United States. Milada put it this way:

"Feminist for me means: a woman who possesses all the specificities of the feminine nature, against which she does not try to fight, but among these she chooses and cultivates consciously and responsibly above all those in which she identifies a real and objective contribution to the broadest possible community of human society. She is a woman who realizes herself, her goals, her skills and who remains faithful to them in every moment of her private and public life. Her main characteristic is that it never acts only for herself "(How I became a feminist, interview with M. Horáková by P. Boumová))

Particularly significant, for the purposes of communication, her speech in 1932 on female solidarity and cooperation between women (whose recording is preserved in the archives of the Czech national radio) and the foundation of the magazine "Vlasta" in January 1947, which is still today the best-selling Czech women's magazine. Horáková, therefore, the author of several bills, was a leader in the largest national women's rights organization, but also an influential member both within Čsns and as a deputy. However, Milada resigned from parliament, as an act of protest, a few days after the mysterious death of Foreign Minister Jan Masaryk. The episode, called the fourth defenestration of Prague, takes place in the period immediately following the coup d'état in February 1948, organized by Klement Gottawald, leader of the Communist Party which in fact marked the beginning of Soviet control over the country and the establishment of a new totalitarian regime. The coup, described as almost bloodless, actually meant the arrest and flight of hundreds of opponents and the woman, who had violently protested for the absorption of her party into the Communist Party, maintained contact with those who chose the exile, establishing a communication network with them and thus keeping the clandestine wing of the party alive. As she had already done during the Nazi domination, Milada stood up in defense of Czech freedom, blatantly refusing the Communist regime's invitations to collaborate and openly expressing her criticisms. Worried about the consequences of her overt positions towards the regime, friends and family urged her to leave Czechoslovakia, but she chose to stay while continuing to oppose her politically. On September 27, 1949, she was arrested on charges of espionage and conspiracy.

During the two years of her imprisonment, before the trial, she was subjected to intensive interrogation by the StB, the Czechoslovakian state security body which used both physical and psychological instruments of torture. The treatment was aimed at annihilating the will of the dissidents by convincing them of their guilt in view of the sham trials instituted by the regime. Horáková, aware since her arrest of what would happen to her, managed to remain lucid and consistent despite everything she had to undergo, including the false news of the deaths of her husband and father-in-law. On May 31, 1950, began the trial for her and twelve other comrades, colleagues and collaborators: she defended herself with dignity by claiming her unshakable principles before the judges, without giving up: "I would lie by saying that I have changed, that my beliefs have changed. It would be neither true nor honest », knowing full well that this attitude would have a negative impact on the sentence. Many excerpts from the trial, at the behest of President Klement Gottwald, modeled on the Stalinist purges of the 1930s, were broadcast on the radio and even filmed by cameras, a rarity at the time, and used as a form of propaganda and intimidation towards the population. In this climate of collective exaltation promoted by the regime, instigated by propaganda, more than six thousand works councils and street committees overwhelmed the judges with disparaging and defamatory letters against the accused, demanding harsh and exemplary punishments. In particular, Milada was portrayed as a conspirator, an arrogant woman who could not stay in her place and who neglected her family, therefore not in line with traditional values. With the death sentence already written, she said in her final statement: "What I did, I did it knowingly. I take full responsibility for my actions and that is why I will accept the punishment that will be given to me. I continue to support my beliefs ». The woman, who had dedicated her entire existence to the fight against the death of the soul, against intimidation, lies and violence, kept steadfast the courage to defend her ideas, her dreams, her values ​​of freedom, of equality and of brotherhood, paying, for this, with life. On June 8, 1950, Milada was sentenced to death for espionage and high treason, together with three of the co-defendants. World public opinion was struck by the gravity of the sentence; appeals and petitions came from all over for her life to be spared. Well-known personalities such as Albert Einstein, Winston Churchill, Eleanor Roosevelt and other intellectuals, including Jean-Paul Sartre, Albert Camus and Simone de Beauvoir, went to great lengths to ensure that both appeal and the request for pardon, presented by the daughter and daughter, were upheld. 'advocate to the Czechoslovakian President Gottwald.

In vain: at 05.35 on June 27, 1950 Milada Horáková, at the age of 48, the last of the four condemned, was hanged by a primitive form of strangulation, in the courtyard of the Pankrác prison in Prague. It took her ten minutes to suffocate. Her execution was not communicated to anyone and her body, like that of many other Czechoslovak dissidents, was never handed over to relatives. She was cremated and the ashes scattered in the countryside, along the road connecting Prague and Melnik. In the cemetery of Vysehrad, where the great personalities of Czech history rest, on the tombstone is written: "executed and not buried". The verdict that sanctioned her guilt was overturned in 1968, eighteen years after her death, during the period of the Prague Spring. However, due to the invasion of Czechoslovakia by the troops of the countries belonging to the Warsaw Pact and the subsequent restoration, this was only made known in 1990, after the end of the communist regime. Only then was her name fully rehabilitated and her letters delivered to family members. Since 2004, June 27 - the day of her execution - has been taken as a symbol of the Day of the Victims of the Communist regime. In 2005 the original minutes of the trial were found, from which the manipulation of the trial phases for propaganda purposes and the prefabrication of the verdicts clearly emerge. Ludmila Brožová-Polednová, the last prosecutor at Milada's trial who, after her conviction, asked for the hanging to take place slowly, by suffocation, was sentenced by the High Court to six years in prison for her involvement in judicial murder. Milada Horáková was instead recognized as a martyr of the resistance to Nazism and the communist regime. The courage, consistency and serene awareness with which she faced death have made her a symbol of human dignity. One of the main arteries of the Czech capital, which connects the castle to the Holešovice area, has been renamed with her name. On January 2, 2020, Slovak President Zuzana Čaputová awarded the Order of the Double White Cross 1st class Milada Horáková in memoriam for extraordinary services to the Slovak Republic, development and protection of democracy, human rights and freedoms.

We can consider the letter she left to her daughter Jana as a moral testament from Milada Horáková:

«My only little girl Jana,

God blessed my life as a woman by giving you to. As your father wrote in a poem from a German prison, God gave you to us because He loved us. Barring your father's magical, extraordinary love, you were the greatest gift I have received from fate. Either way, Providence has planned my life in a way that won't allow me to give you everything my mind and heart had prepared for you. The reason is not that I loved you a little; I loved you just as purely and with the same fervor with which other mothers love their children. But I realized that my job in this world was to do your good by showing you that life gets better, and that all children can live well. And therefore, we often had to be separated for a long time. This is already the second time that fate divides us. Don't be scared and sad that I will never return. Learn, my child, to look at life as an important issue early on. Life is hard, it doesn't pamper anyone, and every time it hits you it hits you ten. Get used to it soon, but don't let it defeat you. You decide to fight. Have courage and clear goals and you will win over life. Much is still hidden from your young mind, and I have no time left to explain you things that you would still like to ask me. One day, when you are grown up, you will wonder and ask why your mother, who loved you and you were the greatest gift were, led her life in such a strange way. Perhaps then you will find the right solution to this problem, perhaps a better one than what I can give myself today. Of course, you will be able to solve it correctly and reliably only by knowing a lot. Not just from books, but from people; learn from everyone, even those who don't matter! Travel the world with open eyes, and listen not only to your pains and interests, but also to the pains, interests and desires of others. Never think that something doesn't concern you. No, everything must interest you, and you should reflect on everything, compare, compose individual phenomena. Man does not live in the world alone; there is great happiness in this, but also a tremendous responsibility. This obligation it consists first of all in not being and not acting exclusively, but rather by merging with the needs and goals of others. This does not mean getting lost in the multitude, but knowing that you are part of the whole, and to bring the best that one can give to the community. If you do this, you will be able to contribute to the common goals of human society. Be more aware than I was of a principle: approach everything in life in a constructive way and be wary of those who say no unnecessarily (I'm not talking about all no, because I believe that one should say no to evil). But to be a truly positive person in all circumstances, one must learn how to distinguish real gold from costume jewelry. It is difficult, because the costume jewelry sometimes shines dazzlingly. I confess, my daughter, that often in my life I have been dazzled by costume jewelery. And sometimes it shines so falsely that you let pure gold fall from your hand and run after fake gold. You know that organizing one's scale of values ​​well means not only knowing oneself well, being firm in the analysis of one's character, but mainly knowing others, knowing as much as possible about the world, its past, present and future development. Well, in short: knowing, understanding. Do not close your ears to anything and for any reason, not even silence the thoughts and opinions of someone who has stepped on my toes or who has deeply hurt me. Examine, think, criticize, yes, mainly criticize yourself, do not be afraid to admit a truth that you have understood, even if you had proclaimed the opposite until a moment before; don't get stubborn about your opinions, but when you come to see something right, then be determined enough to fight and die for it. As Wolker said, death is not bad. Only gradual death must be avoided, which is what happens when one finds oneself detached from the true life of others. You have to take root where fate has made you live. You have to find your way. Look for it alone, don't let anyone distract you from it, not even the memory of your mother and father. If you really love them, don't make them suffer by looking at them with a critical eye; just don't go down a path that is wrong, dishonest, and doesn't fit in with your life. I have changed my mind many times, reclassified many values, but what remains as an essential value, without which I could not imagine my life, is the freedom of conscience. I wish you, my little girl, to think whether I was right or not. »

 

Traduzione ceca
Yana Nekula

a pražském Pětikostelním náměstí je pomník s kazatelnou s mikrofonem a skřivánkem na mikrofonu. Tím ptáčkem je Milada Horáková letící na svobodu, říká sochař Josef Faltus, který vytvořil dílo, slavnostně odhalené 16. listopadu 2015 v parku na konci Sněmovní ulice, přímo před Poslaneckou sněmovnou. Milada, která se stala znakem boje proti totalitnímu režimu, který utlačoval její zemi, k nám symbolicky promlouvá z mikrofonu čtecího pultu ze soudní síně, ve které hájila své činy během procesu za údajnou špionáž a velezradu. Toto jsou její poslední slova, která byla napsána před popravou a která byla v překladu do čtyř jazyků vyryta na základně pomníku, který jí byl věnován: "Padám, padám, tento boj jsem prohrála, odcházím čestně. Miluji tuto zem, miluji tento lid, budujte mu blahobyt. Odcházímbez nenávisti k vám. Přeji vám to, přeji vám ... "

Milada Králová se narodila v roce 1901 v pražské rodině střední třídy, která se vyznačovala liberálními a pokrokovými ideály. Otec, který ve své dceři pozoroval silnou touhu po znalostech, podporoval její vzdělání tím, že ji uvedl do kulturního a politického života v zemi. Oba se věnovali studiu děl Tomáše Masaryka - českého filozofa a politika, prvního prezidenta Československa, zakladatele brněnské univerzity, obhájce boje za emancipaci žen. Od dospívání Milada dávala najevo sílu a odvahu, které budou charakterizovat celý její život, a otevřeně projevovala progresivní myšlenky asimilované rodinou navzdory předvídatelným následkům; byla třeba vyloučena z gymnázia za účast na protiválečné demonstraci, přestože věděla, že takové demonstrace jsou studentské třídě zakázány. Ve studiu však dokázala pokračovat a v roce 1926 promovala na Právnické fakultě Karlovy Univerzity v Praze. Ve stejném období vstoupila do Československé strany národně socialistické (strana stojící v silném odporu německému nacionálního socialismu, navzdory podobnosti názvu), čímž zahájila svoji činnost aktivistky za občanská práva, zejména ženská. V roce 1927 se vdala za svého stranického partnera Bohuslava Horáka, se kterým měla jejich jedinou dceru Janu. V těchto letech pracovala na odboru sociálních aktivit Magistrátu hlavního města Prahy.

Po okupaci Československa nacistickým Německem se Milada připojila k podzemnímu hnutí odporu PVVZ, podílela se na formulaci programu a stala se jedním z nejaktivnějších členů. V roce 1940 byla spolu se svým manželem zatčena gestapem a byla odsouzena k smrti. Rozsudek byl následně změněn na 8 let vězení, které si původně odpykávala na Pankráci, poté v terezínském koncentračním táboře, následně v Lipsku v Drážďanech a nakonec v Aichachu u Mnichova, kde byla osvobozena americkou armádou. Mučení gestapa, které dosvědcuje její spoluvězně na Pankráci Zdena Mašínová, mělo evidentní následky na jejím zdraví v podobě silných bolestí způsobených poškozením páteře. Po osvobození se mohla znovu vrátit ke své rodině v Praze, kde pokračovala v účasti na politickém prostředí a podílela se na reformě své strany. Jako poslankyně se stala osobností značného významu v obtížné rekonstituci země, která čelila složitým problémům, jako jsou rozhodnutí, která musela být přijata s ohledem na německé etnické obyvatelstvo veřejností odsuzované za spoluúčast na nacistické okupaci. Milada zaujala postoj proti nucenému exilu této německé menšiny. Jako propagátorka prvních forem sociálního zabezpečení pracovníků a válečných veteránů hrála zásadní roli v Komisi pro pomoc uprchlíkům. Zastávala ústřední postavení v různých občanských organizacích s cílem zlepšit životní podmínky občanů; v rámci Červeného kříže mimo jiné zřídila poradenská centra pro matky a útulky pro mladé sirotky. Ve stejném období posílila svůj závazek k zlepšení práv žen, závazek, který Horáková jako právnička podporovala od začátku své kariéry a aktivně propagovala rovnost žen před zákonem. Rozhodující v tomto ohledu bylo její setkání, ještě v době studií, s Františkou Plamínkovou, učitelkou, novinářkou, političkou a jednou z prvních českých ochránkyň práv žen. „Plamka“ neboli „malý plamen“, známá svým vtipem, silnými debatními schopnostmi a vášní, s níž se touto problematikou zabývala, byla zakladatelkou Národní rady žen (Ženská národní rada, ŽNR), organizace sdružující asi padesát sdružení, která se zavázala k prosazování rovných práv prostřednictvím legislativních změn v prácovním a rodinném prostředí. Navzdory věkovému rozdílu si byly obě ženy hluboce blízké, a jak poznamenává profesorka historie Rutgers University Melissa Feinbergová: „Horáková byla zapojena do stejných organizací jako Plamínková a jako jedna z prvních českých právniček byla skutečně neocenitelná pro ženská hnutí v jejich boji za dosažení stejných práv v rámci pracovního a občanského zákoníku. Ona a Plamínková vyvinuly tuto dlouhou spolupráci od 20. do 30. let“. Společně pracovaly na návrhu zákona, jehož cílem bylo zrušit omezení zaměstnávání žen, včetně praxe známé jako celibát, která zakazovala vdaným ženám pracovat ve státní službě. Argumenty na podporu této práce, pocházející z náboženských i světských zdrojů, uvádějí, že ženy musí mít možnost účastnit se veřejného života pro samotnou vitalitu demokracie, ale jejich veřejná aktivita nesmí nikdy být na úkor rodinného života. Plamínková a Horáková místo toho prosazovaly rovnost žen v práci na základě článku 106 nově vypracované československé ústavy z roku 1920. Článek vylučoval sexuální diskriminaci. Zákon byl nakonec schválen a těšil se podpoře prezidenta republiky T.G. Masaryka. Po smrti Plamínkové přešlo předsednictví Rady na Miladu.

Kromě výkonu kontrolní funkce v oblasti dodržování práv žen ve veřejné sféře se Rada snažila rozvíjet povědomí o rovnosti žen a mužů v rodině, a to jak u žen, tak u široké veřejnosti. Ve stále platném zákoníku habsburské éry dostal manžel jako hlava rodiny rozhodovací pravomoc, a tedy právo vykonávat kontrolu nad svou ženou, včetně správy jejího majetku a povolení či zákazu pracovat mimo domov. Kromě podpory práva vdaných žen na práci připravila Horáková řadu zákonů ke zlepšení právního postavení a podmínek svobodných matek a dětí narozených mimo manželství. Stejně jako se zabývala problémy týkajícími se sladění pracovní kariéry s rodinným životem, zdůrazňovala roli ženy jako matky, ale zároveň ji garantovala právně a sociálně.ì Jako odbornice na legislativu a jako zástupce ŽNR, v poválečné době obnovené pod názvem Rada československých žen (RČŽ), byla delegována na řadu zahraničních kongresů. Při výkonu svých aktivit v zahraničí se setkávala a komunikovala s mnoha ženami zapojenými do feministické fronty, včetně Eleanor Rooseveltové, manželky prezidenta Spojených států. Milada to řekla takto:

„Feministka mi znamená: ženu se všemi jejími druhovými znaky, které nikterak uměle nepotírá, avšak z nichž uvědoměle a odpovědně vybírá a pěstuje hlavně ty, v nichž je skutečný objektivní přínos co nejširší kolektivitě v lidské společnosti. Je to žena, která si v prvé řadě musí uvědomiti sebe samu, své cíle, své schopnosti a ukázněně zařaditi se, právě podle těchto svých schopností, na kterékoliv místo v životě soukromém i veřejném. Jejím základním znakem jest, že nepracuje nikdy pouze pro sebe samu.“

Obzvláště významné, ve sféře komunikace, byly její projev z roku 1932 o ženské solidaritě a spolupráci žen (jehož nahrávka je zachována v archivech Českého rozhlasu) a vznik časopisu „Vlasta“ v lednu 1947, který je dodnes nejprodávanějším českým ženským časopisem. Horáková, autorka několika návrhů zákonů, byla lídrem největší národní organizace pro práva žen, ale také vlivným členem jak ČSNS, tak i parlamentu, jako poslankyně. Několik dní po záhadné smrti ministra zahraničí Jana Masaryka se však Milada na protest vzdala svého poslaneckého mandátu. Epizoda často zvaná čtvrtá defenestrace Prahy se odehrává v období bezprostředně po státním převratu v únoru 1948, který uspořádal Klement Gottwald, vůdce komunistické strany, což ve skutečnosti znamenalo začátek sovětské kontroly nad zemí a nastolení totalitního režimu. Státní převrat, označovaný jako téměř nekrvavý, ve skutečnosti znamenal zatčení a útěk stovek odpůrců a Milada, která hlasitě protestovala proti absorpci své strany do komunistické strany, udržovala kontakt s těmi, kteří odešli do vyhnanství, vytvoříce s nimi komunikační sítě a udržujíce tak naživu tajnou frakci strany. Jak už udělala během nacistické nadvlády, Milada se postavila na obranu české svobody, bezostyšně odmítla pozvání komunistického režimu ke spolupráci a otevřeně vyjadřovala kritiku. V obavách z důsledků jejího zjevného odporu vůči režimu ji přátelé a rodina vyzývali, aby opustila Československo, ale rozhodla se zůstat a nadále proti režimu politicky vystupovat. 27. září 1949 byla zatčena a obviněna ze špionáže a spiknutí.

