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Nel febbraio del 2013 iniziava una collaborazione tra Toponomastica femminile,  RBE (Radio Beckwith Evangelica) e Bradipodiario, blog legato alla radio attraverso il redattore Giuseppe Rissone. Dall'11 settembre 2013 la collaborazione con Bradipodiario è diventata continuativa.
Gli articoli, che escono regolarmente il secondo mercoledì di ogni mese, hanno come oggetto la toponomastica e la presenza femminile nelle valli valdesi.
 
 

21 aree per 21 donne

Per l’8 marzo Toponomastica femminile ha deciso di richiedere alla Città di Torino 21 intitolazioni in memoria delle Madri della Patria, cioè le 21 donneche nelle storiche elezioni del 2 giugno 1946 furono elette nell’Assemblea Costituente.
Si potrebbe iniziare dalle torinesi, che furono ben tre: Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce.
L’iniziativa è appoggiata da “SeNonOraQuando? Torino”, da Fnism Torino (sezione torinese, intitolata a Frida Malan, della Federazione Nazionale Insegnanti) e da Fnism nazionale.
Anche la Circoscrizione 6, coinvolta nell’iniziativa, si dice interessata a sostenerla: ha delle aree di circolazione ancora senza nome per le quali vorrebbe richiedere intitolazioni alle Costituenti.
Questo il testo della petizione:
 
Al Sindaco di Torino, Piero Fassino
All’Assessora alle Pari Opportunità, Ilda Curti
All’Assessore alla Toponomastica, Stefano Gallo
Alla Commissione Comunale per la Toponomastica
Alla Redazione della Stampa di Torino
All’Associazione delle Giornaliste “Giulia”
 
Oggetto: intitolazione di 21 aree di circolazione alle 21 donne dell’Assemblea Costituente
L’associazione Toponomastica femminile, Fnism (Federazione Nazionale Insegnanti), Fnism Torino, SeNonOraQuando? Torino chiedono l’intitolazione di 21 aree di circolazione cittadine in memoria delle Madri della nostra Repubblica e del loro determinante contributo al riconoscimento di quei principi di parità che hanno costituito la base per la trasformazione della legislazione, ma anche della vita e del modo di pensare delle donne italiane. Le donne elette alla Costituente furono solamente 21, a fronte dei 556 posti nell’assemblea costituente, rappresentando cosi meno del 4% dell’intera Assemblea. Le ventuno elette furono: Maria Agamben Federici, Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce, Ottavia Penna, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio. Ventuno donne che avevano alle spalle storie d’impegno sociale e politico e alcune anche esperienze da combattenti, di lotta partigiana, di carcere per attività antifascista, di esilio o di deportazione nei campi di concentramento nazisti.
Fra di loro Teresa Noce, esponente della lotta partigiana, reduce dal lager di Ravensbruck; Rita Montagnana Togliatti e Nilde Iotti, per il Partito Comunista; Maria Federici, che si distinse fra le donne della DC per i numerosi interventi a favore della parità nel campo del lavoro e della possibilità di accesso per le donne a tutte le carriere, Maria Cingolani Guidi, esponente del Partito Popolare, Angelina Merlin, socialista e rappresentante del primo antifascismo. Ventuno figure femminili diverse per età, estrazione sociale e bagaglio ideale, ma capaci di effettiva e produttiva trasversalità e decise ad allearsi per scardinare i meccanismi sociali e politici che fino ad allora avevano recluso il femminile nei modelli elaborati per le donne da altri.