Účelem tohoto postupu bylo zničit vůli disidentů a následně je přesvědčovat o jejich vině v průběhu zinscenovaných soudních procesů zavedených režimem. Horáková, vědomá si od svého zatčení toho, co se s ní stane, dokázala zachovat střízlivou a utříbenou mysl navzdory všemu, co musela podstoupit, včetně falešných zpráv o smrti jejího manžela a tchána. 31. května 1950 začal soudní proces s ní a dvanácti dalšími spolustraníky, kolegy a spolupracovníky: důstojně se bránila tím, že se před soudci domáhala svých neotřesitelných práv, aniž by se vzdala: „Já bych lhala, státní soude, kdybych řekla, že jsem změnila své přesvědčení a že jsem docela jiná “, prestože si byla plně vědoma toho, že tento přístup bude mít negativní dopad na její rozsudek. Mnoho výňatků z procesu bylo na popud prezidenta Klementa Gottwalda po vzoru stalinských čistek 30. let vysíláno v rádiu a dokonce natáčeno kamerami, což byla v té době rarita, a používáno jako forma propagandy a zastrašování obyvatelstva. V ovzduší organizovaného kolektivního hněvu podporovaného režimem a podněcovaného propagandou, zahltilo více než šest tisíc závodních a uličních výborů soudce pohrdavými a pomlouvačnými rezolucemi proti obviněným, požadujícím tvrdé a příkladné tresty. Zejména Milada byla vykreslena jako spiklenkyně, arogantní žena, která nevěděla, jak zůstat na svém místě a která zanedbávala svou rodinu a tak žila v rozporu s tradičními hodnotami. Před vynesením předem napsaného rozsudku smrti ve svém posledním prohlášení řekla: „Své činy jsem dělala vědomě a chci nést také plnou a veškerou odpovědnost za ně a odevzdaně přijmu trest, který bude pro mě nalezen. (...) Setrvávám ještě ve svém přesvědčení“. Žena, která celou svoji existenci zasvětila boji proti smrti duše, proti zastrašování, lži a násilí, si stále udržela odvahu hájit své myšlenky, své sny, své hodnoty svobody, rovnosti a bratrství a zaplatila za to životem. 8. června 1950 byla Milada spolu se třemi spoluobžalovanými odsouzena k trestu smrti za špionáž a velezradu. Světové veřejné mínění bylo zasaženo závažností trestu; z celého světa přicházely výzvy a petice, aby byl ušetřen její život. Známé osobnosti jako Albert Einstein, Winston Churchill, Eleanor Roosevelt a další intelektuálové, včetně Jean-Paul Sartra, Albert Camuse a Simona de Beauvoir, se velmi snažili zajistit, aby bylo vyhověno jak odvolání, tak žádosti o milost předložené její dcerou a právním zástupcem československému prezidentu Gottwaldovi.

Marně; 27. června 1950 v 05.35 hodin byla Milada Horáková ve věku 48 let, poslední ze čtyř odsouzených, popravena primitivní formou oběšení na nádvoří pražské věznice Pankrác. Trvalo jí deset minut, než se udusila. Její poprava nebyla nikomu sdělena a její tělo, stejně jako mnoha jiných československých disidentů, nebylo nikdy vydáno příbuzným. Bylo zpopelněno a popel byl rozptýlen na venkově podél silnice spojující Prahu a Mělník. Na jejím náhrobku na Vyšehradském hřbitově, kde odpočívají velké osobnosti české historie, je napsáno: „nepohřbena“. Verdikt, který sankcionoval její vinu, byl zrušen v roce 1968, osmnáct let po její smrti, v období Pražského jara. V důsledku invaze vojsk zemí Varšavské smlouvy do Československa a následné utužení totalitního režimu v období normalizace to však bylo oznámeno až v roce 1990, po pádu komunistické vlády. Teprve poté bylo její jméno plně rehabilitováno a její dopisy byly doručeny členům rodiny. Od roku 2004 je 27. červen - den její popravy – připomínán jako Den památky obětí komunistického režimu. V roce 2005 byly nalezeny původní zápisy z procesu, ze kterých jasně vyplývá manipulace fází soudu pro propagandistické účely a prefabrikace verdiktů. Ludmila Brožová-Polednová, poslední prokurátorka v procesu s Miladou, která po odsouzení požádala o to, aby oběšení proběhlo pomalu a dusivě, byla Vrchním soudem odsouzena k šesti letům vězení za svůj podíl na justiční vraždě. Milada Horáková byla místo toho uznána za mučednici odporu proti nacismu a komunistickému režimu. Odvaha, důslednost a klidné vědomí, s nímž čelila smrti, z ní učinily symbol lidské důstojnosti. Jedna z hlavních tepen hlavního města České republiky, která spojuje Hrad s Holešovicemi, po ní byla pojmenována. V roce 1991 prezident Václav Havel udělil JUDr. Miladě Horákové in memoriam Řád Tomáše Garrigua Masaryka I. třídy. Dne 2. ledna 2020 slovenská prezidentka Zuzana Čaputová udělila Miladě Horákové in memoriam Řád dvojitého bílého kříže za mimořádné služby Slovenské republice, rozvoj a ochranu demokracie, lidských práv a svobod.

Miina Sillanpää

Marina Anronelli


Monica Fabbri

 

Il cammino delle donne per emergere da quella “selva oscura” di esistenze intrappolate nella sfera domestica è stato lungo, faticoso, spesso doloroso e, soprattutto, non è ancora terminato. Le conquiste che nel corso del tempo hanno contribuito a ridurre il divario tra l'universo uomo e l'universo donna sono avvenute grazie a persone spinte da passione e determinazione come Miina Sillanpää (Jokioinen 4 giugno 1866 - Helsinki 3 aprile 1952), nata in quella Finlandia che, pur appartenendo all'Impero zarista, già dal 1809 possedeva autonomia governativa, un proprio Parlamento e, dall'ultimo decennio del XIX secolo, un Partito socialdemocratico che rappresentava il movimento operaio all'interno dell'istituzione parlamentare, a differenza degli altri Paesi dell'Impero. La spinta autonomistica del popolo finlandese assunse una connotazione più radicale a causa dei reiterati tentativi di “russificazione” di Nicola II al fine di limitarne l'autonomia, e il rafforzato sentimento nazionalista finlandese porterà il Paese a dichiarare l'indipendenza dalla Russia il 6 dicembre 1917. Ma anche qui, nell'indipendente Finlandia, non erano tutti uguali: ad esempio le donne, soprattutto se sposate e residenti in contesti rurali, erano ancora sotto la tutela dei mariti e non potevano stipulare contratti a loro nome, mentre le nubili che vivevano nelle città riuscivano più facilmente a garantirsi l'autonomia con un lavoro in fabbrica, a servizio presso famiglie benestanti, come commesse o, se appartenenti alla media borghesia, impiegate presso pubblici uffici e banche, oppure insegnanti. Molte furono protagoniste delle battaglie per i propri diritti e le conquiste ottenute gettarono le basi per una società fondata sulle pari opportunità tra donne e uomini e per un sistema di servizi sociali che hanno contribuito a fare della Finlandia uno dei Paesi con i più alti livelli di assistenza sociale e di partecipazione femminile alla politica attiva. Donne che, ciascuna nel proprio ambito culturale, lavorativo, sociale si distinsero appunto per passione e determinazione come Vilhelmiina Riktig nata il 4 giugno 1866 in una località della Finlandia meridionale. La sua era una famiglia di contadini molto povera e numerosa, lei era la settima dei nove figli di Juho Riktig e Leena Roth e nacque in quel periodo della storia finlandese noto come “gli anni della grande fame” a causa di una grave carestia che colpì il Paese tra il 1866 e il 1868. Non ebbe la possibilità di frequentare regolarmente la scuola e dovette accontentarsi dall'istruzione saltuaria offerta dalle scuole itineranti iniziando all'età di 12 anni a lavorare come operaia in una fabbrica di cotone nella vicina Forssa, in seguito in una fabbrica di chiodi a Jokioinen e poi come domestica a Porvoo, fino al trasferimento a Helsinki.

Compiuti i 18 anni cambiò il suo nome diventando Miina Sillanpää, prassi piuttosto diffusa tra i finlandesi nati con un cognome svedese. Essi potevano modificarlo adottandone uno finlandese grazie al processo di Fennicization che consentiva la modifica del cognome a chi, in tempi più remoti, quando il Paese era sotto il dominio della Svezia, aveva modificato il nome di famiglia adottandone uno svedese perché avrebbe consentito l'accesso a posizioni sociali più elevate.Anche se molto giovane, Miina Sillanpää mostrò subito una grande sensibilità per le questioni sociali e dedicò la vita alla lotta contro ogni forma di discriminazione, non solo nei confronti delle donne, ma anche di lavoratori con occupazioni precarie e non qualificate, degli anziani, delle ragazze madri, di bambini e bambine e di chiunque si trovasse in condizioni di inferiorità socio-economica. Iniziò nel 1898 contribuendo alla fondazione del sindacato dei collaboratori domestici, Servant's Association, del quale mantenne la presidenza per 50 anni circa, lavorando presso l'ufficio pubblico del lavoro e collaborando con diversi giornali quali “Palvelijata”, “Työläisnainen” e “Toverittare”, legati al movimento socialdemocratico femminile. Essendo nubile aveva potuto firmare gli articoli con il suo nome, fatto per noi oggi scontato, ma che all'epoca non lo era affatto. Il primo grande risultato raggiunto dalle donne finlandesi nel 1906 fu il diritto di voto attivo e passivo, prime in Europa e seconde al mondo dopo le neozelandesi che iniziarono a votare a partire già dal 1893. Dopo questa importante conquista Miina fu candidata con i socialdemocratici alle elezioni del 1907 ed entrò come deputata al Parlamento insieme ad altre 18 donne: 19 su 200 in totale. Fu l'inizio di una lunghissima attività parlamentare che durò ben 38 anni, fino al 1948. Raggiunse l'apice della sua carriera politica nel 1926 quando divenne Ministra degli Affari Sociali, prima donna al mondo a ricoprire tale carica istituzionale. Tra i numerosi provvedimenti adottati dalla neo ministra si ricordano l'accesso femminile alle cariche pubbliche, la conquista per le donne sposate di propri diritti svincolandole dalla potestà del marito (Marriage Act del 1929), il riconoscimento al lavoro domestico della dignità di lavoro pubblico funzionale al supporto delle famiglie povere e con prole numerosa, tanto urbane che rurali (Municipal Homemaking Act approvato nel 1950). In questo modo lo status delle lavoratrici domestiche era stato equiparato a quello dei pubblici dipendenti. Si occupò anche del miglioramento delle condizioni di vita delle donne che risiedevano in campagna, occupate senza sosta e senza diritto alcuno dal lavoro nei campi, dalle mansioni domestiche e dalla cura della famiglia, organizzando per loro periodi di vacanza senza figli e marito attraverso cooperative e organizzazioni di lavoratori che furono attive negli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo.

Dedicò inoltre molte attenzioni alle ragazze madri, giovani in grande difficoltà, per le quali realizzò un sistema di case rifugio combattendo contro pregiudizi e resistenze culturali senza mai arretrare di un passo. In quegli anni Sillanpää non trascurò le questioni sindacali e, oltre alla dirigenza della Servant's, svolse pure il ruolo di ispettrice del lavoro presso alcuni punti di ristorazione appartenenti al sistema cooperativo Osuusliike Elanto nato nel 1905. Una donna instancabile che raggiunse molti obiettivi nella sua lunga vita diventando un simbolo della parità di genere. Fu insignita del titolo di Consigliera economica nel 1939 e, al termine della sua lunga carriera parlamentare, fu nominata Presidente onoraria del Parlamento finlandese. Inoltre, nel 1949, ottenne dal Presidente della Repubblica J.K.Paasikivi il riconoscimento della Fondazione culturale finlandese per il lavoro parlamentare svolto. Alla sua morte, nel 1952, fu collocata una lapide dove sorgeva la sua casa natale a Jokioinen, mentre nel parco Tokoinranta nel quartiere di Kallio ad Helsinki, il 4 giugno 1968, a 102 anni dalla sua nascita, fu scoperta la scultura in bronzo progettata in suo onore da Aimo Tukianinen intitolata “la Torcia”. Il monumento è alto 5,5 metri e poggia su un piedistallo in granito con un bassorilievo che riproduce il profilo di Miina e le date di nascita e morte. Fu il regalo della nazione a una donna il cui impegno nella costruzione della democrazia nel suo Paese continua ancora oggi attraverso la Koko kansan Miina Sillanpää, una fondazione che ha come finalità la promozione dei suoi stessi ideali di giustizia sociale, uguaglianza, attenzione verso le donne, i/le bambini/e, gli/le anziani/e, proprio come avrebbe fatto lei.

 

Traduzione francese
Piera Negri

Le voyage des femmes pour sortir de cette « forêt sombre » d'existences piégées dans la sphère domestique a été long, fatigant, souvent douloureux et, surtout, il n'est pas encore terminé. Les conquêtes qui, au fil du temps, ont contribué à réduire l'écart entre l'univers des hommes et l'univers des femmes ont eu lieu grâce à des personnes animées par la passion et la détermination telles que Miina Sillanpää (Jokioinen 4 juin 1866 - Helsinki 3 avril 1952), née à cette Finlande qui, bien qu'appartenant à l'Empire tsariste, possédait déjà à partir de 1809 l'autonomie gouvernementale, son propre Parlement et, à partir de la dernière décennie du XIXe siècle, un Parti social-démocrate qui représentait le mouvement ouvrier au sein de l'institution parlementaire, contrairement aux autres pays de l'Empire. La poussée autonomiste du peuple finlandais a pris une connotation plus radicale en raison des tentatives répétées de « russification » par Nicolas II afin d’en limiter l’autonomie, et le sentiment nationaliste finlandais renforcé conduira le pays à déclarer son indépendance vis-à-vis de la Russie le 6 décembre 1917. Mais même ici, dans la Finlande indépendante, ils n'étaient pas tous pareils: par exemple, les femmes, surtout si mariées et résidantes dans des zones rurales, étaient toujours sous la tutelle des maris et ne pouvaient pas souscrire de contrats en leur nom, tandis que les femmes célibataires qui vivaient dans les villes pouvaient plus facilement se garantir leur autonomie avec un emploi aux usines, au service de familles aisées, comme vendeuses ou, si elles appartenaient à la classe moyenne, employées dans les bureaux publics et les banques, ou comme enseignantes. Beaucoup ont été les protagonistes des batailles pour leurs droits et les conquêtes obtenues ont jeté les bases d'une société fondée sur l'égalité des chances entre les femmes et les hommes et pour un système de services sociaux qui ont contribué à faire de la Finlande l'un des pays avec les plus hauts niveaux de protection sociale et de participation des femmes à la politique active. Des femmes qui, chacune dans leur propre sphère culturelle, professionnelle et sociale se sont distinguées pour leur passion et leur détermination, comme Vilhelmiina Riktig née le 4 juin 1866 dans une ville du sud de la Finlande. Elle était d’une famille paysanne très pauvre et nombreuse, septième des neuf enfants de Juho Riktig et Leena Roth est née dans la période de l'histoire finlandaise connue comme « les années de grande faim » en raison d'une grave famine qui a frappé le pays entre 1866 et 1868. Elle n'a pas eu l'occasion d'aller régulièrement à l'école et a dû se contenter de l'éducation occasionnelle offerte par les écoles itinérantes. A partir de l'âge de 12 ans elle commence à travailler comme ouvrière dans une usine de coton dans la voisine Forssa, plus tard dans une usine de clous à Jokioinen et puis comme femme de chambre à Porvoo, jusqu'au transfert à Helsinki.

À l'âge de 18 ans, elle changea son nom pour Miina Sillanpää, une pratique assez courante chez les Finlandais nés avec un nom de famille suédois. Ils pouvaient le modifier en adoptant un nom finlandais grâce au processus de Fennisation qui a permis de modifier le nom de famille à ceux qui, à des époques plus éloignées, lorsque le pays était sous la domination de la Suède, avaient changé le nom de famille par un nom suédois car cela aurait permis d'accéder à des positions sociales plus élevées. Bien que très jeune, Miina Sillanpää a immédiatement fait preuve d'une grande sensibilité pour les questions sociales et a consacré sa vie à la lutte contre toute forme de discrimination, non seulement contre les femmes, mais aussi contre les travailleurs aux emplois précaires et non qualifiés, les personnes âgées, les mères célibataires, les garçons et les filles et de toute personne se trouvant dans des conditions d'infériorité socio-économique. Elle commença en 1898 en contribuant à la fondation du syndicat des travailleurs domestiques, l'Association des serviteurs, duquel elle a occupé la présidence pendant 50 ans environ, en travaillant dans le bureau public de l'emploi et collaborant avec divers journaux tels que « Palvelijata », « Työläisnainen » et « Toveritare », liés au mouvement social-démocrate des femmes. Étant célibataire, elle avait pu signer les articles avec son nom, ce qui est aujourd’hui pris pour acquis, mais qui à l'époque ne l'était pas du tout. Le premier grand résultat obtenu par les femmes finlandaises en 1906 fut le droit de vote actif et passif, premières en Europe et deuxièmes dans le monde après les Néo-Zélandaises qui ont commencé à voter dès 1893. Après cette importante conquête, Miina a été nommée avec les sociaux-démocrates aux élections de 1907 et elle entra comme député au Parlement avec 18 autres femmes : 19 sur 200 au total. Ce fut le début d'une très longue activité parlementaire qui dura 38 ans, jusqu'en 1948. Elle atteint l'apogée de sa carrière politique en 1926 lorsqu'elle devient ministre des Affaires sociales, la première femme au monde à occuper ce poste institutionnel. Parmi les nombreuses mesures adoptées par la nouvelle ministre, il y a l'accès des femmes aux fonctions publiques, la conquête pour les femmes mariées des propres droits en les libérant de l’autorité du mari (loi sur le mariage de 1929), la reconnaissance au travail domestique de la dignité de travail public fonctionnel au support des familles pauvres avec beaucoup d’enfants, à la fois urbains et ruraux (loi sur les Travaux Publics Municipaux adoptée en 1950). De cette manière, le statut des travailleurs domestiques était assimilé à celui des fonctionnaires. Elle s'est également occupée de l'amélioration des conditions de vie des femmes qui résidaient à la campagne, employées sans repos et sans aucun droit au travail dans les champs, aux tâches domestiques et aux sois à la famille, en leur organisant des périodes de vacances sans enfants ni maris à travers des coopératives et les organisations de travailleurs actives dans les années 40 et 50 du XX siècle.