Solo cinque di loro, Angela Gotelli (Dc), Maria Federici (Dc), Nilde Iotti (Pci), Angelina Merlin (Psi) e Teresa Noce (Pci) fecero parte della cosiddetta “Commissione dei 75”, cioè del gruppo che si occupò di stendere concretamente il testo poi sottoposto all’Assemblea plenaria. “Le Costituenti – ricorda Annamaria Barbato Ricci in occasione della Conferenza sulle Costituenti, Cagliari 2009 – fecero un lavoro lungimirante, perché guardarono avanti, anticipando con grande lucidità l’evoluzione della società italiana. Esse, non tenendo conto delle convinzioni e dei pregiudizi del tempo, si batterono per far conquistare alla donna una parità di diritti che, in alcuni casi, rimane solo sulla Carta, sia pure Costituzionale, ma che in ogni modo, garantisce e legittima ogni riforma e ogni legge successiva, a partire dall’approvazione della legge Noce sulla maternità nel 1950, per arrivare, nel 1964, all’abolizione del coefficiente Serpieri (in base al quale, posto il valore della giornata lavorativa in agricoltura di un uomo pari a 1, quello della giornata lavorativa della donna risultava pari 0,60. Una donna, cioè, lavorava lo stesso numero di ore dell’uomo per ricevere un compenso che era poco più della metà. Tale regola era stata introdotta con una legge del 1934); all’apertura alla Magistratura, o alla riforma del codice di famiglia del 1975 o alla legge sulla parità nel lavoro del 1977, fino all’ultima importante modifica, apportata all’articolo 51 della Costituzione, che stabilisce il principio delle pari opportunità.”
Chiediamo quindi che vengano ricordate nella toponomastica torinese ventuno figure femminili di fondamentale importanza, nella consapevolezza che “l’esclusione delle donne e del femminile passa anche attraverso la cancellazione dei nomi, delle storie e delle vite” (Monica Lanfranco su “Donne di fatto”) e che bambine e ragazze, oggi, diversamente dai loro coetanei, difficilmente possono incontrare nei loro percorsi quotidiani modelli di donne di spessore culturale con cui identificarsi e sui quali costruire la propria personalità.
Precisiamo che per quattro delle ventuno Costituenti (Filomena Delli Castelli – Nadia Gallico Spano – Teresa Mattei – Maria Nicotra Fiorini) non sono trascorsi i dieci anni dal decesso che occorrono di norma per le intitolazioni, ma che esiste la possibilità di richiedere deroghe al Prefetto, secondo quanto previsto dall’art. 4, ultimo comma, della legge n.1188 del 23.06.1927 e s.m.i., relativamente a persone riconosciute benemerite per l’intera Nazione, come già avvenuto per due dei quattro personaggi sopra citati.
Ricordiamo inoltre che ben tre Costituenti, Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce, sono nate proprio a Torino, che risulta quindi la città da cui è venuto il maggior contributo femminile alla redazione della nostra Carta costituzionale, ma finora non hanno avuto alcun riconoscimento toponomastico nel luogo di nascita, cosa che si è invece verificata per la maggior parte delle altre Costituenti (cfr. allegato A).
Ci sembra giunto il momento di porre rimedio a tale dimenticanza e perciò chiediamo che la Città di Torino si pronunci, in occasione del prossimo 8 Marzo, festa della donna, in merito alla nostra richiesta, e che si impegni a ricordare queste ventuno figure femminili così significative, magari partendo proprio dalle sue tre illustri cittadine.
Augurandoci un vostro pronto interessamento, vi forniamo i nostri recapiti e riferimenti per ogni eventuale comunicazione. Distinti saluti. Loretta Junck, Referente Associazione Toponomastica femminile per il Piemonte Fonti: toponomasticafemminile 
 

Chi era Amelia Piccinini?

Ma chi era Amelia Piccinini? Confesso, è la domanda che mi sono fatta quando ho saputo della targa stradale che in suo onore sarebbe stata inaugurata lo scorso 21 gennaio e che è stata in effetti apposta su una casa affacciata sul piazzale che si apre tra via Piave, via Giulio e via Santa Chiara a Torino.
Amelia Piccinini è stata un’atleta italiana, informa Wikipedia, ed è un fatto che lo sport femminile non ha mai goduto di grande fama ed è stato per lungo tempo, se non proprio osteggiato, considerato una curiosità su cui magari spendere qualche osservazione ironica, e comunque non una cosa importante. Dagli anni ‘70 del secolo scorso, per la levatura e il successo anche mediatico di personaggi come Sara Simeoni, Novella Calligaris, Valentina Vezzali, Manuela Di Centa e tante altre, l’immagine dello sport femminile è cambiata, anche se le cariche ai vertici delle Federazioni continuano tuttora a rimanere saldamente nelle mani degli uomini, e uomini sono solitamente anche gli allenatori delle squadre femminili. Alla cerimonia  del 21 gennaio, per dire, i “cavalierini” al tavolo dei relatori portavano tutti, guarda caso, nomi di uomini.
Insomma quello dello sport è un mondo ancora molto “maschile”: pare resistere pervicacemente, in quest’ambito, quel “tetto di cristallo” che impedisce il riconoscimento delle capacità delle donne ai livelli alti, quelli dirigenziali, e in passato le sportive hanno dovuto superare pregiudizi che hanno resistito a lungo, sull’incompatibilità tra sport a livello agonistico e femminilità. Ancora oggi capita di trovare, in qualche sito internet, accanto al nome di una donna come Amelia Piccinini, l’aggettivo “mascolina”, giusto per non lasciar sfuggire l’occasione di sottolineare che sì, insomma, l’immagine femminile deve corrispondere a ben precisi canoni, e se ciò non avviene lo si deve far osservare, perché comunque quella “decorativa” è una funzione fondamentale per ogni donna, sportiva o no. Per l’altro sesso, ovviamente, questo non vale, o non vale allo stesso modo.
Torino non spicca per una particolare attenzione alla memoria femminile, se è vero quanto ha affermato recentemente Claudia Giuliani, presidente Soroptimist di Ravenna, nella sua relazione al Terzo Convegno dell’Associazione Toponomastica femminile, cioè che nel capoluogo piemontese su 86 nuove intitolazioni stradali negli ultimi 14 anni solo tre sono a donne.
Per questo fa piacere che uno spazio cittadino, proprio nel Quadrilatero, cuore della città, sia stato dedicato alla memoria di una grande atleta del passato come Amelia Piccinini, che si distinse in diverse specialità, in particolare nel getto del peso, per il quale raggiunse il secondo posto nelle Olimpiadi di Londra, le prime dopo la guerra, nel 1948. Piemontese (era nata ad Alessandria nel 1917), atleta portacolori della Venchi Unica, in patria Piccinini faceva scintille, e si aggiudicò ben venti medaglie d’oro nei campionati italiani di Atletica leggera, quattro nel salto in lungo, quattro nel pentathlon, e ben dodici nel getto del peso, dove dava il meglio, sbaragliando tutte le connazionali. Morì nella nostra città, dopo averle dato lustro a livello nazionale e internazionale, nel 1979, ma solo ora, a distanza di ben trentacinque anni, si è pensato a ricordare il suo nome.
È a un’occasione particolare, infatti, che dobbiamo il riconoscimento del valore di questa atleta. L’anno che è da poco iniziato vede Torino come “Capitale dello sport”; nell’ambito delle manifestazioni connesse, la città ha deciso di intitolare dieci spazi, nelle diverse circoscrizioni, ad atleti e atlete. Per la precisione, a otto atleti e a due atlete. Un’altra targa sarà dedicata infatti alla torinese Edera Cordiale, anche lei argento, ma nel lancio del disco, nelle stesse olimpiadi del 1948.
Due a otto, in perfetto stile torinese, insomma, con qualche concessione alle nuove esigenze, ma con molta misura, senza strafare. Sappiamo che quello dello sport non è il campo più adatto, ma ci piacerebbe che anche a Torino iniziasse a farsi avanti l’idea che sia necessario riequilibrare l’odonomastica cittadina con l’obiettivo di una effettiva parità di genere, principio cui spesso ci si richiama ma che si stenta ad applicare nella realtà.
 