Elle a également consacré beaucoup d'attention aux mères célibataires, jeunes en grande difficulté, pour lesquelles elle a créé un système de refuges luttant contre les préjugés et les résistances culturelles sans jamais reculer. Au cours de ces années, Sillanpää n'a pas négligé les questions syndicales et, en plus de la direction de Servant’s, elle a également occupé le poste d'inspectrice du travail dans des points de restauration du système coopératif Osuusliike Elanto créé en 1905. Une femme infatigable qui a atteint de nombreux objectifs au cours de sa longue vie en devenant un symbole de l'égalité des sexes. Elle a reçu le titre de Conseillère économique en 1939 et, à la fin de sa longue carrière parlementaire, elle a été nommée présidente d'honneur du Parlement finlandais. Aussi, en 1949, elle a obtenu du Président de la République J.K. Paasikivi la reconnaissance de la Fondation culturelle finlandaise pour le travail parlementaire réalisé.À sa mort en 1952, une pierre a été placée à l'emplacement de sa maison natale à Jokioinen, tandis que dans le parc Tokoinranta dans le quartier de Kallio à Helsinki, le 4 juin 1968, 102 ans après sa naissance, la sculpture en bronze conçue en son honneur par Aimo Tukianinen intitulé « La Torche ». Le monument mesure 5,5 mètres de haut, placé sur un socle en granit avec un bas-relief qui reproduit le profil de Miina et les dates de naissance et de décès. C'était le cadeau de la nation à une femme dont l'engagement à construire la démocratie dans son pays se poursuit aujourd'hui à travers le Koko kansan Miina Sillanpää, une fondation qui vise à promouvoir ses mêmes idéaux de justice sociale, égalité, attention aux femmes, les garçons/filles, les personnes âgées, comme elle l'aurait fait.

 

Traduzione inglese
Francesca Campanelli

The journey of women to emerge from that "gloomy wood" of existences trapped in the domestic sphere has been long, tiring, often painful and, above all, it is not yet over. The achievements that over time have helped to reduce the gap between the universe of men and the universe of women have taken place thanks to people driven by passion and determination such as Miina Sillanpää (Jokioinen June 4, 1866 - Helsinki April 3, 1952) She was born in that Finland which, although belonging to the Tsarist Empire, already from 1809 possessed governmental autonomy, its own Parliament and, from the last decade of the 19th century, a Social Democratic Party which represented the workers' movement within the parliamentary institution, unlike the other countries of the Empire. The autonomist push of the Finnish people took on a more radical connotation due to the repeated attempts of "Russification" by Nicholas II in order to limit his autonomy, and the strengthened Finnish nationalist sentiment will lead the country to declare independence from Russia on 6th December 1917. But even there, in independent Finland, they were not all the same: for example, women, especially if married and residing in rural contexts, were still under the tutelage of their husbands and could not enter into contracts in their name, while the unmarried women who lived in cities were more easily able to guarantee their autonomy with a job in a factory, serving wealthy families, as shop assistants or, if belonging to the middle class, employed in public offices and banks, or teachers. Many were protagonists in the battles for their rights and the achievements obtained laid the foundations for a society based on equal opportunities between women and men and for a system of social services that have contributed to making Finland one of the countries with the highest levels of social assistance and female participation in active politics. Women who, each in their own cultural, work, social sphere distinguished themselves precisely for passion and determination such as Vilhelmiina Riktig born on 4th June 1866 in a town in southern Finland. Hers was a very poor and large peasant family, she was the seventh of the nine children of Juho Riktig and Leena Roth and was born in that period of Finnish history known as "the years of great hunger" due to a severe famine that struck the country between 1866 and 1868. She did not have the opportunity to attend school regularly and had to settle for the occasional education offered by traveling schools starting at the age of 12 to work as a worker in a cotton factory in nearby Forssa, later in a nail factory in Jokioinen and then as a maid in Porvoo, until the transfer to Helsinki.

When she turned 18 she changed her name to Miina Sillanpää, a fairly common practice among Finns born with a Swedish surname. They could modify it by adopting a Finnish one thanks to the Fennicization process which allowed the modification of the surname to those who, in more remote times, when the country was under the dominion of Sweden, had changed the family name by adopting a Swedish one because it would have allowed access to higher social positions. Although very young, Miina Sillanpää immediately showed great sensitivity for social issues and dedicated her life to the fight against all forms of discrimination, not only against women, but also against workers with precarious and unskilled jobs, the elderly, single mothers, of boys and girls and of anyone who was in conditions of socio-economic inferiority. He began in 1898 by contributing to the foundation of the domestic workers' union, Servant's Association, of which he held the presidency for about 50 years, working in the public employment office and collaborating with various newspapers such as "Palvelijata", "Työläisnainen" and "Toveritare" , linked to the women's social democratic movement. Being single she had been able to sign the articles with her name, which is now taken for granted for us, but which at the time was not at all. The first great result achieved by Finnish women in 1906 was the right to vote and passive, first in Europe and second in the world after the New Zealanders who started voting as early as 1893. After this important conquest Miina was nominated with the Social Democrats in the elections of 1907 and entered as a member of Parliament along with 18 other women: 19 out of 200 in total. It was the beginning of an exceptionally long parliamentary activity that lasted 38 years, until 1948. She reached the pinnacle of her political career in 1926 when she became Minister of Social Affairs, the first woman in the world to hold this institutional position. Among the numerous measures adopted by the new minister, female access to public office is mentioned, the conquest of their own rights for married women.

Amália Rodrigues

Milena Gammaitoni


Maddalena Chelini

 

Amália Rodrigues, a Alma do Fado, definita la Voce del Portogallo, è conosciuta in tutto il mondo come una delle maggiori interpreti e compositrici di questo genere musicale. Una musica che oggi potremmo definire “culturalmente ibrida”, incontro tra origini brasiliane e lisbonesi, ma ritmicamente afroamericana, unita alle tradizioni portoghesi. Probabilmente è la forma cantata della nostalgia degli emigrati europei in Brasile, a fine Ottocento, utile per accompagnare riunioni e feste. Quella di Amália fu una profonda e autentica anima lusitana, tanto che durante i suoi funerali la sua voce fu trasmessa con altoparlanti lungo le strade di Lisbona, dove nacque nel 1920 e morì a 79 anni. Il timbro della sua voce era lo specchio della malinconia, del male metafisico incarnato dalla tradizione del fado.

Amália nasce in una famiglia immigrata dalla provincia, molto numerosa e con grandi difficoltà economiche, tanto che, come spesso accadeva, i genitori la affideranno alla nonna, Ana do Rosario Bento. Sicuramente non vive un’infanzia gioiosa e lo spirito malinconico viene esaltato da questa condizione originaria. Il suo talento canoro viene subito notato, fin da piccola; racconta che si divertiva ad esibire la sua voce di fronte ad amicizie e parentele, dalle quali riceveva caramelle e paghette, e in piccoli eventi locali. Conosceva e cantava soprattutto testi popolari e cinematografici, come i tanghi di Gardel. Frequenta la scuola fino alla terza elementare perchè anche i suoi nonni hanno purtroppo bisogno del suo aiuto per vivere: il suo primo impiego sarà, non a caso, in una fabbrica di caramelle, dove si occupa di sbucciare la frutta e incartare i prodotti finiti. A quindici anni vende frutta, vini e souvenir per turisti nel mercato del molo di Lisbona. La svolta decisiva che lancerà Amália Rodrigues in un'escalation di successi durata oltre mezzo secolo avviene a 15 anni quando partecipa alla Marcha de Alcântara, dove canta accompagnata per la prima volta dalla chitarra, incidendo nel pubblico la potente sensualità della sua voce indimenticabile: nelle esibizioni indosserà sempre abiti neri, uno scialle, una spilla luccicante. Nel 1938 partecipa ad un famoso concorso di Fado e sarà l’occasione per farsi conoscere ed apprezzare, tanto da entrare in una delle maggiori case discografiche di fado di quel periodo: "O retiro da Sevra". Così inizia la carriera di cantante e si esibisce con i maggiori musicisti portoghesi, tra cui Armando Augusto Freire, Jaime Santos, José Marque. Inizialmente la sua vita sentimentale non fu semplice: si innamora molto giovane di un musicista dilettante, del quale resta incinta, e quando lui nega il matrimonio riparatore, lei tenta il suicidio. Per fortuna si salva, il matrimonio viene celebrato, ma dura pochi anni e il figlio non nacque mai. Molto tempo dopo Amália si innamora di un industriale brasiliano, César Séabra, che sposerà dopo quindici anni di convivenza e al quale resterà per sempre legata. La famiglia di origine non approverà mai la sua vita dedicata alla musica, solo il fratello e la zia le resteranno accanto. Nel 1945 si esibisce con un grande concerto a Rio de Janeiro, nel Casinò di Copacabana. Diventerà ancor più popolare e famosa con il film Les amants du Tage, tanto da essere invitata al teatro Olympia di Parigi e iniziare così una carriera internazionale che la porta in tournée in Spagna, in Brasile, negli Stati Uniti e in Italia. Nell’arco di un anno divenne la cantante più remunerata rispetto ai musicisti del momento; si esibì anche nel teatro di rivista e nel cinema, recitò un ruolo importante accanto a Hermínia Silva, nell'operetta Rosa Cantadeira, dove interpreta il Fado do Ciúme (Fado della gelosia). Ma il suo impresario, José de Melo, le impedisce inizialmente di incidere dischi temendo una minore presenza di pubblico ai concerti. Incide il primo disco solo nel 1945, grazie al quale diventa così famosa da collaborare con grandi chitarristi e parolieri, tra cui i poeti Linhares Barbosa e Amadeu do Vale. Inciderà circa 170 lp che le frutteranno il prestigioso Midem (disco de ouro) nel 1967 a Cannes.

Il successo di questa carismatica cantante, dal fascino austero e passionale (fu anche l’idolo della comunità gay portoghese), visse dei momenti di ombra, soprattutto negli anni successivi alla "rivoluzione dei garofani". Da varie parti le sarà rimproverato di aver costruito la sua immagine di idolo della nazione durante il regime di Salazar, ma senza alcuna sua afferenza politica. Per queste accuse Amália vivrà anni di grande solitudine, solo dieci anni dopo la rivoluzione verrà pienamente riabilitata dal governo socialista, ma il dolore per essere stata oggetto di maldicenza sarà tanto acuto da spingerla ad una sorta di auto-esilio, esibendosi quasi solo all'estero, ma anche chiudendosi nella sua casa, oggi divenuta museo. Alla sua morte furono proclamati tre giorni di lutto e una folla immensa partecipò alle esequie; fu sepolta nel Pantheon della sua città, fra i più grandi personaggi portoghesi. Nella sua carriera Amália si dedicò anche alla musica italiana, interpretando brani popolari come La bella Gigogin, inno del Risorgimento, brani siciliani come Vitti 'na crozza e Ciuri ciuri, napoletani come La tarantella. Nel 1972 si esibì con Maria Carta al Teatro Sistina di Roma, in un recital trionfale a due voci in cui al fado si alternava la musica tradizionale sarda; nel 1995 cantò con Roberto Murolo i classici Dicitincello vuje e Anema e core. È evidente l’incontro voluto con le tradizioni musicali di cantanti stranieri, uniti nella condivisione di un legame ancestrale, ognuno/a con le proprie origini. Resta nel tempo una delle maggiori interpreti del fado, vissuto, come spesso dichiarava lei stessa, come "il destino", dall’origine latina fatum, fato, fatalismo, melanconia, saudade, un sentimento collettivo che fa sentire l’anima dell’essere uniti dal sentimento della nostalgia. Spesso Amália era solita dichiarare: «Non sono io che canto il fado, è il fado che canta me”, me», ma anche: «Io sono il fado liberato. Quando sono sul palco faccio quello che voglivoglio. (…) Il Il fado si sente, non si comprende né si spiega». È stata ricordata anche dal regista Pedro Almodovar, nel film Parla con lei, del 2del 2001, che inizia la prima scena con una citazione della cantante: «Quando mormorirò, voglio che la gente pianga per me». La biografia più completa è stata pubblicata da Vítor Pavão dos Santos, suo amico personale, nella quale ha raccolto testimonianze e memorie: Amália Rodrigues. Una biografia (traduzione di Cinzia Buffa, edizioni Cavallo di Ferro 2006) è scritta in prima persona, con la voce di Amália, quasi si trattasse di una confessione. Tra le sue celebri, innumerevoli interpretazioni vanno ricordate almeno: Lágrima, Uma casa portuguesa, Coimbra, Lisboa antiga, Maria Lisboa, El porompompero, Ai Mouraria, Barco Negro, Fado Vitoria, basate sui versi dei maggiori poeti (da Pedro Homem de Mello a David Mourão Ferreira, passando per Alberto Janes, José Régio fino a Camões); consigliamo inoltre l’ascolto di una canzone composta da lei stessa, pubblicata nell'album del 1980, Gostava de Ser Quem Era.

 

Traduzione francese

Amália Rodrigues, a Alma do Fado, appelée la Voix du Portugal et Reine du Fado, est connue dans le monde entier comme l'une des plus grands interprètes et compositeurs de ce genre musical. Une musique qu’on pourrait aujourd'hui définir comme « culturellement hybride », une rencontre entre les origines brésilienne et lisboète, mais rythmiquement afro-américaine, combinée aux traditions portugaises. C'est probablement la forme chantée de la nostalgie des émigrants européens au Brésil, à la fin du XIXe siècle, utile pour accompagner les réunions et les fêtes. Amália était une âme lusitanienne profonde et authentique, à tel point que lors de ses funérailles, sa voix a été transmise par haut-parleurs dans les rues de Lisbonne, où elle est née en 1920 et décédée à 79 ans. Le timbre de sa voix était le miroir de la mélancolie, du mal métaphysique incarné par la tradition du fado.

Amália nait dans une famille d'immigrants, nombreuse et avec de grandes difficultés économiques, à tel point que, comme souvent il arrivait, ses parents l'ont confiée à sa grand-mère, Ana do Rosario Bento Elle ne vit certainement pas une enfance joyeuse et l'esprit mélancolique est mis en évidence par cette condition originelle. Son talent de chante est immédiatement remarqué, dès son plus jeune âge ; elle raconte qu'elle aimait montrer sa voix devant les amis et les parents, desquels elle recevait des bonbons et de l'argent de poche, et lors de petits événements locaux. Elle connaissait et chantait surtout des textes populaires et cinématographiques, tels que les tangos de Gardel. Elle a fréquenté l'école jusqu'en troisième année car même ses grands-parents ont malheureusement besoin de son aide pour vivre : son premier emploi sera, sans surprise, dans une confiserie, où elle s'occupe d'éplucher les fruits et d'emballer les produits finis. À l'âge de quinze ans, elle vend fruits, vins et souvenirs aux touristes sur le marché de la jetée de Lisbonne L’évent décisif qui lancera Amália Rodrigues dans une escalade de succès de plus d'un demi-siècle survient à l'âge de 15 ans lorsqu'elle participe à la Marcha de Alcântara, où elle chante accompagnée pour la première fois de la guitare, affectant le public de la puissante sensualité de sa voix inoubliable : dans ses performances elle portera toujours des vêtements noirs, un châle, une broche brillante. En 1938, elle participe à un célèbre concours de Fado et c'est l'occasion de se faire connaître et apprécier, à tel point qu'elle entre dans l'une des grandes maisons de disques de fado de cette période : "O retiro da Sevra". Ainsi commença sa carrière de chanteuse et elle se produisit avec les grands musiciens portugais, tels que Armando Augusto Freire, Jaime Santos, José Marque. Au début, sa vie amoureuse n'a pas été facile : elle tombe très jeune amoureuse d'un musicien amateur, avec qui elle tombe enceinte, et quand il nie le mariage au fusil de chasse, elle tente de se suicider. Heureusement, elle est sauvée, le mariage est célébré, mais cela dure quelques années et l'enfant n'est jamais né. Longtemps après, Amália tombe amoureuse d'un industriel brésilien, César Séabra, qu'elle épousera après quinze ans de vie commune et auquel elle restera pour toujours liée. La famille d'origine n'approuvera jamais sa vie consacrée à la musique, seuls son frère et sa tante resteront à côté d’elle. En 1945, elle se produit avec un grand concert à Rio de Janeiro, au Casino de Copacabana. Elle deviendra encore plus populaire et célèbre avec le film Les amants du Tage, à tel point qu'elle sera invitée au théâtre Olympia à Paris et elle va donc entamer une carrière internationale qui l’emmène en tournée en Espagne, au Brésil, aux États-Unis et en Italie. Au cours d'une année, elle est devenue la chanteuse la mieux payée par rapport aux musiciens du moment ; elle a également joué dans le théâtre de revue et au cinéma, elle a joué un rôle important à côté d'Hermínia Silva, dans l'opérette Rosa Cantadeira, où elle interprète le Fado do Ciúme (Fado de la jalousie). Mais son impresario, José de Melo, dans un premier temps lui empêche de faire des disques par crainte d'une moindre participation du public aux concerts. Elle n'enregistre son premier album qu'en 1945, grâce auquel elle devient si célèbre de collaborer avec de grands guitaristes et paroliers, parmi lesquels les poètes Linhares Barbosa et Amadeu do Vale. Elle enregistrera environ 170 lp qui lui rapporteront le prestigieux Midem (disco de ouro) en 1967 à Cannes.

Le succès de cette chanteuse charismatique, au charme austère et passionné (elle était aussi l'idole de la communauté gay portugaise), a connu des moments d'ombre, notamment dans les années qui ont suivi la « révolution des œillets ». De divers horizons, on lui reprochera d'avoir construit son image d'idole de la nation sous le régime de Salazar, mais sans aucune affiliation politique. Pour ces accusations, Amália vivra des années de grande solitude, seulement dix ans après la révolution elle sera pleinement réhabilitée par le gouvernement socialiste, mais la douleur d'avoir fait l'objet de médisances sera si aiguë qui la poussera à une sorte d'auto-exil, se montrant presque uniquement à l'étranger, mais aussi en se retirant dans sa maison, aujourd’hui devenu musée. A sa mort, trois jours de deuil ont été proclamés et une foule immense assista aux funérailles ; elle a été enterrée dans le Panthéon de sa ville, parmi les plus grandes personnalités portugaises. Dans sa carrière, Amália s'est également consacrée à la musique italienne, interprétant des chansons populaires telles que La bella Gigogin, un hymne du Risorgimento, des chansons siciliennes telles que Vitti 'na crozza et Ciuri ciuri, napolitaines telles que La tarantella. En 1972, elle se produit avec Maria Carta au Théâtre Sistina de Rome, dans un récital triomphal à deux voix dans lequel la musique traditionnelle sarde s’alternait avec le fado ; en 1995, elle a chanté les classiques Dicitincello vuje et Anema e core avec Roberto Murolo. La rencontre intentionnelle avec les traditions musicales de chanteurs étrangers est évidente, unis dans le partage d'un lien ancestral, chacun avec ses propres origines. Au fil du temps, elle reste l'une des plus grandes interprètes du fado, expérimenté, comme elle l'a souvent déclaré, comme "le destin", de l’origine latine fatum, destin, fatalisme, mélancolie, saudade, un sentiment collectif qui fait ressentir l'âme de l'être unis par le sentiment de la nostalgie. Amália déclarait : « Ce n'est pas moi qui chante le fado, c'est le fado qui me chante », mais aussi :« Je suis le fado affranchi. Quand je suis scène, je fais ce que je veux. (…) Le Fado on l’écoute, il ne peut pas être compris ou expliqué ». Elle a également été évoquée par le réalisateur Pedro Almodovar, dans le film Parle avec elle, en 2001, qui commence la première scène avec une citation de la chanteuse : « Quand je mourrai, je veux que les gens pleurent pour moi ». La biographie la plus complète a été publiée par Vítor Pavão dos Santos, son ami personnel, dans laquelle il a recueilli des témoignages et des mémoires : Amália Rodrigues. Une biographie (traduction de Cinzia Buffa, éditions Cavallo di Ferro 2006) est écrite à la première personne, avec la voix d'Amália, presque comme s'il s'agissait d'une confession. Parmi ses interprétations célèbres et innombrables, il faut au moins se souvenir de : Lágrima, Uma casa portuguesa, Coimbra, Lisboa antiga, Maria Lisboa, El porompompero, Ai Mouraria, Barco Negro, Fado Vitoria, basées sur les vers des plus grands poètes (de Pedro Homem de Mello à David Mourão Ferreira, en passant par Alberto Janes, José Régio jusqu'à Camões); nous vous recommandons également d'écouter une chanson composée par elle-même, publiée sur l'album de 1980, Gostava de Ser Quem Era.

 

Traduzione inglese

Amália Rodrigues, a Alma do Fado, called the Voice of Portugal and Queen of Fado, is known throughout the world as one of the greatest performers and composers of this musical genre. A music we could define today as “culturally hybrid”, between Brazilian and Lisbon origins, but rhythmically Afro-American, combined with Portuguese traditions. It is probably the sung form of the nostalgia of European emigrants in Brazil, at the end of the nineteenth century, useful to accompany meetings and parties. Amália's was a profound and authentic Lusitanian soul, so much so that during her funeral her voice was transmitted through loudspeakers along the streets of Lisbon, where she was born in 1920 and died at 79. Her voice timbre was the mirror of melancholy, of the metaphysical evil embodied by the fado tradition.

Amália was born in a very large immigrant family from the province, with great economic difficulties, so that, as often happened, her parents will entrust her to the grandmother, Ana do Rosario Bento. Surely, she does not live a joyful childhood and the melancholy spirit is exalted by this original condition. Her singing talent was immediately noticed, from an early age; she said that she enjoyed performing her voice in front of friends and relatives, from whom she received candies and tips, and in small local events. She knew and sang mostly popular and cinematic texts, such as Gardel’s tangos. She attended school until the third grade because even her grandparents unfortunately need her help to live: her first job will be, not surprisingly, in a candy factory, where she takes care of peeling the fruit and wrapping up the finished products. At the age of fifteen she sells fruit, wines and souvenirs for tourists in the Lisbon pier market. The decisive turning point that will launch Amália Rodrigues in an escalation of successes over half a century occurs at 15 years when she participates in the Marcha de Alcântara, where she sings accompanied for the first time by the guitar; the audience will feel the powerful sensuality of her unforgettable voice: in the exhibitions she will always wear black clothes, a shawl, a shiny brooch. In 1938 she enters a famous Fado competition and it will be an opportunity to be known and appreciated, so as to enter one of the major fado record companies of that period: "O retiro da Sevra". She begins this way her career as a singer and performs with leading Portuguese musicians, including Armando Augusto Freire, Jaime Santos, José Marque. Initially, her love life was not easy: she falls in love very young with an amateur musician, of which she becomes pregnant, and when he denies the reparatory marriage, she tries suicide. Fortunately, she is saved, the wedding is celebrated, but lasts a few years and the son was never born. Long after Amália falls in love with a Brazilian industrialist, César Séabra, she will marry after fifteen years of cohabitation and to whom she will be linked forever. The family of origin will never approve her life dedicated to music, only her brother and aunt will remain close to her. In 1945 she performed with a great concert in Rio de Janeiro, in the Casino of Copacabana. She became even more popular and famous with the film Les amants du Tage, so much so that she was invited to the Olympia theatre in Paris and began an international career that took her on tour in Spain, Brazil, United States and Italy. Within one year, she became the most paid singer of the day; she also performed in variety show and cinema, and played an important role alongside Hermínia Silva in the operetta Rosa Cantadeira, where she played Fado do Ciúme (Fado della gelosia). But her manager, José de Melo, initially prevents her from making records fearing a smaller audience presence at concerts. She recorded her first album only in 1945, thanks to which she became so famous that she co-operated with great guitarists and lyricists, including the poets Linhares Barbosa and Amadeu do Vale. She will record about 170 lp that will let her gain the prestigious Midem (disco de ouro) in 1967 in Cannes.

The success of this charismatic singer, with austere and passionate charm (she was also the idol of the Portuguese gay community), experienced moments of shadow, especially in the years following the "carnation revolution". From different sides she will be reproached for having built her image as an idol of the nation during the Salazar regime, but without any political affiliation. For these accusations Amália will live years of great solitude, only ten years after the revolution she will be fully rehabilitated by the socialist government, but the pain of having been the object of backbiting will be so acute as to push her to a sort of self-exile, showing herself almost only abroad, but also by closing herself in her house, which has now become a museum. On her death three days of mourning were proclaimed and an immense crowd attended the funeral; she was buried in her town’s Pantheon, among the greatest Portuguese characters. During her career Amália also devoted herself to Italian music, interpreting popular songs such as La bella Gigogin, an anthem of the Risorgimento, Sicilian songs such as Vitti 'na crozza and Ciuri ciuri, Neapolitan such as La tarantella. In 1972 she performed with Maria Carta at the Sistina Theatre in Rome, in a triumphal recital for two voices in which traditional Sardinian music was alternated with fado; in 1995 she sang the classics Dicitincello vuje and Anema e core with Roberto Murolo. The intentional encounter with the musical traditions of foreign singers is evident, sharing an ancestral bond, each with their own origins. She remains over the time one of the greatest interpreters of fado, experienced, as she often declared, as "destiny", from the Latin origin fatum, fate, fatalism, melancholy, saudade, a collective feeling that makes the soul of being feel united by the feeling of nostalgia. Amália used to declare: "It is not me who sings fado, it is the fado that sings me", but also:" I am the freed fado. When I'm on the boards I do what I want. (…) The fado is felt, it cannot be understood nor explained ». She was also remembered by director Pedro Almodovar, in the film Talk to her, in 2001, where the first scene begins with a quote from the singer: "When I will die, I want people to cry for me." The most complete biography was published by Vítor Pavão dos Santos, her personal friend, in which he collected testimonies and memories: Amália Rodrigues. A biography (translation by Cinzia Buffa, Cavallo di Ferro 2006 editions) is written in the first person, with the voice of Amália, almost as a confession. Among her famous, several interpretations to be remembered at least: Lágrima, Uma casa portuguesa, Coimbra, Lisboa antiga, Maria Lisboa, El porompompero, Ai Mouraria, Barco Negro, Fado Vitoria, based on the verses of the greatest poets (from Pedro Homem de Mello to David Mourão Ferreira, passing through Alberto Janes, José Régio up to Camões); we also recommend listening to a song composed by herself, published on the 1980 album, Gostava de Ser Quem Era.

Magdalena-Anca Manole

Virginia Mariani


Maddalena Chelini

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«Mi ricordo che ero via almeno 20 su 30 giorni al mese! Per tutto il tempo ero a fare e disfare le valigie. Mi mancava il letto che avevo in casa, ma gli auditorium e le decine di mazzi di fiori che stavo ricevendo, la gioia sui volti delle persone quando mi vedevano dal vivo per le strade delle loro città, le bambole che stavo ricevendo da bambini a ogni spettacolo, gli autografi e le lettere dai miei fan, le mie canzoni che cantavano…tutti questi fatti mi facevano dimenticare le cose meno piacevoli della mia vita di artista: la nostalgia per gli amori a casa, gli articoli dei giornale scandalosi, e le cose alle quali un’artista deve rinunciare, i sacrifici, o il mantenere una dieta.» Questa era Mădălina Manole, “capelli di fuoco” ma anche voce intensa e calda nata il 14 luglio 1967 in una regione montana nella città di Vălenii de Munte, nella contea di Prahova. Figlia di Ion ed Eugenia Manole viene educata con la passione per la musica da sua madre, che cantava musica folk, e da bambina è subito ansiosa di imparare a suonare la chitarra: inizia, perciò, a prendere lezioni da Ana Ionescu Tetelea, una cantante folk di Ploieşti. All'età di quindici anni diventa membro del Cenacolo della Gioventù di Prahova, che a quel tempo era guidato dal poeta Lucian Avramescu. Contemporaneamente continua a studiare alla High School of Chemistry di Ploieşti, nella quale si diploma con successo. Dopo essersi laureata, Mădălina sta per prendere il volo e non soltanto metaforicamente: si laurea anche presso la Scuola di controllori del traffico aereo della Băneasa e lavora in questo campo per quattro anni. Da giovane cantante, comunque, cerca il successo musicale formando un gruppo con Ştefania Ghiţă chiamato “Alfa şi Beta” (Alfa e Beta), che partecipa agli spettacoli di Cenaclul Flacăra (Cenacolo Fiamm).

Diviene il membro più giovane a partecipare ai festeggiamenti del circolo “Cenaclului Serbările Scânteii Tineretului” e allo stesso tempo lavora con artisti tra cui Victor Socaciu e Roșu și Negru. Tra il 1982 e il 1985 frequenta la scuola d'arte chiamata Alacoala Populara de Arta, come parte del gruppo che avevano guidato Mihaela Runceanu e Ionel Tudor. Alla fine del 1980 Dan Ştefan le affida la canzone Pentru noi nu poate fi alt cer (Per noi non possiamo essere un altro paradiso), colonna sonora del film Nelu diretto dal regista Dorin Doroftei e in questa occasione la cantante folk interpreta anche il suo primo ruolo cinematografico. Nel 1994 sposa il suo compagno di vita Şerban Georgescu, incontrato nel 1988 attraverso Costin Diaconescu, un vecchio amico che lavorava a Radio Romania, ed ecco i primi problemi con i giornali scandalistici: la stampa e i suoi fan la accusano di averlo sposato per motivi finanziari dato che lui è più grande di 15 anni. Partecipa al festival musicale "Mamaia" (Festivalul de Muzica Uşoară Mamaia) con la canzone Un uomo sentimentale (Un Om sentimentale), composta da Diaconescu, che conquista il quarto posto. Dopo aver partecipato con Manole Runceanu e Laura Stoica a un tour in Transilvania per raccogliere fondi a favore del rilancio del Teatro di Stato di Oradea, presenta un recital in diverse regioni della Romania, e un anno dopo, grazie alla canzone di Georgescu dal titolo Lovely Girl (FATA draga), guadagna la popolarità della radio: diventa il brano musicale che l’avrebbe rappresentata ormai come artista molto nota e con questo arriva il primo album nel 1991 registrato con l’Electrecord; allo stesso tempo viene fondato il suo primo fan club guidato da due studenti: Ciprian Antochi e Claudia Panaite. Ora comincia anche a esibirsi sul palco a livello internazionale per i/le cittadini/e romeni/e che vivono negli Stati Uniti, in Austria, in Belgio e in Germania.

Visto il successo commerciale di FATA draga e la sua popolarità, "Billboard magazine" le dedica un pezzo e nel 1993 arriva il nuovo album Ei şi ce? (E allora?) con otto pezzi folk-rock, la maggior parte dei quali scritti da Georgescu: l’album ha molto successo in Romania e Radio Contact nomina Mădălina "miglior artista pop". Nel 1995 canta nel concerto di apertura di Whigfield a Bucarest e, un anno dopo, al concerto della band di apertura di Los del Rio. Nel 1997 pubblica l'album Smooth, Smooth Mădălina (Lina, lina Madalina) e diventa la prima interprete di musica pop rumena che registra con il grande catalogo di musica internazionale prodotta dal Gruppo PolyGram (attraverso Zone Records in Romania); inoltre diventa la prima artista pop a interpretare l’autentico folklore rumeno in modo originale, con un'orchestra popolare guidata da Dorel Manea. I brani dell'album includono canzoni di Maria Tănase, Maria Lătăreţu e Lucrezia Ciobanu. Intanto divorzia da Georgescu, con cui c’erano stati momenti di forte crisi, e si risposa nel 2009 con Peter (Petru) Mircea dal quale, a 42 anni, ha un figlio. Il 19 febbraio 2010 pubblica il suo nono album intitolato 09 Madalina Manole…ma si ammala. La cantante viene trovata morta dal marito nella loro casa la mattina presto del 14 luglio 2010, proprio il giorno del suo 43° compleanno: sembra un suicidio, con mezzo litro di carbofurano, uno dei pesticidi più tossici che esistano. Per questo la Chiesa Ortodossa le dedica una celebrazione funebre breve e al di fuori dell'edificio religioso: ci sono circa 40.000 persone. Mădălina è sepolta nel cimitero Bolovani in Ploieşti.

 

Traduzione francese
Joelle Rampacci

«Je me souviens que j'étais absente au moins 20 jours sur 30 par mois! Tout mon temps à faire et défaire mes valises. Mon lit me manquait, mais les auditoriums et les dizaines de bouquets que je recevais, la joie sur les visages des personnes quand elles me voyaient en personne dans les rues de leurs villes, les poupées que je recevais des enfants à chaque spectacle, les autographes et les lettres de mes fans, mes chansons qu’on chantait ..., tous ces faits m'ont fait oublier les choses les moins agréables de ma vie d'artiste: la nostalgie des amours laissés à la maison, les articles des journaux à scandales, et les choses qu'un artiste doit abandonner, les sacrifices ou suivre un régime.» C'était Mădălina Manole, «cheveux de feu» mais aussi une voix intense et chaleureuse née le 14 juillet 1967 dans une région de montagne de la ville de Vălenii de Munte, dans le comté de Prahova. Fille d'Ion et Eugenia Manole est éduquée avec la passion pour la musique par sa mère, qui chantait de la musique folk, et dès son enfance elle a envie d'apprendre à jouer de la guitare: elle commence donc à prendre des cours auprès d'Ana Ionescu Tetelea, une chanteuse folk de Ploieşti. À l'âge de quinze ans, elle devint membre du Cénacle de la Jeunesse de Prahova, qui était alors dirigé par le poète Lucian Avramescu. Parallèlement, elle poursuit ses études à la High School of Chemistry de Ploieşti, où elle obtient son diplôme avec succès. Après avoir obtenu sa licence , Mădălina est sur le point de décoller et pas seulement métaphoriquement: elle est également diplômée de l'École des contrôleurs aériens de Băneasa et a travaillé dans ce domaine pendant quatre ans. En tant que jeune chanteuse, cependant, elle a cherché le succès musical en formant un groupe avec Ştefania Ghiţă appelé «Alfa şi Beta» (Alfa et Beta), qui a participé aux performances de Cenaclul Flacăra (Cénacle Fiamm).