 

Le donne e il lavoro

Toponomastica femminile, che da poco è diventata un’associazione, ha in programma, per il primo maggio, l’allestimento di una mostra sul lavoro delle donne. Un progetto in fieri, non ancora del tutto delineato, per il quale la referente nazionale, che ha lanciato l’idea, ha richiesto l’apporto delle varie componenti del gruppo.
E poiché vi sono altre mostre su questa tematica in diverse città italiane, le toponomaste si sono impegnate a visitarle per trarne ispirazione  e proposte.
Una di queste mostre è stata allestita a Morgez,  paese situato a pochi chilometri da Courmayeur, nell’edificio recentemente ristrutturato della Tour de l’Archet, dove è stata esposta dal primo dicembre 2014 al 10 gennaio 2015.
Così, approfittando di una gita in Val d’Aosta, sabato scorso mi sono fermata a Morgez per vedere di che si trattava.
La piccola mostra, dal titolo  “Donne e lavoro in Valle d’Aosta” con il sottotitolo  “La sicurezza sul lavoro ieri, oggi e domani” era già apparsa nel 2013 nella prima edizione a Pont Saint Martin, poi ad Aosta nella primavera scorsa. Alla Tour de l’Archet è stata presentata in versione ridotta, con poche, belle fotografie in grande formato, scelte o realizzate da Enrico Peyrot, che offrono uno spaccato del lavoro femminile nella valle d’Aosta nell’ultimo secolo, mettendo in evidenza i mutamenti nei sistemi di prevenzione e di sicurezza. La mostra originale, lo si deduce dal materiale  che compare su sito della regione Valle d’Aosta, doveva essere più ricca, qui lo spazio ridotto ha costretto a una scelta che ha un po’ penalizzato il lavoro di documentazione.
Alle immagini del lavoro nelle campagne, nelle officine, nel terziario, si alternano brevi testi,  contenenti alcune testimonianze di lavoratrici. Clotilde Martignene, di Arnad, ricorda il duro lavoro delle contadine nelle zone di montagna (“lavoravamo tutto il giorno … e quasi partorivamo lavorando”), mentre sono un pugno nello stomaco le parole di Vittoria Nicco, di Donnaz, assunta nel ’54 all’ILSSA di Pont Saint Martin e impiegata per dieci anni al reparto trafilatura, o quelle di Marie Rose Giavinaz di Pontey, operaia in una filatura di seta a Chatillon, dove donne e bambine lavoravano in un ambiente umido e malsano. C’è anche chi, rimpiangendo probabilmente l’allegria della giovinezza, ricorda volentieri  quell’esperienza di lavoro, come Dina Cout, di Issogne, lavoratrice del cotonificio Brambilla: “Dico la verità, a me la filatura è piaciuta … ci aspettavamo davanti al Cotonificio e venivamo via insieme, cantando ad alta voce”. D’altra parte, “le condizioni di lavoro migliorano rapidamente a partire dall’inizio degli anni ’50 e la cultura della sicurezza sui posti di lavoro comincia a farsi strada” (Luciana Promotton)  ma la maggior parte delle testimonianze mettono in luce gli aspetti negativi di una realtà che negli anni ’20 e ’30 era ancora terribile.
Il video che accompagna la mostra  offre dati e foto che permettono al visitatore un’ ulteriore riflessione sulla situazione del lavoro femminile oggi in Italia.
E domani? Quale potrà essere la condizione lavorativa delle donne domani? Questa la domanda con la quale il visitatore o la visitatrice escono dalla piccola mostra di Morgez. 

Toponomastica femminile a Torino


Ed eccoci qui a parlare ancora di toponomastica in Piemonte e in particolare a Torino. Già abbiamo dato notizia del Terzo Convegno  diToponomastica femminile nella capitale della nostra Regione, all’inizio di ottobre, evento che è stato un successo per l’interesse suscitato e gli apprezzamenti raccolti. Ma non stiamo a contemplare gli allori e passiamo ad altro. Eh già! Perché, come è stato chiaro anche da quanto è emerso nella Tavola rotonda finale, c’è ancora molto lavoro che ci attende, a Torino.