Elle devient le plus jeune membre à participer aux célébrations du club «Cenaclului Serbările Scânteii Tineretului» et travaille en même temps avec des artistes comme Victor Socaciu et Roșu și Negru. Entre 1982 et 1985, elle a fréquenté l'école d'art appelée Alacoala Populara de Arta, participant au groupe qu’avait dirigé Mihaela Runceanu et Ionel Tudor. Fin 1980, Dan Ştefan lui confie la chanson Pentru noi nu poate fi alt cer (Il ne peut y avoir d'autre paradis pour nous), la bande originale du film Nelu réalisé par Dorin Doroftei et à cette occasion la chanteuse folk interprète également son premier rôle au cinéma. En 1994, elle épouse son compagnon de vie Şerban Georgescu, rencontré en 1988 par l'intermédiaire de Costin Diaconescu, un vieil ami qui travaillait à Radio Roumanie, et surgissent les premiers problèmes avec les tabloïds: la presse et ses fans l'accusent de l'avoir épousé pour des raisons financières en raison du fait qu’il a 15 ans de plus qu’elle. Elle participe au festival de musique "Mamaia" (Festivalul de Muzica Uşoară Mamaia) avec la chanson Un Om sentimentale (Un homme sentimental), composée par Diaconescu, qui prend la quatrième place. Après avoir participé avec Manole Runceanu et Laura Stoica à une tournée en Transylvanie pour récolter des fonds pour la relance du Théâtre d'État d’Oradea, elle présente un récital dans différentes régions de Roumanie, et un an plus tard, grâce à la chanson de Georgescu intitulée FATA draga (jolie fille), elle gagne la popularité de la radio: elle devient le morceau musical qui l'aurait représentée dorénavant comme une artiste bien connue et avec cela vient le premier album en 1991 enregistré avec l'Electrecord; en même temps, son premier fan club dirigé par deux étudiants est fondé: Ciprian Antochi et Claudia Panaite. Maintenant, elle commence également à se produire sur scène à un niveau international pour des citoyens roumains vivant aux États-Unis, en Autriche, en Belgique et en Allemagne.

Compte tenu du succès commercial de FATA draga et de sa popularité, "Billboard magazine" lui consacre un article et en 1993 arrive le nouvel album Ei şi ce? (Et alors?) Avec huit morceaux folk-rock, la plupart écrits par Georgescu: l'album connaît un grand succès en Roumanie et Radio Contact nomme Mădălina "meilleure artiste pop". En 1995, elle chante au concert d'ouverture de Whigfield à Bucarest et, un an plus tard, au concert du groupe d’ouverture de Los del Rio. En 1997, elle sort l'album Smooth, Smooth Mădălina (Lina, lina Madalina) et devient la première interprète de musique pop roumaine à enregistrer avec le grand catalogue de musique internationale produit par le groupe PolyGram (via Zone Records en Roumanie); elle devient également la première artiste pop à interpréter de manière originale le folklore roumain authentique, avec un orchestre populaire dirigé par Dorel Manea. Les titres de l'album incluent des chansons de Maria Tănase, Maria Lătăreţu et Lucrezia Ciobanu. Elle est désormais infatigable: en 1997, elle crée l'Association culturelle de Mădălina Manole (Asociatia Culturala Madalina Manole) pour promouvoir des activités culturelles et humanitaires et est invitée aux plus importantes émissions de télévision et de radio; elle présente l'édition du Festival International du Cerf d'Or du théâtre Braşov et est choisie par Procter & Gamble au niveau international pour lancer un produit cosmétique en Roumanie: ici les projecteurs l'illuminent comme jamais auparavant et la «fille aux cheveux de feu» est née. En 2000, elle a reçu les prix de la meilleure interprète et de la meilleure voix pop féminine de l'année en Roumanie et des prix de la radio et de l'industrie de la musique en Roumanie et l'album Dulce de Tot (la plus douce de toute) est classé meilleur album pop par Radio Romania Actualităţi. Entre-temps, elle divorce de Georgescu, avec qui elle avouera qu'il y a eu des moments de crise sévère, et se remarie en 2009 avec Peter (Petru) Mircea dont, à 42 ans, elle a eu un fils. Le 19 février 2010, elle sort son neuvième album intitulé 09 Madalina Manole… mais elle tombe malade. La chanteuse est retrouvée morte par son mari dans leur maison tôt le matin du 14 juillet 2010, le jour de son 43e anniversaire, après ce qui semble être un suicide avec un demi-litre de carbofuran, l'un des pesticides les plus toxiques qui existent. Pour cette raison, l'Église orthodoxe lui consacre une courte célébration funéraire à l'extérieur de l'édifice religieux: il y a environ 40 000 personnes. Mădălina est enterrée dans le cimetière Bolovani à Ploieşti.

 

Traduzione inglese
Cettina Callea

"I remember I was away at least 20 out of 30 days a month! During all that time I lived out of a suitcase. I missed the bed I had at home, but the full auditoriums, the dozens of bouquets I used to receive, the joy on people's faces when they saw me on the streets of their cities, the dolls that I was given by children at every show, the autographs and letters from my fans, my songs that they sang - all these pleasures made me forget the less pleasant parts of my life as an artist. Among those were nostalgia for loves at home, nasty articles in scandalous newspapers, the difficulty of maintaining a healthy diet, and other sacrifices.” This was Mădălina Manole, described as “the girl with hair on fire” but also with a warm and deeply intense voice. She was born July 14, 1967 in a mountain region in the city of Vălenii de Munte, in the county of Prahova, Romania. Daughter of Ion and Eugenia Manole, she was educated with a passion for music by her mother, who sang folk music, and as a child she was immediately anxious to learn the guitar. She began with lessons from Ana Ionescu Tetelea, a folk singer of Ploieşti. When she was fifteen she became a member of the Prahova Youth Cenacle, which was led by the poet Lucian Avramescu. At the same time she continued studying at the Ploieşti High School of Chemistry, and graduated successfully. After graduating, Mădălina was ready to take flight, and not only metaphorically. She also graduated from the School of Air Traffic Controllers of Băneasa and worked in this field for four years. As a young singer, however, she sought musical success by forming a group with Ştefania Ghiţă called "Alfa şi Beta" (Alfa and Beta), who participated in the performances of Cenaclul Flacăra (Cenacolo Fiamm).

She became the youngest member to participate in the celebrations of the Cenaclului Serbările Scânteii Tineretului circle and at the same time she worked with artists including Victor Socaciu and Roșu și Negru. Between 1982 and 1985 she attended the art school called Alacoala Populara de Arta, as part of the group that had led Mihaela Runceanu and Ionel Tudor. At the end of 1980 Dan Ştefan entrusted her with the song Pentru noi nu poate fi alt cer (For Us There Cannot Be Another Paradise), the soundtrack of the movie Nelu directed by Dorin Doroftei, and on this occasion the folk singer also played her first cinematographic role. In 1994 she married her life partner Şerban Georgescu, met in 1988 through Costin Diaconescu, an old friend who worked on Radio Romania. At that time she also had her first problems with tabloid newspapers: the press and some of her fans accused her of having married him for financial reasons, since he was fifteen years older than she was. She took part in the Mamaia music festival (Festivalul de Muzica Uşoară Mamaia) with the song "Un Om Sentimentale" (A Sentimental Man) composed by Diaconescu. She won fourth place. After participating with Manole Runceanu and Laura Stoica on a tour in Transylvania to raise funds in favour of the relaunch of the Oradea State Theater, she presented a recital in different regions of Romania, and a year later the Georgescu song entitled Lovely Girl (Fata Draga) gained popularity on the radio. It became the piece of music that confirmed her as a very popular artist. With this came her first album in 1991, recorded with Electrecord. At the same time her first fan club was founded by two students Ciprian Antochi e Claudia Panaite. She also began to perform internationally for Romanians living in the United States, Austria, Belgium and Germany.

Due to the popularity and commercial success of Faya Draga, "Billboard magazine" dedicated an article to her, and in 1993 the new album Ei Si Ce (So What?) appeared. It included eight folk- rock pieces, most of which were written by Georgescu: the album was very successful in Romania and Radio Contact proclaimed Mădălina "best pop artist". In 1995 she sang in the opening concert of Whigfield in Bucharest and, a year later, at the concert of the opening band of Los del Rio. In 1997 she released the album “Smooth, Smooth Mădălina” (Lina, lina Madalina), and became the first Romanian pop music performer to record with the large catalogue of international music produced by the PolyGram Group (through Zone Records in Romania). She also became the first pop artist to interpret authentic Romanian folklore in an original way, with a popular orchestra led by Dorel Manea. The tracks on the album include songs by Maria Tănase, Maria Lătăreţu and Lucrezia Ciobanu. She became unstoppable. In 1997 she created the Madalina Manole Cultural Association (Asociatia Culturala Madalina Manole) to promote cultural and humanitarian activities, she was invited by the most important TV and radio shows, was presented an award by the Braşov Teatro International Golden Stag Festival, and was chosen by international Procter & Gamble to launch a cosmetic product in Romania. These spotlights illuminated her as never before, and "the girl with the fiery hair" was born. In 2000 she received awards for best performer and best female pop voice of the year in Romania, and radio awards and music industry awards in Romania. The album “Sweetest Of All” (Dulce de Tot) was rated as the best pop album by Radio Romania Actualităţi. Meanwhile, after moments of severe crisis, she divorced Georgescu, and in 2009 she married Peter (Petru) Mircea from whom, at 42, she had a son. On February 19, 2010 she released her ninth album titled “09 Madalina Manole,” but fell seriously ill. Madalina was found dead in their home by her husband on the early morning of July 14, 2010, the day of her 43rd birthday. It appeared to be a suicide with half a liter of carbofuran, one of the most toxic pesticides in existence. Because of her suicide, the Orthodox Church allowed her only a short funeral celebration outside the church. Nevertheless, it was attended by some 40,000 people. Mădălina was buried in the Bolovani cemetery in Ploieşti.

 

Traduzione rumena
Niculina Ghilvagiu

"Îmi aduc aminte că eram plecată cel puțin 20 de zile din 30, cât are o lună! Tot timpul făceam și desfăceam valizele, îmi era tare dor de patul de acasă, dar sălile arhipline și zecile de buchete de flori pe care le primeam, bucuria de pe chipurile oamenilor atunci când mă vedeau în carne și oase pe străzile din orașul lor, păpușile pe care mi le aduceau copii la fiecare spectacol, autografele și scrisorile primite de la fani, melodiile cântate de ei vers cu vers, toate astea m-au făcut să uit de lucrurile mai puțin plăcute din viața mea de artist, dorul de cei dragi de acasă, articolele din presa de scandal, renunțările, sacrificiile, dieta normală a unui artist…” . Aceasta era Mădălina Manole, „fata cu părul de foc”, dar și o voce intensă și caldă. S-a născut pe 14 iulie 1967 într-o regiune muntoasă., în orașul Vălenii de Munte, județul Prahova. Fiica lui Ion și Eugenia Manole moștenește pasiunea pentru musică de la mama ei care cântă musică folk. De mică dorește să învețe să cânte la chitară și începe să ia lecții de la Ana Ionescu Tetelea, o cântareață de muzică folk din Ploiești. La vârsta de cinsprezece ani devine membră a Cenaclului Tineretului din Prahova, condus de poetul Lucian Avramescu și frecventează Liceul de Chimie Ploiești. După absolvire, Mădălina este pe cale să decoleze, în sensul propriu si figurat. Se inscrie la Școala de controlori de trafic aerian de la Băneasa și după absolvirea acesteia a lucrat în acest domeniu timp de patru ani. În același timp, ca tanără cântăreață, încearcă să obțină succes cu muzica formând un grup cu Ștefania Ghiță „Alfa și Beta" cu care participă la spectacolele Cenaclului Flacăra.

Este cea mai tânară participantă la Serbările Cenaclului Scânteii Tineretului. Intre timp colaborează cu artistul Victor Socaciu și cu formația Roșu și Negru. Între 1982 și 1985 frecventează Școala Populară de Artă în clasa Mihaelei Runceanu și a lui Ionel Tudor. La sfarșitul anului 1980 Dan Ștefan îi încredințează piesa „Pentru noi non poate fi alt cer" care va face parte din coloana sonoră a filmului „Nelu", în regia lui Dorin Doroftei. Cu această ocazie, Mădălina joacă primul ei rol într-un film. În 1994 se căsătorește cu partenerul său de viață Șerban Georgescu pe care l-a cunoscut în 1988 prin Costantin Diaconescu, un vechi prieten care lucra la Radio România. Acest mariaj stârnește interesul ziarelor de scandal: din cauza diferenței de vârstă dintre ea și soțul ei (15 ani) presa și fanii săi au acuzat-o că s-ar fi căsătorit cu Șerban Georgescu din interes. Participă la Festivalul de Muzică Uşoară Mamaia cu piesa „Un Om sentimental”, compusă de Diaconescu, cu care obține o mențiune. După ce a participat cu Mihaela Runceanu e Laura Stoica la un turneu în Transilvania cu scopul de a strânge fonduri în favoarea relansării Teatrului de Stat din Oradea, susține recitaluri în diverse regiuni din România. După un an de la acest turneu datorită piesei „Fată dragă” compusă de Georgescu, obține popularitate la posturile de radio: va deveni piesa muzicală care o va rapprezenta ca artistă. În 1991 întregistreaza primul său album produs de Electrecord. În acelaşi timp ia ființa primul său fan club condus de doi studenți: Ciprian Antochi e Claudia Panaite. În această perioadă începe să susțină spectacole în străinatate pentru publicul român din diasporă: în Statele Unite ale Americii, Austria, Belgia și Germania.

Având în vedere succesul comercial al piesei „Fată dragă” și popularitatea acesteia, revista Billboard îi dedică un articol. În 1993 iese noul album al Mădălinei Manole „Ei și ce?" cu opt piese de folk-rock. Majoritatea acestor piese sunt compuse de Georgescu. Albumul are mare succes în România și Radio Contact desemnează Mădălina „cea mai bună artistă pop". În 1995 cânta în deschiderea concertului Whigfield la București și, un an mai târziu, în deschiderea concertului Los del Rio. În 1997 lansează albumul „Lină, lină Mădălină” și devine prima interpretă de muzică pop românească care intră în catalogul unui mare producător muzical ca PolyGram Group prin Zone Records România. În același timp va fi prima artistă pop care interpretează muzica populară într-un mod original, cu orchestra populară condusă de Dorel Manea. Cântecele populare interpretate de ea sunt ale Mariei Tănase, ale Mariei Lătăreţu și ale Lucreției Ciobanu. În 1997 înființează Asociația Culturală Mădălina Manole cu scopul de a promova activități culturale și umanitare. E invitată la cele mai importante emisiuni de televiziune și de radio. Prezintă ediția aniversară a Festivalului de muzică ușoară „Cerbul de aur" la Brașov și e aleasă de grupul internațional Procter & Gamble ca imagine pentru lansarea unui produs cosmetic în România. Această campanie avea ca slogan „Fata cu părul de foc" aluzie la culoarea părului său în lumina reflectoarelor. Din acel moment, Mădălina Manole va fi cunoscută ca Mădălina „Fata cu părul de foc”. În anul 2000 a fost premiată la Premiile Radio România și respectiv Premiile Industriei Muzicale Radio ca cea mai bună voce feminină a anului. In același an, albumul „Dulce de Tot" este considerat cel mai bun album pop de către Radio România Actualități. Între timp divorțează de Georgescu. După divorț va declara că a atraversat momente mari de criză conjugală. Se recăsătorește în 2009 cu Petru Mircea cu care a avut, la vârsta de 42 de ani, un fiu (Petru jr.). Pe 19 februarie 2010 publică al nouălea album intitulat „09 Mădălina Manole”. Din păcate, din cauza oboselei acumulate în timpul realizării albumului, artista se imbolnăvește. Pe 14 iulie 2010, de ziua ei de naștere, când ar fi implinit 43 de ani, cântăreața a fost găsită moartă în casă de către soțul său. Institutul de medicină legală „Mina Minovici" a stabilit că Madălina s-a sinucis cu o jumătate de litru de Carbofuran, unul dintre cele mai toxice pesticide. Biserica Ortodoxă a celebrat înmormântarea Mădălinei în fața Bisericii „Sfinții Costantin și Elena” din Ploiești cu o slujbă specială pentru cazuri de moarte prin sinucidere. La înmormântare au fost presente 40.000 persoane. Mădălina este înmormântată în cimitirul Bolovani din Ploiești.


Grażyna Bacewicz

Laura Candiani e Aleksandra Makowska-Ferenc


Maddalena Chelini

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La musica è sempre stata la mia vita. Nella casa di Łódz, dove sono nata il 5 febbraio 1909, si respirava nell'aria. Fino da piccola sono stata circondata dai suoni armoniosi di vari strumenti; mio padre era un professore di origini lituane e quando avevo appena cinque anni cominciò a educarmi alla teoria musicale, iniziandomi anche alla pratica del violino e del pianoforte. Mentre ascoltavo i miei fratelli maggiori già avviati su questa strada, miglioravo la mia tecnica di giorno in giorno tanto che diventai una bambina prodigio: a sette anni debuttai sul palcoscenico, a tredici anni composi il mio primo brano e a diciannove entrai al conservatorio di Varsavia, la nostra capitale. Lì potei studiare con la guida di docenti esperti: composizione con Kazimierz Sikorski, violino con Józef Jarzebski e pianoforte con Józef Turczynski. Ma non mi accontentavo: ho sempre avuto una mente fervida, ero dotata di creatività e fantasia, lo studio mi appassionava. Mi iscrissi quindi all' Università, alla facoltà di Filosofia, e cominciai -con un certo successo- a pubblicare brevi testi in prosa. D'altra parte in famiglia c'era già una scrittrice e poeta: mia sorella Wanda, vuol dire proprio che eravamo portati per le arti. Nel 1932 mi diplomai in violino e pianoforte (brillantemente, devo aggiungere) e potei specializzarmi a Parigi con Nadia Boulanger e André Touret, venendo in contatto anche con il celebre virtuoso di pianoforte e compositore Ignacy Jan Paderewski. Fu allora che ricevetti il mio primo riconoscimento ufficiale grazie al Quintetto di fiati. Dopo un breve ritorno in patria, di nuovo a Parigi mi perfezionai nello studio del violino con Carl Flesch. Nel 1936 mi sono sposata con un uomo di formazione tutt'altro che artistica: proprio a me doveva capitare un medico (ma pianista dilettante)! Per avere la nostra unica figlia, Alina, abbiamo dovuto attendere sei anni, ma poi è arrivata ed è stata la nostra gioia. Anche lei ha imbracciato una carriera artistica, quella che ci mancava: è infatti una affermata pittrice. Nello stesso anno del mio matrimonio con Andrzej Biernacki ebbi una grande soddisfazione professionale: fui infatti chiamata dal direttore Grzegorz Fitelberg come primo violino dell'Orchestra della Radio polacca, ruolo che mi portò in numerose tournée e che ricoprii per un lungo periodo. Potei così alternare le parti di solista alla composizione e mi si spalancarono le porte della notorietà internazionale. La guerra, come evidente, interruppe le attività artistiche, culturali, sociali: la nostra povera Europa, e la mia Polonia, erano in fiamme. Varsavia fu rasa al suolo, così mi rifugiai con la famiglia a Lublino. Nel dopoguerra mi sono dedicata soprattutto alla composizione, ma mi è capitato di intervenire in prestigiosi concorsi come giurata, compito che ho svolto con entusiasmo, sempre desiderosa di scoprire nuovi talenti.

Ho scritto tanto, di tutto, e velocemente: si possono contare oltre duecento miei lavori. Sinfonie, concerti per strumenti solisti e per orchestra, musica da camera, fra cui sette quintetti e il Quartetto d'archi n.3 (ritenuto eccezionale per abilità polifonica) e poi cinque sonate per pianoforte e tre per violino, la Partita per violino e pianoforte, musica vocale. Sono stata molto amata dal mio pubblico, ma anche da colleghi concertisti che hanno apprezzato a più riprese le mie opere: la virtuosa Regina Smendzianka -che suonò e registrò i miei Dieci studi (1954)- affermò: «i suoi studi sono magistrali e liberi da qualsiasi reminiscenza folcloristica, ma sono pieni di difficoltà tecniche, fornendo un ottimo stimolo anche ai pianisti.» So bene che certa critica mi ha voluto chiudere in stili e periodi, con scarso successo. Ho dovuto lottare per impormi, in un campo maschile e maschilista per eccellenza, in cui le donne sono state apprezzate solo come cantanti liriche, e- al massimo- come soliste prodigiose. Ma la composizione, come la direzione ancora nel XX secolo sono state appannaggio quasi esclusivamente di uomini, gelosi del loro ruolo e (posso dirlo?) un po' invidiosi delle capacità femminili. Ho dovuto anche convivere con le critiche espresse durante il regime staliniano in cui ciò che non era conforme e allineato veniva proibito in nome del "realismo socialista". Io però sono andata avanti per la mia strada e ho spiazzato molte voci avverse per il mio continuo sperimentalismo e per i miei incessanti cambiamenti che coglievano tutti di sorpresa. Somiglia a Bartók? Si ispira a Szymanowski? Si rifà al neoclassicismo? Riprende le musiche popolari? In realtà sono stata solo me stessa. Mi sono divertita anche a variare il più possibile i generi: non mi sono tirata indietro quando mi sono state offerte colonne sonore per il cinema e per film di animazione, composizioni per la radio (come l'opera buffa Le avventure di re Artù-1959), musiche di scena per balletti. Per le Olimpiadi di Londra (1948) scrissi la Olympic Cantata.

Sono stata vicepresidente dell'Unione compositori polacchi- ruolo di prestigio che mi ha impegnato molto in viaggi e incontri in giro per il mondo- e mi sono dedicata anche all'insegnamento, prima presso il conservatorio di Łódz, poi in quello di Varsavia; dal 1954 però ho dovuto rallentare gli impegni pubblici a causa dei postumi di un grave incidente automobilistico che ha limitato i miei movimenti, ma non la vena artistica. Ho continuato a scrivere, seguendo la mia passione giovanile: rimangono inediti due romanzi e numerosi racconti, mentre postuma è uscita la raccolta di aneddoti Znak szczególny, basata su mie esperienze e resoconti di viaggi; il testo teatrale Jerzyki albo nie jestem ptakiem è stato presentato alla televisione polacca nel 1968. Risale a quegli anni una mia ulteriore evoluzione artistica, grazie al parziale allontanamento dalla tonalità, alla maggiore attenzione al colore musicale, all'arricchimento degli schemi timbrici; nacquero allora alcuni fra i miei massimi successi come la celebrata Sonata per violino solo n.2 (1958), che rappresenta un vero e proprio studio delle possibilità espressive del violino. In Musica per archi, trombe e percussioni (1958) ritornavano i ritmi vigorosi e i temi fortemente contrastati contenuti nei miei primi lavori, ma qui intrisi di nuova audacia e dinamismo. Alcuni critici ritengono che sia il mio capolavoro per orchestra. Fu eseguita al festival "Autunno di Varsavia" del 1959 e ricevette il primo premio nella divisione orchestrale e il terzo premio assoluto all'International Rostrum of Composers dell'Unesco (Parigi, 1960). Altra novità stilistica fu Pensieri notturni (1961), mentre in una sola settimana scrissi l'Esquisse per organo su richiesta dell'organista francese Jean Guillou (definita memorabile da qualche gentile estimatore), proseguendo nella mia rinomata rapidità compositiva; il settimo Quartetto d'archi è stato giudicato un vero gioiello, come non se ne ascoltavano dai tempi di Bartók. Il mio ultimo lavoro concluso è stato il Concerto per viola, eseguito solo dopo la mia scomparsa da Stefan Kamasa: lo interpretò varie volte, con grande successo, a fianco delle più importanti orchestre del mondo. La morte mi ha raggiunta troppo presto e all'improvviso: il mio cuore stanco smise di battere quando stavo per compiere sessant'anni, il 17 gennaio 1969, mentre ancora ero nel pieno della creatività, lasciando incompiuto il balletto Desire.

Come vengo celebrata, nel XXI secolo, nella mia patria? Purtroppo poco e male. Mi sono state dedicate delle strade, è vero, delle scuole di musica portano il mio nome, ma un solo busto e un solo monumento mi ricordano in tutta la Polonia. A Łódz, la mia città, una strada periferica e l'Accademia di musica si chiamano come me, ma quest'ultima la devo dividere con mio fratello Kiejstut. Tre concorsi e un festival musicale sono intitolati a me e alla mia arte, ma quando nel 2009 si intendeva ricordare in grande stile il centenario della mia nascita solo un francobollo e qualche concerto mi hanno omaggiato. Che avesse ragione quel perfido critico nel dichiarare apertamente che ero brava, come compositrice, proprio come un uomo? E quel direttore d'orchestra che mi definì «grande maestro con la gonna»? Dovete sapere che mi è capitato più volte di ricevere lettere di apprezzamento indirizzate al "signor" o a "monsieur"; un altro critico, ancora più ottuso e meschino dell'altro, arrivò a insinuare che io non esistessi: avrei celato in realtà un uomo, il vero compositore delle mie opere. Il fatto poi che mi venisse attribuito uno stile mascolino perché non scrivevo canzonette o ballabili, ma opere dall'orchestrazione complessa e usavo nel gergo musicale aggettivi come «dinamico», «deciso», «energico», non mi è mai sembrato un gran complimento, come se una donna dovesse essere necessariamente dolce, romantica, sentimentale nelle sue manifestazioni artistiche. So bene che la via dell'affermazione professionale femminile, in ogni campo, ancora oggi non è facile ed è costellata di ostacoli: solo la nostra volontà, le nostre capacità, la nostra dedizione possono farci emergere, spesso a costo di sacrifici personali. E la composizione e la musica classica sono àmbiti misogini per eccellenza. Così la sfida continua.

«Penso che per comporre si debba lavorare molto intensamente. È necessario fare una pausa tra la composizione di opere diverse, ma non si dovrebbero fare interruzioni quando si sta scrivendo un pezzo. Sono in grado di lavorare su una composizione per molte ore al giorno. Di solito faccio una pausa a metà giornata, ma anche durante la pausa il mio cervello continua a lavorare. Mi piace stancarmi molto, molto. A volte è allora che improvvisamente ricevo le mie migliori idee.»

 

Traduzione francese
Joelle Rampacci

La musique a toujours été ma vie. Dans la maison de Łódz, où je suis née le 5 février 1909, on la respirait dans l'air. Dès mon plus jeune âge, j'ai été entourée par les sons harmonieux de divers instruments; mon père était un professeur d'origine lituanienne et quand j'avais à peine cinq ans, il a commencé à m'éduquer au solfège, m’initiant également à la pratique le violon et le piano. C’est ainsi qu’écoutant mes grands frères déjà sur cette voie, j'ai pu si bien parfaire ma technique de jour en jour que je suis devenue une enfant prodige: à sept ans j'ai fait mes débuts sur scène, à treize ans j'ai composé mon premier morceau et à dix-neuf je suis entrée dans le Conservatoire de Varsovie, notre capitale. Là, j'ai pu étudier sous la direction de professeurs experts: composition avec Kazimierz Sikorski, violon avec Józef Jarzebski et piano avec Józef Turczynski. Mais je n’étais jamais satisfaite: j'ai toujours eu un esprit fervent, j'étais douée de créativité et d'imagination, j'étais passionnée par les études. Je me suis ensuite inscrite à l'Université, à la Faculté de philosophie, et j'ai commencé - avec un certain succès - à publier de courts textes en prose. En réalité, il y avait déjà un écrivain et poète dans la famille: ma sœur Wanda, ce qui signifie qu’en famille, nous étions faits pour les arts. En 1932, j’ai obtenu mon diplôme en violon et piano (brillamment, je dois ajouter) et j'ai pu me spécialiser à Paris avec Nadia Boulanger et André Touret, entrant également en contact avec le célèbre piano virtuose et compositeur Ignacy Jan Paderewski. C'est alors que j'ai reçu ma première reconnaissance officielle grâce au Quintette à vent. Après un bref retour à la maison, puis de nouveau à Paris, je me suis perfectionnée dans l'étude du violon avec Carl Flesch. En 1936, je me suis mariée avec un homme qui n'avait rien d'une formation artistique: c’est tout moi, un médecin (mais un pianiste amateur)! Pour avoir notre fille unique, Alina, nous avons dû attendre six ans, puis enfin elle est venue et c'était notre joie. Elle aussi s'est lancée dans une carrière artistique, celle qui nous manquait: elle est en fait devenue une artiste peintre confirmée. La même année de mon mariage avec Andrzej Biernacki, j'ai eu une grande satisfaction professionnelle: en fait j'ai été appelée par le chef d'orchestre Grzegorz Fitelberg comme premier violon de l'orchestre de la radio polonaise, rôle qui m'a fait aller en de nombreuses tournées et que j'ai recouvert pendant une longue période. De cette façon, j'ai pu alterner les parties solistes avec la composition et les portes de la renommée internationale se sont ouvertes pour moi. La guerre, comme de bien entendu, a interrompu les activités artistiques, culturelles, sociales: notre pauvre Europe et ma Pologne étaient en flammes. Varsovie a été rasée, alors je me suis réfugiée avec ma famille à Lublin. Après la guerre, je me suis principalement consacrée à la composition, mais il m'est arrivé de participer à de prestigieux concours en tant que juré, une tâche que j'ai menée avec enthousiasme, toujours désireuse de découvrir de nouveaux talents.

J'ai beaucoup écrit, sur tout, et rapidement: mes oeuvres peuvent se compter jusqu’à plus de deux cents. Symphonies, concertos pour instruments solistes et orchestre, musique de chambre, dont sept quintettes et le Quatuor à cordes n ° 3 (considéré comme exceptionnel pour sa capacité polyphonique) puis cinq sonates pour piano et trois pour violon, la Partition pour violon et piano, musique vocale. J'ai été très aimée par mon public, mais aussi par les collègues de concert qui ont apprécié mes œuvres à plusieurs reprises: la virtuose Regina Smendzianka - qui a joué et enregistré mes Dix études (1954) - a déclaré: «ses études sont magistrales et exemptes de toute réminiscence folklorique, en autre, elles sont pleines de difficultés techniques, fournissant ainsi un excellent exercice per les pianistes.» Je sais bien que certains critiques voulaient m’enfermer dans les styles et les époques, avec peu de succès. J'ai dû lutter pour m'imposer, dans un domaine masculin et machiste par excellence, où les femmes n'étaient appréciées que comme chanteuses d'opéra, et - tout au plus - comme solistes prodigieuses. Mais la composition, ainsi que la mise en scène encore au XXe siècle étaient presque exclusivement l'apanage des hommes, jaloux de leur rôle et (puis-je le dire?) un peu envieux des compétences féminines. J'ai également dû vivre avec les critiques exprimées sous le régime stalinien où tout ce qui n'était pas conforme et aligné, était interdit au nom du «réalisme socialiste». Cependant, j'ai continué mon chemin et j'ai surpris de nombreuses voix adverses pour mon expérimentalisme continu et pour mes changements incessants qui en ont surpris plus d’un. Ressemble-t-elle à Bartók? Êtes-vous inspirée par Szymanowski? Fait-elle référence au néoclassicisme? Reprenez-vous la musique populaire? En fait, j'étais juste moi-même. J'ai aussi aimé varier les genres autant que possible: je n'ai pas hésité quand on m'a proposé des bandes sonores pour le cinéma et pour des films d'animation, des compositions pour la radio (comme l'opéra comique Les Aventures du roi Arthur-1959), de la musique accessoire pour les ballets. Pour les Jeux Olympiques de Londres (1948), j'ai écrit la Cantate Olympique.

J'ai été vice-président de l'Union des compositeurs polonais - un rôle prestigieux qui m'a beaucoup impliquée dans des voyages et des rencontres à travers le monde - et je me suis également consacrée à l'enseignement, d'abord au Conservatoire de Lodz, puis au Conservatoire de Varsovie; depuis 1954, cependant, j'ai dû ralentir mes engagements publics en raison des séquelles d'un grave accident de voiture qui limitait mes mouvements, mais pas ma veine artistique. J'ai continué à écrire, suivant ma passion de jeunesse: encore inédits deux romans et de nombreuses nouvelles, tandis que le recueil d'anecdotes Znak szczególny, basé sur mes expériences et mes récits de voyage, a été publié à titre posthume; le texte théâtral Jerzyki albo nie jestem ptakiem a été présenté à la télévision polonaise en 1968. Ma nouvelle évolution artistique remonte à ces années, grâce au départ partiel de la tonalité, à l'attention accrue portée à la couleur musicale, à l'enrichissement des schémas de timbre; puis quelques-uns de mes plus grands succès sont nés comme la célèbre Sonate pour violon seul n ° 2 (1958), qui représente une véritable étude des possibilités expressives du violon. Dans Musique pour Cordes, Trompettes et Percussion (1958), les rythmes vigoureux et les thèmes fortement contrastés contenus dans mes premières œuvres sont revenus, mais ici empreints d'une audace et d'un dynamisme nouveaux. Certains critiques pensent que c'est mon chef-d'œuvre orchestral. Elle a été jouée au festival "Automne de Varsovie" en 1959 et a reçu le premier prix de la division orchestrale et le troisième prix au classement général de la Tribune internationale des compositeurs de l'Unesco (Paris, 1960). Une autre nouveauté stylistique fut Pensées nocturnes(1961), alors qu'en une semaine à peine j'écrivis l'Esquisse pour orgue à la demande de l'organiste français Jean Guillou (définie comme mémorable par de gentils admirateurs), poursuivant ma fameuse rapidité de composition; le septième quatuor à cordes a été jugé un véritable joyau, inouï depuis l'époque de Bartók. Ma dernière œuvre achevée était le Concerto pour alto, joué seulement après ma mort par Stefan Kamasa: il l'a interprété à plusieurs reprises, avec un grand succès, aux côtés des orchestres les plus importantes du monde. La mort m'atteignit trop tôt et soudainement: mon cœur fatigué s'arrêta de battre alors que j'allais avoir soixante ans, le 17 janvier 1969, j'étais encore en pleine créativité, laissant le ballet Desire inachevé.

Comment suis-je célébrée au 21e siècle dans ma patrie? Malheureusement peu et mal. Des routes m'ont été dédiées, il est vrai, des écoles de musique portent mon nom, mais un seul buste et un monument laissent mon souvenir dans toute la Pologne. À Łódz, ma ville, une rue de banlieue et l'Académie de musique me sont intitulées à mon nom, mais je dois partager cette dernière avec mon frère Kiejstut. Trois concours et un festival de musique portent mon nom et celui de mon art, mais quand en 2009 pour commémorer le centenaire de ma naissance en grand style, seuls un timbre-poste et quelques concerts m'ont rendu hommage. Ce critique perfide avait-il raison de déclarer ouvertement que j'étais douée, en tant que compositrice, comme un homme? Et ce chef d'orchestre qui m'a appelé "grand maître avec la jupe"? Vous devez savoir qu'il m'est arrivé plusieurs fois de recevoir des lettres de remerciements adressées au «signor» ou «monsieur»; un autre critique, encore plus obtus et mesquin, est allé jusqu'à insinuer que je n'existais pas: je cacherais en fait un homme, le véritable compositeur de mes œuvres. Le fait qu'on m'ait donné un style masculin parce que je n'ai pas écrit de chansons ou de danses, mais des œuvres avec une orchestration complexe et j'utilisais des adjectifs dans le jargon musical tels que «dynamique», «décisif», «énergique», ne m'a jamais semblé être un grand compliment, comme si une femme devait nécessairement être douce, romantique, sentimentale dans ses manifestations artistiques. Je sais bien que le chemin de l'affirmation professionnelle féminine, dans tous les domaines, n'est pas encore facile aujourd'hui et est semé d'embûches: seules notre volonté, nos compétences, notre dévouement peuvent nous faire émerger, souvent au prix de sacrifices personnels. Et la composition et la musique classique sont des domaines misogynes par excellence. Le défi continue donc.

«Je pense que pour composer, il faut travailler très dur. Il est nécessaire de faire une pause entre la composition des différentes œuvres, mais vous ne devez pas faire de pause lors de l'écriture d’une musique. Je suis capable de travailler sur une composition plusieurs heures par jour. Je prends généralement une pause au milieu de la journée, mais même pendant la pause, mon cerveau continue de fonctionner. J'aime beaucoup me fatiguer. Parfois, c'est à ce moment que j'ai soudainement mes meilleures idées.»