Partiamo da qualche dato sulla situazione attuale. Come risulta dal censimento pubblicato sul sito di Toponomasticafemminile a Torino ci sono 2235 aree di circolazione, cioè vie, corsi, piazze, viali, vicoli di cui poco meno della metà (1054) intitolate a personaggi maschili, mentre solo 64 (!) sono quelle dedicate a donne illustri. Se poi andiamo a vedere chi sono i personaggi femminili che si sono meritati una targa, scopriamo che undici sono diverse declinazioni della Madonna (via e piazza della Consolata, via Madonna delle Rose, via Madonna della Salette, via Santa Maria ecc.) dieci sono le sante. C’è poi una suora (suor Michelotti) tre benefattrici laiche tra cui Giulia di Barolo, undici tra scrittrici, letterate, giornaliste, critiche, pedagogiste ecc. piemontesi e non solo (Sibilla Aleramo, Matilde Serao, Amalia Guglielminetti, Barbara Allason, Annie Vivanti, Grazia Deledda…) tre sono le donne dello spettacolo (Eleonora Duse, Giacinta Pezzana e Adelaide Ristori), una sola pittrice (Rosalba Carriera) e ventuno le donne che possono considerarsi personaggi storici o hanno avuto un ruolo politico. Tra queste, molte regine e principesse di Savoia: la regina Margherita, prima regina del Regno d’Italia, e poi le regine del regno di Sardegna e alcune principesse e reggenti, tra cui la celebre Cristina di Francia detta anche Madama Reale, donna di notevoli capacità politiche  ricordata in una importante arteria cittadina, via Madama Cristina.

Tre sono le intitolazioni collettive (via delle Orfane, via delle Rosine, via Figlie dei militari) Di tutte le donne che a fianco degli uomini hanno contribuito alla Resistenza sono ricordate solo Ada Gobetti e Vera e Libera Arduino, in una targa collettiva insieme al padre Gaspare. Nessuna delle Madri Costituenti compare nelle targhe di Torino, eppure di piemontesi ce n’era più d’una… Nessuna scienziata (l’intitolazione di una piazza a Rita Levi Montalcini, proposta dal Sindaco di Torino alla notizia della morte del Premio Nobel non si sa che fine abbia fatto…), nessuna sportiva, nessuna imprenditrice. Solo nel dicembre del 2012 un piccolo giardino in strada Altessano è stato dedicato alla memoria di Marisa Bellisario.

Quindi, tolte le sante e le madonne, le donne che si sono meritate una targa cittadina a Torino non raggiungono le cinquanta unità. Poche, pochissime, solo il 2, 86% sul totale delle strade contro il 47% degli uomini. L’indice di femminilizzazione a Torino è solo del 6,07%: ciò significa che ogni cento intitolazioni maschili poco più di sei sono femminili. Peggio che a Genova, dove è il 9%, a Bari (7,1%), a Cagliari (7,6%), a Palermo (9,9%), a Perugia (22%). Ma c’è chi sta peggio: Milano (5,3%) Padova (5%) e Trieste (3%) solo per fare qualche esempio.

Il peggio è che nella toponomastica torinese questa situazione di evidente squilibrio, che sappiamo non corrispondere assolutamente alla presenza attiva delle donne in tutti i campi dell’attività sociale, non accenna a cambiare. Ci si chiede come mai, dal momento che sembra ormai chiaro che sempre di più le donne offrono il loro contributo in tutti i campi, e anche se tanti sono ancora gli ostacoli che si frappongono, nel nostro Paese, ad un pieno riconoscimento dell’azione femminile, oggi la situazione è migliore rispetto a cento anni fa.