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Music was always her life. In the house in Łódz, where she was born on February 5, 1909, she breathed it in with the air. Since she was a child she was surrounded by the harmonious sounds of various instruments. Her father, of Lithuanian origins, was a professor, and when she was just five years old he began to educate her in music theory, also starting her on practice of the violin and the piano. As she listened to her older brothers already on this path, she improved her technique day by day - so much so that she became a child prodigy. At seven years of age, she made her stage debut, at thirteen composed her first song and at nineteen entered the Warsaw Conservatory, in the capital. There she was able to study under the guidance of expert teachers: composition with Kazimierz Sikorski, violin with Józef Jarzebski, and piano with Józef Turczynski. But she wasn’t satisfied. She always had a fervent mind, was gifted with creativity and imagination, and was passionate about studying. She then enrolled at the University, at the Faculty of Philosophy, and began - with some success - to publish short texts in prose. There was already a writer and poet in the family, her sister Wanda. The entire family was deeply inclined toward the arts. In 1932 she graduated in violin and piano (brilliantly, it must be said) and she was able to specialize in Paris with Nadia Boulanger and André Touret, also coming into contact with the famous piano virtuoso and composer Ignacy Jan Paderewski. It was then that she received her first official recognition, thanks to the Wind Quintet. After a brief return home, back in Paris she perfected her violin study with Carl Flesch. In 1936 she married a man of anything but artistic training, a doctor (but amateur pianist). They had to wait six years to have their only daughter, Alina, but when she came, it was a joy. She too embarked on an artistic career, and became an established painter. In the same year as her marriage to Andrzej Biernacki, she had a great professional accomplishment - she was called by the conductor Grzegorz Fitelberg to be the first violin of the Polish Radio Orchestra, a role that she maintained for a long time and that took her on numerous tours. In this way she was able to alternate soloist parts with composition and the doors to international fame opened. The war, obviously, interrupted artistic, cultural and social activities. Poor Europe, including Poland, was in flames. Warsaw was razed to the ground, so she took refuge with her family in Lublin. After the war she mainly dedicated herself to composition, but also participated in prestigious competitions as a juror, a task she carried out with enthusiasm, always eager to discover new talents.

She wrote a lot, about everything, and quickly. You can count over two hundred of her works. Symphonies, concertos for solo instruments and orchestra, chamber music, including seven quintets and the string quartet n.3 (considered exceptional for polyphonic ability) and then five sonatas for piano and three for violin, the Partita for violin and piano, and vocal music. She was much loved by her audiences, but also by concert colleagues who recognized her works on several occasions. The virtuoso Regina Smendzianka - who played and recorded her Ten Studies (1954) - stated: "her studies are masterful and free from any folkloric reminiscence, but they are full of technical difficulties, providing an excellent stimulus to pianists. " She knew well that some critics wanted her to stay in certain styles and periods. They met with little success. She fought to establish herself, in an extremely masculine and macho field, in which women were appreciated only as opera singers, and - at best - as prodigious soloists. But composition, as well as musical direction, were almost exclusively the jealous preserve of men, even into the twentieth century. They seemed a little envious of female skills. She also had to live with criticisms expressed during the Stalinist period, in which what was not aligned with party policy was prohibited in the name of "socialist realism". However, she went on her own way and overcame many critical voices with her continuous experimentalism and incessant changes that took everyone by surprise. Is it like Bartók? Are you inspired by Szymanowski? Does it refer to neoclassicism? Are you taking up popular music again? Actually, she was just herself. She enjoyed varying genres as much as possible and didn't hold back when she was offered soundtracks for cinema and animated films, compositions for radio (like the comic opera, The Adventures of King Arthur - 1959 ), and incidental music for ballets. For the 1948 London Olympics she wrote the Olympic Cantata.

She became Vice President of the Union of Polish Composers - a prestigious role that involved her in a lot of traveling and meetings around the world. She also dedicated herself to teaching, first at the Łódz Conservatory, then at the Warsaw Conservatory. Beginning in 1954, however, she had to reduce her public commitments due to the after-effects of a serious car accident that limited her movements, but not her artistic passion. She continued to write, following her youthful passions - two novels and numerous short stories remain unpublished, while the collection of anecdotes Znak szczególny, based on her experiences and travel experiences, has been published posthumously. The theatrical text Jerzyki albo nie jestem ptakiem was presented on Polish television in 1968. Her further artistic evolution dates back to those years, thanks to the partial departure from tonality, to the greater attention to musical color, to the enrichment of timbral schemes. It was then that some of her greatest successes were born, such as the celebrated Sonata for solo violin n.2 (1958), which represents a real study of the expressive possibilities of the violin. In Music for Strings, Trumpets and Percussion (1958) the vigorous rhythms and strongly contrasted themes contained in her first works returned, but here imbued with new audacity and dynamism. Some critics believe it is her orchestral masterpiece. It was performed at the "Autumn of Warsaw" festival in 1959 and received the first prize in the orchestral division and the third prize overall at the Unesco International Rostrum of Composers (Paris, 1960). Another stylistic novelty was Pensieri nocni (1961). In just one week she wrote the Esquisse for organ at the request of the French organist Jean Guillou (described as memorable by some devoted admirers). Continuing her renowned compositional speed, the seventh string quartet has been judged a real gem, unheard of since the time of Bartók. Her last completed work was the Viola Concerto, performed only after her death by Stefan Kamasa. He interpreted it several times, with great success, in collaboration with the most important orchestras in the world. Death reached her too early and too suddenly. Her tired heart stopped beating when she was about to turn sixty, January 17, 1969, while she was still in the midst of creativity, leaving the Desire ballet unfinished.

How is she celebrated in the 21st century in her homeland? Unfortunately, badly and not a great deal. Roads have been dedicated to her, it is true, music schools bear her name, but only one bust and one monument celebrate her in all of Poland. In Łódz, her native city, a suburban street and the Academy of Music are named for her, but she has to share the latter with her brother Kiejstut. Three competitions and a music festival are named after her and her art, but when in 2009 it was intended to commemorate the centenary of her birth in grand style, only a postage stamp and a few concerts paid her homage. Was that perfidious critic right in declaring openly that she was good, “as good as a man”, as a composer? And that conductor who called her "great teacher with a skirt"? You must know that it happened to her several times, receiving letters of appreciation addressed to "Mister" or "Monsieur". Another critic, even more obtuse and petty than most, went so far as to insinuate that she did not exist. That she was actually a front for a man, the true composer of her works. She was considered to have “a masculine style” because she didn’t just write songs or dances, but wrote works with complex orchestration and used adjectives in musical jargon such as "dynamic", "decisive", "energetic". It was not a great compliment. It was as if a woman must necessarily be sweet, romantic, and sentimental in her artistic manifestations. The path of female professional affirmation, in every field, is still not easy today and is studded with obstacles. Only our will, our skills, our dedication can make us emerge, often at the cost of personal sacrifices. And composition and classical music are misogynistic environments par excellence. So, the challenge continues.

“I think that to compose you have to work with great intensity. It is necessary to take a break between composing different works, but you should not take breaks when writing a piece. I am able to work on a composition for many hours a day. I usually take a break in the middle of the day, but even during the break my brain keeps working. I like to get very, very tired. Sometimes that's when I suddenly get my best ideas."

 

Traduzione polacca
Aleksandra Makowska-Ferenc

Muzyka zawsze była moim życiem. W domu, w Łodzi, w którym się urodziłam 5 lutego 1909 roku czuło się ją w powietrzu. Od dziecka otaczały mnie harmonijne dźwięki różnych instrumentów; mój ojciec był profesorem pochodzenia litewskiego i kiedy miałam zaledwie pięć lat zaczął mnie uczyć teorii muzyki a także gry na skrzypcach i na fortepianie. Słuchając moich starszych braci, którzy już podążali muzyczną ścieżką, doskonaliłam swoją technikę z dnia na dzień tak, że stałam się cudownym dzieckiem: w wieku 7 lat zadebiutowałam na scenie, w wieku 13 lat skomponowałam pierwszy utwór a mając 19 lat wstąpiłam do Konserwatorium Muzycznego w Warszawie. Tam mogłam się uczyć pod okiem pedagogów: kompozycji u Kazimierza Sikorskiego, skrzypiec u Józefa Jarzębskiego i fortepianu u Józefa Turczyńskiego. Ja nigdy nie miałam dość: zawsze miałam chłonny umysł, byłam obdarzona kreatywnością i wyobraźnią, byłam pasjonatką nauki. Następnie zapisałam się na uniwersytet, na Wydział Filozoficzny i zaczęłam - z pewnym sukcesem - publikować krótkie teksty prozatorskie. Z drugiej strony w rodzinie była już pisarka i poetka: moja siostra Wanda, to znaczy, że wszyscy mieliśmy zdolności artystyczne. W 1932 roku ukończyłam studia na wydziale skrzypiec i fortepianu (dodam, że z doskonałym wynikiem) i mogłam kształcić się w Paryżu pod kierunkiem Nadii Boulanger i André Toureta nawiązując również kontakt ze słynnym wirtuozem fortepianu i kompozytorem Ignacym Janem Paderewskim. Wtedy właśnie otrzymałam pierwsze oficjalne wyróżnienie dzięki Kwintetowi na instrumenty dęte (Quintetto di fiati). Po krótkim powrocie do ojczyzny, w Paryżu dalej doskonaliłam grę na skrzypcach tym razem u Carla Flescha. W 1936 roku wyszłam za mąż, za człowieka, który nie miał wykształcenia artystycznego: właśnie mnie musiał się trafić lekarz (ale pianista amator)! Na naszą jedyną córkę Alinę musieliśmy czekać sześć lat, ale się udało i stała się naszą radością. Ona również rozpoczęła karierę artystyczną, inną od naszej rodzinnej: została uznaną malarką. W tym samym roku, w którym poślubiłam Andrzeja Biernackiego miałam ogromną satysfakcję zawodową: zostałam nominowana przez dyrygenta Grzegorza Fitelberga, aby grać partię pierwszych skrzypiec w Polskiej Orkiestrze Radiowej. W roli tej odbyłam liczne tournée i wykonywałam ją przez dłuższy czas. W ten sposób mogłam na przemian łączyć pracę solistki z pracą kompozytorki, dzięki temu otworzyły się dla mnie drzwi międzynarodowej sławy. Wojna, jak wiadomo, przerwała działalność artystyczną, kulturalną, społeczną: nasza biedna Europa i moja Polska stanęły w płomieniach. Warszawa została zrównana z ziemią, więc schroniłam się z rodziną w Lublinie. Po wojnie poświęciłam się głównie kompozycji, ale zdarzało mi się brać udział w prestiżowych konkursach jako jurorka, co wykonywałam z entuzjazmem, zawsze chętna do odkrywania nowych talentów.

Komponowałam dużo, wszystko i szybko: można doliczyć się ponad dwustu moich prac. Symfonie, koncerty na instrumenty solowe i orkiestrę, muzyka kameralna, w tym siedem kwintetów i III Kwartet smyczkowy (Quartetto d'archi n.3) (uznany za wyjątkowy pod względem polifonicznym), a następnie pięć sonat na fortepian i trzy na skrzypce, Partita na skrzypce i fortepian (Partita per violino e pianoforte), muzyka wokalna. Publiczność bardzo mnie kochała, ale także koledzy z którymi koncertowałam wielokrotnie doceniali moją pracę: wirtuozka Regina Smendzianka, która wykonywała i nagrała moje 10 etiud (Dieci studi) (1954) powiedziała o mnie: „Jej etiudy są mistrzowskie, bez folklorystycznych naleciałości, ale pełne trudności technicznych, stanowiąc doskonały bodziec również dla pianistów ”. Wiem dobrze, że niektórzy krytycy chcieli mnie zamknąć w konkretnych stylach i okresach, ale nie bardzo im się to udało. Musiałam walczyć o zaistnienie na polu par excellence zdominowanym przez mężczyzn, w którym kobiety były cenione tylko jako śpiewaczki operowe i - w najlepszym razie - uzdolnione solistki. Ale kompozycja, podobnie jak reżyseria jeszcze w XX wieku, były prawie wyłącznie domeną mężczyzn, strzegących swoich w tych dziedzinach ról i (czy mogę to powiedzieć?) trochę zazdrosnych o kobiece umiejętności. Musiałam też pogodzić się z krytyką wyrażaną w czasach stalinowskich reżimów, w których to, co nie było uległe i zgodne, było zabronione w imię „socrealizmu”. Jednak poszłam dalej i odrzuciłam wiele przeciwnych mi głosów na rzecz ciągłego eksperymentowania i nieustannych zmian, które wszystkich zaskoczyły. Czy brzmi jak Bartók? Czy inspiruje się Szymanowskim? Czy nawiązuje do neoklasycyzmu? Czy powraca do muzyki ludowej? Właściwie byłam tylko sobą. Podobały mi się różne gatunki: nie wahałam się, kiedy proponowano mi ścieżki dźwiękowe do filmów fabularnych i animowanych, kompozycje dla radia (np. opera komiczna Przygody króla Artura -1959 ), muzykę inscenizująca do baletów. Na Igrzyska Olimpijskie w Londynie (1948) napisałam Kantatę Olimpijską (Olympic Cantata).

Byłam wiceprezesem Związku Kompozytorów Polskich - to prestiżowa rola, która wiązała się podróżami i spotkaniami na całym świecie, a także poświęciłam się nauczaniu, najpierw w Konserwatorium Łódzkim, a potem w Konserwatorium Warszawskim. Jednak od 1954 roku musiałam ograniczyć swoje publiczne obowiązki z powodu następstw poważnego wypadku samochodowego, który ograniczył moją mobilność, ale nie artystyczną wenę. Kontynuowałam pisanie, podążając za swoją młodzieńczą pasją: dwie powieści i liczne opowiadania pozostają nieopublikowane, a zbiór opowiadań Znak szczególny, oparty na moich przeżyciach i relacjach z podróży, ukazał się pośmiertnie; sztuka teatralna Jerzyki albo nie jestem ptakiem została wystawiona w Teatrze Telewizji w 1968 roku. W tym okresie dokonał się dalszy mój rozwój artystyczny, dzięki częściowemu odejściu od tonalności, większej dbałości o koloryt muzyczny, wzbogaceniu schematów barwnych; wtedy narodziły się niektóre z moich największych sukcesów, jak słynna Sonata na skrzypce solo nr 2 (Sonata per violino solo n.2) (1958), będąca prawdziwym studium możliwości ekspresyjnych skrzypiec. W Muzyce na smyczki, trąbki i perkusję (Musica per archi, trombe e percussioni) (1958) powróciły żywiołowe rytmy i mocno skontrastowane tematy zawarte w moich pierwszych utworach, ale nasycone nową śmiałością i dynamizmem. Niektórzy krytycy uważają, że to moje arcydzieło orkiestrowe. Utwór został wykonany na festiwalu Warszawska Jesień w 1959 roku i otrzymał I nagrodę w kategorii orkiestrowej oraz III nagrodę w klasyfikacji generalnej na Międzynarodowej Trybunie Kompozytorów UNESCO (Paryż 1960). Kolejną nowością stylistyczną były Nocne myśli (Pensieri notturni) (1961), podczas gdy w ciągu zaledwie jednego tygodnia napisałam Esquisse na organy na zlecenie francuskiego organisty Jeana Guillou (utwór określany przez niektórych wielbicieli jako niezapomniany), kontynuując moje słynne tempo kompozytorskie; VII Kwartet Smyczkowy (Quartetto d'archi) został uznany za prawdziwy klejnot, niespotykany od czasów Bartóka. Moim ostatnim ukończonym dziełem był Koncert na altówkę (Concerto per viola), wykonany dopiero po mojej śmierci przez Stefana Kamasę, który z powodzeniem interpretował go kilkakrotnie z udziałem najważniejszych orkiestr świata. Śmierć dopadła mnie zbyt szybko i nagle: moje zmęczone serce przestało bić, gdy miałam prawie sześćdziesiąt lat, 17 stycznia 1969 r., kiedy byłam jeszcze w pełni sił twórczych, pozostawiając niedokończony balet Desire.

Jak jestem pamiętana w XXI wieku w mojej ojczyźnie? Niestety mało i źle. Dedykowano mi ulice, to prawda, szkoły muzyczne noszą moje imię, ale znajdziemy tylko jedno popiersie i jeden pomnik w całej Polsce. W Łodzi, w moim mieście istnieje tylko jedna ulica mojego imienia, na oddalonym od centrum jednym z łódzkich osiedli oraz Akademia Muzyczna nosząca moje imię i mojego brata, również muzyka (Akademia Muzyczna im. Grażyny i Kiejstuta Bacewiczów w Łodzi). Trzy konkursy i festiwal muzyczny są nazwane moim imieniem, ale kiedy w 2019 roku zamierzano w wielkim stylu upamiętnić stulecie moich urodzin to poza kilkoma koncertami i wydaniem okolicznościowego znaczka przez pocztę polską ten fakt przeszedł raczej bez większego medialnego echa. Czy ten przewrotny krytyk miał rację, mówiąc otwarcie, że jestem tak dobrą kompozytorką jak mężczyzna? A ten dyrygent, który nazwał mnie „wielkim maestro w spódnicy”? Zdarzyło mi się kilka razy otrzymywać listy z podziękowaniami adresowane „Signor” lub „Monsieur”; inny krytyk, jeszcze bardziej ograniczony od poprzedniego, posunął się do tego, że insynuował, że nie istniałam: ukrywałam, prawdziwego kompozytora moich utworów. Fakt, że przypisywano mi męski styl, ponieważ nie komponowałam piosenek ani utworów tanecznych, ale pracowałam ze złożoną orkiestracją i używałam w zapisach muzycznych takich określeń jak: „dynamiczny”, „zdecydowany”, „energetyczny”, nie wydawało mi się to wielkim komplementem. Tak jakby kobieta musiała być koniecznie słodka, romantyczna, sentymentalna w swoich artystycznych manifestacjach. Wiem dobrze, że ścieżka zawodowa kobiet na żadnym polu nie jest dziś łatwa i jest najeżona przeszkodami: tylko nasza wola, nasze umiejętności, nasze poświęcenie mogą pozwolić nam zaistnieć, często kosztem osobistych wyrzeczeń. Kompozycja i muzyka klasyczna to tereny mizoginiczne par excellence. Więc wyzwanie trwa.

"Myślę, że aby komponować, trzeba bardzo ciężko pracować. Konieczne jest zrobienie sobie przerwy między komponowaniem różnych utworów, ale nie należy robić przerw w pisaniu utworu. Nad kompozycją jestem w stanie pracować wiele godzin dziennie. Zwykle robię sobie przerwę w środku dnia, ale nawet podczas przerwy mój mózg nadal pracuje. Bardzo, bardzo lubię się męczyć. Czasami wtedy nagle przychodzą mi do głowy najlepsze pomysły".

Kamran Aziz

Milena Giammaitoni


Maddalena Chelini

 

Compositrice e farmacista, nacque a Cipro nel 1922; il padre è ricordato per aver contribuito all'eradicazione della malaria, la madre suonava il liuto ed era una sarta,.mentre la sorella maggiore fu la prima caposala nell’ospedale dell'isola. Kamran studiò musica e farmacologia all'American Academy di Nicosia, dove si laureò in farmacologia nel 1944, divenendo una delle prime farmaciste turco-cipriote. La sua vita segue due strade parallele: l’impegno come farmacista e l’attività musicale. Ma un episodio della sua biografia fa ben capire il suo carattere volitivo e curioso verso sé stessa e le possibilità della vita: la scuola inglese che frequentava non approvava che una donna potesse giocare a hockey. Quando fu stabilito che non sarebbe più stato possibile frequentare contemporaneamente lo sport e lo studio della musica, lei scelse lo sport. Avrebbe desiderato viaggiare e studiare a Londra, ma gli eventi della Seconda guerra mondiale le impedirono di partire. Dopo la laurea lavorò presso il Laboratorio e la Farmacia di Stato, aprendo nel 1945 la sua farmacia in Victoria Street, registrata e chiamata “Farmacia Aziz”. Divenne co-fondatrice dell'Unione dei farmacisti del suo Paese nel 1959. Si adoperò con grande dedizione per rendere più facile l’accesso ai farmaci e, per risolvere le continue difficoltà di approvvigionamento, inaugurò il magazzino “Güç”, in cui stabilì una convenzione tra il pubblico e il privato, ossia tra lo Stato e i singoli farmacisti. Quando fu chiuso, nel 2001, l’associazione delle/i farmaciste/i turchi decise di trasformarlo nel Museo della Farmacia della città, tuttora aperto al pubblico.

Anche la musica ebbe un ruolo importante nella sua vita, tanto che fu tra le prime donne turco-cipriote ad esibirsi in pubblico; iniziò a suonare il pianoforte a otto anni, in seguito studiò composizione e canto all'American Music Academy e successivamente alla London School of Music. Fu anche tra le fondatrici dell’American Academy Alumni Association, collaborò alla realizzazione di un recital della Cyprus Philarmonic Society; partecipò a quattro opere comiche presso la Nicosia British School, dove prese parte nel coro con suoi brevi assoli. Il suo impegno nella musica fu prezioso, sia nella composizione di testi e musiche originali e legate alla vita nell’isola, ma anche per la passione alla divulgazione e all’adattamento della musica classica occidentale nella musica popolare turco-cipriota. Creò un ensemble musicale, Kamran Aziz ve Arkadaşları (Kamran Aziz and her friends) dove lei suonava la fisarmonica, unita ad altri strumentisti: Jale Derviş al pianoforte, Zeki Taner al sassofono e clarinetto, Fikret Özgün al violino, Vecihi Turgay al violino e Ahmet Anlar alla batteria. L’ensemble divenne il ​​primo gruppo cipriota nell’interpretazione e diffusione della musica occidentale, esibendosi per la prima volta alla radio (i funzionari radiofonici avevano infatti proposto a tutte le comunità dell’isola di esibirsi in diretta con la propria musica dal vivo) e poi alla televisione della Cyprus Broadcasting Corporation. Il gruppo si dedicò alla rivisitazione e traduzione di opere liriche, lieder e musica leggera, come O sole mio, Love in Portofino, Tombe la neige. A partire dagli anni Cinquanta Kamran si concentra nella composizione, senza intenzioni folcloriche, le sue canzoni divennero comunque popolari nella tradizione cipriota, così come l’adattamento di lamenti, tanghi turchi, valzer e marce. Le sue composizione originali erano anche dedicate alla vita quotidiana ed eseguite nelle scuole, come la storia di Mustafa Aynali, che vendeva caramelle e ceci in un cesto a Nicosia, mentre raccontava vicende di tempi antichi. Nel 1995 scrisse una canzone dedicata al disastro ambientale più devastante dell’isola, esploso nella foresta delle montagne di Besparmak, dal titolo We will greenen the Kyrenia Mountains. Compose in totale circa 70 canzoni, che rappresentano un bene culturale riconosciuto nella musica popolare cipriota. La sua prima raccolta musicale fu pubblicata nel 1994 con 39 composizioni. Tra le più conosciute: Kıbrıs'ım, Kıbrıs'ım Sana Ne Oldu, Kıbrıs Zeybeği, Al Yemeni Mor Yemeni, Seni Orakta Gördüm, Gelin Geliyor Gelin e Orak Zamanı Geldi. Nel 1958 scrisse la canzone Cyprus, in cui omaggiava il suo Paese: «È Cipro un’isola /È un pezzo di paradiso».

Era un periodo di violenti conflitti sociali, durante i quali i turchi ciprioti lasciarono l’isola divisa tra Aziz Eoka e l’Organizzazione di resistenza turca. Il futuro appariva molto incerto e questa canzone fu fondativa per la propria identità e per mantenere sempre viva la memoria e il legame con la terra dove il popolo era nato e vissuto. Kamran dichiarò di aver attraversato un periodo molto difficile; furono sospesi i programmi radiofonici dell’ensemble, lei decise quindi di dedicarsi alla composizione di inni nazionali, che inizialmente eseguì solo in casa, ma in seguito furono trasmessi da Bayrak Radio.Kamran Aziz muore nel 2017, all'età di 95 anni. Ha ricevuto due premi alla carriera di farmacista, per i 25 anni e poi per i 61 anni di attività, da parte dell’Associazione dei farmacisti, nel 2005. In ambito musicale è stata insignita di importanti riconoscimenti e ha vinto il concorso di Musica popolare della Repubblica Turca con due canzoni: Sono andata a Pinar Kim Beginning e Strait Zeybegi (1973) e il concorso per il centenario di Ataturk, con la composizione The Most Mighty Turkish Ataturk (1981); ebbe il premio per l’attività folcloristica della Folk Art Association (1997), il premio Trnc per la carriera dal Centro studi delle donne dell’Università del Mediterraneo Orientale (2002), il premio speciale per la tradizione musicale turco-cipriota da parte del Comitato culturale dell’Assemblea Repubblicana (2008).

Nel 2006 una sezione del Girne Music Education Center è stata intitolata a suo nome.

 

Traduzione francese
Giuliana Gaudenzi

Kamran Aziz, compositrice et pharmacienne, est née à Chypre en 1922 ; son père est connu pour avoir contribué à l’éradication du paludisme, sa mère jouait de la flûte et était couturière et sa sœur aînée a été la première infirmière en chef à l’hôpital de l’île Kamran a étudié la musique et la pharmacologie à l’American Academy de Nicosie, où elle a obtenu un diplôme en pharmacologie en 1944, en devenant une des premières pharmaciennes chypriote turque. Sa vie suit deux chemins parallèles : l’engagement en tant que pharmacienne et l’activité musicale. Mais un épisode de sa biographie fait bien comprendre son caractère volontaire et curieux envers soi-même et les chances de la vie : l’école anglaise qu’elle fréquentait n’approuvait pas qu’une femme puisse jouer au hockey. Quand on a établi qu’il ne serait plus possible de fréquenter en même temps le sport et l’étude de la musique, elle a choisi le sport. Elle aurait aimé voyager et étudier à Londres, mais les évènements de la Deuxième guerre mondiale lui ont empêché de partir. Après son diplôme elle a travaillé au Laboratoire et la Pharmacie de l’Etat, en ouvrant en 1945 sa propre pharmacie à Victoria Street, enregistrée et appelée « Pharmacie Aziz ». Elle est devenue co-fondatrice de l’Union des pharmaciens de son Pays en 1959. Elle a travaillé avec un profond dévouement à rendre plus facile l’accès aux médicaments et, pour résoudre les difficultés constantes d’approvisionnement, elle a inauguré l’entrepôt « Güç », dans lequel elle a établi une convention entre public et privé, c'est-à-dire entre l’Etat et chaque pharmacien. Lors de sa fermeture, en 2001, l’association des pharmaciens et des pharmaciennes turques a décidé de le transformer en Musée de la Pharmacie de la ville, toujours ouvert au public.

La musique aussi a joué un rôle important dans sa vie, au point qu’elle a été parmi les premières femmes chypriote turques à s’exhiber en public ; elle a commencé à jouer du piano à huit ans, par la suite elle a étudié composition musicale et chant à l’American Music Academy et puis à la London School of Music. Elle a aussi été parmi les fondatrices de l’American Academy Alumni Association, elle a collaboré à la réalisation d’un récital de la Cyprus Philarmonic Society ; elle a participé à quatre opéras comiques à la Nicosia British School, où elle a chanté deux courts solos dans la chorale. Son engagement dans la musique a été précieux, tant dans la composition de textes et musiques originales et liées à la vie de l’île, que pour la passion dans la divulgation et l’ajustement de la musique classique occidentale dans la musique populaire chypriote turque. Elle a crée un ensemble musical (Kamran Aziz and her friends) où elle jouait de l’accordéon avec d’autres instrumentistes : Jale Derviç au piano, Zeki Taner au saxophone et à la clarinette, Fikret Ozgün au violon, Vecihi Turgay au violon et Ahmet Anlar aux percussions. L’ensemble est devenu le premier groupe chypriote dans la performance et la diffusion de la musique occidentale, en jouant pour la première fois à la radio (les responsables radiophoniques avaient en effet proposé à toutes les communautés de l’île de s’exhiber en direct avec leur propre musique sur scène et puis à la télévision de la Cyprus Broadcasting Corporation. L’ensemble s’est dédié à revisiter et à traduire des opéras, des lieder et de la musique légère, comme O sole mio, Love in Portofino, Tombe la neige. A partir des années Cinquante Kamran se concentre en la composition ; sans intentions folkloriques, ses chansons sont quand même devenues populaires dans la tradition chypriote , ainsi que l’adaptation de lamentations, tangos turques, valses et marches. Ses compositions originales étaient aussi dédiées à la vie quotidienne et jouées dans les écoles, comme l’histoire de Mustafa Aynali, qui vendait des bombons et des pois chiches dans un panier à Nicosie, pendant qu’il racontait des histoires anciennes. En 1995 elle a écrit une chanson dédiée à la catastrophe écologique la plus dévastatrice de l’île, explosée dans la forêt des montagnes de Besparmak, intitulée We will greenen the Kyrenia Mountains. Elle a composé environ 70 chansons au total, qui représentent un atout culturel reconnu dans la musique populaire chypriote. Sa première collection musicale a été publiée en 1994 avec 39 compositions. Parmi les plus connues : Kibris’im, Kibris’im Sana Ne Oldu, Kibris Zeybeği, Al Yemeni Mor Yemeni, Seni Orakta Görduüm , Gelin Geliyor Gelin et Orak Zamani Geldi. En 1958 elle a écrit la chanson Cyprus, dans laquelle elle rendait hommage à son Pays : «Chypre est une île / C’est un bout de Paradis »

C’était une période de conflits sociaux violents, pendant lesquels les turques chypriotes ont laissé l’île partagée entre Aziz Eoka et l’Organisation de résistance turque. Le futur apparaissait très incertain et cette chanson a été fondante pour sa propre identité et pour garder toujours vivante la mémoire et le lien avec la terre où le peuple était né et avait vécu. Kamran a déclaré d’avoir traversé une période très difficile ; les programmes radiophoniques de l’ensemble ont été suspendus, donc elle a décidé de se consacrer à la composition d’hymnes nationaux, que au début elle a joué uniquement chez elle, mais qui par la suite ont été diffusés par Bayrak Radio. Kamran Aziz meurt en 2017, à l’âge de 95 ans. Elle a reçu deux prix à la carrière de pharmacienne, pour les 25 ans et puis pour les 61 ans d’activité, de la part de l’Association des pharmaciens, en 2005. Au niveau musical elle a reçu d’importantes récompenses et elle a gagné le Concours de musique populaire de la République Turque avec deux chansons : Je suis allée à Pinar Kim Beginning et Strait Zeybegi (1973) et le concours pour le centième anniversaire d’Ataturk, avec la composition The Most Mighty Turkish Ataturk (1981) ; elle a eu le prix pour l’activité folklorique de la Folk Art Association (1997), le prix Trnc à la carrière par le Centre d’études des femmes de l’Université de la Méditerranée Orientale (2002), le prix spécial pour la tradition musicale turque-chypriote de la part du Comité culturel de l’Assemblée Républicaine (2008).

En 2006 on a donné son nom à une section du Girne Music Education Center.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

Kamran Aziz, composer and pharmacist, was born in Cyprus in 1922. Her father is remembered for having contributed to the eradication of malaria, her mother played the lute and was a seamstress. Her older sister was the head nurse in the hospital on the island. Kamran studied music and pharmacology at the American Academy in Nicosia, where she graduated in pharmacology in 1944, becoming one of the first female Turkish Cypriot pharmacists. Her life follows two parallel paths: her commitment as a pharmacist and her musical activity. But an episode in her biography clearly shows her to be strong-willed and curious, about herself and the possibilities of her life. The English school she attended did not approve of a woman playing hockey. When it was determined that it would not be allowed to participate in sports and study music at the same time, she chose sports. She would have liked to travel and study in London, but the events of the Second World War prevented her from going. After graduation she worked at the State Laboratory and Pharmacy, opening her own pharmacy in Victoria Street in 1945, registered and known as the “Aziz Pharmacy”. She became co-founder of the Union of Pharmacists in her country in 1959. She worked with great dedication to make access to medicines easier and, to solve the continuous supply difficulties, she inaugurated the "Güç" warehouse, where she established an agreement between the public and the private sector, that is, between the State and individual pharmacists. When Aziz Pharmacy was closed in 2001, the association of Turkish pharmacists decided to transform it into the city's Pharmacy Museum, which is still open to the public.

Music also played an important role in her life, so much so that she was among the first Turkish Cypriot women to perform in public. She began playing the piano at the age of eight. Later she studied composition and singing at the American Music Academy and later at the London School of Music. She was also one of the founders of the American Academy Alumni Association and collaborated in the realization of a recital by the Cyprus PhilarmonicSociety. She also performed in four comic operas at the Nicosia British School where she sang in the choir, including singing short solos. Her commitment to music was precious to her, both in the composition of original lyrics and music related to life on the island, but also because of her passion for the dissemination and adaptation of Western classical music into Turkish Cypriot folk music. She created a musical ensemble, Kamran Aziz ve Arkadaşları (Kamran Aziz and her friends) where she played the accordion, together with other instrumentalists: Jale Derviş on piano, Zeki Taner on saxophone and clarinet, Fikret Özgün on violin, Vecihi Turgay on violin and Ahmet Anlar on drums. The ensemble became the first Cypriot group in the interpretation and dissemination of Western music, performing for the first time on the radio, and then on television with the Cyprus Broadcasting Corporation. Radio officials had in fact proposed to all the communities of the island that they perform with their own live music. The group devoted itself to revisiting and translating operas, lieder and pop music, such as O Sole Mio, Love in Portofino, and Tombe la neige (The Snow Falls). Starting in the 1950s Kamran concentrated on composition, without folkloric intentions, but nevertheless her songs became popular in Cypriot tradition, as did her adaptations of laments, Turkish tangos, waltzes and marches. Her original compositions were also dedicated to daily life, and often performed in schools. One such song is about of Mustafa Aynali who, in Nicosia, sold candies and chickpeas from a basket while telling stories from ancient times. In 1995 she wrote a song dedicated to the most devastating environmental disaster on the island, a fire which exploded in the forest of the Besparmak mountains. The song was entitled “We Will Green the Kyrenia Mountains”. She composed a total of some 70 songs, which represent a recognized cultural asset in Cypriot folk music. The first collection of her music, with 39 compositions, was released in 1994. Among the best known: Kıbrıs'ım, Kıbrıs'ım Sana Ne Oldu, Kıbrıs Zeybeği, Al Yemeni Mor Yemeni, Seni Orakta Gördüm, Gelin Geliyor Gelin and Orak Zamanı Geldi. In 1958 she wrote the song “Cyprus,” in which she paid homage to her country. Included in the song were the lines, "Cyprus is an island / It's a piece of paradise."

It was a time of violent social conflict, during which Cypriots were divided between the Greek Eoka-B and the Turkish Resistance Organization. The future seemed very uncertain, and this song was fundamentally aimed at reinforcing Cypriot identity, reminding people of their bonds with the land where they were born, lived and died. Kamran went through a very difficult period. The radio programs of the ensemble were suspended. She therefore decided to devote herself to the composition of national anthems, which she initially performed only at home, but were later broadcast by Bayrak Radio. Kamran Aziz died in 2017 at the age of 95. She received two career awards as a pharmacist from the Pharmacists' Association, for her 25th year as a pharmacist, and then for her 61st anniversary, in 2005. In the musical field she was given important awards, and won the popular music competition of the Turkish Republic with two songs, “I Went to Pinar Kim” and “Beginning and Strait Zeybegi” (1973). Later, for a competition for the centenary of Ataturk, she won with the composition “The Most Mighty Turkish Ataturk” (1981). She received the Folk Art Association award for folkloric activity (1997), the TRNC career award from the University of the Eastern Mediterranean Women's Study Center (2002), and the special award for Turkish-Cypriot musical traditions by the Cultural Committee of the Republican Assembly (2008).

In 2006 a department of the Girne Music Education Center was established in her name.

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